Benché non sia precluso al legislatore disciplinare, mediante nuove disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo contenuti nell’articolo 6, C.E.D.U. precludono, tranne che per impellenti motivi di interesse generali che non possono consistere in mere esigenze finanziarie l’interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia, con il proposito di influenzare l’esito di una controversia azionata contro lo Stato.
Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con ordinanza interlocutoria numero 4048, depositata il 20 febbraio 2014. La vicenda. La figlia inabile di un titolare di pensione diretta, già dipendente INAIL fino al 30.12.1973, chiedeva ed otteneva dal Tribunale il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità integrativa speciale in misura intera, sulla pensione di reversibilità spettantele a seguito del decesso del proprio padre, dante causa. Proponeva appello l’INAIL per la riforma della sentenza di primo grado, ma la Corte d’Appello lo rigettava, ritenendo fondata la domanda. Proponeva così ricorso in Cassazione l’INAIL. L’articolo 15, co. 5, l. numero 724/94. La domanda della beneficiaria ricorrente in primo grado si fondava sull’applicazione dell’articolo 15, co. 5, l. 23 dicembre 1994 numero 724, il quale a sua volta disponeva che l’articolo 2, l. numero 324/1959, norma che riconosceva il diritto alla indennità integrativa in misura intera, trovasse applicazione alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 e a quelle di reversibilità ad esse riferite. Mentre il nuovo sistema di liquidazione introdotto dalla l. 18 agosto 1995 numero 335 operava per le pensioni di reversibilità riferite a trattamenti diretti liquidati successivamente al 1.1.1995. Il cambio delle regole con la finanziaria 2007. Il legislatore, con la l. 27 dicembre 2006, numero 296 finanziaria 2007 , articolo 1, co. 774, 775 e 776 introduce importanti modifiche ai regimi pensionistici, con efficacia retroattiva con ciò incidendo anche sui contenziosi pendenti. In parole semplici, modifica “le regole del gioco”, durante il gioco stesso. Vediamo i commi interessati legge 27 dicembre 2006, numero 296, articolo 1, co. 774 L'estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista dall'articolo 1, co. 41, l. 8 agosto 1995, numero 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall'entrata in vigore della l. 8 agosto 1995, numero 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l'indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità. Co. 775 sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, già definiti in sede di contenzioso, con riassorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici. Co. 776 è abrogato l'articolo 15, co. 5, l. 23 dicembre 1994, numero 724. La retroattività della norma ammissibile solo a precise condizioni Secondo la Suprema Corte, occorre valutare con estrema cautela la possibilità per il legislatore di introdurre nuove disposizioni con efficacia retroattiva, andando a disciplinare diversamente diritti derivanti da leggi in vigore. Tale facoltà, non preclusa a priori, può ritenersi ammissibile solo in presenza di impellenti motivi di interesse generale questi non possono consistere in mere esigenze finanziarie, di contenimento della spesa. Nel caso in esame, le norme introdotte con la l. numero 296/2006 paiono, secondo i giudici di legittimità, perseguire unicamente tale finalità di contenimento dei costi. Ma in tal modo vanno ad incidere, in modo ritenuto scorretto, nell’andamento dei giudizi in corso, promossi facendo affidamento ad una determinata normativa. Si verifica in sostanza, una interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia. Tanto più che la fattispecie in esame è stata decisa dai giudici di merito conformemente alla interpretazione data dalla giurisprudenza si veda Corte dei Conti, Sez. Riunite, 8/2002/QH. Sollevata la questione di incostituzionalità. D’altra parte, osserva la Suprema Corte, la norma qui censurata, disattendendo la giurisprudenza affermata dalla Corte dei Conti sopra citata, pare proprio aver perseguito unicamente una finalità di risparmio della spesa pubblica e quindi può dubitarsi della sussistenza di un motivo di interesse generale talmente imperativo da dover prevalere sull’articolo 6, CEDU. Il principio del giusto processo, l’esigenza di garantire ad entrambe le parti le stesse possibilità di far valere le proprie tesi, impediscono che una di essa possa trovarsi in netto svantaggio rispetto all’altra. E, dunque, in base alla giurisprudenza comunitaria, in riferimento all’articolo 6, CEDU, la Corte di Cassazione ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, co. 774, 775 e 776, l. 27 dicembre 2006, numero 296, in riferimento all’articolo 117, Cost. e 6, CEDU, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 dicembre 2013 – 20 febbraio 2014, numero 4048 Presidente Roselli – Relatore Arienzo In fatto Con sentenza del 9.1.2009, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto dall'INAIL avverso la decisione di prime cure, che aveva accolto la domanda proposta da T.M.T. , volta al riconoscimento del diritto della predetta a percepire l'intera indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità ai sensi dell'articolo 2 della legge 27 maggio 1959 numero 324. Premesso che la T. aveva chiesto il riconoscimento suddetto in relazione alla pensione erogatale dall'Inail quale figlia inabile di T.G. , già dipendente dell'INAIL, dal 1.10.1997, data del decesso del proprio dante causa, cessato dal servizio il OMISSIS e titolare da tale data di pensione diretta, la Corte del merito rilevava che l'articolo 15, comma 5, della legge 23.12.1994 numero 724 disponeva che l'articolo 2 della legge 324/1959 - il quale prevedeva la corresponsione della indennità integrativa in misura intera o, per redditi al di sotto di una determinata soglia, in misura sempre intera ma in ragione di frazioni di un parametro monetario - si applicava alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 ed alle pensioni di reversibilità ad esse riferite, e che la norma in questione, come interpretata dalla giurisprudenza Corte dei Conti, sezioni riunite, 8/2002/QH , non distingueva tra pensioni di reversibilità liquidate prima e dopo tale data. Osservava che il nuovo sistema di liquidazione introdotto dalla legge 18 agosto 1995 numero 335 operava per le pensioni di reversibilità connesse a trattamenti diretti liquidati a far tempo dal 1.1.1995. Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INAIL. La T. è rimasta intimata. In diritto Con il primo motivo, l'Istituto ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 360, numero 3, c.p.c., violazione dell'articolo 1, commi 774, 775 e 776, della legge 27.12.2006 numero 296 e dell'articolo 113 c.p.c., osservando che le norme citate limitano l'applicabilità delle disposizioni relative alla corresponsione della i.i.s. sui trattamenti di pensione previsti dall'articolo 2 L. 324/59 alle pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994 ed alle pensioni di reversibilità ad esse riferite, quale che ne fosse la data di liquidazione, laddove, secondo la Corte del merito, non vi era distinzione tra pensioni di reversibilità liquidate prima o dopo detta data ed il sistema di liquidazione introdotto dalla L. 335/95 operava per le pensioni di reversibilità connesse a trattamenti diretti liquidati a far tempo dal 1.1.1995. Assume che, con le disposizioni del 2006, per evidente contenimento della spesa previdenziale, il legislatore ha ritenuto di interpretare in modo autentico la norma contenuta nell'articolo 1, comma 41, della L. 335/95 e rileva che, in conformità ai principi generali, con efficacia retroattiva, le norme sopravvenute sono entrate in vigore il 1.1.2007 e che in relazione alla controversia in esame non si è verificata alcuna preclusione rispetto all'applicabilità dello ius superveniens, in quanto tutta la materia del contendere è stata rimessa in discussione. Aggiunge che la disciplina legislativa in questione ha superato anche il vaglio di costituzionalità per effetto della decisione della Corte Costituzionale numero 74 del 2008. Con il secondo motivo, l'INAIL lamenta, in relazione all'articolo 360, numero 3, c.p.c., falsa applicazione dell'articolo 15, quinto comma, della legge 23.12.1994 numero 724 e dell'articolo 1, comma 41, della legge 8.8.1995 numero 335, rilevando che, anche ove si volesse ritenere applicabile la normativa preesistente, l'orientamento giurisprudenziale non era univoco e che, peraltro, la norma di cui al regime transitorio non può avere efficacia ultrattiva, anche per il periodo successivo alla introduzione della disciplina di armonizzazione di cui alla legge 335/95. Sostiene l'implicita abrogazione dell'articolo 15, comma 5, della legge 724/94 per effetto degli articolo 1 e 2 della legge 335/95, evidenziando che, a prescindere dalla data di decorrenza dalla pensione del dante causa, tutti i trattamenti ai superstiti che ricadono sotto la vigenza della legge sopra citata devono essere determinati osservando le condizioni e misure previste dalla normativa sull'A.G.O., in base alla quale per il trattamento ai superstiti compete un'aliquota percentuale dell'intero trattamento pensionistico percepito dal de cuius, ivi