Le spese di ristrutturazione e adattamento dei locali in cui è esercitata l’attività di impresa sono deducibili anche se l’immobile non è di proprietà dell’impresa ma è in locazione in ogni caso, non rilevano gli accordi intercorsi tra le parti
La Corte di Cassazione con la sentenza numero 17421, del 30 agosto 2016, accogliendo uno dei motivi del ricorso di un imprenditore, ha affermato che i costi di ristrutturazione della sede aziendale sono deducibili anche se l’immobile è dato in locazione per i giudici di legittimità, inoltre, non rilevano gli accordi intercorsi con il proprietario. Il caso. Un contribuente, titolare di un’attività imprenditoriale, è ricorso in Cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del novembre 2014 che, in riforma della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale, aveva respinto i ricorsi proposti dal contribuente avverso gli avvisi di accertamento per Irpef, Iva ed Irap relativi agli anni 2007 e 2008, con i quali gli erano stati imputati maggiori ricavi ed era stata affermata la “non inerenza” di taluni costi. La CTR, nel premettere che a fronte di accertamenti fondati su prelievi e versamenti in conto corrente incombe sul contribuente l’onere di contestare in modo analitico le risultanze degli accertamenti, affermava che nel caso di specie detta prova non risultava raggiunta, essendosi il contribuente limitato a produrre ricevute informali, prive di certezza. L’analisi della Cassazione. Per i Giudici di legittimità , l’Agenzia delle Entrate non risulta aver introdotto nuovi elementi che abbiano modificato o ampliato la materia del contendere e l’oggetto della controversia, limitandosi a ribadire che il contribuente non aveva assolto all’onere di superare la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili, elemento che costituisce lo stesso presupposto della legittimità dell’accertamento fondato su tali accertamenti. Per i Giudici di legittimità, inoltre, devono essere disattese le censure relative alla pronunzia della CTR che ha escluso la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per difetto di inerenza avuto riguardo alle spese di CTU in un giudizio civile, nonché all’uso di telefono mobile di cui non risulta provato l'utilizzo in ambito aziendale. Risultano viceversa inammissibili, per difetto di autosufficienza, le ulteriori censure relative alla ripresa a tassazione delle spese per manutenzione ordinaria relative all’autocarro aziendale ed alle altre spese relative a beni strumentali genericamente indicate in ricorso, dal contribuente. Per i Giudici di legittimità va, invece, accolta la censura del contribuente in ordine alla statuizione della CTR che ha escluso la deducibilità delle spese di ristrutturazione ed adattamento del locale in cui veniva esercitata l’attività d’impresa, sul rilievo che i relativi costi facevano capo al proprietario e non anche al comodatario. Un precedente orientamento. Con la sentenza numero 382, del 13 gennaio 2016, i Giudici di legittimità hanno affrontato il caso di una società conduttrice di immobile in locazione sul quale aveva eseguito interventi di rifacimento di impianti elettrici ed idraulici, deducendone il relativo costo. In quella occasione, non era neppure stata posta in dubbio la deducibilità dei costi in relazione al requisito di inerenza, ma erano state messe in discussione le modalità di deducibilità frazionata delle spese. La società, infatti, aveva “ammortizzato” i costi ex articolo 108, comma 3, d.P.R. numero 917/86 in base alla durata residua del contratto di locazione, considerandolo soltanto sino alla prima scadenza e, quindi, non conteggiando anche gli anni relativi al rinnovo. Secondo il fisco ed i Giudici di merito, invece, si sarebbe dovuto considerare anche il periodo di rinnovo, assumendo rilievo, pertanto, solo la seconda ed ultima scadenza indicata nel contratto di locazione. La Cassazione, riprendendo la sua giurisprudenza pregressa, ha stabilito, innanzitutto, che le spese in oggetto possono essere iscritte nell’attivo di bilancio, anziché in conto economico, soltanto con il consenso del collegio sindacale e, ai fini fiscali, la deducibilità ripartita su più anni presuppone l’indicazione del criterio di ripartizione utilizzato dalla società, atteso che il predetto articolo 108 non reca una tipizzazione dei criteri di esposizione di tali componenti. Il piano di ammortamento delle spese in oggetto, tuttavia, non deve necessariamente ed automaticamente basarsi sulla durata contrattuale della locazione, considerando anche il periodo di rinnovo e, quindi, fino alla seconda ed ultima scadenza indicata nel medesimo contratto, poiché la società, esercitando la sua discrezionalità tecnica, può anche commisurare temporalmente soltanto sino alla prima scadenza contrattuale la residua possibilità di utilizzazione delle opere relative alle spese in oggetto. Si tratta di una statuizione molto importante, perché la Cassazione ha preso posizione sulla questione della deducibilità delle spese per migliorie su beni di terzi condotti in locazione, analizzando la problematica sotto il profilo dell’ammortamento di tali spese, in relazione alla durata contrattuale della locazione. Le conclusioni. I Giudici di legittimità osservano come la Cassazione ha già affermato, ai