A pochi giorni dai Casi Bencivenga ed Ascierto, la CEDU ha emesso una doppia condanna per l’Italia per l’eccessiva lentezza nel decidere detti giudizi, ma anche la CEDU non è poi così rapida nell’emettere le sue decisioni.
La CEDU, sez. II, con le sentenze Quattrone ric. numero 1341/07 e Maffei e De Nigris v. Italia ric. nnumero 28090 e 28462/03 , emesse il 26/11/13, ha ribadito quanto sopra. Aveva già emesso condanne a loro favore e, nell’ultimo caso, per fatti presumibilmente oggetto di questo ricorso. Invero De Nigris ed altri , con ricorso numero 41248/04, deciso il 5/10/06, revisionato il 14/12/10 ed attualmente pendente in appello presso la Grand Chamber, aveva ottenuto un complessivo indennizzo di € 80.000 per i ritardi con cui era rientrato in possesso di un suo terreno espropriato e per la mancata percezione dell’indennità per l’occupazione abusiva. Si noti che in essa si individuano dettagliatamente i criteri elaborati dalla Grand Chamber nel quantificare i danni, morali e patrimoniali, subiti dal ricorrente. Per gli stessi motivi Quattrone aveva ottenuto un congruo indennizzo anche a titolo di Legge Pinto, come espressamente esplicato nella sentenza ric. numero 67785/01 del 5/1/07, revisionata in data 11/2/11. I casi. Il ricorso De Nigris è stato riunito a quello Maffei perché analoghi. L’identità dell’oggetto con la citata decisione si ricava da un’attenta analisi del ricorso e dei documenti correlati, perché il testo tace sul punto. È ragionevole ipotizzare che ad essa sia riconducibile la richiesta di adeguamento dell’indennizzo ex L. numero 89/01 Legge Pinto . Si chiarisce, però, l’inapplicabilità del d.l. numero 112/08, perché la lite si è conclusa nel 2008, prima della sua entrata in vigore 25/6/08 . Il ricorso Quattrone riguarda quattro processi penali relativi a procedure iniziate tra il 1991 ed il 1992 di cui si contesta sia la lentezza nel deciderli sia l’eccessiva durata della detenzione cautelare arresti domiciliari . Era imputato per occultamento, concorso in omicidio, associazione mafiosa, abuso d’ufficio e falso in atto pubblico in tutti i casi fu prosciolto con formula piena, per prescrizione o per stralcio della sua posizione. Avviò due procedure per l’equo indennizzo nel 2003 e nel 2004, ma solo una, secondo la CEDU, era valida perché l’istanza era stata presentata nel termine legale di decadenza. Con interessanti riflessioni la CEDU ha liquidato agli eredi, visto che è morto nel 2012, un risarcimento pari a complessivi € 10.000, mentre nell’altro caso è pari ad € 3.900 oltre spese di lite, rimborso costi ed oneri legali. Si ricordi che il ricorso Quattrone è stato accolto parzialmente solo per quanto attiene all’eccesiva durata degli arresti domiciliari ed al rigetto delle istanze relative alle differenze tra ingiustizia formale e sostanziale con la sentenza della Cassazione 24/10/07 5/2/08 . Inapplicabilità del d.l. numero 112/08 L. numero 133/08 e Legge Pinto nel diritto amministrativo. L’articolo 54 sancisce che «la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo 2, comma 1, non è stata presentata un'istanza ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, numero 642, nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'articolo 4, comma 1-ter,lettera b».Orbene questa norma non è applicabile perché la sentenza è stata emessa prima della sua vigenza. L’interessato dovrà agire per l’equo indennizzo entro 6 mesi da quando la sentenza, con cui si è conclusa la lite od una sua fase , è divenuta esecutiva e si prescrive in 10 anni Cass. civ, numero 4524/10 . Nella fattispecie i termini sono stati rispettati e, seguendo i criteri già indicati nelle CEDU Bencivenga v. Italia del 7/11/13, Daddi v.Italia del 2/6/09 ed Aragosa v.Italia del 18/12/07, ha stabilito che il risarcimento, supplementare a quello già riconosciuto ex L. numero 89/01, doveva essere pari al 7,14% della somma che sarebbe spettata loro in assenza di rimedi previsti dal nostro ordinamento. Legge Pinto nel penale ingiusta detenzione «formale» e «sostanziale». Nel 2005 la CDA di Reggio Calabria aveva accolto le richieste di Quattrone liquidandogli un sostanzioso indennizzo ai sensi dell’articolo 314 c.p.p Esso considera la detenzione nel suo complesso ingiustizia sostanziale senza distinguere la reclusione dalla detenzione cautelare, come gli arresti domiciliari del nostro caso ingiustizia formale . In realtà, come codificato dai noti Casi Cocchiarella del 2006 e Daddi si deve distinguere tra le due forme, anche perché i provvedimenti attinenti alla detenzione preventiva sono decisi da tribunali riesame e sorveglianza diversi da quello che commina la pena ed anche il vaglio in queste sedi segue regole diverse. La giurisprudenza della Cassazione sul punto ingiusta detenzione da applicare anche all’illecita detenzione cautelare. La S.C. concorda che l’ingiusta detenzione decorre dalla sentenza definitiva di condanna, ma si deve applicare anche all’illecita detenzione cautelare, in quanto fa venire meno ab initio le condizioni per l’anticipata limitazione della libertà personale dell’imputato Cass. penumero , nnumero 2660/09, 42022/06 e 18237/03 , perciò nulla vieta che l’equo indennizzo sia