Richiesta di lavori di ripristino: il condominio faccia bene i compiti a casa

La sola indicazione del costo globale delle opere necessarie ad eliminare i danni subiti dal condominio non basta a soddisfare l’esigenza di certezza della liquidazione e di corrispondenza con il danno procurato. Tuttavia, se, in sede di rinvio, il condominio specifica questi elementi, non si tratta di una domanda nuova.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 5216, depositata il 5 marzo 2014. Il caso. Un condominio conveniva in giudizio il costruttore venditore dell’edificio, chiedendone la condanna all’esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione delle gravi carenze costruttive, incidenti sulla stabilità dell’edificio condominiale, oppure al pagamento della somma necessaria ai lavori di ripristino, oltre al risarcimento dei danni. La Corte d’appello di Roma dichiarava nulla la sentenza di primo grado e condannava il costruttore a risarcire il condominio. Una richiesta troppo generica. La Cassazione accoglieva il ricorso dell’uomo, che censurava la sentenza impugnata per la generica determinazione del danno e per l’indicazione del solo costo globale delle opere necessarie per eliminarlo. A seguito di rinvio, la Corte d’appello condannava nuovamente il costruttore per una cifra diversa dalla prima sentenza. Domanda nuovaVeniva proposto nuovamente ricorso in Cassazione. Il soggetto lamentava che la sentenza impugnata avesse escluso che la domanda del condominio proposta in sede di riassunzione fosse nuova rispetto a quella precedentemente formulata. Infatti, nella precedente fase di merito, il condominio aveva chiesto il rigetto dell’appello proposto dal costruttore e, in accoglimento dell’appello incidentale, la dichiarazione di non essere tenuto ai lavori di ripristino nei confronti di alcuni condomini, oltre alla conferma, per il resto, della sentenza di primo grado. Invece, in sede di rinvio, il condominio aveva richiesto la condanna del ricorrente al risarcimento di tutti i danni sofferti, calcolati per singoli voci di costi e relativi importi unitari e parziali, in relazione a quanto effettivamente necessario per l’eliminazione delle conseguenze dei difetti di costruzione dell’immobile condominiale. no, domanda integrata. Nell’analisi della questione, la Cassazione ricordava la sua precedente decisione, con cui si rinviava il processo in sede d’appello. La sola indicazione del costo globale delle opere necessarie ad eliminare i danni subiti dal condominio, era priva, da un lato, del conteggio in dettaglio e della specificazione delle singole componenti dei costi, dei prezzi unitari e dei criteri per il calcolo degli importi parziali, e, dall’altro, dell’individuazione dei lavori effettivamente necessari alle riparazioni ed all’eliminazione dei danni conseguenti soltanto ai difetti di costruzione. Non era, quindi, soddisfatta l’esigenza di certezza della liquidazione e di corrispondenza con l’effettivo danno procurato, né era possibile fare alcuna valutazione di congruità e fondatezza. Con l’atto di riassunzione, il condominio aveva riproposto la condanna del costruttore al risarcimento dei danni, previa determinazione ed accertamento degli elementi indicati dalla sentenza di legittimità. Perciò, si trattava delle stesse conclusioni, integrate dagli elementi che la Cassazione, in sede di annullamento, aveva ritenuto necessari. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 31 gennaio – 5 marzo 2014, numero 5216 Presidente Triola – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Il Condominio di via omissis con atto di citazione notificato il 4-3-1986 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il costruttore venditore dell'edificio V.F. chiedendone la condanna alla esecuzione delle opere necessarie alla eliminazione delle gravi carenze costruttive, incidenti sulla stabilità dell'edificio condominiale, ovvero al pagamento della somma necessaria ai lavori di rispristino, oltre al risarcimento dei danni. Il convenuto costituendosi in giudizio contestava il fondamento delle domande attrici di cui chiedeva il rigetto. Al suddetto procedimento ne vennero riuniti altri tre uno promosso da Co.Da. nei confronti di C.P. ed D.B.A. , i quali le avevano venduto un appartamento dello stabile tacendo l'esistenza dei vizi