In tema di cooperazione tra Stati membri dell’Unione Europea, quando si verta in tema di esecuzione di sentenze straniere, occorre fare riferimento al nuovo strumento imposto dalla Decisione quadro 2008/909/GAI relativo al riconoscimento delle sentenze di Stati membri diversi da quello in cui il condannato vive, purché la Decisione sia stata recepita da norme interne.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 20527, depositata il 19 maggio 2014. Il caso. La vicenda processuale prende avvio dalla richiesta di consegna all’Italia, formulata dalla Romania, di un cittadino rumeno condannato alla pena di nove anni di reclusione per il reato di rapina. La Corte distrettuale di Messina riteneva esserci la causa ostativa prevista dall’articolo 18 lett. r , l. numero 69/2005 radicamento in Italia del cittadino di altro Paese membro dell’Unione Europea, principio introdotto dalla pronuncia di illegittimità costituzionale sul punto pertanto, la Corte d’appello rifiutava la consegna, contestualmente disponendo l’esecuzione in Italia della pena inflitta dallo Stato rumeno al condannato, detratta la custodia cautelare presofferta. Secondo la Corte di Cassazione adita dall’interessato, insufficienti sono state le valutazioni svolte dalla Corte territoriale in ordine alla compatibilità della pena irrogata nella sentenza straniera, al requisito della doppia incriminazione e a quello di equità del processo, alla luce dell’attuale stato della legislazione. Infatti, a causa del mutato quadro normativo di riferimento, occorre oggi guardare anche alle condizioni, ai presupposti e ai motivi ostativi previsti dal d.lgs. numero 161/2010, provvedimento con cui il legislatore nazionale ha recepito la Decisione quadro dell’Unione Europea del 2008 che attiene specificamente al profilo esecutivo delle sentenze. L’emersione di un nuovo assetto normativo. Nell’ottica di favorire e implementare gli strumenti di cooperazione giudiziaria tra Stati membri dell’Unione Europea, alla Decisione quadro del 2002 sul mandato di arresto europeo è, infatti, seguita nel 2008 un’altra Decisione quadro, relativa al principio del reciproco riconoscimento – ai fini della loro esecuzione nell’ambito dell’Unione – delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale. Tale assetto normativo è stato recepito con provvedimenti legislativi interni sia dall’Italia con d.lgs. numero 161/2010 che dalla Romania, con la conseguenza che è pienamente applicabile nelle relazioni intergiurisdizionali tra le autorità dei Paesi indicati. Sopravvivenza parziale. Il principio per cui la sentenza emessa da uno Stato membro dell’Unione non ha bisogno di essere formalmente riconosciuta ai sensi del codice di rito, atteso che la sua esecutività discende direttamente dalla legge interna che recepisce la Decisione quadro 2002/584/GAI conserva vigenza in relazione ai rapporti tra quegli ordinamenti che non hanno ancora recepito la nuova disciplina della Decisione quadro 2008/909/GAI. Riconoscimento finalizzato all’esecuzione. Scopo del nuovo strumento, nella volontà legislativa, è quello di favorire l’esecuzione di una sentenza di condanna pronunciata da un giudice di uno Stato membro in quello Stato membro in cui la persona condannata vive o di quello Stato che abbia espresso consenso di riceverla. Nel testo normativo si specifica che per «luogo dove la persona condannata vive» si intende quello in cui la persona è legata a causa del soggiorno abituale oppure per motivi familiari, sociali o professionali. Un’integrazione del sistema MAE. Il nuovo strumento estende le procedure di consegna basate sul mandato di arresto europeo ad ipotesi «affini» di esecuzione della pena o della misura di sicurezza . La nuova normativa si propone, infatti, di integrare il sistema di consegna del mandato d’arresto europeo, con specifico riguardo alle situazioni di consegna in executivis e della consegna per finalità processuali dei cittadini e dei residenti in Italia. In altre parole, la nuova disciplina estende l’applicazione della procedura di mutuo riconoscimento nell’esecuzione delle sentenze definitive alle ipotesi in cui la procedura riguardi un cittadino italiano o residente in Italia che dovrebbe essere consegnato ad altro Stato membro dell’Unione Europea. Si dispone che, nel caso di sentenza di condanna, la Corte d’appello possa rifiutare la consegna purché disponga l’esecuzione della pena o della misura in Italia e che, nel caso di mandato d’arresto europeo emesso a fini processuali, la