Dipendenza da internet, disturbo superato con una relazione sentimentale: esclusa l’ipotesi del vizio di mente

Confermata la condanna piena per un uomo beccato a diffondere materiale pedopornografico online. Assolutamente inutile il richiamo difensivo ai problemi psichici lamentati dall’uomo e legati al cosiddetto ‘internet addiction disorder’. Non si può parlare di vizio, seppur parziale, di mente, anche perché la dipendenza dal web è stata superata facilmente con un cambio di abitudini di vita e con una relazione sentimentale.

‘ Internet addiction disorder’ , ossia dipendenza dal mondo virtuale della ‘rete web’. Diagnosi chiara, quella relativa ai problemi psichici di un uomo finito sotto accusa per avere diffuso online materiale pedopornografico, che, però, non permette di riconoscere un vizio, neppure parziale, di mente. Alla luce della constatazione della temporaneità e della minima gravità della dipendenza” da web. Cass., sent. n. 1161/2014, Terza Sezione Penale, depositata oggi Pedopornografia. Assolutamente chiara la ricostruzione della vicenda, e logica, per i giudici di merito, la condanna a 2 anni di reclusione e 2.800 euro di multa per un uomo beccato a detenere e divulgare nel web un ingente quantitativo di materiale pedopornografico . Irrilevante, seppur riconosciuta come corretta, la condizione di dipendenza dal computer e da internet addotta come giustificazione dall’uomo per i giudici, difatti, vi era sì l’esistenza della ‘Nevrosi depressiva’ – ‘ Internet addiction disorder’ , ma tale condizione non aveva alcuna incidenza sulla capacità di intendere e di volere . Virtuale e reale. Ma anche in terzo grado rimane quello del vizio di mente l’appiglio fondamentale per l’uomo. Su questo elemento, difatti, poggia, in sostanza, la linea difensiva, che sottolinea, da un lato, il riconoscimento – con perizia del consulente – del cosiddetto ‘Internet addiction disorder’ – espressione, secondo l’uomo, di un evidente disagio esistenziale –, ed evidenzia, dall’altro, l’errore di valutazione compiuto dai giudici della Corte d’Appello, i quali hanno escluso l’ipotesi del vizio parziale di mente , considerando il problema dell’uomo non come una forma patologica grave. Nonostante le obiezioni dell’uomo, però, la scelta compiuta in secondo grado viene condivisa anche dai giudici del ‘Palazzaccio’. Per essere chiari, quindi, nessun dubbio sulla forma di dipendenza da internet sofferta dall’uomo all’epoca dei fatti, ma, va aggiunto, tale condizione – frutto della ricerca nella ‘rete’ delle emozioni non trovate nella vita reale – non aveva alcuna incidenza , secondo il perito, sulle facoltà cognitive, ma solo su quelle volitive . E, comunque, a conferma della mancanza di gravità e della non irreversibilità del disturbo , vi era anche la circostanza che il cambio di abitudini e l’avvio della relazione sentimentale con colei che sarebbe diventata sua moglie sono state circostanze sufficienti a far venir meno la dipendenza da internet, che, evidentemente, non ha alterato in misura particolarmente incisiva i processi psichici dell’uomo. Tutto ciò, come detto, conduce alla conferma della decisione della Corte d’Appello esclusione del vizio parziale di mente , proprio perché il disturbo della personalità lamentato dall’uomo non presentava i caratteri della gravità .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 14 gennaio 2014, n. 1161 Presidente Fiale – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16.2.2012 la Corte di Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Palmi, emessa l'11.11.2009, con la quale D.F. era stato condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, e con la diminuente per la scelta del rito, per il reato di cui all'art. 600 ter co. 3 e 600 quater co. 2 c.p. perché non essendo concorso nella produzione o commercializzazione, essendo iscritto al sito www.namgla.net, deteneva e divulgava un ingente quantitativo di materiale pedopornografco, mediante l'inserimento di altri link, consentendo ad utenti internet non iscritti di accedere all'area riservata e di scaricare immagini e filmati, tutti di pornografia minorile , rideterminava la pena in anni due di reclusione ed euro 2.800,00 di multa, concedendo il beneficio della sospensione. Premetteva la Corte territoriale che risultava pacificamente accertata la condotta materiale contestata e che l'immutato aveva addotto, a sua giustificazione, una condizione di dipendenza dal computer e da internet, derivante da disagio esistenziale da cui si era liberato dopo aver conosciuto una donna che aveva sposato. Era stata, pertanto, espletata perizia da cui era emerso che l'imputato era affetto da Nevrosi depressiva-Internet Addiction Disorder”, che non aveva alcuna incidenza sulla capacità di intendere e di volere. Quanto al trattamento sanzionatorio, il GUP, nel concedere le circostanze attenuanti generiche, aveva omesso di applicarle in relazione al reato base, per cui la pena andava rideterminata. 