compresa la i.i.s Precisa che la Corte Costituzionale, con sentenza numero 446 del 2002, nel ritenere infondata la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 41, L. 335/95 nella parte in cui prevede l'applicazione delle relative disposizioni anche al trattamento di reversibilità spettante al coniuge superstite collocato in pensione prima dell'entrata in vigore della legge stessa e deceduto dopo, proprio per l'insussistenza di un legittimo affidamento del superstite nella stabilità della misura della pensione, ha ritenuto che la fattispecie sia regolata dalla norma denunciata e non dall'articolo 15 L. 724/94. Va ribadito, preliminarmente, che l'interpretazione fornita del rapporto tra norme in vigore -che rappresenta il punto di riferimento per valutare in che termini si sia manifestata l'incidenza dello ius superveniens - è quella alla cui stregua In ipotesi di decesso di titolare di pensione diretta liquidata entro il 31 dicembre 1994, l'eventuale trattamento di riversibilità va in ogni caso liquidato secondo le norme di cui all'articolo 15, comma 5^, L. 23 dicembre 1994, numero 724, indipendentemente dalla data della morte del dante causa, atteso che l'articolo 1, comma 41A, L. 8 agosto 1995, numero 335, non ha abrogato il richiamato comma 5A dell'ali. 15 della L. numero 724/94 Cfr. Corte di conti, sez. riunite, 8/2002/QM . Questo collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 774, 775 e 776 dell'articolo 1 L. 296/2006 cit., poiché la disposta retroattività potrebbe essere in violazione del divieto di ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, per incidere sulla definizione delle controversie giudiziarie in corso, violando il diritto dei beneficiari del trattamento di reversibilità, parti private, all'equo processo tutelato dall'articolo 6 CEDU ed, indirettamente, dall’articolo 117, primo comma, Cost Quanto alla rilevanza, essa risulta evidente dalla necessità di diretta applicazione della disposizione nella presente controversia, iniziata prima del 2006. Quanto alla non manifesta infondatezza, occorre premettere l'intero contenuto delle disposizioni 774. L'estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista dall'articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, numero 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, numero 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l'indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità. 775. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, già definiti in sede di contenzioso, con riassorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici. 776. È abrogato l'articolo 15, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, numero 724. Il citato articolo 1, comma 41 della legge 335/95 recita a sua volta “La disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime. In caso di presenza di soli figli di minore età, studenti ovvero inabili, l'aliquota è elevata al 70% limitatamente alle pensioni ai superstiti aventi decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiano, nei limiti di cui all'allegata tabella F. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti a quella nella quale il reddito posseduto si colloca. I limiti di cumulabilità non si applicano qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti ovvero inabili, individuati secondo la disciplina di cui al primo periodo del presente comma. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti . L'espressa salvezza dei trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, già definiti in sede di contenzioso, vale a dire la necessaria applicazione delle disposizioni della finanziaria in questione ai processi ancora pendenti, esclude ogni possibilità di negare l'efficacia retroattiva della norma, per tentare di adeguarla all'articolo 6 CEDU, di cui poco avanti si dirà. La cosiddetta interpretazione adeguatrice, che è necessario sempre tentare prima di sollevare una questione di legittimità costituzionale, trova il suo limite nel significato proprio delle parole della disposizione da interpretare, secondo la connessione di esse, nonché nella chiara intenzione del legislatore articolo 12, primo comma, preleggi . Del resto anche la giurisprudenza di questa Corte afferma l'efficacia retroattiva del comma 774 in questione Cass. numero 18125 del 2008 . Ancora, non rileva sulla presente questione la sentenza della Corte costituzionale numero 74 del 2008, che ha negato il contrasto del comma 775 dell'articolo 1 della L. 296/2006 con riferimento al solo principio di ragionevolezza. Che poi la questione debba essere risolta sottoponendola alla Corte Costituzionale risulta