Occupazione arbitraria prima, richiesta di regolarizzazione poi: sussiste comunque il reato

Si configura reato di invasione di terreni o edifici, anche quando l’occupante richiede la regolarizzazione del rapporto locatizio. Inoltre, non potrà sussistere la scriminante dello stato di necessita per la sola affermazione dello stato di indigenza, non allegato da documenti comprovanti, appunto, la necessità della condotta contra ius.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza numero 30890, depositata il 14 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello condannava l’imputata per il reato d’invasione di terreni ed edifici articolo 633 c.p. , per aver arbitrariamente invaso, al fine di occuparlo o di trarne profitto, un immobile di proprietà di una società. Avverso la sentenza ricorreva in Cassazione la soccombente, lamentando l’erronea applicazione della legge penale, non avendo la sentenza impugnata riconosciuto l’assenza del requisito oggettivo dell’arbitrarietà della condotta. La donna infatti aveva formalizzato una richiesta di regolarizzazione del rapporto locatizio. D’altra parte, la stessa adduceva come scriminante lo stato di necessità articolo 54 c.p. in cui versava, non rilevato dalla Corte territoriale. La richiesta di regolarizzazione non “sana” la condotta antigiuridica. Il primo motivo è infondato. L’aver cercato di regolarizzare un rapporto di locazione relativo all’immobile abusivamente occupato non scrimina l’azione compiuta. Come chiarito in precedenti pronunce Cass., numero 12752/2011 e numero 37139/2007 , «l’occupazione sine titulo di un alloggio di proprietà dell’Istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione arbitraria di edifici anche nell’ipotesi in cui l’occupante abbia presentato una regolare istanza di assegnazione dell’immobile ed il relativo procedimento non sia ancora definito» e persino «nel caso in cui l’occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione». Lo stato di necessità deve essere provato . Anche il secondo motivo è infondato. Il mero stato di indigenza della ricorrente, in assenza di concrete allegazioni volte a provare la sussistenza della situazione di assoluta necessità della condotta e di inevitabilità del pericolo non permettono di ritenere applicabile la scriminante ai sensi dell’articolo 54 c.p Il pericolo permanente non integra lo stato di necessità. Precisa la Corte, che «per la configurabilità dello stato di necessità occorre che il pericolo sia attuale» perciò «si presuppone che, nel momento in cui l’agente agisce contra ius, al fine di evitare un danno grave alla persona, il pericolo sia imminente e, quindi, circoscritto e individuato nel tempo e nello spazio». Perciò, per argumentum a contrario, non saranno pericoli attuali tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti e destinate a protrarsi nel tempo. Infatti, se si ritenesse configurabile lo stato di necessità in riferimento a situazioni permanenti, si effettuerebbe un’interpretazione del dettato normativo sbagliata, poiché il requisito dell’attualità del pericolo verrebbe sostituito con quello della permanenza. L’esigenza abitativa configura una situazione necessariamente destinata a prolungarsi nel tempo e, sulla base dei principi riportati, non può essere ricompreso nelle situazioni per cui è configurabile un pericolo attuale e il susseguente stato di necessità scriminante. Bisogna tutelare il diritto di proprietà del terzo. Aggiunge infine la Corte, che si deve fornire una nozione che concili l’attualità del pericolo con l’esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo, che non può essere compromessa in modo permanente, altrimenti si verificherebbe un esproprio senza indennizzo oppure un’alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale Cass., numero 19147/2013 . Sulla base di queste argomentazioni, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 giugno – 14 luglio 2014, numero 30890 Presidente Carmenini – Relatore Alma Ritenuto in fatto Con sentenza del 24/10/2013, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Lamezia Terme in data 15/12/2009 con la quale l'imputata S.P. era stata condannata alla pena di giorni 40 di reclusione per il reato di cui all'articolo 633 cod. penumero per avere arbitrariamente invaso, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto, un immobile sito in Lamezia Terme di proprietà dell'Italposte S.p.a. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza l'imputata personalmente deducendo 1. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. penumero per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto di cui all'at. 2, comma 3, cod. penumero , e L. Regionale nr. 8 del 1995, avendo l'imputata formalizzato in data 28/2/2009 una richiesta di regolarizzazione del rapporto locatizio il che - a detta della ricorrente - avrebbe fatto venir meno, per la sua efficacia scriminante, il requisito oggettivo dell'arbitrarietà della condotta. 2. Violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. penumero per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per avere omesso la Corte territoriale di ritenere la sussistenza dell'esimente dello stato di necessità di cui all'articolo 54 cod. penumero Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Deve, al riguardo, essere immediatamente evidenziato che l'introduzione nell'immobile altrui al fine di occuparlo o di trarne altrimenti profitto e sufficiente per integrare il reato previsto dall'art 633 cod. penumero Si tratta sostanzialmente di un reato istantaneo che, allorché l'occupazione si protragga nel tempo, assume la caratteristica di reato permanente giacché la situazione realizzata inerente alla violazione del diritto altrui mediante l'abusivo insediamento nell'immobile altrui permane fino a quando l'agente abbandoni l'immobile, non già come semplice effetto di un comportamento antigiuridico iniziale, ma come permanente violazione della legge penale, nella sua manifestazione tipica, inscindibilmente legata alla condotta dell'agente. Come ha condivisibilmente motivato la Corte territoriale nella sentenza impugnata, il fatto che la ricorrente