Il sequestro conservativo si converte in pignoramento nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l’importo eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro è stato autorizzato. Invece, per l’importo per il quale non è intervenuta condanna, il sequestro può conservare efficacia. Laddove un provvedimento giurisdizionale provvisoriamente esecutivo sia posto in esecuzione e venga, poi, modificato da altro provvedimento, anch’esso esecutivo, nel caso di modifica in aumento, il creditore procedente può spiegare intervento sulla base del nuovo titolo. Nel caso, invece, di modifica in diminuzione, l’esecuzione prosegue solo nei limiti fissati dal nuovo titolo.
Lo afferma il Tribunale di Parma nella sentenza numero 367, depositata il 4 marzo 2014. Il caso. La Parmalat s.p.a. otteneva un sequestro conservativo nei confronti di un ex dirigente. Nel successivo grado di merito, promosso prima in sede civile e poi trasferito in sede penale in seguito alla costituzione di parte civile nel processo penale contro l’ex dirigente , il convenuto veniva condannato in primo grado a pagare a Parmalat una provvisionale di due miliardi di euro. Sulla base di tale provvedimento, Parmalat promuoveva una serie di procedure esecutive nei suoi confronti. Nel corso dell’esecuzione, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, statuiva di non doversi procedere nei confronti dell’uomo in relazione ad alcuni reati oggetto di condanna in primo grado e riduceva la provvisionale dovuta a sei milioni di euro. Parmalat, avendo già ottenuto, nelle diversi sedi esecutive, una somma di poco inferiore a 6 milioni di euro, proponeva intervento nella procedura esecutiva pendente presso il Tribunale di Reggio Emilia, sulla base dell’originario sequestro conservativo di due miliardi. Il Giudice dell’esecuzione riteneva inammissibile l’intervento, ribadendo ciò anche a seguito della proposizione di opposizione agli atti esecutivi, assegnando un termine per l’instaurazione del giudizio di merito. Parmalat si opponeva, sul presupposto che il sequestro si convertirebbe in pignoramento solo per l’importo oggetto di successiva condanna, mantenendo, invece, efficacia autonoma per l’ulteriore parte non oggetto di condanna. Conversione in pignoramento. Il Tribunale di Reggio Emilia, al contrario, si basava sulla sentenza numero 10871/2012, secondo cui il sequestro conservativo si converte in pignoramento «nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l’importo eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro è stato autorizzato». Invece, per l’importo per il quale non è intervenuta condanna, il sequestro può conservare efficacia. Modifiche in aumento ed in opposizione. Inoltre, laddove un provvedimento giurisdizionale provvisoriamente esecutivo sia posto in esecuzione e venga, poi, modificato da altro provvedimento, anch’esso esecutivo, nel caso di modifica in aumento, il creditore procedente può spiegare intervento sulla base del nuovo titolo. Nel caso, invece, di modifica in diminuzione, l’esecuzione prosegue solo nei limiti fissati dal nuovo titolo. Intervento non possibile. Pertanto, la società non poteva intervenire sulla base del sequestro conservativo, in quanto titolo esecutivo non più autonomamente esistente, poiché assorbito, al momento della conversione del sequestro in pignoramento, dal titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza di primo grado. Il processo esecutivo doveva, quindi, proseguire nel minor limite quantitativo indicato nella condanna di secondo grado, titolo esecutivo che ha sostituito quello inizialmente azionato e costituito dalla sentenza di primo grado. Per questi motivi, il Tribunale di Reggio Emilia rigettava l’opposizione di Parmalat.
Tribunale di Reggio Emilia, sez. II Civile, sentenza 4 marzo 2014, numero 367 Giudice Morlini Fatto I fatti rilevanti ai fini della presente decisione sono incontestati e risultano per tabulas. In particolare • Parmalat e Parfin hanno inizialmente ottenuto un sequestro conservativo nei confronti di Panizzi Giuliano e di altri ex loro dirigenti, per l’importo di 2,63 miliardi di euro • nel successivo giudizio di merito, promosso dapprima in sede civile e poi trasferito in sede penale in seguito alla costituzione di parte civile nel giudizio penale promosso nei confronti del Panizzi e di altri computati, in primo grado Panizzi e gli altri coimputati sono stati condannati a pagare a Parmalat e Parfin una provvisionale di 2 miliardi di euro • sulla base di tale provvedimento, Parmalat e Parfin hanno allora promosso una serie di procedure esecutive nei confronti di Panizzi, ed una di tali procedure è stata radicata presso il Tribunale di Reggio Emilia • nel corso dell’esecuzione, la Corte d’Appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, ha statuito non doversi procedere nei confronti di Panizzi in relazione ad alcuni reati oggetto di condanna in primo grado, ha condannato il Panizzi in relazione al solo reato di bancarotta semplice in concorso, ha ridotto la provvisionale nei confronti del Panizzi stesso alla somma di 6 milioni di euro, statuendo la mancanza di solidarietà passiva del Panizzi rispetto alle ulteriori condanne civili in capo agli altri imputati • Parmalat e Parfin, avendo già ottenuto nelle diversi sedi esecutive una somma di poco inferiore a 6 milioni di euro, hanno quindi proposto intervento ex articolo 499 comma 1 c.p.c. nella procedura esecutiva pendente presso il Tribunale di Reggio Emilia, sulla base dell’originario sequestro conservativo per 2,63 miliardi di euro • il Giudice dell’Esecuzione ha ritenuto inammissibile l’intervento, e ciò ha ribadito anche a seguito della proposizione di opposizione agli atti esecutivi, assegnando un termine per l’instaurazione del giudizio di merito • Parmalat e Parfin hanno allora proposto il presente giudizio di merito, che qui giunge a decisione senza bisogno di istruttoria, trattandosi di causa documentale e che prevede una statuizione puramente in diritto e senza accertamenti in fatto. Diritto a L’opposizione è infondata, e come tale va rigettata, dovendosi condividere le ragioni già esposte dal G.E. Sul punto, va evidenziato che, a seguito della condanna di primo grado, il sequestro conservativo ante causam in precedenza ottenuto per 2,63 miliardi di euro, si è automaticamente convertito in pignoramento ai sensi degli articoli 686 c.p.c. e 156 disp. att. c.p.c. pertanto, deve ritenersi che la misura cautelare del sequestro, essendo stata convertita in pignoramento, non sia più autonomamente esistente, e quindi non possa essere posta a fondamento dell’intervento. Del tutto erronea è infatti la tesi della difesa dell’opponente in ordine al fatto che il sequestro si convertirebbe in pignoramento solo per l’importo oggetto di successiva condanna, mantenendo efficacia autonoma per la ulteriore parte non oggetto di condanna. Infatti, spiega la Suprema Corte che il sequestro conservativo si converte in pignoramento “nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l’importo eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro stato autorizzato Né per l’importo per il quale non è intervenuta condanna esecutiva, il sequestro può conservare efficacia” così Cass. numero 10871/2012 . Alle medesime conclusioni circa l’inammissibilità dell’intervento deve poi giungersi anche sulla base della teorica della successione dei titoli esecutivi in forza dei quali è iniziata e deve proseguire l’esecuzione forzata. Infatti, l’esecuzione è stata promossa sulla base del titolo esecutivo costituito dalla sentenza di primo grado, e la pronuncia di secondo grado ha all’evidenza, con efficacia ex tunc, sostituito detta sentenza. Ciò detto, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, laddove un provvedimento giurisdizionale provvisoriamente esecutivo sia posto in esecuzione e venga poi modificato da altro provvedimento anch’esso esecutivo, nel caso di modifica in aumento, il creditore procedente può spiegare intervento sulla base del nuovo titolo nel caso invece, esattamente corrispondente alla fattispecie per cui è causa, di modifica in diminuzione, l’esecuzione prosegue solo “nei limiti fissati dal nuovo titolo” così Cass. numero 6072/2012 . Pertanto ed in conclusione sul punto, Parmalat e Parfin non possono intervenire sulla base del sequestro conservativo, in quanto titolo esecutivo non più autonomamente esistente poiché assorbito, al momento della conversione del sequestro in pignoramento, dal titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza di primo grado ed il processo esecutivo deve proseguire nel minor limite quantitativo indicato nella condanna di secondo grado, titolo esecutivo che ha sostituito quello inizialmente azionato e costituito dalla sentenza di primo grado. Né può far diversamente opinare il fatto che la condanna di merito sia resa in forma di condanna provvisionale, e quindi non ponga un limite massimo al risarcimento in sede civile. Sul punto, deve infatti osservarsi che è ben vero che, in linea teorica, in sede civile il danno potrebbe essere quantificato in una somma maggiore di quella oggetto della provvisionale ma è altrettanto vero che, secondo quanto disposto dall’articolo 539 c.p.p., allo stato si è “raggiunta la prova del danno” solo per l’importo di sei milioni di euro. In altre parole e diversamente da quanto opinato dalla difesa dell’opponente secondo la quale la provvisionale “presuppone” un credito ulteriore e così come invece argomentato dalla difesa dell’opposto, la provvisionale non è un acconto sul maggior danno, bensì la quantificazione prima facie del danno stesso e del danno quindi fino a quel momento oggetto di prova. Discende che allo stato - considerato altresì che le prove sottoposte al giudice di secondo grado sono le medesime già sottoposte al giudice di primo grado e che la parte civile ha necessariamente concluso ex articolo 523 c.p.p. richiedendo la liquidazione del danno - l’accertamento giurisdizionale consente di ritenere provato un danno di 6 milioni di euro, ed in tali limiti l’esecuzione deve quindi proseguire. Quanto poi al rischio, paventato dalla difesa dell’opponente, che il mancato intervento nell’esecuzione potrebbe pregiudicare l’effettiva realizzazione del maggior credito che potrebbe essere accertato in sede civile, è facile replicare che tale esigenza ben può essere garantita con la semplice iscrizione di ipoteca giudiziale sui cespiti del debitore, in forza della ottenuta condanna generica. b Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo al di sotto dei minimi tariffari che corrisponderebbero a più di € 9.000 , ciò che è consentito dagli articoli 1 comma 7 e 11 comma 1 D.M. 140/2012, atteso che la straordinaria entità monetaria della causa porterebbe ad una liquidazione eccessiva rispetto alla concreta attività professionale svolta dalle difese e consistita in un unico atto introduttivo. La complessità in diritto della materia qui trattata esclude che l’opposizione possa essere qualificata come temeraria, e pertanto va rigettata la richiesta di condanna ex articolo 96 c.p.c. formulata da parte opposta. P.Q.M. il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa - rigetta l’opposizione - condanna Parmalat s.p.a. in amministrazione straordinaria e Parmalat Finanziaria s.p.a. in amministrazione straordinaria, in solido tra loro, a rifondere a Panizzi Giuliano le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 6.000 per compensi oltre Iva e cpa.