2. Ricorre per cassazione D.F., denunciando la violazione di legge in relazione all'art. 89 c.p. e la illogicità della motivazione. Le argomentazioni della Corte territoriale, con le quali è stata rigettata la richiesta di riconoscimento del vizio parziale di mente, sono censurabili sia perchè si attribuisce rilevanza in contrasto con la giurisprudenza delle Sezioni Unite - cfr. Sent. 9163/05-Raso solo a forme patologiche, sia perchè si fa derivare la mancanza di gravità del disturbo mentale accertato dal perito dal presupposto della transitorietà dell'infermità attribuendosi rilievo anche ai disturbi di personalità implicitamente viene ad escludersi il carattere della irreversibilità del disturbo . Con il secondo motivo denuncia il difetto di motivazione in relazione al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non nella massima estensione. 2.1. Con memoria in data 14.2.2013 si ribadiscono le censure in ordine al mancato riconoscimento del vizio parziale di mente. La gravità del disturbo è stata esclusa non perchè i turbamenti psichici non abbiano inciso sulle facoltà mentali dell'imputato, ma perchè possono essere prese in considerazione solo le forme patologiche conclamate e gravi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 2. Secondo la sentenza delle Sezioni Unite n. 9163 del 25.1.2005-Raso, richiamata dal ricorrente, anche i disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di infermità purchè, però, siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale . 3. La Corte territoriale, contrariamente a quanto assume il ricorrente, ha fatto corretta applicazione ditali principi. Ha, innanzitutto, adeguatamente argomentato in ordine alla piena condivisibilità delle valutazioni del perito, perché esenti da censure sotto il profilo tecnico e logico. Il perito, dopo aver spiegato le ragioni per cui non potevano essere confermate le diagnosi depressione maggiore con episodi ricorrenti e disturbo bipolare di tipo II° , formulate in via alternativa dal consulente di parte, aveva concordato con il predetto consulente nel ritenere che il prevenuto, all'epoca dei fatti, presentasse una forma di dipendenza da Internet Internet Action Disorder . La condizione psicologica, in cui versava l'imputato, poteva manifestarsi anche attraverso comportamenti del tipo di quelli oggetto di contestazione. Secondo il perito la dipendenza da Intemet con ricerca nella rete delle emozioni non trovate nella vita reale non aveva alcuna incidenza sulle facoltà cognitive, ma solo su quelle volitive. Ci si trovava, però, in presenza di una forma di condizionamento dei processi volitivi non derivante da una patologia o da un disturbo conclamato o chiaramente riconoscibile. Ha, poi, evidenziato la Corte territoriale che non era pertinente il richiamo all'indirizzo ermeneutico che attribuisce rilievo ai disturbi della personalità, dal momento che nel caso di specie l'incidenza dei turbamenti psichici sulle facoltà mentali era priva del carattere di gravità si afferma in motivazione nel caso che ci occupa, infatti, il vizio parziale di mente non può essere riconosciuto non già perché il disturbo di cui avrebbe sofferto D. non è stato ancora compiutamente classificato, ma piuttosto, perché l'incidenza dei turbamenti psichici sulle facoltà mentali dell'imputato è priva dei prescritti connotati di gravità . La conferma della mancanza di gravità e non di irreversibilità del disturbo, secondo i Giudici di merito, si ricavava dalla circostanza che il cambio di abitudini e l'avvio della relazione sentimentale con colei che sarebbe diventata sua moglie sono state circostanze sufficienti a far venir meno la dipendenza da Internet, che, evidentemente non ha alterato in misura particolarmente incisiva i processi psichici di D pag. 4 sent. . Dalla motivazione della sentenza impugnata, sopra richiamata, risulta evidente, pertanto, che l'esclusione del vizio parziale di mente non sia stata determinata, come assume il ricorrente, dall'aver attribuito rilevanza solo a forme patologiche, ma perché il riconosciuto disturbo della personalità non presentava i caratteri della gravità. 4. Quanto al trattamento sanzionatorio è pacifico che il giudice di merito debba riferirsi ai parametri di cui all'art. 133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far riferimento. Il riconoscimento e la quantificazione delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione. La Corte territoriale, nell'applicare la riduzione per le già concesse circostanze attenuanti generiche, ha richiamato tutti i criteri di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p., ed ha tenuto conto, in particolare, da un lato delle difficili condizioni personali dell'agente , ma, dall'altro, della notevole offensività della condotta pag. 6 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.