Cani aggressivi, l’uomo si spaventa, prova a fuggire e cade: condannato il padrone

Confermata, in via definitiva, la condanna decisa per il proprietario dei tre quadrupedi. A lui è addebitabile, per la pessima custodia degli animali, la frattura del malleolo subita dalla persona aggredita.

Aggressione ‘a salve’ i cani – tre in tutto – si limitano a correre e ad abbaiare rabbiosamente. Ma la comprensibile reazione dell’uomo, destinatario della condotta degli animali, comporta dei danni egli, difatti, provando a scappare, mette un piede in fallo, subendo la frattura del malleolo della caviglia destra. Ciò rende, comunque, concreta la responsabilità dell’uomo che aveva cura dei tre cani consequenziale la sua condanna, per negligenza nella custodia dei quadrupedi, a 500 euro di ammenda, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della vittima dell’aggressione Cassazione, sentenza numero 46306, sez. Feriale Penale, depositata oggi . Custodia. Linea di pensiero comune per il gdp e per i giudici del Tribunale l’uomo, che ha «ammesso di dare da mangiare ai cani e di prendersi cura di loro», è da ritenere colpevole per le lesioni subite, indirettamente, dalla persona a seguito dell’aggressione – più rumorosa che concreta – messa in atto dagli animali. Nessun dubbio neanche sulla pena «500 euro di ammenda» e «risarcimento dei danni» a favore della persona aggredita. Decisiva la ricostruzione dell’episodio l’uomo, «per colpa consistita in negligenza nella custodia di tre cani, presenti all’interno di un recinto e da lui liberati senza guinzaglio e museruola», ha «cagionato una lesione» alla persona aggredita dai cani, la quale «nel tentativo di allontanarsi precipitosamente, metteva un piede in fallo, cadendo a terra e subendo la frattura del malleolo della caviglia sinistra, con prognosi di guarigione in trenta giorni». Evidente il fatto che «i cani dovevano ritenersi nella disponibilità» dell’uomo, il cui «richiamo» con un fischio aveva spinto gli animali ad allontanarsi «dalla persona offesa», così dimostrando di essere il «padrone» e «in grado di ottenere l’immediata obbedienza» da parte dei cani. Tutto ciò ha spinto i giudici di merito a ritenere acclarato il «nesso eziologico» tra l’«omessa custodia degli animali» e la «lesione patita» dalla persona aggredita. E tale visione, nonostante le obiezioni generiche mosse a propria difesa dal padrone degli animali, viene cristallizzata ora dai giudici della Cassazione, i quali spiegano che in Tribunale è stato messo ‘nero su bianco’ un «puntuale discorso giustificativo». Ciò significa che è cristallina la responsabilità dell’uomo per la pessima custodia degli animali, e, di conseguenza, per le lesioni subite dalla persona destinataria dell’aggressione dei cani. Confermata, quindi, in via definitiva, la condanna, così come fissata in secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 11 agosto – 10 novembre 2014, numero 46306 Presidente Franco – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. R.C. è stato condannato, con sentenza del Giudice di Pace di Messina in data 14 dicembre 2009, confermata dal Tribunale di Messina giusta sentenza del 10 gennaio 2013, alla pena di euro 500 di ammenda, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, per avere per colpa, consistita in negligenza nella custodia di tre cani, presenti all'interno di un recinto e da lui liberati senza guinzaglio e/o museruola, cagionato una lesione a G. Antonio, il quale, alla vista dei tre animali che si lanciavano verso di lui abbaiando e con atteggiamento aggressivo, nel tentativo di allontanarsi precipitosamente, metteva un piede in fallo, cadendo a terra e subendo la frattura del malleolo pereonale dalla caviglia destra , con prognosi di guarigione in trenta giorni in Messina, il 12 agosto 2006. A sostegno della decisione il Tribunale ha addotto che i cani dovevano ritenersi nella disponibilità dell'imputato, poiché essi avevano aggredito il G., il quale si trovava su un terreno di libero accesso insieme al figlio e al nipote, dopo che sul posto era sopraggiunto il R., intimando al G. e ai suoi congiunti di andarsene, e si erano allontanati dalla persona offesa solo al richiamo con un fischio dello stesso R., dimostratosi perciò padrone di essi in grado di ottenerne l'immediata obbedienza. D'altronde, come pure sottolineato in sentenza, lo stesso R., pur dichiarandosi non proprietario dei cani e attribuendo la proprietà dei terreni, teatro del fatto, a tale R.G., aveva ammesso di dare da mangiare ai cani aggressori e di prendersi cura di loro. Il Tribunale ha, quindi, ravvisato il nesso eziologico tra l'omessa custodia degli animali, nella ritenuta disponibilità dell'imputato, e la lesione patita dal G. nel tentativo di fuggire per sottrarsi all'aggressione dei cani. II Tribunale, infine, ha escluso la necessità di esaminare il R., in sede di rinnovazione del dibattimento, come richiesto dall'appellante, poiché ha ritenuto la nuova istruzione non assolutamente necessaria al fine di decidere, tenuto conto delle prove già acquisite. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il R. tramite il difensore, avvocato Salvatore Silvestro del foro di Messina, il quale deduce tre motivi. 2.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla ritenuta disponibilità dei cani da parte dell'imputato. 2.2. Violazione di legge e difetto di motivazione con riguardo all'affermato nesso eziologico tra la presunta omessa custodia degli animali, a norma dell'articolo 672 cod. penumero , e le lesioni patite dal G. 2.3. Violazione dell'articolo 603, comma 2, cod. proc. penumero e, comunque, mancanza di motivazione per non avere il Tribunale disposto la rinnovazione del dibattimento per procedere all'esame di R.G Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile. Esso reitera tutti i motivi già proposti con l'appello ai quali il Tribunale ha dato adeguata e coerente risposta, esente da vizi logici e giuridici, e, pertanto si appalesa generico nella misura in cui non deduce, né potrebbe rappresentare, specifici profili di illegittimità e di vizio motivazionale rilevabili davanti al giudice di legittimità, nel puntuale discorso giustificativo che sostiene la sentenza impugnata. 2. Alla dichiarazione di inammissibilità che, comunque, non rileva ai fini dell'impedimento della prescrizione il cui termine, considerata la sospensione dei processo per sei mesi e diciassette giorni a causa dell'adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata dal Consiglio dell'Ordine forense, sarebbe scaduto il 28 agosto prossimo, consegue, ai sensi dell'articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost., sent. numero 186 del 2000 , anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo ed il massimo previsti, in euro mille. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende.