Tossicodipendente ‘storico’, e poi spaccia solo hashish: negata comunque la “lieve entità”

Demolita l’ottica adottata dal Gip, il quale, proprio alla luce della sostanza messa su piazza e della condizione dell’uomo, aveva concesso la attenuante del fatto di lieve entità”. Pena, originariamente fissata in due anni di reclusione e 5mila euro di multa, da rivedere e da ricalcolare in aumento.

Semplice hashish. E poi, l’uomo – sui 40 anni – beccato con in mano la sostanza stupefacente, è tossicodipendente da diverso tempo. Quadro che, almeno sulla carta, sembra poter alleggerire la posizione dello spacciatore. Ma, alla fine, i due elementi richiamati non sono sufficienti per riconoscere l’attenuante del fatto di lieve entità”. Cass., sent. n. 39414/2014, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Pena più dura. Pena mitigata per un uomo, finito sotto accusa per il possesso di 385 grammi di hashish . A chiusura del giudizio abbreviato viene, difatti, emessa pronuncia di condanna per illecita detenzione di droga a fine di spaccio , ma, allo stesso tempo, viene riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità”. Ciò comporta, per l’uomo, due anni di reclusione e 5mila euro di multa . Ma l’ottica adottata dal Giudice per le indagini preliminari, e ora fortemente contestata dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, viene demolita dai giudici della Cassazione, i quali evidenziano quegli elementi – ossia non episodicità della condotta riconducibilità ad un contesto di più ampia e fiorente attività di spaccio non modico quantitativo di sostanza – che avrebbero dovuto condurre a una condanna molto più dura. È impensabile, spiegano i giudici, riconoscere la attenuante del fatto di lieve entità” basandosi solo sullo stato di tossicodipendenza dell’uomo e sulla qualità della sostanza , che, peraltro, avrebbe dovuto essere approfondita con un accertamento ad hoc sulla quantità di principio attivo drogante presente nella sostanza . Evidenti, quindi, gli errori di valutazione compiuti dal Gip, il quale, concludono i giudici – dando un’indicazione precisa al Tribunale cui viene riaffidata la vicenda –, avrebbe dovuto puramente e semplicemente prendere atto della impossibilità di ricondurre il fatto nell’ambito dell’ipotesi attenuata della lieve entità”.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 marzo – 25 settembre 2014, n. 39414 Presidente Teresi – Relatore Aceto Svolgimento del processo R.C conveniva in giudizio A. e G.C. e la SAI s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni riportati a seguito dello scontro -avvenuto il 2.11.87 fra il ciclomotore condotto da Andrea Fin, a bordo del quale l'attore era trasportato, e la vettura Fiat 127 di proprietà di Giovanni C. assicurata presso SAI e condotta da A. C A seguito di chiamata in causa da parte dei C., si costituiva in giudizio il Fin, che contestava qualsiasi responsabilità e chiamava in giudizio la propria assicuratrice -UAP Italiana s.p.a. per l'eventuale manleva. La UAP si costituiva eccependo, fra l'altro, l'inoperatività della polizza in quanto il conducente -sedicenne non era abilitato a trasportare passeggeri sul sellino posteriore , e -comunque la prescrizione di ogni diritto nei suoi confronti. I1 Tribunale accertava la responsabilità paritaria dei due conducenti e li condannava al risarcimento dei danni, rigettando tuttavia la domanda di manleva proposta dal Fin. La Corte di Appello confermava la decisione, con sentenza n. 1627/2010, avverso la quale ricorre per cassazione il Fin, affidandosi ad un unico motivo resiste la AXA Ass.ni s.p.a. già UAP a mezzo di controricorso. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso, il Fin deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 79 lettera d D.P.R. 15.06.1959 n. 393 Codice della Strada vigente alla data del sinistro 21.11.1987 e art. 1917 c.c. con riferimento all'art. 360 n. 3 C.P.C. si duole che la Corte abbia ritenuto che il conducente non fosse abilitato alla guida, pur essendo pacifico che lo stesso era titolare di patente di categoria A, ed assume che la circostanza che sul ciclomotore fosse trasportato un passeggero non privava il conducente dell'abilitazione, ma lo rendeva solo responsabile della violazione amministrativa contemplata dall'art. 79 comma 4 C.d.S. . 2. Al riguardo, la Corte territoriale ha osservato che è pacifico . che Andrea Fin non era abilitato a trasportare un passeggero sul sellino posteriore del suo motoveicolo, sicché nessuna azione di manleva potrà il predetto svolgere nei confronti della sua assicurazione . 3. Il ricorso è fondato. E' noto, infatti, che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea ad escludere l'operatività della polizza ed il conseguente obbligo risarcitorio dell'assicuratore, se detto conducente, legittimamente abilitato alla guida, abbia omesso di rispettare prescrizioni e cautele imposte dal codice della strada. Infatti, per mancanza di abilitazione alla guida deve intendersi l'assoluto difetto di patente, ovvero la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di validità e di efficacia della stessa sospensione, revoca, decorso del termine per la conferma, sopravvenienza di condizioni ostative , onde, ove esista un'abilitazione alla guida, l'inosservanza di prescrizioni o limitazioni, eventualmente imposte dal legislatore, non si traduce in una limitazione della validità od efficacia del titolo abilitativo, ma integra una ipotesi di mera illiceità della guida Cass. n. 12728/2010, conforme a Cass. n. 19657/2005 . 4. Atteso che, nel caso di specie, non risulta contestato che il Fin fosse in possesso di valida patente di guida, deve ritenersi che la sola circostanza che trasportasse un passeggero in violazione dell'art. 79 C.d.S. non valga a rendere inoperante la garanzia, ove la specifica ipotesi di esclusione non fosse espressamente prevista dalle condizioni di polizza cfr Cass. n. 12270/2009, relativa proprio ad un'ipotesi di inosservanza del divieto di trasportare passeggeri su un ciclomotore . 5. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale che dovrà attenersi ai principi sopra richiamati e provvederà anche in ordine alle spese di lite. P.Q.M. la Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio, alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione.