Promette «sogni d’oro» agli anziani: il truffatore non è soggetto «pericoloso»

Il ricorso alla complicità di altri nel reato di associazione per delinquere e truffa continuata non appare affatto indispensabile per la realizzazione di truffe con il metodo delle vendite fraudolente, e la sua teorica possibilità poco aggiunge al quadro cautelare.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 24470, depositata il 5 giugno 2013, in occasione di un ricorso contro il rigetto della richiesta di riesame avverso un ordinanza di custodia cautelare. Scomodi materassi. Il ricorrente, avvalendosi della collaborazione stabile di altri soggetti e di una struttura criminale organizzata intorno all’impresa da lui gestita, aveva compiuto una serie di truffe a danno di soggetti anziani, convinti ad acquistare tali materassi, perché ingannati sulla qualità della merce. I complici in libertà non sono indice di possibile reiterazione del reato. Il Tribunale aveva illogicamente ritenuto più intense le esigenze cautelari a causa dello stato di libertà di altri soggetti, trascurando che proprio la mancata adozione di misure cautelari presupponeva l’assenza di un pericolo di reiterazione dei reati, sopravvalutando il ruolo apicale dell’indagato. Inoltre, l’associazione criminale era ormai inoperante, in quanto era stato disposto il sequestro dell’esercizio. La Suprema Corte ha ritenuto non condivisibile, sul piano logico, la considerazione della possibile ripresa delle attività criminose per l’esistenza di altri indagati in libertà in realtà solo uno, nonostante l’utilizzo della terminologia al plurale . Pertanto ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 maggio - 5 giugno 2013, n. 24470 Presidente Petti – Relatore Prestipino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 23.11.2012, il Tribunale della Libertà di Venezia rigettava la richiesta di riesame proposta da C.S. avverso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal Gip del Tribunale di Verona il 22.10.2012 per i reati di associazione per delinquere e truffa continuata. 2. Secondo l'accusa, il C. , avvalendosi della stabile collaborazione di altri soggetti e di una struttura criminale organizzata intorno all'impresa da lui gestita, la Personalflex s.a.s. aveva compiuto una serie di truffe in danno di soggetti anziani, convinti ad acquistare i materassi commercializzati dalla Personalflex perché ingannati sulla qualità dei loro giacigli. 2.1. La richiesta di riesame era esclusivamente incentrata sulla questione della sussistenza delle esigenze cautelari e della esclusiva adeguatezza della misura carceraria a fronteggiare il pericolo di recidiva. 2.2. Il tribunale rilevava però che la posizione apicale del C. nell'associazione, il suo precedente penale e i precedenti di polizia, l'esistenza di coindagati in libertà e le modalità di commissione dei reati secondo uno schema collaudato, comportassero nei confronti del C. un periculum libertatis tanto intenso da non potere essere scongiurato se non con la più grave misura custodiale. 3. Ricorre il difensore, rilevando il vizio di violazione di legge del provvedimento impugnato in relazione agli artt. 292 co. 2 lett. c. bis c.p.p. e l'illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine all'esclusiva adeguatezza della misura carceraria. Nella valutazione delle esigenze cautelari, il Tribunale si sarebbe spinto oltre la data della contestazione rispetto al reato associativo, ipotizzandone la permanenza fino al settembre del 2012, mentre nell'imputazione la data finale è quella dell'Ottobre 2011 avrebbe illogicamente ritenute più intense le esigenze cautelari a causa dello stato di libertà di altri soggetti in realtà soltanto di tale Co. , trascurando che proprio la mancata adozione di misure cautelari presupponeva l'assenza di un pericolo di reiterazione dei reati nei loro nei suoi confronti avrebbe sopravvalutato l'influenza del ruolo apicale del C. nell'associazione criminale, ormai inoperante anche per il -, sequestro dell'esercizio del ricorrente, e il suo unico precedente penale. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Gli elementi sintomatici della personalità dell'indagato sono stati convenientemente valorizzati dal Tribunale per dedurne la necessità di adottare comunque misure cautelari idonee a scongiurare il pericolo di recidiva. 2. L'esclusiva adeguatezza della misura carceraria è stata tuttavia affermata dal Tribunale con palesi forzature logiche, a partire dalla protrazione del reato associativo oltre la data del commesso reato segnata dall'imputazione, che implica la formulazione di una contestazione chiusa anche in ordine al reato di cui all'art. 416 c.p., con la conseguenza che appare alquanto arbitrario ipotizzare, proprio in relazione alla esistenza di una ormai pregressa organizzazione criminale, un pericolo di reiterazione degli stessi reati in un futuro indeterminato. 2.1.La considerazione dello schema collaudato e sempre uguale a sé stesso delle condotte criminose, poco dice poi, sul pericolo di recidiva, che i giudici territoriali finiscono in definitiva per desumere senz'altro dalla continuazione dei reati fenomeno che si esprime di frequente con modalità ripetitive , soprattutto in caso di reato continuato omogeneo . 2.2. Non condivisibile, sul piano logico, appare poi la considerazione della possibile ripresa delle attività criminose per l'esistenza di altri indagati in libertà ma in effetti il Tribunale a dispetto della terminologia pluralistica, ne indica solo uno , non solo per le ragioni indicate dalla difesa, ma anche per l'ovvia considerazione che il ricorso alla complicità di altri non appare affatto indispensabile per la realizzazione di truffe con il metodo delle vendite fraudolente, e la sua teorica possibilità poco aggiunge al quadro cautelare. 2.3 - Infine, nulla dice il Tribunale sulla datazione dell'unico precedente penale a carico dell'indagato, trattandosi di un dato di vantazione di non trascurabile rilievo. Il provvedimento impugnato deve essere quindi annullato relativamente alle esigenze cautelari, con rinvio al tribunale di Venezia per nuovo esame. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata relativamente alle esigenze cautelari, con rinvio al tribunale di Venezia per nuovo esame.