IVA indetraibile sulla frode carosello consapevole

Il beneficiario finale delle cosiddette frodi carosello, una volta ricostruita l’intera operazione, non può dirsi estraneo alla partecipazione all’accordo simulatorio, con la conseguenza che l’IVA assolta dal medesimo nelle operazioni commerciali con le società filtro, non può considerarsi detraibile.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2382 del 4 febbraio 2014 ribadisce un concetto ormai consolidato da sentenze precedenti, ovvero che in tema di IVA negli acquisti intracomunitari, laddove si ravvisino gli estremi di una frode carosello, il beneficiario finale non può considerarsi estraneo al meccanismo, anche se le operazioni sono dimostrabili formalmente. Infatti, gli scopi dell’operazione, ovvero l’acquisto di prodotti a prezzi più bassi e pertanto la possibilità di praticare prezzi di vendita più concorrenziali, senza rinunciare al margine, con conseguente alterazione delle principali regole di mercato, fanno del beneficiario finale un attore consapevole nell’architettura dell’operazione. Pertanto quest’ultimo, in applicazione del relativo principio stabilito dall’art. 17 Direttiva comunitaria n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977, non potrà considerare detraibile l’IVA assolta sugli acquisti da società filtro. Il caso. Un contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento relativo all’imposta sul valore aggiunto per l’anno 2004, al quale si era opposto, vincendo il ricorso in Commissione Tributaria della Provincia di Milano. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto appello in Commissione Tributaria Regionale che con la sentenza n. 45/27/10, depositata il 24 marzo 2010, l’ha rigettato osservando che il metodo induttivo seguito non era stato regolare, atteso che si basava su presunzioni costituite dalle rilevazioni dei funzionari erariali, per cui era trattato di operazioni inesistenti . Secondo i Giudici di secondo grado le operazioni di compravendita di ingenti quantitativi di giocattoli che avvenivano tra un fornitore spagnolo ed un’azienda italiana e poi tra quest’ultima ed il contribuente, unitamente alle prove dei pagamenti della merce medesima, dovevano considerarsi una prova sufficiente della regolarità delle operazioni. La società filtro faceva da cartiera? L’Ufficio è quindi ricorso in Cassazione motivando che le operazioni sottostanti dimostravano come ci fosse un rapporto diretto tra la società spagnola, che importava direttamente in Italia, e il contribuente, mentre la società filtro fungeva unicamente da cartiera. A prova di ciò una serie di elementi quali la mancanza di un’organizzazione, del magazzino, di personale, di punti vendita, della tenuta della contabilità nonché addirittura l’omissione della dichiarazione dei redditi. A ciò si aggiunga che l’imprenditore della società filtro ha altresì dichiarato di essere un prestanome, di non aver capitali e di aver indicato una sede fittizia per la propria impresa, coincidente con l’abitazione del medesimo tanto che le merci venivano pagate dal beneficiario finale – il contribuente – prima ancora di essere spedite. Sulla base di queste motivazioni, la Suprema Corte fa rilevare come nelle frodi carosello proprio per come è congeniata l’operazione, il beneficiario finale difficilmente può dirsi estraneo al meccanismo e, anche se tutte le operazioni commerciali sono svolte regolarmente, comprovate da fatturazioni e pagamenti regolari, il fatto che la contabilità della società incisa e della ditta interposta risultava fortemente irregolare nella specie sono sufficienti per considerare irregolare l’intera architettura Cass., sent. n. 867/2010 Cass., SSUU, sent. n. 30055/2008 . Ne consegue che la consapevole partecipazione all’accordo simulatorio del beneficiario finale rende non detraibile l’IVA assolta dal medesimo ai sensi dell’art. 19, d.p.r. n. 633/72. La Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata dall’Agenzia delle Entrate con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Ragionale. fonte www.fiscopiu.it

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 18 dicembre 2013 – 4 febbraio 2014, n. 2382 Presidente Cicala – Relatore Bognanni Svolgimento del processo 1. L'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia n. 45/27/10, depositata il 24 marzo 2010, con la quale, rigettato l'appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l'opposizione della società B L. srl., inerente all'avviso di accertamento relativamente all'Iva per il 2004, veniva ritenuta fondata. In particolare il giudice di secondo grado osservava che il metodo induttivo seguito non era stato regolare, atteso che si basava su presunzioni costituite dalle rilevazioni dei funzionari erariali, per cui si era trattato di operazioni inesistenti, per le quali invece alcuna prova era stata fornita dall'appellante in ordine agli acquisti effettuati dall'appellata, e concernenti rilevanti quantitativi di giocattoli elettronici, forniti ad essa dalla ditta individuale T.M. di F.B. con sede a Catania, cui venivano ceduti dai fornitori spagnoli, sicché le considerazioni del giudice di prime cure, ritenute corrette, andavano condivise. La B L. resiste con controricorso, ed ha depositato memoria. Motivi della decisione 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che in realtà le merci venivano importate direttamente dalla venditrice società spagnola R.S. S.L., con cui la contribuente trattava, e che la ditta italiana di F. era solo una cartiera, peraltro priva di organizzazione magazzino personale punti vendita, ed inoltre aveva contabilità in nero, tanto che aveva omesso la stessa dichiarazione del reddito, e persino tale soggetto aveva ammesso di essere un prestanome non aveva capitali la sede della ditta coincideva con l'abitazione del medesimo F. le merci figuravano addirittura pagate prima ancora della loro spedizione, come riscontrato dai verificatori della stessa agenzia delle entrate, uffici di Catania e Gavirate. Il motivo è fondato. Invero, com'è noto, in particolare in tema di IVA, nelle c.d. frodi carosello - fondate sul mancato versamento dell'imposta incassata da società cartiere a seguito di acquisti intracomunitari, o altrimenti esenti, e successive rivendite anche attraverso l'interposizione di una o più società o ditte filtro buffers - il meccanismo dell'operazione e gli scopi che la stessa si propone acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato , fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all'accordo simulatorio del beneficiario finale, con la conseguenza che, in applicazione del relativo principio sancito dall'art. 17 della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, 11 IVA assolta dal medesimo beneficiario nelle operazioni commerciali con la società filtro non è detraibile ai sensi dell'art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, anche se le predette operazioni siano state effettivamente compiute e le relative fatture, al pari dell'intera documentazione contabile, sembrino perfettamente regolari, mentre invece - e a maggior ragione - la contabilità della società incisa e della ditta interposta risultava fortemente irregolare nella specie V. pure Cass. Sentenza n. 867 del 20/01/2010, Sezion./Unite n. 30055 del 2008 . Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto. 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia il vizio di omessa motivazione, giacché il giudice del gravame non enunciava le ragioni, in virtù delle quali riteneva che le questioni addotte con il ricorso in appello non fossero tali da smentire le argomentazioni addotte da quello di prime cure, sulle cui considerazioni apoditticamente si adagiava. La censura, ancorché in parte assorbita da quanto suesposto, comunque ha pregio. Invero il giudice di secondo grado non enunciava in modo esaustivo il percorso logico argomentativo, attraverso il quale perveniva al giudizio espresso con la pronuncia impugnata se non in modo apparente. Infatti, come è noto, il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunciabile in cassazione ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., ricorre nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito, come nella specie V. pure Cass. Sentenze n. 6288 del 18/03/2011, n. 16762 del 21/07/2006 . Dunque su tale punto la sentenza impugnata non risulta in modo adeguato. 4. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo , altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto. 5. Quanto alle spese dell'intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.