di costruzione, per ottenere la riduzione del prezzo ed il risarcimento dei danni, e nel quale i convenuti, costituendosi in giudizio, avevano chiamato in causa il suddetto Condominio ed il V. un altro introdotto da R.S. , acquirente di appartamenti e posti macchina direttamente dal costruttore V. , che aveva citato quest'ultimo nonché il C. e la Co. quali proprietari del terrazzo posto a copertura del suo garage, per la condanna al ripristino ed al risarcimento dei danni un terzo promosso da M.S. nei confronti dei venditori a lui di un appartamento dello stabile, L.M. e Ro.Ro. , al quale giudizio era stato già riunito quello intentato da questi ultimi contro il V. per il risarcimento danni. Nel procedimento intervenivano in giudizio P.L. , Va.Ma. e T.F. , tutti proprietari di unità abitative del fabbricato, chiedendo la condanna dei responsabili al ripristino ed al risarcimento dei danni. Il Tribunale con sentenza del 10-9-1995 condannava il V. a risarcire i danni, liquidati in lire 453.000.000 in favore del Condominio, in lire 59.935.000 in favore del R. ed in lire 13.500.000 in favore della Co. condannava inoltre il V. ed il Condominio alla esecuzione dei lavori di ripristino e di consolidamento dell'appartamento del T. , oltre al risarcimento dei danni ed alla esecuzione dei lavori di ripristino del locale cantina e del posto auto del P. e della V. rigettava infine tutte le altre domande. Proposta impugnazione in via principale da parte del V. ed in via incidentale condizionata da parte del C. , della D.B. e della Va. la Corte di Appello di Roma con sentenza del 20-10-1998 dichiarava nulla la sentenza di primo grado, decidendo nel merito dichiarava prescritta l'azione del R. nei confronti del costruttore limitatamente a due unità abitative e, riconosciuta la responsabilità del V. , lo condannava al risarcimento dei danni in favore del Condominio nella misura di lire 451.059.478 ed alla esecuzione dei lavori di ripristino dell'appartamento del T. e di quello del P. e della Va. , dei quali respingeva la domanda risarcitoria infine rigettava le domande della Co. e del R. nei confronti del C. e della D.B. , nonché quelle del M. contro il L. e la Ro. , e respingeva le domande di questi ultimi nei confronti del costruttore. La Corte di Cassazione con sentenza del 19-4-2001 numero 14516, investita del ricorso del V. articolato su tre motivi, rigettava i primi due, accoglieva il terzo, con cui era stata censurata la sentenza impugnata per la generica determinazione del danno e per la indicazione del solo costo globale delle opere necessarie per eliminarlo, cassava la suddetta sentenza e rinviava la causa per un nuovo esame sul punto alla Corte di Appello di Roma. A seguito di riassunzione da parte del Condominio si costituivano in giudizio il V. , il T. , il P. e la Va. gli altri appellati restavano contumaci. La Corte di Appello di Roma con sentenza dell'11-1-2011 ha condannato il V. al pagamento in favore del Condominio della somma complessiva di Euro 265.000,00 oltre interessi legali. Per la cassazione di tale sentenza il V. ha proposto un ricorso basato su cinque motivi cui il Condominio di via OMISSIS ha resistito con controricorso seguito successivamente da una memoria gli altri soggetti intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Questa Corte con ordinanza del 4-6-2013 ha concesso termine al Condominio controricorrente di giorni 90 per la produzione della delibera che autorizzava l'amministratore a resistere in giudizio ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo il Condominio ha proceduto a tale incombente depositando tempestivamente la delibera autorizzativa successivamente il controricorrente ha depositato una memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 331 e 393 c.p.c. nonché difetto di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato l'estinzione del giudizio, pur avendo accertato che il suddetto Condominio non aveva riassunto il processo nei confronti degli appellati L. e Ro. e neppure aveva proceduto alla notifica dell'atto di riassunzione sempre nei confronti di costoro nel termine all'uopo concesso con ordinanza del Consigliere istruttore del 12-12-2002. Il V. sostiene che nel giudizio di rinvio sussiste un litisconsorzio necessario tra tutti gli stessi soggetti che hanno