Il parere di congruità sulla notula dell’avvocato è un atto amministrativo soggetto alle relative regole: la giurisdizione sulle liti spetta al TAR

E’ stato abrogato con tutti gli ordinari mezzi di riscossione coattiva degli onorari dalla nuova riforma delle tariffe. La fattispecie, però, è di poco antecedente alla sua vigenza il Consiglio dell’Ordine, stante la natura amministrativa del provvedimento, doveva avvertire il cliente e dargli la possibilità d’intervenire a pena di nullità. Risolto il contrasto sulla giurisdizione delle relative liti.

La sentenza del Tar Veneto, sez. I, numero 183, depositata il 13 febbraio 2014, completa quanto stabilito dal Tribunale di Verona del 25 settembre 2013 sulla riscossione coattiva delle notule e sui relativi mezzi d’impugnazione post riforma ex d.m. numero 140/12 e d.l. numero 1/12. Sono inapplicabili, ratione temporis, alla fattispecie che ha chiarito alcune criticità sul punto. Il caso. 2 clienti, cui era pervenuta una parcella pari ad € 231.879,76, la contestavano perché considerata infondata ed esosa stante l’attività svolta dal legale che era anche un professore. Questi, il 30 luglio 2012, richiedeva 2 pareri su detti onorari prestati per un giudizio civile, conclusosi positivamente nel 2011 e per una consulenza extragiudiziale sulla stessa vertenza in materia successoria annullamento di una donazione e di un testamento olografo in loro favore . Li spediva con le due fatture ai clienti che le impugnavano presso il Tar. Sostenevano la natura ammnistrativa del parere, la competenza del G.A., malgrado la notula trovasse fondamento in giudizio civile e chiedendone l’annullamento per la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, poiché non erano stati avvertiti e, quindi, era stato leso il contraddittorio. Il Tar ha accolto il ricorso, dando atto che era pendente un’opposizione a decreto ingiuntivo presso il Tribunale. Il parere di congruità è un atto amministrativo. Il G.A. ha accolto «l’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Cass., SSUU, numero 14812/2009 e numero 6534/2008 e dal Consiglio di Stato sul punto Cons. Stato, Sez. IV, numero 9352/2010 , secondo cui il parere di congruità sulle parcelle professionali reso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, poiché non si esaurisce in una mera certificazione della rispondenza del credito alla tariffa professionale, bensì implica una valutazione di congruità della prestazione Cass. Civ., SSUU, numero 14812/2009 e, da ultimo, Cons. St., IV, numero 8749/2009 , che trova inequivocabile presupposto nel rapporto di supremazia che intercorre tra l’Ordine od il Collegio professionale soggetto, questo, indubitabilmente pubblico ed i propri iscritti». La discrezionalità del CDO, in questi casi, deriva da un potere conferitogli «da una norma almeno in parte qua d’azione e non di relazione, che configura l’esercizio di un potere avente natura unilaterale e che costituisce espressione di potestà amministrativa riconosciuta per finalità di pubblico interesse che trova il proprio fondamento normativo nell’articolo 14, comma 1, lettera d , r.d.l. numero 1578/1933 Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore ». Ha così risolto il contrasto giurisprudenziale sorto con la sentenza dello stesso Tar 1801/11 , di opposta opinione, sì che le spese di lite sono state compensate. Funzione istituzionale-amministrativa del Consiglio dell’Ordine. Tale attività amministrativa corrisponde ad una istituzionale del CDO, perché volta a tutelare «non solo gli interessi degli iscritti e la dignità della professione, ma anche gli interessi degli stessi privati destinatari dell’attività professionale oggetto di valutazione di congruità, essendo al contempo volta ad impedire richieste di onorari che si fondino su pareri illegittimi in quanto non corrispondenti all’oggettiva importanza dell’opera professionale in concreto svolta». Legittimazione attiva dei clienti. È palese l’interesse vantato dai clienti il parere produce effetti nei confronti sia loro, ledendo questa posizione sostanziale, sia del legale, consentendogli di promuovere la procedura monitoria ex articolo 633 e 636 c.p.c Da questo combinato disposto si desume che l’ingiunzione per crediti relativi ad «onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati» deve essere obbligatoriamente accompagnata da detto parere, cui il giudice, se lo accoglie, deve conformarsi, salvo correggere eventuali errori materiali. Ora questo onere è venuto meno per la riforma. I ricorrenti avevano già impugnato il decreto ingiuntivo, ma è pacifico che fossero legittimati a gravare questo atto per bloccare, poi, la provvisoria esecuzione, che, come rileva il G.A., può essere concessa anche durante l’opposizione. È stata, quindi, respinta l’eccezione sollevata dal CDO. Inopponibile il Regolamento del CDO vige l’articolo 7 L.241/90. Per quanto sinora detto, il CDO aveva l’obbligo, imposto tassativamente dall’articolo 7 L. numero 241/90, di comunicare l’avvio del procedimento ai clienti, sì da permetterne l’intervento e la corretta formazione della volontà della PA id est del CDO , in ossequio ai principi della buona amministrazione articolo 97 Cost . Sono, dunque, inopponibili sia l’articolo 5 del regolamento del CDO, perché solo i pareri impugnabili hanno efficacia esterna, sia l’articolo 21 octies, comma 2, L. numero 241/90, perché non c’erano «ragioni di celerità del procedimento». Infine la ratio dell’articolo 7 è «assicurare piena visibilità all’azione amministrativa nel momento della sua formazione e di garantire, nel contempo, la partecipazione del destinatario dell’atto finale, o comunque di colui che vanti rispetto a questo un interesse differenziato e qualificato, alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione articolo 9 e 10 della legge numero 241 del 1990 ». È stata palesemente violata, perciò il Tar ha annullato i due pareri.