abbia, in epoca successiva ai fatti ed in forza di una legge regionale, regolarizzato il rapporto locatizio relativo all'immobile abusivamente occupato non scrimina l'azione compiuta a fronte di una querela presentata da Ente diverso rispetto al quale è intervenuta la regolarizzazione del rapporto medesimo. A ciò si deve aggiungere che questa Corte ha già avuto modo di precisare in casi che possono essere assimilati a quello che in questa sede ci occupa, che l'occupazione sine titulo di un alloggio in proprietà dell'Istituto autonomo case popolari integra il reato di invasione arbitraria di edifici anche nell'ipotesi in cui l'occupante abbia presentato una regolare istanza di assegnazione dell'immobile ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito Cass. Sez. 2, sent. numero 12752 del 8/3/2011, dep. 9/3/2011, rv. 250050 e persino nel caso in cui l'occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria posizione ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione Cass. Sez. 2, sent. numero 37139 del 25/9/2007, dep. 9/10/2007, rv. 237357 ciò in quanto i predetti alloggi sono destinati al perseguimento di finalità di interesse pubblico e devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto, che vanno individuati secondo i criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati attraverso idonee procedure, non derogabili neanche per provvedere a situazioni di estremo bisogno di terzi non aventi diritto. 2. Quanto al secondo motivo di ricorso, anch'esso risulta infondato. Il mero stato di indigenza della ricorrente desumibile dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e dalla composizione del nucleo familiare della stessa marito e due figli minori in assenza di ulteriori concrete allegazioni volte a provare la sussistenza di quelle condizioni di assoluta necessità della condotta e di inevitabilità del pericolo non consentono di ritenere la sussistenza della scriminante di cui all'articolo 54 cod. penumero Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di precisare con argomentazioni condivise dall'odierno Collegio che in tema di cause di giustificazione, la mera indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all'applicazione di un'esimente, non accompagnata dall'allegazione di precisi elementi idonei ad orientare l'accertamento del giudice, non può legittimare la pronuncia assolutoria ex articolo 530 cpv. cod. proc. penumero Cass. Sez. 6^, sent. numero 28115 del 05/07/2012, dep. 13/07/2012, Rv. 253036 e, ancora, che il dettato dell'articolo 54 c.p., nella parte in cui stabilisce che, per la configurabilità dello stato di necessità la cui prova spetta all'imputato che lo invoca , occorre che il pericolo sia attuale , presuppone che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius - al fine di evitare un danno grave alla persona - il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio. L'attualità del pericolo, per argumentum a contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo. Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto. Invero, il pericolo non sarebbe più attuale rectius imminente bensì permanente proprio perché l'esigenza abitativa - ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona - necessariamente è destinata a prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 54 c.p., alla luce dell'articolo 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l'attualità del pericolo con l'esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un'ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque, un'alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale Cass. Sez. 2^, sent. numero 19147 del 16/04/2013, dep. 03/05/2013, rv. 255412 . A ciò si aggiunge il fatto che se è ben vero, da un lato, che ai fini dell'esimente dello stato di necessità, nel concetto di danno grave alla persona, secondo la formulazione dell'articolo 54 cod. penumero , rientrano talune situazioni che minacciano solo indirettamente l'integrità fisica ovvero che attentano, in via ancor più generale, alla complessa sfera dei beni attinenti alla personalità morale del soggetto e tra questi beni si deve ricomprendere anche quello connesso all'esigenza di un alloggio, che è uno dei bisogni primari della persona, in conformità dei principi costituzionali che riguardano la persona umana ed i diritti a questa inerenti, è altrettanto vero, dall'altro, che nel momento in cui si giustifica tale interpretazione estensiva del danno grave alla persona come riguardante tutti i diritti inviolabili della persona umana, nel contempo più attenta, analitica e penetrante deve mostrarsi l'indagine giudiziaria diretta a circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili gli altri elementi costitutivi della stessa, in particolare la necessità e l'inevitabilità, tenuto conto delle complesse esigenze di tutela dei beni dei terzi, che, coinvolti involontariamente dallo stato di necessità, non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate in sostanza, ai fini della configurabilità della esimente dello stato di necessità, di cui all'articolo 54 cod. penumero , occorre che l'esigenza di evitare il danno grave alla persona sia imperiosa e cogente, tanto da non lasciare altra scelta se non quella di ledere il diritto altrui. Non può al riguardo ritenersi sufficiente a provocare la ricorrenza della predetta scriminante la situazione di una generica situazione di indigenza dell'imputata, salvo che si voglia sostenere che il solo fatto di vertere in una situazione di difficoltà economica peraltro in questi tempi assai diffusa sia condizione legittimante la consumazione di un delitto che si risolve nel contemporaneo danno di altrettante persone che chiedendo l'assegnazione di un alloggio popolare o di edilizia convenzionata si trovano indubbiamente anch'esse in situazioni di difficoltà economica o personale . Se così fosse si farebbero prevalere le posizioni di chi agisce in via di fatto rispetto ai diritti di quelli che attendono in condizioni di legittimità l'assegnazione di un alloggio di edilizia popolare o convenzionata. Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.