Contratto di lavoro: si può recedere anche oralmente

Il principio della libertà delle forme si applica anche all’accordo o al contratto collettivo di lavoro che, di conseguenza, possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti, tranne che in caso di diversa pattuizione scritta raggiunta dalle medesime parti stipulanti. Ciò vale anche per i negozio che vi sono connessi, come il recesso unilaterale. Dunque, la parte che eccepisce l’avvenuto recesso unilaterale è onerata della relativa prova se alla manifestazione orale segue, su richiesta dell’altro o degli altri contraenti, una dichiarazione scritta dello stesso tenore, la parte è onerata anche della prova del carattere meramente confermativo – anziché innovativo – di tale successiva dichiarazione.

A sostenerlo è la Corte di Cassazione nella sentenza numero 5601/18, depositata l’8 marzo. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano condannava un’azienda a pagare ad una sua dipendente il premio aziendale di cui ad alcuni accordi collettivi che prevedevano la possibilità di tacito rinnovo, salva eventuale disdetta. Secondo la società, proprio tale disdetta era stata dichiarata prima verbalmente e, poi, per iscritto con una lettera che, però, secondo i Giudici, doveva considerarsi tardiva. L’azienda ricorre in Cassazione. La forma libera è la regola, la forma vincolata è l’eccezione. Essa contesta che i Giudici di merito abbiano ritenuto necessaria la forma scritta della disdetta e afferma, invece, che - per il recesso - tale forma sia dovuta solo se espressamente pattuita o concernete un contratto solenne ex articolo 1350 c.c La società, pertanto, insiste nel sostenere che la sua disdetta espressa oralmente alle organizzazioni sindacali doveva considerarsi tempestiva. La Corte di Cassazione ritiene fondate le doglianze di parte ricorrente in mancanza di norme che prevedano, per i contratti collettivi, la forma scritta in applicazione del principio generale della libertà della forma – in base al quale le norme che prescrivono forme peculiari per determinati contratti o atti unilaterali non possono essere applicate analogicamente – un accordo aziendale è valido anche se non stipulato per iscritto. In sostanza, mentre la forma libera è la regola, la forma vincolata è l’eccezione. Libertà di forme quando si applica? Precisato questo aspetto, gli Ermellini si soffermano sulla natura del recesso, negozio recettizio che, pur non richiedendo formule sacramentali, è assoggettato agli stessi vincoli formali prescritti per il contratto costitutivo del rapporto al cui scioglimento sia finalizzato. E se, come nel caso degli accordi o dei contratti collettivi di lavoro, questi vincoli non sono previsti, il principio della libertà delle forme della manifestazione di volontà si riespande, sia per il contratto, sia per i negozi che vi sono connessi. Secondo la Suprema Corte di Cassazione, quindi, il principio della libertà delle forme si applica anche all’accordo o al contratto collettivo di lavoro che, di conseguenza, possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti, tranne che in caso di diversa pattuizione scritta raggiunta dalle medesime parti stipulanti. Ciò vale anche per i negozi che vi sono connessi, come il recesso unilaterale. La parte che eccepisce il recesso unilaterale è onerata della relativa prova. Dunque, la parte che eccepisce l’avvenuto recesso unilaterale è onerata della relativa prova se alla manifestazione orale segue, su richiesta dell’altro o degli altri contraenti, una dichiarazione scritta dello stesso tenore, la parte è onerata anche della prova del carattere meramente confermativo – anziché innovativo – di tale successiva dichiarazione. Alla luce di quanto detto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 novembre 2017 – 8 marzo 2018, numero 5601 Presidente Napoletano – Relatore Manna Fatti di causa 1. Con sentenza pubblicata il 14.12.12 la Corte d’appello di Milano, in totale riforma della sentenza numero 518/10 del Tribunale della stessa sede, condannava Billa Aktiengesellshaft, Sede secondaria in Italia, a pagare per il periodo ottobre 2004 - luglio 2005 alla sua dipendente G.F. il premio aziendale di cui agli accordi collettivi aziendali 5.7.74, 6.7.79 e successivi aggiornamenti. 