Nelle controversie tra lavoratore e Inps per il conseguimento di prestazioni che presuppongano l’iscrizione in appositi elenchi, oggetto di tutela è il diritto soggettivo garantito al medesimo lavoratore in presenza di particolari presupposti di fatto, che il giudice di merito deve accertare senza essere in ciò condizionato da eventuali atti amministrativi di iscrizione o di cancellazione.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14800, depositata il 13 giugno 2013. Il ricorrente si è rivolto alla Suprema Corte perché era stata rigettata la sua domanda diretta a ottenere la corresponsione, da parte dell’INPS, dei ratei dell’indennità di mobilità c.d. lunga. Il motivo del respingimento è da rinvenirsi, secondo la Corte distrettuale, nella mancanza della prova dell’iscrizione del ricorrente nelle liste di mobilità. Circostanza estranea al thema probandum. Motivo principale della lamentela rivolta a Piazza Cavour è l’assenza di contestazione, da parte dell’ente previdenziale, circa il requisito dell’iscrizione nelle liste di mobilità. Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso fondato, in quanto i giudici di merito hanno basato la decisione su di una circostanza mai dedotta né contestata da alcuna delle parti. Inoltre, è stato ribadito che hanno diritto all’indennità di mobilità sia i lavoratori collocati in mobilità a seguito di collocamento in cassa integrazione guadagni straordinaria dell’impresa datrice di lavoro, sia i lavoratori oggetto di licenziamento collettivo per riduzione di personale alle condizioni previste dall’art. 16 L. n. 223/91 anzianità aziendale di almeno dodici mesi di lavoro continuativo e comunque non a termine . Dal licenziamento collettivo deriva il diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità. I giudici di legittimità hanno dunque rilevato che la Corte di merito, pronunciandosi su circostanza di fatto mai oggetto di contestazione tra le parti, ha, peraltro erroneamente, ritenuto che il ricorrente non fosse iscritto nelle liste di mobilità, iscrizione che segue la collocazione in mobilità nella specie pacifica , salve le ragioni ostative di legge es lavoratori licenziati da imprese che non superano 15 dipendenti l’appartenenza alla categoria dei dirigenti, etc . .
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 marzo 13 giugno 2013, n. 14800 Presidente Stile Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 12 aprile 2002, rigettava la domanda proposta da G.A.M. diretta ad ottenere la corresponsione, da parte dell'INPS, dei ratei dell'indennità di mobilità c.d. lunga ex art. 7 L. n. 223/91. Proponeva appello la G. resisteva l'Istituto. Con sentenza depositata il 3 aprile 2007, la Corte d'appello di Reggio Calabria rigettava il gravame, ritenendo non sussistere nella specie la prova dell'iscrizione della G. nelle liste di mobilità, condannando l'appellante al pagamento delle spese. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la G. , affidato a due articolati motivi. Resiste l'INPS con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. articolo , comma 1, n. 4 c.p.c . Deduce che con l'atto di appello, che riporta integralmente, aveva richiesto l'accertamento del suo diritto alla mobilità c.d. lunga di cui all'art. 7, in base ai presupposti di cui all'art. 16 della L. n. 223/91, mentre la Corte di merito esaminò esclusivamente la domanda, non proposta, inerente il diritto della G. alla collocazione in mobilità ai sensi dell'art. 4 L. n. 223/91. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 7 e 16 della L. n. 223/91 degli artt. 35, 36 e 38 Cost degli artt. 115 e 116 c.p.c degli artt. 421, 416 e 437 c.p.c 111 Cost. e 2697 c.c, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Lamenta che la Corte di merito esaminò questioni assolutamente estranee all'oggetto del giudizio, quali gli obblighi dei lavoratori in mobilità, senza valutare l'esistenza dei presupposti di cui all'art. 16 L. n. 223/91 per la concessione dell'indennità di mobilità c.d. lunga, che la ricorrente aveva ampiamente dimostrato con la dichiarazione del curatore fallimentare da cui emergeva la prestazione dell'attività lavorativa a tempo indeterminato dal luglio 1984 al 21 dicembre 1995 per la s.p.a. Tepla Med che la datrice di lavoro rientrava nel campo di applicazione dell'art. 16 cit che la G. al momento del licenziamento - 21.12.95 - aveva compiuto il 50 anno di età col prospetto di liquidazione dell'indennità di mobilità, da cui emergeva la collocazione in mobilità, anche se solo ex art. 4 L. n. 223/91 documenti inseriti in fotocopia nel presente ricorso , sicché risultava erronea l'affermazione della Corte di merito circa la mancanza del requisito dell'iscrizione nelle liste di mobilità, che peraltro l'INPS, contumace in primo grado, non aveva mai contestato, al pari dei documenti prodotti, dovendo pertanto considerarsi circostanze pacifiche ed estranee al thema probandum. Lamenta infine che comunque, ove il giudice avesse ritenuto insufficiente la documentazione prodotta, avrebbe dovuto far uso dei poteri istruttori ufficiosi. 