fini della detrazione dell’Iva sulle ristrutturazioni degli immobili, che il contribuente può portare in detrazione l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile destinato all'esercizio dell'attività d'impresa anche se non ne è proprietario, ma conduttore o comodatario, essendo irrilevanti la disciplina civilistica e gli accordi intercorsi tra le parti. Per la Cassazione, pertanto, tale motivo di ricorso va accolto, con cassazione in parte della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame sul punto innanzi ad altra sezione della CTR, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, sentenza 15 giugno – 30 agosto 2016, numero 17421 Presidente Cirillo – Relatore Federico Fatto e diritto Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’articolo 380 bis c.p.c., osserva quanto segue Il contribuente D.M. ricorre con due motivi, illustrati da successive memorie, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania - sez. stacc. Di Salerno - numero 10333/2014, depositata il 28 novembre 2014, che, in riforma della sentenza della CTP di Avellino, ha respinto, previa riunione, i distinti ricorsi proposti dal contribuente avverso gli avvisi di accertamento per Irpef, Iva ed Irap relativi agli anni 2007 e 2008, con i quali gli erano stati imputati maggiori ricavi ed era stata affermata la non inerenza di taluni costì. La CTR, premesso che a fronte di accertamenti fondati su prelievi e versamenti in conto corrente incombe sul contribuente l’onere di contestare in modo analitico le risultanze di detti accertamenti, affermava che nel caso di specie detta prova non risultava raggiunta, essendosi il contribuente limitato a produrre ricevute informali, prive di certezza. Con il primo motivo di ricorso il contribuente denunzia la violazione dell’articolo 57 D.lgs. 546/1992 e dell’articolo 115 cpc in relazione dell’articolo 360 numero 3 cpc, lamentando che la CTR abbia erroneamente omesso di rilevare la novità delle eccezioni sollevate dall’Agenzia nel giudizio di appello. La censura appare del tutto generica, e, nel merito, infondata. Ed invero, questa Corte ha già chiarito che il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’articolo 57 comma 2 D.lgs. 546/1992, riguarda le eccezioni in senso tecnico ma non limita la possibilità per l’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono a loro volta eccezioni in senso tecnico Cass. 11682/2007 6246/2012 . Nel caso di specie l’Agenzia non risulta aver introdotto nuovi elementi che abbiano modificato o ampliato la materia del contendere e l’oggetto della controversia, limitandosi a ribadire che il contribuente non aveva assolto all’onere di superate la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili, elemento che costituisce lo stesso presupposto della legittimità dell’accertamento fondato su tali accertamenti. Con il secondo motivo, che si articola in due censure, si denunzia violazione e falsa applicazione degli articolo 37, 38 e 41 bis Dpr 600/73 in relazione all’articolo 360 numero 3 cpc, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex articolo 360 numero 5 cpc. La censura di violazione dell’articolo 360 numero 5 cpc appare inammissibile, in quanto si risolve nel riesame della valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice di merito, il quale ha ritenuto che il contribuente non avesse assolto all’onere di superare la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili. Vanno del pari disattese le censure relative alla pronunzia della CTR che ha escluso la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per difetto di inerenza avuto riguardo alle spese di CTU in un giudizio civile, nonché all’uso di telefono mobile di cui non risulta provato l’utilizzo in ambito aziendale. Risultano viceversa inammissibili, per difetto di autosufficienza, le ulteriori censure relative alla ripresa a tassazione delle spese per manutenzione ordinaria relative all’autocarro aziendale ed alle altre spese relative a beni strumentali genericamente indicate in ricorso dal contribuente. Va invece accolta la censura del contribuente in ordine alla statuizione della CTR che ha escluso la deducibilità delle spese di ristrutturazione ed adattamento del locale in cui veniva esercitata l’attività d’impresa, sul rilievo che i relativi costi facevano capo al proprietario e non anche al comodatario. Si osserva in contrario che, come questa Corte ha già affermato, ai fini della detrazione dell’Iva sulle ristrutturazioni degli immobili, il contribuente può portare in detrazione l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile destinato all'esercizio dell'attività d'impresa anche se non ne è proprietario, ma conduttore o comodatario, essendo irrilevanti la disciplina civilistica e gli accordi intercorsi tra le parti Cass. 6200/2015 . Il secondo motivo di ricorso va pertanto accolto per quanto di ragione, con cassazione in parte qua della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame sul punto innanzi ad altra sezione della CTR, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Respinge il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo motivo, nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della CTR della Campania, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.