TAR Veneto, sez. I, sentenza 5 dicembre 2013 – 13 febbraio 2014, numero 183 Presidente Amoroso – Estensore Coppari Fatto e diritto 1. Con ricorso ritualmente notificato in data 14.11.2012 e depositato il successivo 26.11.2012, Anna Maria Costa e Carlo Mezzato hanno impugnato due “pareri di congruità in materia civile” resi dall’Ordine degli Avvocati di Padova in data 30 luglio 2012 concernenti, rispettivamente, le somme di euro 127.771,35 in riferimento alla attività giudiziale svolta avanti il Tribunale di Padova dall’Avv. Prof. Federica Giardini e di euro 134.9745,80 in riferimento all’attività di consulenza e assistenza stragiudiziale civile in materia successoria del medesimo Avv. Prof. Giardini. 1.2. I ricorrenti premettono in fatto di essersi avvalsi del patrocinio del suddetto legale nell’ambito del giudizio iscritto al numero di R.G. 4357/2007 svoltosi dinanzi al Tribunale di Padova avente ad oggetto la pretesa declaratoria di invalidità/nullità dell’atto di donazione del 19.05.2005 e del testamento olografo resi in favore degli odierni ricorrenti conclusosi nei loro riguardi con sentenza pienamente favorevole numero 1832 del 2011. 1.3. A conclusione di tale incarico giungeva all’indirizzo della sig. Costa il preavviso di parcella, datato 15.12.2011, per il compenso dell’attività svolta quantificata in complessive euro 333.639,76, con richiesta di pagamento detratti gli acconti della somma residua di euro 231.879,76. 1.4. A fronte di una richiesta che appariva eccessiva rispetto all’attività professionale concretamente svolta, gli odierni ricorrenti agivano in giudizio in sede civile con atto di citazione notificato all’odierna controinteressata Prof. Avv. Giardini il 5.07.2012 prospettando l’infondatezza della pretesa suddetta. 1.5. Con raccomandata del 10.09.2012, l’Avv. Prof. Giardini inoltrava ai ricorrenti due preavvisi di parcella entrambi corredati del relativo parere di congruità emesso in data 30.07.2012 dall’Ordine degli Avvocati di Padova. 2. Ciò premesso in fatto e ritenuta la giurisdizione del G.A. al riguardo, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dei citati pareri di congruità, previa sospensione cautelare dell’efficacia, deducendo un duplice profilo di illegittimità da un lato, stante la natura amministrativa dei provvedimenti impugnati, la violazione dell’articolo 7 della L. 241 del 1990 per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, dall’altro, eccesso di potere per carenza di motivazione, non essendo possibile per i destinatari degli effetti del parere di congruità ricavare il percorso logico sottostante alla determinazione degli onorari nella misura in concreto espressa. 3. Si è costituito l’Ordine degli Avvocati di Padova eccependo, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del G.A. in favore del G.O. e, in subordine, l’inammissibilità del ricorso proposto per difetto di impugnazione dell’atto lesivo, nonché per carenza di interesse dei ricorrenti in via ulteriormente subordinata, in ogni caso, l’infondatezza nel merito delle censure avversarie. 4. Anche la controinteressata si è costituita in giudizio sviluppando le seguenti argomentazioni difensive insussistenza della giurisdizione del G.A. posto che la causa petendi dedotta in giudizio atterrebbe in concreto alla quantificazione delle parcelle liquidate, tanto più nel caso in esame in cui la legge prevede proprio dinanzi al G.O. lo strumento processuale ad hoc di cui i ricorrenti si sono già avvalsi omessa impugnazione dell’atto presupposto consistente nel regolamento per il procedimento di liquidazione delle parcelle di liquidazione dell’Ordine degli Avvocati di Padova che nulla prevede in ordine all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento infondatezza della censura di carenza di motivazione, dal momento che considerata la natura del giudizio di congruità, la motivazione risulterebbe in re ipsa. 5. Con ordinanza numero 737 del 2012 questo Tribunale respingeva la richiesta di misura cautelare ritenendo, ad una prima delibazione propria della fase cautelare, meritevole di accoglimento l’eccezione di difetto di giurisdizione. 6. A seguito della proposizione di appello cautelare, con ordinanza numero 988 del 2013, il Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare proposta in primo grado. 