3. I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente esaminarsi, sono fondati nei sensi di cui alla presente motivazione. La Corte di merito ha esaminato l'oggetto della domanda il riconoscimento della mobilità di cui all'art. 7, secondo i presupposti di cui all'art. 16 della L. n. 223/91 , esponendo e valutando le ragioni poste a fondamento della richiesta pag.3 sentenza impugnata e di cui alle due censure che precedono. Ha tuttavia basato la sua decisione su di una circostanza mai dedotta né contestata da alcuna delle parti l'iscrizione nelle liste di mobilità all'esito della procedura di concertazione sindacale e di cui all'art. 4 L. n. 223/91 . Deve al riguardo osservarsi che lo stesso INPS, nell'attuale giudizio di legittimità, afferma che la Corte d'appello ha correttamente ritenuto, proprio in virtù della documentazione presente in atti e delle affermazioni sempre reiterate dalla ricorrente, che le era stata concessa la mobilità ai sensi dell'art. 4 con la relativa indennità economica ai sensi degli artt. 7 e 16 della L. n. 223/91 pag. 3 controricorso ed invero la Corte distrettuale ha accertato che dal ricorso proposto dalla G. all'INPS il 14 ottobre 1996 pag. 4 della sentenza impugnata risultava che la G. ha lamentato al Comitato provinciale del predetto Istituto il collocamento in mobilità col percepimento della relativa indennità ai sensi dell'art. 4 della citata legge numero /91, in luogo della cosiddetta mobilità lunga prevista dall'art. 7 della stessa legge , e dunque il collocamento in mobilità, circostanza del resto che non risulta controversa tra le parti. Deve allora osservarsi che hanno diritto all'indennità di mobilità sia i lavoratori collocati in mobilità a seguito di collocamento in c.i.g.s. dell'impresa datrice di lavoro art. 4 L. n. 223/91 , sia i lavoratori oggetto di licenziamento collettivo per riduzione di personale art. 16 L. cit , alle condizioni ivi previste anzianità aziendale di almeno dodici mesi di lavoro continuativo e comunque non a termine . L'art. 16, inoltre, stabilisce che i lavoratori disoccupati a seguito di licenziamento per riduzione di personale di imprese rientranti nell'ambito di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario dell'integrazione salariale, nella fattispecie pacifica, hanno diritto all'indennità di mobilità di cui all'art. 7, alle condizioni di anzianità e continuati vita del lavoro ivi stabilite, mentre l'iscrizione nelle liste viene effettuata, ex art. 6 L. n. 223/91, dall'Ufficio regionale del lavoro sulla base di schede contenenti tutte le informazioni utili per individuare le professionalità ai fini del reimpiego dei lavoratori collocati in mobilità come nella specie, pacificamente, la G. . Ne consegue che in tema di licenziamenti collettivi, una volta accertati i relativi presupposti di legge di cui all'art. 24 L. n. 223/91, deriva il diritto dei licenziati all'iscrizione nelle liste di mobilità con percezione della relativa indennità Cass. n. 1465/11 . Deve inoltre osservarsi che nelle eventuali controversie tra lavoratore e INPS per il conseguimento di prestazioni che presuppongano l'iscrizione in appositi elenchi, oggetto di tutela è il diritto soggettivo garantito al medesimo lavoratore in presenza di particolari presupposti di fatto, che il giudice di merito deve accertare senza essere in ciò condizionato da eventuali atti amministrativi di iscrizione o di cancellazione, la cui legittimità, ove contestata , può essere accertata incidenter tantum secondo le regole proprie dell'onere probatorio Cass. n. 10219/04 . Deve dunque rilevarsi che la Corte di merito, pronunciandosi su circostanza di fatto mai oggetto di contestazione tra le parti, ha, peraltro erroneamente, ritenuto che la G. non fosse iscritta nelle liste di mobilità, iscrizione che segue la nella specie pacifica collocazione in mobilità , salve le ragioni ostative di legge es. lavoratori licenziati da imprese che non superano i 15 dipendenti l'appartenenza alla categoria dei dirigenti dipendenti con contratto a tempo determinato, etc, ex artt. 4 e 16 L. n. 223/91 , e che nella specie doveva evincersi dalla erogazione altrettanto pacifica dell'indennità di mobilità, sia pure ai sensi dell'art. 4 e non dell'art. 7 L n. 223/91. Deve quindi rilevarsi che quel che poteva semmai rilevare era l'eventuale cancellazione della G. dalle liste, cancellazione analiticamente disciplinata dall'art. 9 L. n. 223/91 per i casi ivi previsti, che sarebbe stato onere dell'INPS di dedurre e dimostrare . 3. La Corte di merito, tuttavia, pur avendo erroneamente escluso il diritto all'indennità di mobilie c.d. lunga per la mancata prova dell'iscrizione nelle liste di mobilie, non risulta aver adeguatamente accertato l'esistenza di tutti i requisiti di cui agli artt. 7 e 16 L. n. 223/91 per avere diritto alla mobilie c.d. lunga, sicché la sentenza impugnata deve cassarsi con rinvio ad altro giudice il quale provvederà ad accertare l'esistenza di tali requisiti, valutando altresì se la documentazione prodotta dalla G. sia idonea allo scopo e/o sia stata o meno ritualmente contestata dall'Istituto. 4. Il ricorso deve pertanto accogliersi e la sentenza impugnata cassarsi, con rinvio, anche per le spese, ad altro giudice in dispositivo indicato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Catanzaro.