La domanda proposta dal dipendente pubblico cessato dal rapporto di lavoro in data antecedente al 30/6/1998, avente ad oggetto la corresponsione del trattamento assicurativo derivante da polizza individuale stipulata dal datore di lavoro è di natura contrattuale e come tale appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Il caso. Gli eredi legittimi di un dipendente pubblico, cessato dal rapporto di lavoro in data anteriore al 30 giugno 1998 adivano il Tribunale del Lavoro, al fine di veder accertare e dichiarare l’illegittimità della mancata corresponsione da parte dell’ente datore di lavoro del trattamento assicurativo al beneficiario, risultante dalla polizza individuale e così condannare l’ente al pagamento in loro favore della somma complessiva risultante dalla ricostruzione della posizione di polizza. Il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda proposta. Ugualmente l’adita Corte d’Appello confermava l’affermato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, respingendo l’appello. Ricorrevano così in Cassazione gli aventi causa del lavoratore, sostenendo la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto l’azione proposta doveva ritenersi di natura risarcitoria extracontrattuale, non emergendo dalla domanda una precisa scelta del danneggiato in favore dell’azione contrattuale. E in ogni caso che, trattandosi di illecito permanente del datore di lavoro, si deve fare riferimento al momento della cessazione della permanenza del fatto dannoso, che se successiva al 30 giugno 1998, determina la giurisdizione del giudice ordinario. La prestazione assicurativa individuale non ha natura previdenziale Le Sezioni Unite affermano prima di tutto che la prestazione assicurativa derivante da polizze individuale stipulate dal datore di lavoro non ha natura previdenziale. Ciò in quanto unicamente la prestazione dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria che trovi fonte esclusiva nella legge ed abbia soggetti e contenuti diversi rispetto al rapporto di lavoro, posto a mero presupposto di fatto rispetto al rapporto previdenziale, costituisce vera e propria prestazione previdenziale, con giurisdizione del giudice ordinario, anche in caso di impiego pubblico. ma fa parte della prestazione retributiva. La prestazione di contenuto genericamente previdenziale dovuta al lavoratore come prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una forma di previdenza interna a carattere aziendale, si riferisce strettamente al rapporto di lavoro e le somme derivanti costituiscono accantonamento di una parte di retribuzione hanno pertanto natura del tutto diversa da quella assunta dai contributi previdenziali obbligatori. La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego, prosegue la Suprema Corte, si riflette sulla determinazione della giurisdizione nel senso che le relative controversie sono devolute al giudice del rapporto e quindi al giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 69, comma 7, D.Lgs. numero 165/2001, ove vengano dedotte in giudizio situazioni giuridiche soggettive maturate anteriormente alla data del 30 giugno 1998. Responsabilità contrattuale o extracontrattuale? La Corte di Cassazione censura il motivo di ricorso proposto, affermando che, ai fini della individuazione del giudice destinato a conoscere le cause di risarcimento danni da lesioni patite dal pubblico dipendente prima del 30 giugno 1998, occorre verificare se il fatto illecito contestato costituisca espressione di responsabilità contrattuale od extracontrattuale quindi se sia dipeso da violazione di obblighi propri del datore di lavoro oppure del generale principio del neminem non leadere . A tal fine deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui sia stata denunciata una condotta tale da escluderne qualsiasi rilevanza nei confronti di soggetti non legati all’Amministrazione da un rapporto di pubblico impiego mentre sarà del giudice ordinario la giurisdizione ove sia stata addebitata all’Amministrazione una condotta la cui capacità lesiva possa indifferentemente esplicarsi sia nei confronti del dipendente sia degli estranei. Restando irrilevante la qualificazione data dal danneggiato all’azione. Pertanto, nel caso esaminato dalle Sezioni Unite, la condotta lesiva addebitata all’Amministrazione non poteva che esplicarsi unicamente nei confronti dei dipendenti, mai dei soggetti estranei al rapporto di pubblico impiego. Nemmeno la domanda di risarcimento del danno morale sposta la giurisdizione La domanda risarcitoria proposta in relazione al danno morale subito quale conseguenza del comportamento censurato all’Amministrazione non rileva al fine di determinare la spostamento della giurisdizione in capo al giudice ordinario. Infatti il giudice amministrativo, nelle cause devolute alla sua giurisdizione dispone anche con riguardo al risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla Pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 35, L. numero 205/2000. e il danno non è permanente. Non si ravvisa infine, afferma il Giudice di legittimità, alcun profilo di permanenza dell’illecito oltre la data di cessazione del rapporto di lavoro, con la quale viene a coincidere l’asserito inadempimento del datore di lavoro. E nemmeno vengono prospettati nel giudizio successivi comportamenti del datore di lavoro atti a determinare la permanenza dell’illecito dopo la data di cessazione del rapporto lavorativo. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno così rigettato il ricorso proposto, dichiarando la giurisdizione del Tribunale Amministrativo Regionale territorialmente competente.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 13 dicembre 2011 – 16 marzo 2012, numero 4185 Presidente Vittoria – Relatore D’Alonzo Svolgimento del processo Con ricorso notificato all’ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale , I.S. e N.N.C. [eredi di I.E. , “dipendente dell’ENEA , in seguito dell’APAT oggi ISPRA ” fino al “primo marzo 1997”] - premesso che a l’Ente datore di lavoro, “assumendo la qualifica di contraente”, aveva stipulato con “l’INA convenzione assicurativa numero 52900 mediante la quale venivano accese polizze individuali intestate a ciascun dipendente in servizio”, le quali “a scadenza” garantivano “ai beneficiari” “se ancora in vita” , “alla cessazione dal servizio”, “un capitale” b “a far data dal primo gennaio 1993 l’Ente ha sospeso il pagamento dei premi annuali , rimanendo comunque vigente il contratto di assicurazione, con prosecuzione della capitalizzazione delle riserve matematiche relative alle polizze dei dipendenti e liquidazione del trattamento assicurativo ad essi spettante alla cessazione dal servizio di ciascuno” c “in data 25 ottobre 1996, ENEA, preso atto del diniego dell’INA alla risoluzione della convenzione” predetta, “deliberava la stipula di una nuova polizza a garanzia del TFS” Trattamento di Fine Servizio “di cui l’Ente stesso risultasse beneficiario ed avesse diritto alla risoluzione anticipata” d “la scelta di non pagare più i premi dovuti dal 1993 non ha fatto venir meno la vigenza della convenzione e delle obbligazioni gravanti sull’ENEA, quindi sull’APAT, rispetto al beneficiario, prima fra tutte quella di fare da tramite, alla cessazione dal servizio, per la corresponsione del trattamento assicurativo liquidato dall’INA in aggiunta al TFS dovuto per legge e per il quale aveva stipulato altra polizza a proprio beneficio” e avevano convenuto in giudizio l’Ente innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro chiedendo e1 di accertare e dichiarare “l’illegittimità e l’illiceità della mancata corresponsione, ad opera dell’ANPA APAT , del trattamento assicurativo al beneficiario, come risultante dalla polizza individuale , essendo astrattamente ipotizzabile una delle fattispecie di reato di cui agli articolo 314 e/o 646 I e II cpv e 61 numero 7 c.p. a carico dell’Ente” stesso e e2 di condannare quest’ultimo al pagamento in loro favore “della complessiva somma risultante dalla ricostruzione della posizione di polizza individuale” “come esplicitata nel conteggio” facente “parte integrante del ricorso” “ovvero come risultante a seguito d'istruttoria ed anche in via equitativa, il tutto anche in via di risarcimento di tutti i danni patrimoniali ed anche morali subiti” -, in forza di due motivi, chiedevano di cassare la sentenza numero 8886/2009 depositata il 17 febbraio 2010 con cui la Corte di Appello di Roma sezione lavoro aveva respinto il loro gravame avverso la decisione del Tribunale della capitale che aveva “dichiarato il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda proposta” “inerente l’accertamento della posizione di assicurato e beneficiario di una polizza collettiva numero 52900 stipulata presso l’INA” . L’ISPRA instava per la declaratoria di inammissibilità e/o per il rigetto dell’impugnazione. Motivi della decisione 1. Il giudice a quo ha respinto l’appello osservando a “l’articolo 45, comma 17, del D.Lgs. 31 marzo 1998 numero 80 ora articolo 69, comma 7, del D.Lgs. 30 marzo 2001 numero 165 , nel trasferire al giudice ordinario le controversie di pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale del 30 giugno 1998 fra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento al periodo di tempo in cui si sono verificati i fatti materiale e le circostanze poste a base della pretesa dedotta in giudizio” “l’appellante, pubblico dipendente, è cessato dal servizio nel 1997” e “la responsabilità dedotta in giudizio è contrattuale, derivando dal dedotto inadempimento dell’ISPRA” b “che nella fattispecie sia anche adombrata una responsabilità extracontrattuale o penale non muta l’essenza della richiesta o il petitum sostanziale , venendo in considerazione una condotta dell’amministrazione avente caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d’impiego, nel qual caso la responsabilità ha sempre natura contrattuale”. 