Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale sussiste in presenza dell’indispensabile circostanza che «l’offesa all’onere o al prestigio del pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone». Quest’ultima circostanza deve essere provata concretamente e non attraverso semplici valutazioni presuntive.
Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza numero 29406/18, depositata il 27 giugno. Il fatto.La Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza di assoluzione emessa dal giudice di prime cure, condannava l’imputato per il reato di cui all’articolo 341-bisc.p. Oltraggio al pubblico ufficiale . Secondo la Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di primo grado, risultava provato l’estremo della presenza di più persone nel momento in cui l’imputato pronunciava frasi offensive contro gli agenti di polizia giudiziaria in un luogo pubblico. Contro la pronuncia di merito il difensore dell’imputato propone ricorso per cassazione chiedendo con un unico motivo l’annullamento della sentenza per aver la Corte d’Appello ritenuto integrata la fattispecie criminosa sull’assunto che la circostanza del luogo pubblico nel quale veniva commesso l’episodio integrasse il presupposto della presenza di più persone quale condizione della sussistenza del reato contestato. La presenza di più persone come presupposto per il reato.Secondo la Cassazione il ragionamento della Corte territoriale non è corretto in quanto non è stata fatta corretta applicazione del principio di diritto affermato dai Giudici di legittimità in materia secondo cui «l’offesa all’onere o al prestigio del pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone». Tali presupposti devono essere provati e non possono essere affidati a valutazioni presuntive. In ragione di ciò non può essere accettata la motivazione della Corte territoriale in relazione al fatto commesso in luogo pubblico come sufficiente per integrare il reato contestato. Pertanto, precisa la Supreme Corte, la regola presuntiva non può sostituirsi alla prova dell’elemento del reato costituito dalla presenza di più persone, «ma solo ove risulti accertata quest’ultima, vale a consentire che non debba provarsi il diverso dato della percezione dell’offesa, estremo che avanza, sostenuto da regola di esperienza, sino alla mera percepibilità». Per questi motivi la Cassazione ha annullato la sentenza impugna senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 – 27 giugno 2018, numero 29406 Presidente Paolini – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 24 febbraio 2017, su impugnativa del procuratore generale ed in riforma della sentenza di assoluzione emessa il 9 novembre 2012 dal Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Torre del Greco, che aveva ritenuto non provato l’estremo della presenza di più persone, ha condannato l’imputato, R.C. , per il reato di cui all’articolo 341-bis cod. penumero , per avere egli offeso, in luogo pubblico ed in presenza di più persone, l’onore ed il decoro di agenti di p.g. di Torre del Greco, pronunciando al loro indirizzo frasi offensive. 2. Il difensore di fiducia dell’imputato ricorre in cassazione per l’annullamento dell’indicata sentenza con unico articolato motivo. La Corte di appello, incorrendo in motivazione mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, avrebbe ritenuto integrata la fattispecie criminosa contestata sull’assunto che essendo l’episodio avvenuto sulla pubblica via, presso il comando degli agenti oltraggiati, lo stesso non avrebbe potuto che svolgersi alla presenza di più persone là dove, all’esito del dibattimento di primo grado, avrebbero deposto in senso contrario le dichiarazioni rese dagli agenti escussi e la circostanza che primo teatro della condotta sarebbe stata l’isola ecologica comunale posta all’interno di un parcheggio comunale ove era da escludersi un intenso traffico pedonale e veicolare e che la successiva condotta, posta in essere all’interno del comando dei carabinieri, doveva ritenersi avvenuta alla presenza dei soli agenti destinatari della frase pronunciata. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per le ragioni di seguito indicate. 2. La Corte di appello di Napoli nel ribaltare l’esito assolutorio di primo grado ha osservato un fallace ragionamento invocando a sostegno dell’assunta decisione una errata lettura di principio affermato da questa Corte in relazione al reato di oltraggio a pubblico ufficiale di cui all’articolo 341-bis cod. penumero . Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale previsto dall’articolo 341-bis cod. penumero richiede per la sua integrazione che l’offesa all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale mentre egli compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico ed in presenza di più persone, estremo quest’ultimo che deve essere provato non potendo essere affidato, quanto alla sua sussistenza, a valutazioni presuntive. L’articolo 341-bis cod. penumero ha inteso invero disegnare una fattispecie di reato a contenuto plurimo alla cui definizione concorrono le circostanze del luogo pubblico o aperto al pubblico e della presenza di più persone. Il principio affermato da questa Corte, ed utilizzato nell’impugnata sentenza al fine di accogliere l’appello del P.m. e riformare in peius la decisione assolutoria di primo grado, per il quale si è ritenuto sufficiente ad integrare il reato la mera potenziale percezione, da parte delle persone presenti, dell’espressione oltraggiosa è destinato ad operare là dove la presenza di più persone risulti comunque provata. La regola presuntiva non vale pertanto a sostituirsi alla prova dell’elemento di struttura del reato costituito dalla presenza di più persone, ma, solo ove risulti accertata quest’ultima, vale a consentire che non debba provarsi il diverso dato della percezione dell’offesa, estremo che avanza, sostenuto da regola di esperienza, sino alla mera percepibilità Sez. 6, numero 15440 del 17/03/2016, Saad, Rv. 266546 Sez. 6, numero 190 10 del 28/03/2017, Trombetta, Rv. 269828 . 3. Gli opposti epiloghi decisori e la divisata regola interpretativa impongono l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.