In caso di difetto di rappresentanza legale il giudice che rilevi il vizio “può” o “deve” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio del soggetto dotato di reale rappresentanza che manifesti la volontà di ratificare l’operato del falsus procurator?
La questione è risolta dalla Cassazione con ordinanza numero 15933/18 depositata il 18 giugno. La decisione dei Giudici di merito. Il Tribunale dichiarava la nullità dell’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dalla società interessata, ritenendo che il mandato alle liti dell’opponente era stato sottoscritto da un soggetto che non rivestiva la qualità di legale rappresentante della società. Allo stesso modo la Corte d’Appello, adita in secondo grado, rigettava il gravame ritenendo che correttamente il Giudice di prime cure aveva dichiarato invalida l’opposizione sul presupposto che il sottoscrivente non aveva poteri di rappresentanza legale i quali all’epoca erano attribuiti ad un altro e che la nullità non poteva reputarsi sanata con efficacia ex tunc in seguito alla ratifica effettuata dal sottoscrivente il presunto rappresentate con procura rilasciata a margine della secondo memoria ex articolo 190 c.p.c Secondo i Giudici di merito infine non vi era un obbligo del giudice di assegnare un termine per la sanatoria dei vizi di rappresentanza in applicazione dell’articolo 182 c.p.c., prima delle modifiche introdotte dalla l. numero 69/2009 Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile , in quanto «la regolarizzazione non poteva sanare le decadenze nelle quali la parte fosse già eventualmente incorsa alla data della ratifica, quale appunto la decadenza dal potere di proporre tempestiva opposizione». Falsus procurator e sanatoria. La pronuncia è impugnata per cassazione dall’opponente. La Suprema Corte ha accolto il ricorso ritenendo scorretto il ragionamento dei Giudici di merito in palese contrasto con i principi giurisprudenziali «in tema di effetti della ratifica operata per l’attività svolta sulla base di un mandato rilasciato dal falsus procurator, e precisamente, nel caso di società, sulla base di una procura rilasciata da soggetto che non rivesta la qualità di legale rappresentante». Infatti, grazie a svariati interventi della Suprema Corte, è possibile affermare che si può sanare il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente, in qualsiasi stato e grado del giudizio, «con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti», grazie alla costituzione del soggetto dotato di reale rappresentanza dell’ente che manifesti la volontà anche tacita «di ratificare l’operato del falsus procurator» da ultimo Cass. numero 23274/16 . Gli oneri del giudice che rileva il difetto di rappresentanza. In applicazione di questo principio le Sezioni Unite si sono espresse sul tema precisando che «la previsione secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’articolo 46, comma 2, l. numero 69/2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalla causa del predetto difetto». Il Giudice deve quindi assegnare un termine alla parte che non abbia già provveduto, con effetti ex tunc, «senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali» Cass. SS.UU. numero 9217/10 Cass. SS.UU. numero 4248/16 . Nella fattispecie in esame, conclude la Suprema Corte, i Giudici di merito hanno erroneamente escluso che vi fosse un obbligo del giudice di assegnare un termine per la regolarizzazione dei poteri di rappresentanza sostanziale della società ed, inoltre, altrettanto erroneamente hanno ritenuto che la ratifica da parte del legale rappresentante fosse in ogni caso tardiva. Per tutte queste ragioni il Collegio ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata con rinvio a diversa sezione della Corte d’Appello.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 8 marzo – 18 giugno 2018, numero 15933 Presidente D’Ascola – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione Il Tribunale di Milano con sentenza numero 13023/2011 dichiarava la nullità dell’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dalla Diamond di A.P. e C. S.a.s. atteso che il mandato alle liti della società opponente era stato sottoscritto da tal P.S. , soggetto che non rivestiva la qualità di legale rappresentante dell’opponente. La Corte d’Appello di Milano con la sentenza numero 2943 del 7 luglio 2015 ha rigettato l’appello. A tal fine, dopo avere ritenuto non esaminabile la documentazione prodotta dalla parte personalmente e peraltro dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, osservava altresì che l’appellante, dopo avere ritirato la produzione, non aveva provveduto a ridepositarla nei termini di legge. Quanto al merito dell’appello, osservava che il giudice di prime cure aveva ritenuto fonata l’eccezione dell’opposto secondo cui l’opposizione era invalida in quanto il mandato alle liti era stato sottoscritto da soggetto P.S. privo all’epoca dei poteri di rappresentanza legale, che invece era attribuita ad P.A. . Né poteva reputarsi che la nullità de qua fosse stata sanata con efficacia ex tunc a seguito della ratifica effettuata da P.A. , con procura rilasciata a margine della seconda memoria ex articolo 190 c.p.c Infatti, alla fattispecie doveva applicarsi la vecchia formulazione dell’articolo 182 c.p.c., anteriore alle modifiche di cui alla legge numero 69/20089, che esclude un obbligo per il giudice di assegnare un termine per la sanatoria dei vizi di rappresentanza ed assistenza, dovendosi altresì tenere conto del fatto che in base al tenore della norma, come applicabile al caso in esame, la regolarizzazione non poteva sanare le decadenze nella quali la parte fosse già eventualmente incorsa alla data della ratifica, quale appunto la decadenza dal potere di proporre tempestiva opposizione. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Diamond S.a.s. di S.P. e C. sulla base di due motivi. C.G. ha resistito con controricorso. Il primo motivo denunzia la falsa applicazione dell’articolo 182 c.p.c., laddove la sentenza ha escluso che la successiva ratifica rilasciata da colui che rivestiva effettivamente la qualità di legale rappresentante della società, e precisamente in occasione della presentazione della memorie di replica di cui all’articolo 190 c.p.c., non abbia determinato la sanatoria ex tunc dell’iniziale invalidità della procura, in quanto rilasciata da soggetto privo di detta qualità. In tal senso si rileva che la tesi dei giudici di merito, che fa leva anche sulla applicabilità alla fattispecie del testo dell’articolo 182 c.p.c., nella formulazione anteriore alla riforma del 2009, risulta contrastata dall’orientamento di questa Corte e precisamente da quanto affermato da Cass. S.U. numero 9217/2010, che ha offerto una lettura della norma di fatto anticipatrice del testo novellato, il quale funge da criterio interpretativo anche per il passato. Altrettanto erronea appare poi l’affermazione che la decadenze, alle quali faceva riferimento il vecchio testo della norma, e che non erano impedite dalla regolarizzazione della costituzione, sono anche quelle processuali, quale appunto quella concernente la tempestiva proposizione dell’opposizione. Il secondo motivo inoltre denunzia la violazione degli articolo 182, 83, 183 co. 6, 189 e 190 c.p.c., sempre in relazione al punto attinto dal primo motivo, assumendosi che altrettanto erroneamente si sarebbe reputata inammissibile la ratifica con la memoria di replica, e ciò in contrasto con l’orientamento di questa Corte per il quale la regolarizzazione può avvenire in ogni stato e grado, ed anche, quindi, con gli scritti conclusionali. I due motivi, che per la loro connessione, possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati e vanno quindi accolti. La decisione dei giudici di merito appare infatti in evidente contrasto con i principi affermati da questa Corte in tema di effetti della ratifica operata per l’attività svolta sulla base di un mandato rilasciato dal falsus procurator, e precisamente, nel caso di società, sulla base di una procura rilasciata da soggetto che non rivestiva la qualità di legale rappresentante. Ed, invero, anche prima dell’intervento delle Sezioni Unite, al quale si richiama in ricorso la società, si era sostenuto che cfr. ex multis Cass. numero 23670/2008 il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva, con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator . Tanto la ratifica, quanto la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da un soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazione degli articoli 83 e 125 cod. proc. civ La questione ha costituito poi oggetto di decisione da parte delle Sezioni Unite che con la sentenza numero 9217/2010, proprio in relazione a fattispecie ancora assoggettata al previgente testo dell’articolo 182 c.p.c., hanno chiarito che la previsione secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione può assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’articolo 46, comma secondo, della legge numero 69 del 2009, nel senso che il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc , senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali. I principi affermati nel 2010 hanno poi ricevuto ulteriore conferma da parte delle Sezioni Unite con la sentenza numero 4248/2016, che, nell’affrontare il dibattuto tema della possibilità di un giudicato implicito sulle questioni processuali, hanno ritenuto di limitare tale possibilità al solo rilievo della giurisdizione, escludendo che invece sulle altre questioni ritenute vitali , tra le quali deve farsi rientrare anche quella della rappresentanza della parte, possa formarsi il giudicato in assenza di un’esplicita decisione da parte del giudice dei gradi precedenti. Per l’effetto, hanno affermato che il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, che anche qualora la contestazione avvenga in sede di legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi dell’articolo 372 c.p.c La successiva giurisprudenza di legittimità ha fatto puntuale applicazione di tali principi ribadendo quindi che cfr. da ultimo Cass. numero 23274/2016 il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente nella specie, per mancanza dell’autorizzazione preventiva alla proposizione dell’azione da parte dell’organo competente per statuto , può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare l’operato del falsus procurator conf. Cass. numero 5343/2015, che ha ammesso la sanatoria anche in grado di appello, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator , dovendosi reputare la ratifica e la conseguente sanatoria, ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali . La sentenza gravata non ha fatto corretta applicazione di tali principi avendo, da un lato escluso che vi fosse un obbligo del giudice, a fronte dell’eccezione di difetto in capo al sottoscrittore della procura, dei poteri di rappresentanza sostanziale della società, di assegnare un termine per la regolarizzazione, e dall’altro ritenuto che la ratifica da parte del legale rappresentante fosse in ogni caso tardiva e ciò sebbene la volontà di ratificare l’operato di colui che aveva sottoscritto l’iniziale mandato, fosse stata poi ribadita anche nell’atto di appello, con mandato sottoscritto invece dal legale rappresentante della società opponente , e che comunque non potesse impedire il rilievo della decadenza, evidentemente di natura processuale, scaturente dalla tardiva presentazione dell’opposizione. La sentenza deve quindi essere cassata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano per l’esame delle altre questioni, la cui valutazione è stata reputata preclusa dai giudici di merito per effetto della ravvisata tardività dell’opposizione. P.Q.M. Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, a diversa Sezione della Corte d’Appello di Milano.