partecipato alle precedenti fasi processuali, e che, una volta concesso il termine perentorio per l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti non evocate in giudizio, detto termine non è suscettibile di essere prorogato erroneamente quindi la Corte di Appello con ordinanza collegiale del 9-2-2006, invece che dichiarare l'estinzione del giudizio, aveva concesso termine per rinnovare la notifica dell'atto di riassunzione al L. ed alla Ro. , a prescindere dal notare che, contrariamente all'assunto del giudice di appello, non sussisteva alcuna ragione per ritenere che l'omessa notifica non fosse imputabile al notificante. La censura è infondata. Premesso che il giudice di rinvio ha disatteso l'eccezione del V. di estinzione del processo per la mancata notificazione dell'atto di riassunzione al L. ed alla Ro. nel termine sopra menzionato concesso dal Consigliere istruttore rilevando che tale omissione non sia imputabile al notificante allorché, come nella fattispecie, i destinatari della notifica risultino sconosciuti al domicilio indicato, questa Corte ritiene infondato l'assunto del ricorrente per l'assorbente ragione che l'oggetto del giudizio di rinvio riguardava, come chiaramente evidenziato dalla sentenza impugnata, esclusivamente la quantificazione del danno subito dal solo Condominio di via OMISSIS conseguente alle gravi carenze costruttive dell'edificio costruito e venduto dal V. , con esclusione di quello subito dai singoli proprietari delle unità immobiliari comprese nel fabbricato condominiale ne consegue che il L. e la Ro. erano parti in un giudizio autonomo che essi avevano proposto nei confronti del V. , anche se poi riunito a quello instaurato dal Condominio nei confronti di quest'ultimo, e pertanto, trattandosi di rapporti processuali del tutto distinti, il Condominio non era tenuto a notificare l'atto di riassunzione anche ai suddetti condomini, cosicché la mancata riassunzione nel termine fissato non poteva avere alcun riflesso procedurale, così come nessun rilievo procedurale ha avuto l'eventuale errore della Corte territoriale nel concedere la proroga di tale termine. Con il secondo motivo il V. , deducendo violazione degli articolo 112 e 394 c.p.c. nonché difetto di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere escluso che la domanda del Condominio proposta in sede di riassunzione fosse nuova rispetto a quella precedentemente formulata invero, mentre nella precedente fase di merito la controparte aveva chiesto il rigetto dell'appello proposto dal V. e, in accoglimento dell'appello incidentale, aveva chiesto dichiararsi che il Condominio non era tenuto ai lavori di ripristino nei riguardi del T. , del P. e della Va. , e confermare per il resto la sentenza di primo grado, in sede di rinvio il Condominio aveva richiesto la condanna dell'esponente al risarcimento di tutti i danni sofferti, calcolati per singole voci di costi e relativi importi unitari e parziali in relazione a quanto effettivamente necessario per l'eliminazione delle conseguenze dei difetti di costruzione dell'immobile condominiale. Il motivo è infondato. Il giudice di rinvio ha affermato che la sentenza di questa stessa Corte sopra richiamata ha ritenuto che la sola indicazione del costo globale delle opere necessarie ad eliminare i danni subiti dal Condominio, essendo priva da un lato del conteggio in dettaglio e della specificazione delle singole componenti dei costi, dei prezzi unitari e dei criteri per il calcolo degli importi parziali, e dall'altro della individuazione dei lavori effettivamente necessari alle riparazioni ed alla eliminazione dei danni conseguenti soltanto ai difetti di costruzione, non soddisfaceva l'esigenza di certezza della liquidazione e di corrispondenza con l'effettivo danno procurato e non consentiva alcuna valutazione di congruità e fondatezza ha quindi evidenziato che il Condominio con l'atto di riassunzione aveva riproposto la condanna del V. al risarcimento dei danni previa determinazione ed accertamento degli elementi indicati dalla sentenza di legittimità pertanto l'eccezione del V. relativamente alla asserita novità di tale domanda rispetto a quella formulata dallo stesso Condominio nel giudizio di appello doveva essere rigettata, trattandosi delle stesse conclusioni integrate dagli elementi che la