2. Rilevava la Corte territoriale che tali accordi avevano previsto la possibilità di tacito rinnovo annuale fatta salva eventuale disdetta da manifestarsi entro il 31 gennaio di ciascun anno. La società sosteneva di aver dichiarato la propria disdetta dapprima verbalmente nel corso di una riunione con le organizzazioni sindacali tenutasi il 27.1.04, poi per iscritto con lettera del 29 gennaio 2004. Ma - notavano i giudici di merito essendo pervenuta ad una delle parti stipulanti solo il 3 febbraio successivo, la disdetta doveva considerarsi tardiva, con conseguente rinnovo degli accordi fino alla scadenza del luglio 2005. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre Billa Aktiengesellshaft oggi incorporata da Penny Market GmbH affidandosi a cinque motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 cod. proc. civ. 4. G.F. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 1373 cod. civ. in riferimento agli articolo 1334, 1350 e 1362 stesso codice, per avere l’impugnata sentenza negato efficacia alla disdetta degli accordi relativi al premio aziendale manifestata oralmente dalla società nel corso dell’incontro del 27.1.04 con le organizzazioni sindacali , ritenendo all’uopo necessaria la forma scritta, nonostante che obietta la ricorrente - per il recesso tale forma sia dovuta solo se espressamente pattuita o se concernente un contratto solenne ex articolo 1350 cod. civ. nel caso di specie la disdetta, espressa dapprima in forma orale dalla società alle organizzazioni sindacali il 27.1.04, doveva quindi considerarsi tempestiva. 1.2. Il secondo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli articolo 1373, 1334 e 1350 cod. civ., in relazione agli articolo 1351 e 1352 stesso codice, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto dovuta la forma scritta della disdetta perché pretesa dalle parti collettive nella riunione del 27.1.04 oppone la società la non conferenza del richiamo, operato dalla Corte territoriale, alla ben diversa ipotesi del rapporto fra contratto preliminare e contratto definitivo e di precedenti giurisprudenziali concernenti contratti definiti come solenni dalla legge. 1.3. Con il terzo motivo ci si duole di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso oggetto di discussione tra le parti, consistente nella avvenuta disdetta verbale manifestata nel corso della riunione del 27.1.04 e nella relativa istanza di prova testimoniale coltivata dalla società. 1.4. Analoga doglianza viene fatta valere anche con il quarto motivo sotto forma di denuncia di vizio di violazione o falsa applicazione degli articolo 2729 e 1350 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata si è avvalsa di presunzioni e non ha, invece, accolto le istanze istruttorie della società miranti a dimostrare l’avvenuta disdetta manifestata verbalmente nel corso della riunione del 27.1.04. 1.5. Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere anche con il quinto mezzo, sotto forma di denuncia di violazione o falsa applicazione degli articolo 2697 c.c. anche in relazione agli articolo 24 e 111 Cost. 2.1. I primi due motivi del ricorso - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - sono fondati. Per quanto concerne gli accordi o contratti collettivi di lavoro, una volta venuto meno l’ordinamento corporativo e, con esso, l’articolo 2072 cod. civ., inizialmente Cass. numero 5119/87, Cass. numero 5034/89 e Cass. numero 823/93 affermarono la necessità della forma scritta ad substantiam, desunta vuoi dal rispetto del principio dell’affidamento vuoi da norme come, ad esempio, gli articolo 2113 e 2077 cod. civ., l’articolo 3 legge numero 741 del 1959 o l’articolo 425 cod. proc. civ., che implicitamente presuppongono una forma scritta. Difforme statuizione fu adottata da Cass. numero 8083/87 nel risolvere il diverso, ma connesso, problema della necessità della forma scritta per il mandato conferito dai lavoratori ai rappresentanti sindacali, relativo alla