7. In vista dell’udienza fissata per la trattazione del merito le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e all’udienza del 5 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione. 8. In via pregiudiziale, deve essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione di questo Giudice. 8.1. L’eccezione è infondata. Il Collegio, ad un attento esame proprio della fase di merito, ritiene di dover condividere l’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Cass. SS.UU. 24 giugno 2009, numero 14812 e 13 marzo 2008, numero 6534 e dal Consiglio di Stato sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 dicembre 2010, numero 9352 , secondo cui il parere di congruità sulle parcelle professionali reso dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è atto soggettivamente e oggettivamente amministrativo, poiché non si esaurisce in una mera certificazione della rispondenza del credito alla tariffa professionale, bensì implica una valutazione di congruità della prestazione Cass. Civ., Sez. Unumero , 24 giugno 2009, numero 14812 e, da ultimo, Cons. St., IV, 24 dicembre 2009, numero 8749 , che trova inequivocabile presupposto nel rapporto di supremazia che intercorre tra l’Ordine od il Collegio professionale soggetto, questo, indubitabilmente pubblico ed i propri iscritti. Siffatta valutazione, per un verso, ha senz’altro connotati di evidente discrezionalità in quanto frutto dell’esercizio di un potere conferito da una norma almeno in parte qua d’azione e non di relazione, che configura l’esercizio di un potere avente natura unilaterale e che costituisce espressione di potestà amministrativa riconosciuta per finalità di pubblico interesse che trova il proprio fondamento normativo nell’articolo 14, comma 1, lettera d , del R.D.L. 27 novembre 1933, numero 1578 Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore . 8.2. Per altro verso, tale attività amministrativa corrisponde ad una funzione istituzionale dell’organo professionale volta a tutelare non solo gli interessi degli iscritti e la dignità della professione, ma anche gli interessi degli stessi privati destinatari dell’attività professionale oggetto di valutazione di congruità, essendo al contempo volta ad impedire richieste di onorari che si fondino su pareri illegittimi in quanto non corrispondenti all’oggettiva importanza dell’opera professionale in concreto svolta. 8.3. Conseguentemente gli atti impugnati non solo producono effetti costituivi per il richiedente consentendogli di promuovere la procedura monitoria ex articolo 633 e 636 c.p.c. , ma esplicano anche effetti esterni rispetto ai soggetti del rapporto pubblicistico strettamente inteso direttamente lesivi della posizione sostanziale vantata dagli odierni ricorrenti. Con l’odierna impugnativa, infatti, vengono in considerazione censure che riguardano la legittimità della procedura adottata per l’adozione dei pareri di congruità su cui si fondano le pretese di pagamento per una specifica opera professionale già impugnate in ordine al quantum in sede civile . 8.3. In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di carenza di attualità dell’interesse vantato. Anche tale eccezione deve essere respinta. Ed invero, posto che, ai sensi del combinato disposto degli articolo 633, comma 1, numero 2, e 636 c.p.a., allorché il credito riguardi onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, la domanda di ingiunzione di pagamento deve essere in defettibilmente accompagnata dal parere di congruità e considerato altresì che, in tale fase monitoria, «il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’articolo 640 c.p.c., deve attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali», non appare dubitabile che sussista interesse alla proposizione dell’odierno ricorso. Detto interesse, benché sia stata nel frattempo proposta opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla controinteressata con conseguente instaurazione di un ordinario giudizio di cognizione, risulta sussistente anche al momento dell’odierna pronuncia dal momento che ai sensi dell’articolo 648 c.p.c. , in pendenza del giudizio di opposizione, può comunque ancora essere concessa l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo. 8.4. Ancora in via preliminare devono essere esaminate le ulteriori eccezioni di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto presupposto consistente nel regolamento dell’ordine degli avvocati di Padova recante le norme sul procedimento di liquidazione posto che la procedura per l’emanazione del parere di congruità non prevedrebbe alcuna interlocuzione e/o contraddittorio con i privati/clienti del professionista , nonché per difetto di impugnazione dell’atto asseritamente lesivo consistente nella deliberazione collegiale del 23.7.2012 adottata ai sensi dell’articolo 4 del regolamento dell’ordine degli avvocati di Padova che aveva in precedenza liquidato entrambe le notule della controinteressata e di cui i pareri impugnati costituirebbero mera esecuzione. 