Corte d’appello territoriale possa condizionare la consegna alla condizione che la persona, una volta processata ed, eventualmente, condannata, sia rinviata in Italia per l’esecuzione. Una radice profonda. Nel programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali – risalente all’operare del Consiglio dell’Unione Europea del 2000 – vanno rintracciate le origini di tale nuovo strumento di diritto derivato. Simili ma diversi. La Suprema Corte interviene per precisare che gli strumenti scrutinati la richiesta di consegna di cui alla procedura di mandato d’arresto europeo, da un lato, e la procedura di trasmissione all’estero o dall’estero, dall’altro si caratterizzano per essere forme alternative di riconoscimento ed esecuzione della sentenza di condanna di uno Stato membro, ma si differenziano per un diverso atto di impulso procedimentale che ne determina una diversa canalizzazione e un’autonoma progressione. Annullamento con rinvio. Nel caso in esame, la sentenza oggetto del ricorso è stata annullata con rinvio ad altra Corte d’appello affinché consideri i profili emergenti dall’applicazione della normativa di cui al d.lgs. numero 161/2010, in quanto la sentenza censurata contiene valutazioni insufficienti per affermarne la legittimità o meno alla luce delle intervenute modifiche normative.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 – 19 maggio 2014, numero 20527 Presidente Ippolito – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28 marzo 2014 la Corte d'appello di Messina, a seguito dell'arresto provvisorio operato in data 14 febbraio 2014, ha rigettato la richiesta di consegna di V.C. all'Autorità giudiziaria rumena per l'esecuzione di un m.a.e. emesso in relazione alla sentenza di condanna alla pena di anni nove di reclusione, pronunziata dal Tribunale di Iasi in data 13 ottobre 2011 per il reato di rapina ex articolo 211 del codice penale rumeno , e poi confermata dalla locale Corte d'appello. Ritenuta la sussistenza della causa di rifiuto della consegna ai sensi dell'articolo 18, lett. r , della L. numero 69/2005, la Corte distrettuale ha disposto l'esecuzione della pena di anni nove di reclusione nei confronti del V. , detratta la custodia cautelare fin qui sofferta. 2. Avverso la su indicata sentenza ha personalmente proposto ricorso per cassazione il V.C. , deducendo due motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 2.1. Violazione dell'articolo 606, lett. b , c.p.p., in relazione all'articolo 17, comma 5, della I. numero 69/2005, in quanto, sebbene la Corte d'appello abbia rifiutato la consegna, consentendo in tal modo di scontare la pena nel territorio italiano, la Corte d'appello ha ritenuto di non revocare la misura cautelare applicata. La decisione quadro 2002/584/GAI, peraltro, prevede che la persona da consegnare possa essere posta in stato di libertà e la stessa legge numero 69/2005 distingue la decisione sugli aspetti cautelari da quelli inerenti la consegna, tanto che può essere consegnata allo Stato emittente anche una persona a piede libero. 2.2. Violazione dell'articolo 606, lett. b , c.p.p., in relazione all'articolo 18, comma 1, lett. r , della l. numero 69/2005 ed all'articolo 735 c.p.p., in quanto, pur riconoscendo l'eccessività della pena inflitta per il reato commesso rispetto ai parametri previsti nell'ordinamento italiano, la Corte d'appello ha mantenuto ed applicato la pena determinata secondo i parametri dell'autorità straniera, anziché procedere alla sua rideterminazione in virtù dei criteri fissati dall'articolo 735 e.p.p., in conformità alle regole del diritto interno. Considerato in diritto 3. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati. 4. Infondata, in primo luogo, deve ritenersi la doglianza incentrata sulla pretesa violazione dell'articolo 17, comma 5, della L. numero 69/2005, ove si consideri la regula iuris da questa Suprema Corte enunciata Sez. 6, numero 17960 del 17/04/2013, dep. 18/04/2013, Rv. 2551699 , secondo cui, in tema di mandato di arresto Europeo, quando la Corte d'appello rifiuta la consegna ai sensi dell'articolo 18, comma primo, lett. r , della L. 22 aprile 2005, numero 69, non deve provvedere alla revoca della misura cautelare a suo tempo applicata all'interessato, che mantiene la sua efficacia per consentire l'esecuzione in Italia della pena detentiva inflitta con la sentenza di condanna straniera. Valutazione, questa, che la Corte territoriale potrà eventualmente modificare, qualora dovesse ravvisare, nelle more, la presenza di cause ostative al riconoscimento a norma dell'articolo 14, comma 3, del D. Lgs. 7 settembre 2010, numero 161, avuto riguardo alle considerazioni che più avanti si avrà modo di esprimere in questa Sede v., infra, i parr. 5 e 6 . 