2. Le eredi di E I. impugnano tale decisione per due motivi. A. Con il primo le ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 c.p.c., ovvero degli articolo 63 comma 2 e 69 comma 7 D. Lgs. numero 165/2001”, sintetizzate nella richiesta di affermare 1 il seguente non necessario “principio giuridico in materia di riparto della giurisdizione” - in tema di azione per il risarcimento del danno subito in relazione ad un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una pubblica amministrazione, il riparto di giurisdizione è strettamente subordinato all’accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, in quanto, se si tratta di azione contrattuale, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo allorché la questione abbia per oggetto una questione relativa ad un periodo del rapporto di lavoro antecedente al 30 giugno 1998 se si tratta invece di azione extracontrattuale, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. Alfine di tale accertamento, si deve ritenere proposta la seconda tutte le volte che non emerge una precisa scelta del danneggiato in favore dell'azione contrattuale, e quindi, allorché, per esempio, il danneggiato invochi la responsabilità aquiliana, ovvero chieda genericamente il risarcimento dei danni senza dedurre una specifica obbligazione contrattuale, e dovendosi, invece, ritenere proposta l’azione di responsabilità contrattuale quando la domanda di risarcimento sia espressamente fondata sull’inosservanza, da parte del datore di lavoro, degli obblighi inerenti al rapporto di impiego 2 “in alternativa”, il principio secondo cui “In tema di pubblico impiego privatizzato, alfine del riparto di giurisdizione sulla base del discrimine temporale fissato dall'articolo 45, diciassettesimo comma, del D.Lgs. 31 marzo 1988 numero 80 ora articolo 69, settimo comma, del D. Lgs. 30 marzo 2001 numero 165 , qualora la lesione del diritto del lavoratore abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve fare riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e, quindi, al momento della cessazione della permanenza, con la conseguenza che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario allorché tale cessazione sia successiva al 30 giugno 1998 . B. Nel secondo motivo le ricorrenti - operata a mo' di “piccola chiosa” la “ricostruzione interpretativa che ha regolamentato la fase transitoria della privatizzazione del pubblico impiego” - denunziano “violazione e falsa applicazione dell’articolo 69 co. 7 D. Lgs. 165/2001 in relazione agli articolo 3, 10, 111 e 117 Cost., articolo 20, 21 e 47 Carta Diritti Fondamentali dell’unione Europea, articolo 8, 13, 14, 17 e 18 Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali CEDU ” affermando pag. 60 del ricorso che “nel caso , l’aver ritenuto estinti per decadenza i diritti dei dipendenti ENEA cessati dal servizio anteriormente alla data del 30 giugno 1998, in quanto non azionati entro il 15 settembre 2000, è una patente violazione del diritto all’effettivo ricorso, tanto più grave quanto è per il richiamo al diritto vivente sempre il medesimo datore di lavoro è anche colui che amministra la giurisdizione all’evidente e decisivo scopo di non far ricadere sui tribunali ordinari tutto il contenzioso riguardante il pubblico impiego ” e formulando il seguente quesito - L’articolo 69 co. 7 D. Lgs. 165/2001 deve essere interpretato ed applicato in modo conforme ai principi generali dell'ordinamento Europeo ed in particolare agli articolo 13 CEDU e 47 della Carta di Nizza, in forza dei quali ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi a un giudice ed ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente da un giudice indipendente e imparziale - la medesima norma transitoria interna deve applicarsi in stretta aderenza con gli articolo 3 Cost., 14 CEDU e 21 Carta di Nizza, in modo da non comportare ingiustificati ed irragionevoli trattamenti discriminatori fondati sull’età degli aventi diritto, in relazione a quanto previsto dal contratto assicurativo per la scadenza delle polizze individuali, di modo che non si precluda a coloro che sono cessati dal servizio prima del 30 giugno 1998 l’effettiva possibilità di agire giudizialmente, proponendo la propria domanda all’autorità giudiziaria ordinaria laddove, anche per fatti imputabili a terzi, sia decorso il termine per adire il giudice amministrativo . 