8.4.1. Entrambe le eccezioni devono essere respinte. Sotto il primo profilo, deve osservarsi infatti che le censure sollevate con l’odierno ricorso concernono la pretesa applicabilità di norme di carattere generale che governano l’agire amministrativo, con la conseguenza che una loro mancata previsione e/o richiamo nell’atto regolamentare che disciplina la procedura per l’adozione dei pareri in questione non può costituire una legittima deroga al comportamento richiesto all’Amministrazione. Sotto il secondo profilo, si osserva che ai sensi dell’articolo 5 del regolamento in questione solo ai pareri di congruità oggetto di impugnazione può essere riconosciuta efficacia esterna trattandosi dei provvedimenti finali del procedimento, rispetto ai quali la delibera del 23.7.2012 costituisce mero atto endoprocedimentale. 9. Passando all’esame del merito, l’odierno ricorso, premessa la natura oggettivamente e soggettivamente amministrativa dei pareri di congruità impugnati, si fonda sull’assunto secondo il quale la relativa procedura di adozione dovrebbe essere soggetta alle norme generali che governano l’azione amministrativa. 9.1. Tale assunto è pienamente condivisibile. 9.2. Ed invero, proprio tenuto conto della specifica funzione istituzionale attribuita all’organo professionale e della natura degli interessi coinvolti, deve ritenersi fondata e necessariamente assorbente di ogni altra la censura quella relativa alla violazione dell’articolo 7 della legge numero 241 del 1990, che impone l’obbligo della comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti. 9.3. Sul punto è sufficiente osservare che la finalità della regola procedimentale stabilita dalla citata disposizione è stata individuata nell’esigenza di assicurare piena visibilità all’azione amministrativa nel momento della sua formazione e di garantire, nel contempo, la partecipazione del destinatario dell’atto finale, o comunque di colui che vanti rispetto a questo un interesse differenziato e qualificato, alla fase istruttoria preordinata alla sua adozione articolo 9 e 10 della legge numero 241 del 1990 . 9.4. La norma è espressione di un principio di carattere generale cui la giurisprudenza riconosce pacificamente portata generale, che non tollera eccezioni alla sua applicazione al di fuori di quelle espressamente contemplate dalla legge pertanto, ai sensi dell’articolo 7 cit., la pubblica Amministrazione ha l’obbligo di dare comunicazione di avvio in ordine a qualsiasi procedimento non espressamente contemplato tra quelli esclusi dall’articolo 13 legge cit. 9.5. Nella specie, peraltro, non ricorre alcuna delle ragioni che propendono per la inutilità di tale comunicazione. Non è applicabile, infatti, l’articolo 21 octies, comma 2, della legge numero 241 del 1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Né può ritenersi che sussistessero ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento. 9.6. Inoltre, proprio le concrete circostanze della fattispecie – consistenti, in particolare, nella pendenza del giudizio civile diretto a contestare le pretese avanzate nei confronti degli odierni ricorrenti per l’attività professionale svolta – evidenziano come la partecipazione al procedimento dei soggetti che si erano avvalsi di essa avrebbe certamente contribuito ad assicurare una corretta formazione della volontà di provvedere della pubblica Amministrazione, così realizzando i principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa predicati dall’articolo 97 della Costituzione. 10. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto. 11. Quanto alle spese di giudizio, considerate tutte le circostanze della fattispecie oggetto di giudizio e tenuto conto del fatto che la questione della giurisdizione è stata oggetto di una giurisprudenza contrastante cfr., in senso opposto, sentenza del TAR Veneto numero 1801 del 2011 , sussistono giusti motivi per la loro compensazione integrale fra le parti del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.