Corte di Cassazione in sede di annullamento aveva ritenuto necessari. Tale convincimento è del tutto corretto, non rinvenendosi nella domanda introdotta dal Condominio con l'atto di riassunzione conclusioni diverse da quelle relative alla condanna della controparte al risarcimento del danno per i difetti di costruzione accertati nell'edificio condominiale, previa specificazione delle singole voci di danno in conformità alla statuizione della sentenza di questa stessa Corte sopra citata. Con il terzo motivo il V. , deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 115-116 e 195 c.p.c. nonché difetto di motivazione, rileva che la sentenza impugnata si era basata sulla CTU dell'architetto A. che, anzitutto, non aveva espletato le analisi geologiche inoltre non aveva indicato i lavori finalizzati alle sole opere necessarie, ed ancora, non avendo eseguito alcun sopralluogo ricognitivo, non aveva risposto al quesito che chiedeva di enucleare quali tra i lavori indicati fossero stati già eseguiti. La censura è infondata. La Corte territoriale ha rilevato che la CTU espletata in sede di rinvio aveva individuato i singoli e specifici danni riscontrati, aveva individuato le opere da eseguire per porvi rimedio e l'importo di spesa corrispondente a ciascun intervento. Tanto premesso, si osserva che le indagini geologiche, in relazione alla statuizione della sentenza della Corte di Cassazione menzionata, dovevano ritenersi superflue in quanto estranee al sopra già richiamato oggetto del giudizio di rinvio, limitato ad una specificazione delle singole voci di danno e degli importi di spesa necessari alla eliminazione dei vizi di costruzione riscontrati la doglianza relativa alla mancata indicazione di lavori finalizzati alle sole opere necessarie si manifesta poi estremamente generica, ed infine la questione relativa alla mancata distinzione tra lavori già eseguiti e lavori da eseguire è nuova e quindi inammissibile, non risultando che essa nelle fasi di merito sia stata oggetto di discussione e trattazione. Con il quarto motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione, rileva che erroneamente la Corte territoriale ha condannato l'esponente al pagamento della somma di Euro 216.922,22 previa rivalutazione della stessa come richiesta dal Condominio, e quindi della somma di Euro 265.000,00 infatti il Condominio non aveva effettuato alcuna domanda in tal senso, ed inoltre il giudice di appello ha omesso di indicare il coefficiente Istat applicato, precludendo così al V. qualsiasi controllo in proposito. La censura è infondata. Premesso che il giudice di rinvio ha rilevato che il Condominio aveva chiesto la rivalutazione dell'importo determinato a titolo di risarcimento dei danni relativi alle causali più sopra indicate, è comunque appena il caso di rilevare che, trattandosi di un debito di valore, la rivalutazione di tale importo deve essere comunque disposta d'ufficio, quindi anche in assenza di domanda di parte la Corte territoriale ha poi tenuto conto delle variazioni Istat e del mutato potere d'acquisto della moneta dall'epoca della stima 1994 a quella della decisione, mediante quindi un criterio di calcolo sostanzialmente matematico e quindi di facile verificabilità. Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 671 c.p.c., assume che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta dell'esponente di revoca dell'ordinanza collegiale del 9-2-2006 con la quale aveva autorizzato il Condominio al sequestro conservativo dei beni immobili del V. . Il motivo è infondato. A seguito della sentenza di condanna esecutiva della Corte territoriale il sequestro conservativo a norma dell'articolo 686 c.p.c. si converte automaticamente in pignoramento solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta detta sentenza, e non anche per l'importo, eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro è stato autorizzato, relativamente al quale il sequestro diviene inefficace vedi in proposito Cass. 28-6-2012 numero 10871 pertanto, essendo ormai intervenuta la suddetta sentenza di condanna definitiva, ogni questione relativa alla mancata revoca del sequestro conservativo in oggetto rimane assorbita. In definitiva il ricorso deve essere rigettato le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 5.200,00 per compensi.