riconosciuto anche quando la domanda si basi solo sull’illegittimità e l’eccessiva durata di queste misure. Si ricordi che in ogni caso la Legge Pinto si fonda sul mancato rispetto del diritto al giusto processo ed alla sua equa durata stabilito dall’articolo 6 CEDU. Durata media dei processi ed obbligo di motivazione. In base a criteri interni e comunitari si è calcolato che essa è pari a 2 anni, derogabile solo per circostanze eccezionali CE.DI.SA Fortore s.numero c. Diagnostica Medica Chirurgica v Italia del 27/9/11 . Inoltre le decisioni devono essere sempre motivate per permettere di valutare, di caso in caso, l’efficacia della procedura Pinto attivata, la congruità della pena, la regolarità della decisione stessa, la corretta condanna alle spese di lite etc. Ruiz Torija v. Spagna del 9/12/94, Associazione per la difesa dei diritti umani v. Romania del 22/11/11 . Nella fattispecie, dato che gli esosi risarcimenti e rimborsi spese milionari richiesti dal ricorrente contrastano con la natura stessa della L. numero 89/01, la motivazione era ancor più necessaria e cogente questa carenza è stata ritenuta un’ulteriore violazione dell’articolo 6 CEDU. Risarcimento danno ai sensi dell’articolo 5 o 6 Cedu? Si contesta che l’indennizzo riconosciuto dalla giustizia italiana al ricorrente € 180.000 è molto più elevato di quello eventualmente attribuibile per la violazione della libertà personale e l’ingiusta detenzione ex articolo 5, 8, 13 CEDU e protocollo numero 1. In realtà questa procedura non è applicabile alla fattispecie, così come quella prevista dall’articolo 6, perché i giudici italiani «non sono competenti a dichiarare l’ingiustizia formale della detenzione, ma possono solo concedere una compensazione, ex articolo 314 cpp, in base ad una decisione definitiva che ne confermi l’illegittimità». In ogni caso finché non saranno esauriti i rimedi interni non potranno essere invocate queste norme e, quindi, questa eccezione è stata respinta, tanto più che non può essere refusa una violazione dell’articolo 5 § 5, se non risultano derogati anche i § § 1-4, che deve essere accertata dalla giustizia nazionale Ciulla v. Italia del 1989 . Valenza della regola dell’esaurimento dei rimedi interni. Questa preclusione «è destinata a dare gli Stati contraenti la possibilità di prevenire o correggere le violazioni presunte contro di loro prima che queste accuse siano presentate vedi, tra gli altri, Remli v. Francia del 23/4/96, Selmouni v. Francia del 1999 . Questa regola si basa sull'ipotesi, regolata dall'articolo 13 CEDU e con la quale ha stretta affinità-, secondo cui la legge interna fornisce un rimedio efficace per la sua presunta violazione Kudła v. Polonia del 2000 . Quindi, è un aspetto importante del principio che il meccanismo di salvaguardia introdotto dalla convenzione è un carattere sussidiario in relazione ai sistemi nazionali di garanzia dei diritti umani Akdivar et al., v. Turchia, 16 settembre 1996, § 65, raccolta 1996-IV . Tuttavia, l'obbligo derivante dall'articolo 35 è limitato a fare un uso normale di probabili rimedi efficaci, adeguate e accessibile Sofri e altri v. Italia del 2003 . Questi requisiti devono essere acclarati con un sufficiente grado di certezza non solo in teoria, ma anche in pratica, altrimenti manca l'efficacia e l'accessibilità Dalia v. Francia, 19/2/98 ». In breve il ricorrente deve aver esaurito tutti i gradi di giudizio e/o tutte le procedure per far valere le proprie ragioni, essendoci, così, una preclusione all’accesso alla giustizia che deve essere adeguatamente risarcita. Fondatezza della richiesta ed irrazionalità delle somme richieste. Come detto Quattrone poteva chiedere in qualsiasi fase del processo l’equo indennizzo, rispettando la suddetta decadenza semestrale. Avendo, perciò, chiesto nei suddetti termini alla CDA il ristoro di tali danni, risultano esauriti i rimedi interni e fondata la richiesta per violazione dell’articolo 6. Calcolo del danno. Si applicano i principi previsti dal Caso Belperio e Ciarmoli v. Italia del 21/12/10. In essa la Corte ha stabilito che, relativamente alla durata dei processi in relazione all’equa riparazione, «alla luce delle circostanze specifiche dei casi, era necessario un approccio uniforme e una somma forfettaria di € 200 è stata concessa a ciascun richiedente. In questo caso, tuttavia, date le particolari circostanze, come richiesto dall'articolo 41 della convenzione, il giudice può considerare equo un risarcimento globale agli eredi del richiedente pari a €.1500». Essendo già elevato l’importo dei danni morali riconosciuti dalle corti italiane è stata concessa un’ulteriore somma pari ad € 8.500 ed è stato ritenuto equo liquidare € 2.000 per le spese oltre oneri legali ed interessi di mora. Tale voce è stata calcolata secondo i criteri di realtà, necessità e ragionevole frequenza delle spese di cui si chiede la refusione, riducendo drasticamente le eccessive ed infondate richieste del ricorrente per quanto sopra esplicato Iatridis v. Grecia -solo soddisfazione del 2000 Beyeler v Italia -solo soddisfazione del 28/05/02 e Sahin v. Germania del 2003 .
AFFAIRE_MAFFEI_ET_DE_NIGRIS_c._ITALIE_1_AFFAIRE_FRANCESCO_QUATTRONE_c._ITALIE_1_