conclusione di un accordo aziendale avente ad oggetto la sospensione del rapporto tale sentenza ritenne valido il mandato, conferito con comportamenti concludenti, in quanto non era prevista la forma scritta ad substantiam per la stipulazione dell’accordo aziendale Cass. numero 8083/87 . Ancora per la non configurabilità d’una forma scritta ad substantiam si pronunciò Cass. numero 4030/93. Si giunse, infine, alla sentenza numero 3318/95, con cui le S.U. di questa S.C. statuirono che, in mancanza di norme che prevedano, per i contratti collettivi, la forma scritta e in applicazione del principio generale della libertà della forma in base al quale le norme che prescrivono forme peculiari per determinati contratti o atti unilaterali sono di stretta interpretazione, ossia insuscettibili di applicazione analogica , un accordo aziendale è valido anche se non stipulato per iscritto. In senso conforme si pronunciò Cass. numero 11111/97. Non si ravvisano ragioni idonee a mutare quest’ultimo indirizzo interpretativo, a tal fine non bastando le pur evidenti esigenze funzionalistiche che consigliano l’adozione d’un testo scritto, ma che di per sé non possono imporlo in difetto d’una sanzione a pena di nullità prevista dalla legge o dall’autonomia privata. Per questa ragione non vale invocare gli articolo 2077 o 2113 cod. civ., l’articolo 3 legge numero 741 del 1959, l’articolo 425 cod. proc. civ. od altre analoghe disposizioni in cui il testo scritto - non sancito a pena di nullità - è implicitamente presupposto a fini meramente ricognitivi. In altre parole, va mantenuto saldo il consolidato principio dottrinario e giurisprudenziale in virtù del quale le norme secondo cui determinati contratti o atti devono essere posti in essere con una forma particolare sono di stretta interpretazione. Ciò sia detto in ossequio al principio di libertà delle forme che deriva dall’articolo 1325 numero 4 cod. civ. fermo restando che qualsiasi atto, per esistere nel mondo giuridico, deve pur sempre manifestarsi all’esterno ed assumere, quindi, una qualche forma, sia essa verbale, scritta, per fatti concludenti etc. . Ne discende che è corretto parlare comunemente di forma libera, come regola, di forma vincolata, come eccezione. È pur vero che in alcune ipotesi questa Corte ha statuito la necessità della forma scritta anche in assenza di espressa disposizione normativa, ma ciò è avvenuto in base ad un’interpretazione estensiva e non analogica di norme che imponevano la redazione per iscritto di atti connessi, come avvenuto - ad esempio - per il contratto che risolva un preliminare comportante l’obbligo di trasferire la proprietà o diritti reali su immobili v. Cass. numero 13290/15 fino a risalire, indietro nel tempo, a Cass. S.U. numero 8878/90 . Una volta stabilita la libertà della forma dell’accordo o del contratto collettivo di lavoro, la medesima libertà deve essere ravvisata anche riguardo agli atti che ne siano risolutori, come il mutuo dissenso articolo 1372, comma 1, cod. civ. o il recesso unilaterale o disdetta ex articolo 1373, comma 2, cod. civ. Tanto deriva dal consolidato principio dottrinario e giurisprudenziale per cui il recesso è un negozio recettizio che, pur non richiedendo formule sacramentali, nondimeno resta assoggettato agli stessi vincoli formali eventualmente prescritti per il contratto costitutivo del rapporto al cui scioglimento sia finalizzato cfr. Cass. numero 14730/2000, Cass. numero 5454/90 e Cass. numero 5059/86 . Ove tali vincoli non siano previsti - come nel caso degli accordi o dei contratti collettivi di lavoro - si riespande il principio della libertà della forma della manifestazione di volontà, tanto per il contratto quanto per i negozi connessivi come il recesso unilaterale ex articolo 1373, comma 2, cod. civ. . È, poi, opportuno precisare che anche per la forma ad probationem tantum è necessaria un’apposita previsione che nel caso di specie non sussiste e che esula dalla presente sede il discorso attinente alla forma definita integrativa da quella parte della dottrina che la ricava dalle norme che prevedono una determinata forma al solo fine di far sì che il contratto produca tra le parti effetti ulteriori rispetto a quelli tipici e immediati v., ad es., articolo 1524, 1605, 2787 e 2800 cod. civ. . 