5. Fondato, di contro, deve ritenersi, sia pure per ragioni diverse da quelle in ricorso enunciate, il secondo motivo di doglianza ivi prospettato, dovendosi al riguardo considerare che con il D. Lgs. 7 settembre 2010, numero 161, è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla Decisione quadro 2008/909/GAI del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione Europea. Tale strumento normativo, entrato in vigore tra gli Stati membri dell'U.E. il 5 dicembre 2011, è stato recepito anche nell'ordinamento rumeno a decorrere dal 26 dicembre 2013 L. numero 300/2013 ed è pertanto applicabile nelle relazioni intergiurisdizionali fra le competenti autorità del nostro Paese e quelle della Romania. Esso mira ad aumentare la possibilità di reinserimento sociale delle persone condannate considerandum numero 9 ed ha, pertanto, la finalità di consentire l'esecuzione di una sentenza di condanna pronunciata dall'autorità giudiziaria di uno Stato membro dell'Unione Europea nello Stato membro di cittadinanza della persona condannata o in un altro Stato membro che abbia espresso il consenso a riceverla. In tal senso, infatti, il considerandum numero 17 ha cura di precisare che, laddove nella presente decisione quadro si fa riferimento allo Stato in cui la persona condannata vive, si intende il luogo a cui tale persona è legata per il fatto che vi soggiorna abitualmente e per motivi quali quelli familiari, sociali o professionali . La genesi di tale strumento di diritto derivato va ricercata nel programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali, adottato dal Consiglio dell'Unione Europea il 29 novembre 2000 conformemente alle conclusioni di T. , ove si prevedeva la necessità di meccanismi moderni per il reciproco riconoscimento delle decisioni definitive di condanna a pene privative della libertà personale misura 14 e per l'estensione dell'applicazione del principio del trasferimento delle persone condannate alle persone residenti negli Stati membri misura 16 . L'ambito applicativo dell'istituto del riconoscimento ed esecuzione delle sentenze di condanna presenta punti di contatto sia con quello della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983 e ratificata in Italia con L. 25 luglio 1988, numero 334 , sia con quello della Decisione quadro sul mandato di arresto Europeo 2002/584/GAI. Diversamente dalla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, il riconoscimento della sentenza non presuppone la condizione di detenzione del soggetto. L'eventuale trasferimento, a sua volta, non presuppone il consenso della persona condannata, almeno nella maggior parte dei casi ex articolo 5, comma 4, e 10, comma 4, del D. Lgs. cit. . Unico presupposto indefettibile della procedura è quello della presenza del soggetto nello Stato membro di emissione della sentenza o in quello di esecuzione della stessa. Nei rapporti fra gli Stati membri dell'U.E. che hanno attuato la Decisione quadro 2008/909/GAI, le corrispondenti disposizioni della su citata Convenzione di Strasburgo sono, di regola, sostituite, a norma dell'articolo 26 della pertinente Decisione quadro e dell'articolo 25 del su citato D. Lgs Per quel che attiene, in particolare, al rapporto con la procedura di consegna basata sul mandato di arresto Europeo, occorre considerare il disposto di cui all'articolo 24 del D.Lgs numero 161/2010, che estende l'applicazione del nuovo meccanismo procedurale ivi regolato alle ipotesi affini di esecuzione della pena o della misura di sicurezza previste dagli articolo 18, comma 1, lett. r e 19, comma 1, lett. e , della L. 22 aprile 2005, numero 69. La nuova disciplina normativa, infatti, si propone di integrare il sistema di consegna del mandato d'arresto Europeo, con specifico riferimento alle evenienze della consegna in executivis che è quella che viene in rilievo, giustappunto, nel caso in esame e della consegna per finalità processuali dei cittadini e dei residenti in Italia, rispettivamente disciplinate ex articolo 18, lett. r , e 19, comma 1, lett. c , della su citata L. numero 69/2005. In tal senso, sulla base della regola di principio enunciata nel considerandum numero 12 e, soprattutto, della disposizione dettata dall'ari . 