dalla giurisprudenza della stessa Corte. A partire dalle sentenze numero 348 e numero 349 del 2007 da ultimo sentenze numero 236, numero 113 e numero 1 del 2011 , tale giurisprudenza è costante nel ritenere che le norme della CEDU - nel significato ad esse attribuito dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, specificamente istituita per darne interpretazione ed applicazione articolo 32, par. 1, della Convenzione - integrano, quali norme interposte, il parametro costituzionale espresso dall'articolo 117 Cost., comma 1, nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. La Corte costituzionale ha affermato che, nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della CEDU che deve essere applicata nel significato attribuito dalla Corte EDU, cfr. citate sentenze numero 113 e numero 1 del 2011 , il giudice nazionale comune deve preventivamente verificare la praticabilità di un'interpretazione della prima conforme alla norma convenzionale, ricorrendo a tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica sentenze numero 93 del 2010, numero 113 del 2011, numero 311 e numero 239 del 2009 . Se questa verifica da esito negativo ed il contrasto non può essere risolto in via interpretativa, il giudice comune, non potendo disapplicare la norma interna ne1 farne applicazione, pur ritenendola in contrasto con la CEDU, e pertanto con la Costituzione, deve denunciare la rilevata incompatibilità proponendo questione di legittimità costituzionale in riferimento all'articolo 117 Cosi, comma 1, ovvero all'articolo 10 Cost., comma 1, ove si tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta sentenze numero 113 del 2011, numero 93 del 2010 e numero 311 del 2009 . Sempre il Giudice delle leggi ha affermato che, sollevata la questione di legittimità costituzionale, il giudice comune - dopo aver accertato che il denunciato contrasto tra norma interna e norma della CEDU sussiste e non può essere risolto in via interpretativa - è chiamato a verificare se la norma della Convenzione - norma che si colloca pur sempre ad un livello sub-costituzionale - si ponga eventualmente in conflitto con altre norme della Costituzione. In questa, seppure eccezionale, ipotesi, deve essere esclusa l'idoneità della norma convenzionale a integrare il parametro costituzionale considerato sentenze numero 113 del 2011, numero 93 del 2010, numero 311 del 2009, numero 349 e numero 348 del 2007 . Più precisamente, con sentenza numero 264 del 2012, la Corte Costituzionale, dopo aver negato di poter sostituire la propria interpretazione di una disposizione CEDU a quella data dalla Corte di Strasburgo, si riservò tuttavia la verifica di compatibilità delle singole applicazioni della Convenzione con l'ordinamento costituzionale interno e, in riferimento al caso in esame, giustificò la retroattività della legge impugnata col motivo imperativo d'interesse generale , consistente nell'assicurare, nel sistema previdenziale, la corrispondenza tra risorse disponibili e prestazioni da erogare articolo 81 Cost. nonché la coerenza interna eguaglianza e proporzionalità articolo 3 Cost. dello stesso sistema. Non sembra a questo collegio che la verifica di compatibilità possa dare il medesimo esito nel caso qui in esame, in cui l'articolo 1, commi 774 e 775, L. numero 296 del 2006, disattendendo una giurisprudenza delle Sezioni riunite della Corte dei Conti, numero 8/2002/QM, pare aver perseguito, in prevalenza se non solamente, un obiettivo di risparmio della spesa pubblica. Il collegio dubita perciò della sussistenza di un motivo d'interesse generale, talmente imperativo da dover prevalere sull'articolo 6 CEDU. Circa il contrasto tra il comma 775 cit. e l'articolo 6 CEDU, dall'esame delle sentenze CEDU relative a norme di interpretazione autentica possono desumersi i seguenti principi a benché non sia precluso al legislatore disciplinare, mediante nuove disposizioni retroattive, diritti derivanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo contenuti nell'articolo 6 precludono, tranne che per impellenti motivi di interesse generale, i quali non possono consistere in mere esigenze finanziarie, l'interferenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia con il proposito di influenzare la determinazione giudiziaria di una controversia azionata contro lo Stato. causa Maggio ed altri e. Italia del 31/05/2011 causa Anna De Rosa ed altri e. Italia dell'11/12/2012 causa Agrati ed altri c. Italia del 7/06/2011, le ultime due relative al personale ATA cfr, inoltre, tra molti altri precedenti, Stran Greek Refineries e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, National & amp Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society c. il Regno Unito, 23 ottobre 1997, Zielinski e Pradal e Gonzalez e Altri c. Francia . b La Corte ha affermato, ancora, con riferimento alla legge di interpretazione n 296/2006 nella causa Maggio citata, che la promulgazione di detta legge, mentre i procedimenti erano pendenti, era ricaduta sul merito delle controversie, e la sua applicazione da parte dei vari Tribunali ordinari aveva privato di rilievo, per un'intera categoria di persone che si trovavano nella posizione dei ricorrenti, la prosecuzione del giudizio. Perciò, la legge aveva avuto l'effetto di modificare definitivamente l'esito del giudizio pendente, nel quale lo Stato era parte, approvando la posizione dello Stato a svantaggio dei ricorrenti. Mancavano, peraltro, i suddetti motivi imperativi di interesse generale. c Conclusioni analoghe sono state assunte nella causa citata relativa al personale ATA in cui la Corte di Strasburgo, dopo aver ribadito il principio più volte affermato che se in linea di principio nulla vieta al potere legislativo di regolamentare mediante nuove disposizioni, a carattere retroattivo, diritti risultanti da leggi in vigore, la preminenza del diritto e la nozione di processo equo sanciti dall'articolo 6 CEDU ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia al fine di influenzare l'esito giudiziario di una controversia. La Corte ha rammentato, inoltre, che l'esigenza della parità delle armi implica l'obbligo di offrire a ciascuna parte una ragionevole possibilità di presentare la propria causa senza trovarsi in una situazione di netto svantaggio rispetto alla controparte. Analoghi principi sono stati affermati, altresì, nella sentenza del 25 novembre 2010, Lilly c. Francia, e nella sentenza dell'11 febbraio 2010, Javaugue c. Francia. d Al fine di determinare se vi sia stato un motivo impellente di interesse generale in grado di giustificare tale misura, il rispetto della preminenza del diritto e delle regole del processo equo, secondo la Corte di Strasburgo, impone che le ragioni addotte per giustificare tale misura siano valutate con il massimo grado di cautela possibile. Considerazioni di carattere finanziario non possono da sole giustificare che il legislatore si sostituisca al giudice al fine di risolvere le controversie causa Maggio ed altri citata . e La Corte ha osservato causa Arras citata che Il problema sollevato nel caso di specie è fondamentalmente quello del giusto processo, e secondo la Corte, ciò coinvolge la responsabilità dello Stato sia nella sua funzione legislativa, se vizia il processo o influenza l'esito giudiziario della controversia, sia nella sua funzione di autorità giudiziaria se è violato il diritto a un giusto processo, compreso in questioni private tra soggetti privati . Alla luce dei citati principi elaborati dalla giurisprudenza CEDU in riferimento all'interpretazione dell'articolo 6 della Convenzione citato, ritiene, in definitiva, questa Corte che si prospetti il dubbio di legittimità costituzionale della L n 296/2006 articolo 1, commi 774, 775 e 776, non essendo possibile adottare un'interpretazione della disposizione citata conforme alla Convenzione. La tesi, sostenuta da una parte della dottrina, della disapplicabilità, da parte del giudice comune, di norme contrastanti non solo con l'articolo 6 CEDU, ma anche con gli articolo 47, secondo comma, e 52, terzo comma, della Carta dei diritti fondamentali UÈ, non è generalmente condivisa e contrasta con le citate sentt. N 348 e 349 del 2007 della Corte Cost Essa non ha dato luogo a diritto vivente onde a questo collegio sembra meglio procedere secondo le indicazioni di queste due pronunce vedi anche Corte giust. UE, 24 aprile 2012 numero C 571/10 Kamberaj 26 febbraio 2013 numero 617/10, Fransson . P.Q.M. La Corte, visti l'articolo 134 Cost. e la L 11 marzo 1953 numero 87, articolo 23, dichiara rilevante e non manifestamente infondata - in riferimento all'articolo 117 Cost., comma 1, in relazione all'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo CEDU , sottoscritta dall'Italia il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, numero 848 - la questione di legittimità costituzionale della L. 27 dicembre 2006 numero 296, articolo 1, commi 774, 775 e 776, legge finanziaria 2007 . Dispone la sospensione del procedimento n 461/2010. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Ordina alla Cancelleria che la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di legittimità, ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e che essa sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei Deputati.