Indizi fondati su associazione a delinquere: confermati i domiciliari per l’hacker di Anonymous

Confermata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un hacker italiano di Anonymous, indagato per il reato di associazione a delinquere, finalizzata alla violazione di sistemi informatici di varie istituzioni.

Questo il contenuto della sentenza n. 46156/13 della Corte di Cassazione, depositata il 18 novembre scorso. Il caso. Corretto, secondo la Cassazione, l’impianto accusatorio e il pericolo di reiterazione, per questo il giovane hacker 21enne rimane agli arresti domiciliari. L’accusa è di essere promotore e organizzatore di una associazione finalizzata alla realizzazione di accessi abusivi e al danneggiamento di sistemi informatici . Anonymous è uno spazio di libertà ? Le affermazioni del ricorrente, secondo cui non esiste alcuna organizzazione strutturale né un vincolo associativo e nemmeno un programma, non convincono i giudici che, al contrario, non dubitano dell’esistenza di una organizzazione in rete volta all’ideazione, programmazione e realizzazione di reati informatici . Sono stati creati appositi canali di comunicazione destinati ad operare stabilmente e in maniera anonima. Infatti, la Polizia ha accertato l’esistenza di una vera e propria struttura, desumibile sia dallo studio delle elaborazioni informatiche riscontrate sul web sia dall’analisi dei singoli reati accertati , a cui ha partecipato l’indagato. Quest’ultimo, in particolar modo, si dedicava, unitamente ad altri soggetti, all’ideazione e realizzazione degli attacchi a cui partecipavano anche gli altri sodali , manteneva altresì i contatti tra la cellula italiana e altri gruppi di Anonymous a livello internazionale, per coordinare eventuali azioni comuni. Non solo. L’indagato, infatti, partecipava anche attivamente agli attacchi. Sussiste il pericolo di reiterazione del reato. In conclusione, in considerazione delle caratteristiche e delle dimensioni dell’associazione, fondata su incessanti motivazioni ideologiche , e quindi del pericolo di reiterazione del reato, viene confermata la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’indagato.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 29 agosto – 18 novembre 2013, n. 46156 Presidente Marasca – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. L.L. ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, in data 13-6-13, che ha confermato l'ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari emessa dal Gip del Tribunale di Roma, in ordine ai seguenti delitti A associazione a delinquere con il ruolo di promotore/organizzatore , composta da più di 10 associati e finalizzata alla realizzazione di accessi abusivi a sistemi informatici, al danneggiamento di sistemi informatici, alla detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici e all'interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche B , D G , I N, delitti riguardanti introduzioni o tentativi di introduzione illecita nei sistemi informatici di svariati enti e società Vitrociset spa Enav spa Capitaneria di porto-Guardia costiera Banco di Lucca Banca D'Italia . 2. Il ricorrente deduce, con il primo e il secondo motivo, violazione dell'art. 416 cp e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi in ordine al reato di cui all'art. 416 cp poiché l'ordinanza impugnata, mentre si sofferma ampiamente sul ruolo del coindagato P. , dedica poche righe di motivazione al L. , non individuando elementi idonei a radicare la gravità indiziaria, tanto più che al L. i fatti vengono contestati sia ex art. 110 che ex art. 416 cp, mentre il reato associativo assorbe la figura del concorso. Non è poi ravvisabile, nella fattispecie concreta in disamina, alcun allarme sociale né alcuna offensività. Non vi è un'organizzazione strutturale né un vincolo associativo stabile e nemmeno un programma determinato o indeterminato che sia. Il fenomeno al quale si fa riferimento - e cioè -, infatti, non è un'associazione ma solo uno spazio di libertà che si estende dalla tutela dei diritti umani e civili a quella dell'ambiente e l'ipotesi di una cellula italiana di è priva di fondamento. Ma quand'anche questa cellula esistesse, certamente il L. non ne fa parte. D'altronde, relativamente ad un attacco informatico, non può parlarsi di un'associazione laddove i concorrenti, per commettere le azioni ritenute delittuose, utilizzino i propri computer personali e dei server o si avvalgano di chat e di altri mezzi di comunicazione elettronica. Anche l'attacco DDos e l'utilizzo di una Botnet altro non sono che modalità di attacco informatico realizzabili con competenze tecniche del tutto ordinarie e senza alcun aiuto internazionale . Dunque, nel L. , non vi era alcuna intenzione di partecipare ad un'associazione per delinquere, giacché ciascun agente, sfruttando le proprie competenze tecniche, poteva agire autonomamente rispetto agli altri, senza neanche la consapevolezza del ruolo svolto da altre persone. Tant'è che i singoli coindagati si conoscono soltanto on line. 2.1.Con il terzo e il quarto motivo il ricorrente lamenta omessa fissazione del termine di cui all'art. 274 lett. a cpp e vizio di motivazione in ordine all'esigenza cautelare di cui all'art. 274 lett. a cpp, non essendo dato evincere in qual modo il L. potrebbe inquinare le fonti di prova. 2.2. Il quinto e il sesto motivo ineriscono all'esigenza cautelare di cui all'art. 274 lett. c cpp e al giudizio di adeguatezza e proporzionalità poiché non si tiene conto del lasso di tempo di un anno e otto mesi intercorso tra le condotte addebitate e l'applicazione della misura né della giovane età dell'indagato, che aveva da poche settimane raggiunto la maggiore età e non aveva mai avuto precedenti giudiziari. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. In tema di misure cautelari personali, infatti, allorché, come nel caso in disamina, sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e al limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. La richiesta di riesame ha infatti, come mezzo d'impugnazione, la precipua funzione di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti enumerati dall'art. 292 cpp e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. La motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve pertanto conformarsi al modello delineato dal citato articolo, che si ispira al modulo di cui all'art. 546 cpp, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. Nei procedimenti incidentali de libertate, lo sviluppo della motivazione è conseguentemente inficiato dalla mancanza di approfondimento critico e di rigore argomentativo, allorché l'asserto relativo al carattere di gravità degli indizi non trovi giustificazione in un organico e coerente apprezzamento degli elementi di prova né risulti articolato attraverso passaggi logici dotati dell'indispensabile solidità Cass., Sez. un. 22-3-2000, Audino, Cass. pen. 2000, 2231 . 3.1. Nel caso in disamina, non possono essere ravvisati i vizi di motivazione lamentati dal ricorrente, avendo il giudice a quo evidenziato che la Polizia ha accertato l'esistenza di una vera e propria struttura, desumibile sia dallo studio delle elaborazioni informatiche riscontrate sul Web sia dall'analisi dei singoli reati accertati, a cui hanno partecipato, con ruoli diversi, gli indagati. Da tali accertamenti è emerso che la struttura si articola attraverso la predisposizione del blog ufficiale dell'organizzazione e del video di propaganda, da diffondere sul blog ufficiale la predisposizione e gestione dei canali di comunicazione IRC privati, che consentono sia la comunicazione diretta fra due soggetti che il dialogo contemporaneo di interi gruppi di persone, in ambito internazionale o nazionale l'organizzazione, in tali canali, delle linee strategiche la discussione sulla vulnerabilità dei siti da attaccare la definizione dei testi di rivendicazione poi diffusi mediante siti web e sulle pagine ufficiali di il mantenimento dei contatti con i media e con l'organizzazione di livello internazionale l’effettuazione delle attività di scanning, per verificare la vulnerabilità di possibili siti target, e di exploiting, per accedere abusivamente all'interno dei server che li ospitano la progettazione, messa a disposizione e condivisione dei c.d. tools di attacco programmi deputati ad un determinato compito , che venivano messi a disposizione dell'organizzazione. Queste risultanze non lasciano dubbi - sottolinea il giudice a quo - sull'esistenza di un'organizzazione in rete volta all'ideazione, programmazione e realizzazione di reati informatici, essendo stati creati appositi canali di comunicazione destinati ad operare stabilmente, attraverso i quali gli indagati, in maniera anonima, operando sinergicamente, predisponevano e realizzavano gli attacchi e stilavano i documenti di rivendicazione che poi pubblicavano sui siti ufficiali. Sono emersi anche collegamenti internazionali, essendo stato chiesto dal gruppo italiano aiuto internazionale al fine di potenziare alcuni attacchi programmati. In questo contesto, sono stati individuati i ruoli ricoperti dai partecipanti all'associazione ruoli differenziati a seconda delle capacità informatiche individuali ma senza veri e propri capi, essendovi soltanto alcuni soggetti preposti alla cura dei profili organizzativi. In questo quadro, il Tribunale focalizza con precisione il ruolo di L.L. , il quale si dedicava, unitamente ad altri soggetti all'ideazione e realizzazione degli attacchi a cui partecipavano anche gli altri sodali manteneva i contatti tra la cellula italiana e altri gruppi di a livello internazionale, per coordinare eventuali azioni comuni partecipava agli attacchi, riuscendo, come nel caso del Banco di Lucca, a carpire anche dati individuali, condivisi con gli altri membri ha fornito la bozza per il defacement relativo all'attacco a Vitrociset spa a P. , il quale ha poi materialmente seguito l'operazione ha compiuto operazioni di Sql injection, riuscendo a prelevare dal sito della Guardia costiera dati riservati, che ha condiviso con gli altri membri del gruppo, a cui ha chiesto aiuto, palesando il suo scopo ultimo, che era il defacement del sito e la pubblicazione dei dati sottratti. 3.2.Dalle cadenze motivazionali dell'ordinanza è dunque enucleabile una attenta analisi della regiudicanda, avendo i giudici del controllo preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma del provvedimento genetico attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede. Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sullo spessore dimostrativo delle risultanze procedimentali giacché questa prerogativa è attribuita al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle acquisizioni probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimità Sez. un. 25-11-'95, Facchini, rv. 203767 . Costituisce d'altronde ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606 co. 1 lett. e cpp non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione cfr, ex plurimis, Cass. Sez. fer., 3-9-04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86 Cass. Sez. V 5-7-04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36, 64 Cass., Sez. V, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004n. 26, 75 . Ne deriva che dedurre vizio di motivazione della sentenza significa dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già opporre alla razionale valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione Sez. un. 19-6-96, Di Francesco, rv. 205621 , come ha fatto il ricorrente, nel caso in esame. 4. Nemmeno il terzo e il quarto motivo di ricorso possono trovare accoglimento poiché la valutazione delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 cpp integra un giudizio di merito che, se supportato da motivazione esente da vizi logico-giuridici, è insindacabile in cassazione Cass. 2-8-1996, Colucci, Nuovo dir. 1997, 316 . In presenza di motivazione adeguata, anche in relazione all'indicazione delle ragioni per le quali eventuali misure gradate vengano ritenute inidonee e non proporzionate all'entità e gravità dei fatti di reato Cass. 21-7-92, Gardino, C.E.D. Cass. n. 191652 Cass. 26-5-94, Montaperto, C.E.D. Cass. n. 199030 , le determinazioni del giudice a quo sfuggono infatti al sindacato di legittimità, al quale è estraneo ogni profilo di rivalutazione nel merito delle relative statuizioni. Nel caso di specie, il Tribunale ha evidenziato, in ordine alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 lett. a cpp, che il pericolo di inquinamento probatorio è connesso alla natura stessa dell'attività delittuosa, preordinata a compiere illecite intrusioni in sistemi informatici, al fine di pregiudicare la genuinità degli elementi acquisiti e ancora da acquisire in relazione alla compiuta identificazione dell'organico del gruppo, poiché alcuni soggetti sono sfuggiti all'identificazione alle modalità operative alla responsabilità dei singoli associati e alle nuove strategie di incombente attuazione, anche in relazione a nuovi recenti attacchi, in cui sono comparsi ulteriori soggetti ancora da identificare, come Aken , e ad ulteriori indagini, in itinere, finalizzate a individuare i responsabili dell'attacco al server della Polizia di Stato, avvenuto il , con conseguente pubblicazione di migliaia di files, contenenti documenti anche riservati, e di 170 caselle di posta elettronica. Trattasi di motivazione esente da vizi logico-giuridici, in quanto ancorata a specifiche circostanze di fatto dalle quali il pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova viene desunto Cass., Sez. III, 3-12-2003 n 306/04, Scotti, Guida dir. 2004, n. 17, 94 . Il pericolo de quo deve infatti essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile inferire, secondo la regola dell'id quod plerumque accidit, che l'indagato possa, come nel caso di specie, turbare realmente il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinandone le fonti, senza che sia necessario che il giudice indichi con precisione gli atti da espletare o gli accertamenti da svolgere Cass., sez. V 12-3-2004 n. 20146/04, Tanzi, Dir. E Giust. 2004, n. 24, 3799 . Correttamente poi il Tribunale ha precisato che la mancata indicazione del termine non induce alcun vizio, essendo il provvedimento restrittivo giustificato dalla necessità di salvaguardare anche le esigenze cautelari di cui all'art. 274 lett. c cpp. 5.Neanche gli ultimi due motivi di ricorso meritano accoglimento poiché, in merito alle esigenze cautelari di cui all'art. 274 lett. c cpp, il giudice a quo ha evidenziato che il pericolo di reiterazione di reati della medesima specie deve ritenersi sussistente in considerazione delle caratteristiche e delle dimensioni dell'associazione, fondata su incessanti motivazioni ideologiche, che spingono i soggetti ad aggregarsi in maniera sistematica, allo scopo di programmare sempre nuovi attacchi a siti considerasti ostili. La sistematicità degli attacchi ai siti target è dunque connaturale al modo di essere del sodalizio e alle istanze ideologiche che lo sorreggono e a cui il L. ha dato piena adesione. Trattasi di apparato giustificativo immune da censure ed aderente alle linee concettuali elaborate, in tema di motivazione del provvedimento cautelare, dalla giurisprudenza di legittimità, segnatamente in relazione al parametro di cui all'art. 275 cpp, in quanto pienamente idoneo ad individuare, in modo puntuale e dettagliato, gli elementi atti a denotare l'attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa, non fronteggiabile con misure meno gravose di quella disposta Cass. 24-5-'96, Aloè, C.E.D. Cass. n. 205306 con esclusione di ogni congettura Cass. 19-9-95, Lorenzetti, Cass. pen. 1997, 459 e attenta focalizzazione dei termini dell'attuale ed effettiva potenzialità di commettere determinati reati, connessa alla disponibilità di mezzi e alla possibilità di fruire di circostanze che renderebbero altamente probabile la ripetizione di delitti della stessa specie Cass. 28-11-1997, Filippi, C.E.D. Cass. n. 209876 Cass. 9-6-1995, Biancato, C.E.D. Cass. n. 202259 . 6. Il ricorso va dunque rigettato, siccome infondato, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.