Il rinvio non è indice di scarsa produttività del magistrato. In realtà, il giudice non può fissare per la decisione un numero di cause pari al limite delle sentenze che può redigere in un anno, altrimenti non riuscirebbe a gestire le urgenze.
Lo hanno affermato le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con la sentenza numero 1516, depositata il 27 gennaio 2014. Il caso. Cause civili rinviate di 7 anni, nonostante – pare - ci fosse la possibilità di definire i giudizi in termini più brevi in relazione ai carichi di lavoro, all’adeguatezza dei mezzi disponibili, nonché alla materia delle controversie. Tuttavia, il Consiglio Superiore della Magistratura decideva per l’assoluzione dei magistrati coinvolti. Di conseguenza, il procuratore generale presenta ricorso per cassazione. Rinvii ingiustificabili? Gli Ermellini, dal canto loro, si sono allineati alla decisione del CSM, che aveva ritenuto non vi fossero elementi per dire violato il dovere di laboriosità o per affermare che fosse dovuto a negligenza inescusabile il mancato rispetto dei termini articolo 81, 82 e 115 disp. att. c.p.c. . Rinvii di udienza per rendere possibile la decisione di cause più urgenti? Le Sezioni Unite della Cassazione hanno dunque precisato che è «del tutto ovvio che se ogni giudice fissasse per la decisione un numero di cause pari al limite delle sentenze che può redigere in un anno, non avrebbe poi spazio per poter fissare a breve le cause che presentassero connotati di urgenza». Per questo motivo, quindi, il ricorso viene rigettato.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 26 novembre 2013 – 27 gennaio 2014, numero 1516 Presidente Rovelli – Relatore Amatucci Esposizione del fatto 1.- Con sentenza numero 57/2013, pronunciata in data 8 marzo 2013 e depositata il 23 aprile successivo, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha assolto, per essere rimasto escluso l'addebito, i dottori G.P. , D.C.A. , D.M.D. , P.M. , R.F. , D.A. e A.R. dall'illecito disciplinare di cui agli articolo 1, comma 1, e 2, lettere a e g , del d.lgs. 23 febbraio 2006, numero 109. Ai predetti magistrati era stato addebitato di avere, nelle svolgimento delle loro funzioni di consiglieri relatori in cause civili pendenti innanzi alla Corte d'appello di Bologna, dilazionato la decisione di numerose cause mediante rinvii a distanza anche di 4/7 anni, benché sarebbe stata possibile la definizione in termini più brevi in relazione ai carichi di lavoro, all'adeguatezza dei mezzi disponibili ed alla materia delle controversie, com'era dimostrato dal fatto che altri magistrati avevano invece rinviato oltre cento cause per anno negli anni immediatamente successivi al 2010. L'azione disciplinare era stata promossa su iniziativa della Procura generale della Corte di cassazione con nota del 5.1.2011, a seguito di notizia circostanziata dei fatti acquisita in data 11.8.2010. 2.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Procuratore generale della Corte di cassazione sulla base di un unico motivo. Il ricorso non concerne la posizione del Dott. A. . I sei magistrati nei confronti dei quali il ricorso è rivolto hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1-. La Sezione disciplinare ha preliminarmente rilevato a che non aveva trovato conferma la premessa in fatto dell'incolpazione, costituita da una rilevante diversità di comportamento fra giudici della stessa sezione b che, nonostante la riformulazione dell'incolpazione a seguito della declaratoria di nullità del procedimento, con ordinanza della Sezione disciplinare dell'11.6.2012, per genericità ed indeterminatezza a dell'accusa non era stato indicato in base a quali criteri si fosse stabilito in cento unità il numero delle decisioni ragionevolmente programmabili per ciascun anno, senza alcun riferimento alla natura ed alla complessità dei casi c che non era stato neppure dedotto che il metodo di lavoro contestato agli incolpati avesse comportato una diminuzione del numero delle definizioni ed un conseguente allungamento della durata dei processi. Ha dunque concluso che la fissazione da parte di un singolo giudice o, come nel caso di specie, del collegio di un'agenda del processo che non si limiti alla fissazione cronologica dei processi da decidere sulla base dell'ordine di iscrizione a ruolo ma la scaglioni sulla base delle caratteristiche dei processi pendenti sul ruolo, della loro difficoltà, dell'urgenza legata ad alcune vicende specifiche o alle caratteristiche del procedimento non costituisce una violazione disciplinare se la dilazione non appaia palesemente incongrua in relazione ai carichi di lavoro ed alla difficoltà dei processi . 2.- Il Procuratore generale - deducendo violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 2, comma 1, lettera g , nonché carenza o contraddittorietà della motivazione - in buona sostanza censura la sentenza per non aver considerato che rinvii ex articolo 352 c.p.c. di quattro, cinque, sei o sette anni per la decisione di numerosissime cause apparivano del tutto ingiustificabili in relazione al non elevatissimo numero di quelle fissate per la precisazione delle conclusioni negli anni precedenti. 2.1.- Ebbene, per quanto in ricorso correttamente si sostenga che per la configurabilità dell'illecito di cui alle citate disposizioni la seconda delle quali concerne la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile non rilevi la produttività del magistrato incolpato in relazione a quella di altri magistrati, sta il fatto che il problema che è stato posto alla Sezione disciplinare non era oggettivamente suscettibile di essere risolto indipendentemente dalla considerazione degli elementi di fatto considerati insussistenti o, addirittura, non dedotti. Problema che, in definitiva, consiste nello stabilire fino a che punto è consentita una dilazione della decisione al fine di rendere possibile che cause oggettivamente più urgenti o più rilevanti di altre siano decise in tempi più brevi. È, infatti, del tutto ovvio che se ogni giudice fissasse per la decisione recte, per la precisazione delle conclusioni ex articolo 352 c.p.c. un numero di cause pari al limite delle sentenze che può redigere in un anno, non avrebbe poi spazio per poter fissare a breve le cause che presentassero connotati di urgenza. Benché vada detto che meriterebbe censura qualsiasi atteggiamento volto ad aumentare il da farsi in un più lontano futuro al precipuo scopo di alleggerire l'impegno più vicino nel tempo, come tale più probabilmente destinato ad essere adempiuto dalla stessa persona fisica del magistrato che il rinvio dispone. La Sezione disciplinare ha ritenuto che, in relazione ai fatti emersi, non vi fossero elementi per dire violato il dovere di laboriosità o per affermare che fosse dovuto a negligenza inescusabile il mancato rispetto dei termini di cui agli articolo 81, 82 e 115 disp. att. cod. proc. civ. E lo ha fatto con motivazione congrua in relazione all'incolpazione, così come formulata. 3.- Il ricorso è respinto. Non v'è luogo a provvedere sulle spese. Non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, aggiunto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228. P.Q.M. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.