2.2. La qui ribadita libertà della forma del contratto collettivo di lavoro e dei negozi connessivi come il recesso unilaterale ex articolo 1373, comma 2, cod. civ. reca con sé la fondatezza - nei sensi qui di seguito meglio chiariti - degli ulteriori motivi di censura terzo, quarto e quinto del ricorso riferiti alla mancata ammissione delle prove testimoniali a tal fine chieste e coltivate dalla società ricorrente. Essa è onerata ex articolo 2697, comma 2, cod. civ. della dimostrazione in quanto ricopre il ruolo sostanziale di convenuto eccipiente sia dell’esistenza d’una effettiva disdetta verbale espressa nel corso della summenzionata riunione del 27.1.04 sia del carattere meramente confermativo della successiva lettera del 29 gennaio 2004, per superare la contraria affermazione degli odierni controricorrenti, secondo i quali, invece, in quella riunione le parti avrebbero pattuito la comunicazione scritta del recesso. A sua volta l’onere di comunicare per iscritto la disdetta, ove pattuito nel corso della summenzionata riunione del 27.1.04, risulterebbe rilevante non ai fini degli articolo 1351 o 1352 cod. civ., ma perché una pattuizione del genere equivarrebbe ad una concorde richiesta di ripensamento tale da inficiare un’ipotetica iniziale volontà di recesso da parte aziendale, così implicandone l’assenza o il che è lo stesso ai presenti fini la non attualità alla data del 27.1.04. Nel caso di specie comunque non soccorrerebbe l’articolo 1351 cod. civ. applicabile solo quando una determinata forma sia stabilita dalla legge e non pure quando essa sia stata prevista dalle parti per un contratto per il quale la legge non dispone alcunché cfr. Cass. numero 3980/81 né l’articolo 1352 cod. civ. perché il vincolo d’una futura forma può, a sua volta, essere posto soltanto per iscritto . Di tali principi non ha fatto applicazione la sentenza impugnata, che - in violazione degli articolo 24 e 111 Cost. - è pervenuta al diniego della prova ritualmente chiesta dalla società ricorrente nonostante che nella vicenda in esame la disdetta potesse provarsi anche con prova dichiarativa. Non vi sono ostacoli normativi alla possibilità d’una prova testimoniale della disdetta, vuoi perché ex articolo 421, comma 2, cod. proc. civ. nel processo del lavoro non si applicano i limiti alla prova testimoniale previsti dagli articolo 2721, 2722 e 2723 cod. civ. cfr., per tutte, Cass. numero 9228/09 , vuoi perché tali limiti sono riferibili ai soli contratti e non anche agli atti unilaterali cfr., per tutte, Cass. numero 5417/14 . 3.1. In conclusione, il ricorso è da accogliersi nei sensi di cui in motivazione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che dovrà accertare se e in che termini nella summenzionata riunione del 27.1.04 vi sia stata un’effettiva disdetta orale degli accordi collettivi aziendali 5.7.74, 6.7.79 e successivi aggiornamenti. Ciò il giudice di rinvio dovrà verificare alla luce dei seguenti principi di diritto a il principio di libertà della forma si applica anche all’accordo o al contratto collettivo di lavoro di diritto comune, di guisa che essi - a meno di eventuale diversa pattuizione scritta precedentemente raggiunta ai sensi dell’articolo 1352 cod. civ. dalle medesime parti stipulanti ben possono realizzarsi anche verbalmente o per fatti concludenti b tale libertà della forma dell’accordo o del contratto collettivo di lavoro concerne anche i negozi connessivi, come il recesso unilaterale ex articolo 1373, comma 2, cod. civ. c la parte che eccepisce l’avvenuto recesso unilaterale è onerata ex articolo 2697, comma 2, cod. civ. della prova relativa e, ove alla manifestazione orale segua, su richiesta dell’altro o degli altri contraenti, una dichiarazione scritta del medesimo tenore, è altresì onerata della prova del carattere meramente confermativo - anziché innovativo - di tale successiva dichiarazione. P.Q.M. accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.