3. Il ricorso - al quale non si applica il disposto dell’articolo 366 bis c.p.c. inserito dall’articolo 6 D. Lgs. 2 febbraio 2006 numero 40, a far data dal 2 marzo 2006 perché la sentenza impugnata è stata depositata il 17 febbraio 2010, quindi successivamente all’abrogazione di tale norma, disposta a decorrere dal 4 luglio 2009 dall’articolo 47, comma 1, lett. d , legge 18 giugno 2009 numero 69 - deve essere respinto perché la cognizione della controversia appartiene al giudice amministrativo. A. Specificamente in ordine alla domanda, avanzata dagli ex dipendenti dell’ENEA cessati dal servizio in epoca anteriore al 30 giugno 1998, di “corresponsione”, come richiesto dalle odierni ricorrenti, “del trattamento assicurativo al beneficiario risultante dalla polizza individuale” a suo tempo stipulata dal datore di lavoro, invero, queste sezioni unite sentenze 14 aprile 2010 nnumero 8831 e 8834 12 ottobre 2009 nnumero 21554-21555 hanno già rettamente affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, escludendo che la prestazione abbia natura previdenziale si è, infatti, ivi evidenziato excerpta dalle decisioni del 2009 che ai fini della giurisdizione non è sufficiente la natura latamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto previdenziale, appunto che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione ove sussistano questi requisiti, vi è la giurisdizione del giudice ordinario anche quando il lavoratore sia un pubblico impiegato, salvo beninteso il caso di giurisdizione della Corte dei Conti. Ben diverso è il caso in esame in cui - come queste Sezioni unite hanno precisato in analoghe controversie - la prestazione di contenuto genericamente previdenziale sia dovuta al lavoratore come prestazione del datore di lavoro nell’ambito di una forma di previdenza interna a carattere aziendale, anche se il fondo all’uopo costituito sia alimentato dai contributi a carico anche dei lavoratori ed infatti le somme in tal modo raccolte appartengono ai soggetti del rapporto di lavoro e costituiscono l’accantonamento di una parte della retribuzione a fini previdenziali così realizzandosi, ma per il tramite della retribuzione, la funzione previdenziale di cui all'articolo 38 Cost. , ed hanno perciò natura del tutto diversa da quella assunta dai contributi previdenziali obbligatori cfr. Cass., sez. unumero , numero 21554 del 2009 . La stretta inerenza sostanziale al rapporto di impiego tale che la contribuzione non è altro che una parte della prestazione retributiva , infatti si è precisato , si riflette sulla determinazione della giurisdizione, nel senso che le relative controversie sono devolute al giudice del rapporto, e quindi al giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 69, comma 7, D.Lgs. numero 165 del 2001, ove si deducano come anche nel caso situazioni giuridiche soggettive maturate anteriormente alla data del 30 giugno 1998 cfr. Cass., sez. unumero , numero 21554 del 2009, cit. id. numero 10464 del 2008 id. numero 23236 del 2005 id. numero 1252 del 2000 . Queste sezioni unite Cass., unumero 27 gennaio 2011 numero 1875, che richiama Cass. 2008/18623, 2009/5468 e 2009/15849 , inoltre, hanno già da tempo stabilito pure 1 che ai fini della individuazione del giudice destinato a conoscere le cause di risarcimento danni da lesioni patite dal pubblico dipendente prima del 30 giugno 1998, occorre verificare se il fatto illecito ascritto all’Amministrazione costituisca espressione di responsabilità contrattuale od extracontrattuale, ovverosia se sia in tesi dipeso dalla violazione degli obblighi propri del datore lavoro oppure dalla violazione del generale divieto dei neminem leadere 2 che a tal fine è irrilevante la qualificazione data dal danneggiato all’azione, perché quello che conta sono i tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito nel senso che a deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario qualora sia stata addebitata all’Amministrazione una condotta la cui capacità lesiva possa indifferentemente esplicarsi sia nei confronti dei dipendenti che degli estranei, mentre b deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in sia stata denunciata una condotta tale da escluderne qualsiasi rilevanza nei confronti dei soggetti non legati all’Amministrazione da un rapporto di pubblico impiego . Nella fattispecie posta dalle ricorrenti a fondamento della propria domanda è evidente che la condotta lesiva da essi addebitata all’ente scelta di non pagare più i premi dovuti dal 1993 in poi può esplicarsi soltanto nei confronti dei dipendenti e mai di soggetti non legati all’Amministrazione da un rapporto di pubblico impiego . Con l’ordinanza ex articolo 375 c.p.c. numero 6599 depositata il 23 marzo 2011, ancora ed infine, le sezioni unite hanno anche opportunamente chiarito in controversia identica, avendo anche quella ad oggetto la individuazione del giudice avente giurisdizione sulla domanda proposta da ex dipendenti ENEA