Donazioni dei parenti sempre da dimostrare

Il contribuente che si oppone all’accertamento sintetico, giustificando la maggiore capacità contributiva con le elargizioni ricevute da un genitore, è tenuto a provare in giudizio tale circostanza, servendosi di idonea documentazione.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 14063/14, depositata il 20 giugno. La consuetudine familiare non è un fatto notorio. Una consuetudine familiare - come quella di aiutare economicamente un figlio - non può infatti assurgere al rango di fatto «notorio», ex articolo 115, comma 2, c.p.c., consentendo così al giudice di ritenere l’esistenza dell’atto di liberalità, quindi di annullare l’accertamento. Ai sensi dell’articolo 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita comma 1 . Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza comma 2 . La nozione di «comune esperienza» fatto notorio , comportando una deroga al principio dispositivo e al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va intesa in senso rigoroso, cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. Da ciò deriva che non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio. Non si può includere nella nozione di comune esperienza «un evento o una situazione soltanto probabile quale, nel caso in esame, la mera prassi familiare di liberalità da parte dei genitori in favore dei figli». Il caso. L’ufficio ha contestato ad un contribuente una maggiore capacità contributiva per l’anno d’imposta 1999, alla luce dell’acquisto di un immobile, delle spese di mantenimento per lo stesso, nonché per il possesso di un’abitazione secondaria. Il contribuente ha sostenuto che le somme necessarie per l’acquisto del fabbricato provenivano, in parte, dalla compensazione della quota di credito vantato quale socio della società venditrice e, per il residuo, dalla compensazione della quota di credito del padre, altro socio, che poi aveva effettuato una donazione in suo favore. Il giudice di primo grado non ha accolto il ricorso introduttivo poiché non era stata dimostrata né la compartecipazione alla società né la diminuzione del debito rappresentato dal finanziamento dei soci. Inoltre, nessuna prova era stata offerta in ordine alla cessione, a titolo gratuito, delle quote da parte del genitore. Il giudice del gravame, riformando la sentenza impugnata, ha statuito che non si poteva «escludere lo spirito liberale come una inveterata consuetudine familiare da assumere tra quelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, ai sensi del secondo comma dell’articolo 115 c.p.c.». Le elargizioni sono provate da documentazione idonea? Gli Ermellini hanno accolto per fondatezza il ricorso in Cassazione del Fisco. La Suprema Corte, in particolare, ha escluso che si possa includere nella nozione di comune esperienza «un evento o una situazione soltanto probabile quale, nel caso in esame, la mera prassi familiare di liberalità da parte dei genitori in favore dei figli». Ai fini del redditometro, il riferimento a donazioni della famiglia per giustificare il tenore di vita più elevato rispetto a quanto dichiarato è irrilevante, se le elargizioni non sono provate da documentazione idonea a dimostrare la valenza giuridica relativamente alle spese ed al sostentamento parentale. Non costituisce «fatto notorio» la mera prassi familiare di liberalità da parte dei genitori in favore dei figli. Da qui il rinvio della causa alla CTR della Campania per nuovo esame. Tracciabilità del pagamento. In base ai principi fissati dall’articolo 38, comma 6, d.p.r. numero 600/73, la prova delle liberalità che hanno consentito in tutto o in parte l’incremento patrimoniale deve essere documentale e conseguentemente la motivazione della sentenza deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al loro contenuto Cass. numero 24597/2010 . Si richiede la prova documentale atta a collegare la stessa provvista, fornita dai congiunti, all’incremento patrimoniale realizzato. La tracciabilità del pagamento risponde ad una esigenza che non può essere disattesa neppure nei rapporti tra parenti o affini. La disponibilità finanziaria necessaria per far fronte agli investimenti può provenire anche da una donazione indiretta enunciata nell’atto. In tal caso il prezzo di acquisto di un bene viene fornito da un familiare o da un terzo mediante strumenti negoziali diversi dalla donazione ma ugualmente caratterizzati dalla volontà di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale per spirito di liberalità donazioni indirette . L’enunciazione di tali liberalità nell’atto che realizza l’incremento patrimoniale, mediante l’intervento del disponente, il quale mette a disposizione la somma utilizzata dal beneficiario per realizzare l’incremento patrimoniale, vale normalmente a dimostrare il collegamento tra il predetto incremento e la disponibilità finanziaria presupposta.