25 della Decisione quadro 2008/909/GAI, il cui contenuto si riferisce esplicitamente all'ipotesi della esecuzione delle pene a seguito di un m.a.e., può ricavarsi la generale regola di riparto secondo cui fatta salva la decisione quadro 2002/584/GAI, le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all'esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s'impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell'articolo 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell'articolo 5, paragrafo 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l'impunità della persona in questione . Entro tale prospettiva, dunque, viene a collocarsi la norma di attuazione fissata dall'articolo 24, comma 1, del D. Lgs. in oggetto, laddove si estende l'applicazione della nuova procedura di mutuo riconoscimento nell'esecuzione delle sentenze definitive di condanna alle fattispecie previste dagli articolo 18, comma 1, lett. r e 19, comma 1, lett. e , della L. 22 aprile 2005, numero 69. Si tratta, come è noto, dell'ipotesi in cui la procedura del mandato d'arresto Europeo riguarda un cittadino italiano, ovvero un residente o dimorante nel territorio italiano cfr. Corte Costituzionale numero 227/2010 , che dovrebbe essere consegnato ad un altro Stato membro per l'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, e della corrispondente ipotesi del mandato d'arresto Europeo emesso a soli fini processuali, ossia per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di un nostro cittadino o di un residente nel territorio del nostro Stato. Nel primo caso, è consentito alla Corte d'appello di rifiutare la consegna purché disponga che la pena o la misura di sicurezza sia eseguita in Italia nel secondo caso, invece, è possibile condizionare la consegna alla condizione che la persona, una volta processata ed, eventualmente, condannata, sia rinviata in Italia per l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza. Ne discende che la procedura del riconoscimento della sentenza da parte della Corte d'appello si rende necessaria, a norma dell'articolo 24, comma 1, del D.lgs. numero 161/2010, nei casi specificamente previsti dagli articolo 18, comma 1, lett. r e 19, comma 1, lett. c , della legge 22 aprile 2005, numero 69. Ne consegue, ancora, che nelle evenienze or ora menzionate dovranno applicarsi, in quanto compatibili con il contenuto e le finalità dell'assetto normativo precedentemente delineato dalla Decisione quadro 2002/584/GAI, le forme e i meccanismi procedimentali previsti dal D. Lgs. numero 161/2010, colmandosi in tal modo una lacuna normativa foriera di rilevanti problematiche interpretative, atteso che né la legge sul mandato d'arresto Europeo, né la correlativa decisione quadro, regolavano esplicitamente la procedura di riconoscimento e adattamento della sentenza straniera nel nostro ordinamento giuridico. Vengono in rilievo, in particolare, non solo gli apprezzamenti in merito alla sussistenza delle condizioni generali per il riconoscimento della sentenza, ma anche le verifiche inerenti ai criteri di compatibilità della pena ed ai motivi di rifiuto specificamente indicati nelle disposizioni, in quanto ritenute compatibili, di cui agli articolo 10, 11 e 13 del D. Lgs. numero 161/2010, oltre al vaglio delle modalità di esecuzione successive al riconoscimento articolo 16-17 ed alle implicazioni riconnesse all'eventuale applicazione del principio di specialità articolo 18 . Valutazioni, queste, che la Corte territoriale ha già in parte espresso - laddove si è pronunziata in merito al profilo di compatibilità della pena irrogata nella sentenza straniera, al requisito della doppia incriminabilità e a quello di equità del processo a norma dell'articolo 18, lett. g , della L. numero 69/2005 - ma che il mutato quadro normativo impone di allargare sul più ampio orizzonte delle condizioni, dei presupposti e dei motivi ostativi contemplati nelle su citate disposizioni del D. Lgs. numero 161/2010, richiedendone, evidentemente, una complessiva operazione di rilettura , anche, se del caso, attraverso il ricorso alla procedura di consultazione con l'autorità competente dello Stato di emissione, sì come espressamente introdotta e regolata nell'articolo 13 comma 2, del su menzionato D.Lgs Al riguardo, inoltre, giova rilevare che, ai fini degli effetti giuridici del riconoscimento, non è sufficiente limitarsi alla mera indicazione che la sentenza straniera è riconosciuta agli effetti della legge italiana, ma occorre sempre precisare i reati per i quali il riconoscimento viene effettuato, tenuto conto, in particolare, della eventualità di un riconoscimento parziale ex articolo 10, comma 3 , ovvero delle possibili conseguenze legate, ad es., alle preclusioni ai benefici penitenziari di cui all'articolo 4 - bis Ord. Penumero . 6. Si tratta, dunque, di forme alternative di riconoscimento ed esecuzione della sentenza di condanna di uno Stato membro, in quanto connotate dalle medesime finalità rieducative, ed in parte regolate dalla medesima disciplina normativa, ma originate da un diverso atto di impulso procedimentale, che ne determina anche una diversa canalizzazione ed un'autonoma progressione la richiesta di consegna nell'ambito della procedura legata all'emissione del m.a.e., in un caso, la procedura di trasmissione all'estero, ovvero dall'estero ex articolo 4 ss. del D. Lgs. numero 161/2010 , nell'altro caso. Ciò comporta, peraltro, l'ulteriore conseguenza che, per quanto non disciplinato dal decreto legislativo su citato, dovrà comunque farsi riferimento al regime normativo proprio della procedura di consegna regolata dalla L. numero 69/2005 arg. ex articolo 24, comma 2, del D. Lgs. numero 161/2010 , sulla base del quadro di principii sinora delineato nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte. Su taluni aspetti delle questioni qui considerate, del resto, questa Suprema Corte Sez. 6, numero 4413 del 29/01/2014, dep. 30/01/2014, Rv. 258259 ha già avuto modo di pronunziarsi, affermando che, in tema di mandato di arresto Europeo, qualora la Corte d'appello disponga, ai sensi dell'articolo 18, comma primo, lett. r , L. 22 aprile 2005, numero 69, che la pena detentiva inflitta dallo Stato di emissione sia eseguita in Italia, il principio della conformità al diritto interno impone l'esecuzione dello stesso tipo di pena prevista per il reato in Italia. Ne consegue che, in caso di incompatibilità della natura e della durata delle pene previste nei due ordinamenti, la Corte d'appello deve procedere agli adattamenti necessari, applicando i principi fissati - in tema di reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell'Unione Europea - dall'articolo 10, comma quinto, del D.Lgs. 7 settembre 2010, numero 161 pena non inferiore a quanto previsto dalla legge italiana, né inferiore a quella applicata nello Stato di emissione pena detentiva non convertibile in sanzione pecuniaria . Pertanto, in relazione alle su richiamate ipotesi, così come dal legislatore specificamente individuate, e limitatamente ai rapporti con quegli Stati membri come la Romania che hanno recepito nei loro ordinamenti la Decisione quadro 2008/909/GAI, deve applicarsi, ai fini qui considerati, la nuova base giuridica delineata dal D.Lgs. numero 161/2010 e non può venire in rilievo l'insegnamento giurisprudenziale, da questa Suprema Corte tradizionalmente elaborato, secondo cui, in tema di mandato di arresto Europeo, quando la Corte d'appello dispone l'esecuzione nello Stato della pena inflitta nei confronti del cittadino italiano, ai sensi dell'articolo 18, comma primo, lett. r , della L. numero 69 del 2005, la sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria dello Stato di emissione viene automaticamente riconosciuta e non può applicarsi la speciale disciplina prevista dal D.Lgs. 7 settembre 2010, numero 161 Sez. 6, numero 16364 del 27/04/2012, dep. 03/05/2012, Rv. 252193 . Il principio, più volte affermato in questa Sede Sez. 6, numero 34587 del 05/07/2013, dep. 08/08/2013, Rv. 256132 , secondo cui la sentenza emessa da uno Stato membro dell'Unione Europea non ha bisogno di essere formalmente riconosciuta ai sensi dell'articolo 731 cod. proc. penumero , discendendo la sua esecutività direttamente dalla legge interna di conformazione alla Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell'U.E. del 13 giugno 2002, conserva peraltro la sua attualità nei rapporti con quegli ordinamenti che non hanno ancora recepito il nuovo strumento normativo disciplinato dalla Decisione quadro 2008/909/GAI. 7. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Reggio Calabria, affinché proceda, alla stregua delle regole di giudizio affermate, alle necessarie verifiche riconnesse all'applicazione del nuovo quadro normativo, uniformandosi ai principii in questa Sede statuiti. La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'articolo 22, comma 5, della L. numero 69/2005. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Reggio Calabria. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 22, comma 5, della L. numero 69 del 2005.