per la declaratoria del loro diritto, quali assicurati e beneficiari della polizza collettiva XXXXX stipulata dall'ente con l'INA, a percepire il relativo trattamento assicurativo o, in subordine, i rendimenti conseguenti alla predetta polizza che a non può rilevare la proposizione di una specifica domanda di risarcimento, anche in relazione al danno morale conseguente al comportamento denunciato, [per]ché per le controversie devolute alla sua giurisdizione il giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 35 della legge numero 205 del 2000, dispone anche con riguardo al risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla pubblica amministrazione cfr. Cass., sez. unumero , numero 5468 del 2009 numero 15849 del 2009 b per gli aspetti risarcitori non si profila alcuna permanenza dell’illecito oltre la data di cessazione del rapporto lavorativo, con la quale coincide l’asserito inadempimento dell'ente datore di lavoro , non essendo stati prospettati anche in questa controversia come in quella successivi comportamenti datoriali rilevanti ai fini di apprezzate la asserita permanenza dell’illecito oltre la data di cessazione del rapporto lavorativo . B. Il secondo motivo di doglianza è inammissibile. Considerato il “costante” così definito da Cass., III, 10 settembre 2010 numero 19282, da cui i brani che seguono “orientamento” di questa Corte, invero, si deve ribadire il principio secondo cui il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360 c.p.c., numero 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’articolo 366 c.p.c., numero 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione . La la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata , infatti Cass., III, 12 ottobre 2010 numero 21013 , è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’articolo 366 c.p.c., numero 4, con conseguente inammissibilità del ricorso o, anche, di un suo motivo , rilevabile anche d'ufficio ex multis, Cass. 07/11/2005, numero 21490 Cass. 24/02/2004, numero 3612 Cass. 23/05/2001, numero 7046 , atteso che l’inconferenza del motivo comporta che, l'eventuale accoglimento della censura risulta comunque privo di rilevanza nella fattispecie, in quanto inidoneo a risolvere la questione decisa con la sentenza impugnata Cass. Sez. Unite, 12/05/2008, numero 11650 . Nel caso, dall’esame degli atti la cui cognizione è consentita in questa fase, non si evince né le ricorrenti lo indicano quale sia il punto della decisione impugnata nel quale il giudice a quo - che si è limitato a ribadire la carenza di giurisdizione dichiarata dal tribunale ordinario ed a confermare quella amministrativa indicata dal primo giudice - abbia, sia pure per implicito, affermato e/o ritenuto “estinti per decadenza i diritti dei dipendenti ENEA cessati dal servizio anteriormente alla data del 30 giugno 1998, in quanto non azionati entro il 15 settembre 2000” il motivo in esame, quindi, non è in alcun modo idoneo a risolvere peraltro in senso favorevole alle ricorrenti la questione del riparto della giurisdizione, unica decisa con la sentenza impugnata . C. In definitiva, essendo risultata corretta la individuazione, operata dalla corte di merito, del giudice amministrativo quale organo avente giurisdizione sulla domanda proposta dalle ricorrenti nei confronti dell’ENEA, le parti - in applicazione del principio affermato da queste sezioni unite nella sentenza 22 febbraio 2007 numero 4109 ribadito da Cass., unumero , 4 giugno 2007 numero 13048 secondo cui, ricavandosi dalla chiara enunciazione della norma dell'articolo 382 c.p.c., comma 3, univocamente che la pronuncia di cassazione senza rinvio non deve avvenire in tutte le ipotesi in cui questo giudice di legittimità stabilisce che la sentenza impugnata è stata emessa da un giudice sfornito di giurisdizione, ma solo in quei casi in cui, affermando che né il giudice che detta sentenza ha emesso né alcun altro giudice è fornito di giurisdizione quindi, in “ipotesi di improponibilità assoluta della domanda sia innanzi al giudice ordinario che al giudice speciale , è stato dato ingresso nell'ordinamento processuale al principio della traslatio iudicii dal giudice ordinario al giudice speciale, e viceversa, in caso di pronuncia sulla giurisdizione ~ vanno rimesse, per lo svolgimento del giudizio di merito, innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente. 4. Le spese del giudizio di legittimità vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi del secondo comma dell’articolo 92 c.p.c. attesa come evidenziato anche in altre decisioni la oggettiva difficoltà della questione . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del Tribunale Amministrativo Regionale, innanzi al quale rimette le parti per il giudizio di merito compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.