Immobile pericolante? Ad occuparsene deve essere il proprietario

Il reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, si realizza allorché il proprietario non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato, a nulla rilevando l’ignoranza dello stato di pericolo dell’edificio stesso e non essendo necessaria una preventiva diffida.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11129 del 7 marzo 2014. Il fatto. Il Tribunale di Foggia condanna una donna proprietaria di un immobile per il reato ex art. 677 c.p. Il reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina , per non aver provveduto ai necessari lavori per rimuovere il pericolo di crollo dell’immobile di sua proprietà che versava in condizioni precarie e in parte crollava con conseguenti lesioni e pericolo per le persone. Avverso tale decisione la donna ricorre per cassazione, lamentando che il giudice non avrebbe considerato la circostanza che al momento del sopralluogo era presente un tecnico incaricato dalla proprietaria che dirigeva i lavori per la messa in sicurezza ciò a parere dell’imputata avrebbe dovuto dimostrare la tempestiva esecuzione dei lavori urgenti con conseguente insussistenza di colpevole inerzia dell’imputata. Il proprietario non può ignorare lo stato dei suoi immobili. La Corte ritiene che il Tribunale abbia correttamente valutato le circostanze di fatto e affermato la penale responsabilità della donna. In particolare, ha dato atto che, a seguito di sopralluogo effettuato presso l’immobile di proprietà dell’imputata, adibito a laboratorio dolciario, erano state accertate le pessime condizioni dell’immobile con conseguenti rischi per la pubblica incolumità. La cattiva manutenzione aveva in sostanza provocato il crollo del solaio dal quale erano derivate lesioni per un individuo, ed ha sottolineato che solo in seguito a dette lesioni la donna avrebbe provveduto ad eseguire i lavori necessari, pertanto, non vi era ragione di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo. In conclusione i giudici di legittimità ammettono che l’ignoranza circa lo stato di pericolosità dell’immobile non esclude la colpevolezza, essendo normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitare una rovina pericolosa per la pubblica incolumità. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 febbraio – 7 marzo 2014, n. 11129 Presidente Chieffi – Relatore La Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 30.10.2012 il Tribunale di Foggia, in composizione monocratica, condannava D.G.A. alla pena condizionalmente sospesa di Euro 350 di ammenda per il reato di cui all'art. 677 cod. pen., per non avere provveduto ai necessari lavori per rimuovere il pericolo di crollo dell'immobile di sua proprietà che versava in precarie condizioni di staticità e in parte crollava con conseguente pericolo per le persone. 2. Ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, l'imputata deducendo la violazione di legge. Il giudice non ha valutato e motivato l'effettiva conoscibilità oggettiva da parte dell'imputata dello stato di pericolo dell'immobile anteriormente all'evento cui sono seguiti gli accertamenti tecnici comunali che sono stati effettuati il 14.4.2009, ancorché la contestazione indichi senza spiegazione la data del 24.4.2009. Lo stato di degrado, infatti, fu constatato soltanto a seguito del distacco del materiale e, a seguito di ciò, l'imputata immediatamente ha provveduto. Il giudice ha erroneamente ritenuto che l'evento, verificatosi in maniera improvvisa ed imprevedibile, fosse significativo di uno stato di manutenzione tale da ipotizzare la minaccia di rovina. Lamenta, quindi, che il giudice non ha considerato la circostanza, desumibile dal nota del geometra comunale acquisita, che al momento del sopralluogo era presente un tecnico incaricato dalla proprietaria che dirigeva i lavori per la messa in sicurezza tanto dimostra la tempestiva esecuzione dei lavori urgenti con conseguente insussistenza di colpevole inerzia dell'imputata. Erroneamente è stata ritenuta la prova che l'immobile versasse in stato di rovina, mentre si era verificato esclusivamente il distacco di un laterizio. Considerato in diritto Il ricorso, ad avviso del Collegio, è infondato e, pertanto deve essere rigettato. Il tribunale ha compiutamente argomentato in ordine alla configurabilità del reato contestato facendo corretta applicazione dei principi di diritto affermati da questa Corte ed ancorando l'affermazione della penale responsabilità dell'imputata alle circostanze di fatto accertate. In particolare, ha dato atto che, a seguito di sopralluogo effettuato presso l'immobile di proprietà dell'imputata, adibito a laboratorio dolciario, erano state accertate le pessime condizioni di staticità del solaio dello stabile con conseguenti rischi per la pubblica incolumità ferri corrosi dalla ruggine e tavelle rotte . La cattiva manutenzione aveva provocato, altresì, il crollo di una componente del solaio della quale erano derivate lesioni ad una persona guaribili in sei giorni. Ha sottolineato, altresì, che solo in seguito a detto episodio la proprietaria aveva provveduto ad eseguire i lavori necessari, pertanto, non vi era ragione di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo. Sono infondate le doglianze della ricorrente in ordine alla esistenza di condizioni da rendere concreto il pericolo per la pubblica incolumità, atteso che è stato dato atto che dal sopralluogo del tecnico comunale è emerso che lo stato dell’immobile era tale da esporre a rischio la pubblica incolumità. In ogni caso il concetto di rovina” non comprende solo il crollo improvviso o lo sfascio dell’edificio o della costruzione nella sua totalità, ma anche il distacco di una parte non trascurabile dell’edificio o della costruzione. La circostanza che ciò sia stato accertato al momento in cui si è verificato un evento non rileva, non potendosi ritenere l’impossibilità assoluta di conoscere tale condizione dell’immobile e tenuto conto che il reato previsto dall’art. 677 cod. pen. si realizza allorché il proprietario non si sia attivato per rimuovere le cause del pericolo accertato, a nulla rilevando l’ignoranza dello stato di pericolo in cui versa l’edificio rientrando nella normale diligenza del proprietario di un immobile curarne lo stato al fine di evitarne una rovina pericolosa per la pubblica incolumità e non essendo necessaria una preventiva diffida, con specifica previsione di un termine perentorio entro cui provvedere alla manutenzione dell’immobile pericolante, da parte della pubblica autorità Sez. 1, n. 5966 del 08/03/2000 – 22/05/2000, La Lomia, rv. 216010 Sez. 1, n. 6596 del 17/01/2008 – dep. 12/02/2008, Corona, rv. 239127 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.