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 11 aprile – 20 giugno 2014, numero 14063 Presidente Virgilio – Relatore Cruciti Ritenuto in fatto L'Agenzia delle Entrate di Nola accertava a carico di E.S., per l'anno 1999, una maggiore capacità contributiva, alla luce dell'acquisto di un fabbricato per un valore di lire 390.000.000 nonché delle spese di mantenimento dello stesso e di un'abitazione secondaria. A seguito dell'esame delle risposte al questionario venivano, quindi, accertati in capo alla contribuente redditi netti superiori di almeno un quarto a quelli dichiarati. Conclusosi con esito negativo per la contribuente l'accertamento con adesione, E.S. proponeva ricorso avverso l'avviso di accertamento deducendo che il prezzo dell'acquisto era stato, per lire 150.000.000, corrisposto tramite compensazione della propria quota di credito, vantata quale socia della società venditrice e, per il residuo, tramite compensazione della quota di credito dell'altro socio, padre della contribuente, ed oggetto di donazione in suo favore. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava i ricorsi osservando che la ricorrente, aveva giustificato solo in parte la maggiore capacità contributiva, in quanto se aveva dimostrato la compartecipazione alla società e la diminuzione del debito rappresentato dal finanziamento dei soci, nessuna prova aveva offerto della cessione, a titolo gratuito, delle quote da parte del padre. La decisione, appellata dalla contribuente, veniva integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con la sentenza indicata in epigrafe. In particolare, il Giudice di appello, rilevava che il ragionamento dei primi Giudici, secondo cui la documentazione allegata dalla contribuente non integrava sufficienti elementi idonei a dimostrare la necessaria valenza giuridica relativamente alle spese ed al sostentamento parentale , non era convincente in quanto sarebbe stato agevole pervenire alla contraria conclusione sulla base del rapporto di parentela intercorrente tra i titolari del rapporto in esame non potendosi escludere lo spirito liberale come una inveterata consuetudine familiare da assumere tra quelle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza , ai sensi del II comma dell'articolo 115 c.p.c. Avverso la sentenza l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui non ha resistito E.S. Considerato in diritto L'Agenzia delle Entrate censura la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, con il primo motivo, di violazione dell'articolo 115, II comma c.p.c. in combinato disposto con l'articolo 38 d.p.r. 600/73 e, con il secondo, di insufficiente motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c. Detto ultimo mezzo è inammissibile, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., applicabile al ricorso per essere stata la sentenza impugnata depositai«. il 1° dicembre 2008. L'illustrazione del motivo, infatti, non è stata seguita dalla chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficiente motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione la quale, come da ripetuto insegnamento di questa Corte, deve concretarsi in un momento di sintesi che circoscriva puntualmente i limiti della censura, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità Cass. S.U. numero 16528/2008 id.numero 11658/2008 . E', invece, fondato il primo motivo. Con il mezzo, la ricorrente deduce l'errore commesso dalla C.T.R. campana nell'avere qualificato la donazione del padre in favore della figlia come fatto notorio pur a fronte della contraria interpretazione, fornita da questa Corte, dell'articolo 115 c.p.c. Il ricorso alle nozioni di comune esperienza fatto notorio , comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile di conseguenza, non si possono reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio così, con orientamento costante, questa Corte tra le tante, Cass. numero 2808 del 2013 id. n 23978 del 19/11/2007 . Va, pertanto, escluso da tale nozione un evento o una situazione soltanto probabile Cass, numero 16881 del 05/07/2013 quale, nel caso in esame, la mera prassi familiare di liberalità da parte dei genitori in favore dei figli. La sentenza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione di tali principi, va, pertanto, cassata con rinvio al Giudice del merito che provvederà ad un riesame della fattispecie oltre che a regolare le spese processuali. P.Q.M. In accoglimento del primo motivo di ricorso, ritenuto inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese processuali, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.