L’estate, nonostante le previsioni meteo dicano il contrario, si avvicina, e la prova costume inizia ad essere nei pensieri di molti. Palestre, jogging, diete e, addirittura, la speranza di “dimagrire mangiando”. Ma attenzione, perché per mantenere la linea, mangiando sano, è necessario rivolgersi ad un medico chirurgo specializzato in scienze dell’alimentazione.
Lo sa bene, dopo la conferma della condanna per esercizio abusivo della professione medica articolo 348 c.p. da parte della Cassazione sentenza numero 15006, depositata il 2 aprile , una coppia di Frosinone che gestiva un centro estetico. Il caso. Lui commercialista “naturopata”, lei psicologa, dispensavano presso il loro centro estetico consigli alimentari, effettuavano controlli su intolleranze alimentari, richiedevano e analizzavano analisi del sangue e tenevano delle schede personali dove venivano annotate tipologie, quantità e qualità nutrienti degli alimenti assunti dai clienti. Le condotte poste in essere sono tipiche del medico chirurgo specializzato in scienze dell’alimentazione. Insomma, secondo gli Ermellini, che hanno confermato quanto deciso dai giudici di merito, si tratta di condotte tipiche del medico chirurgo specializzato in scienze dell’alimentazione. Inutile si è rivelata quindi la difesa dei due, che hanno affermato di limitarsi a dare dei consigli sullo stile di vita ai propri clienti.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 febbraio – 2 aprile 2013, numero 15006 Presidente Milo – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. La difesa di O E. e I.M.T. propone ricorso avverso la sentenza del 01/12/2011 della Corte d'appello di Roma con la quale è stata confermata la condanna loro inflitta in relazione al reato di cui all'articolo 348 cod. penumero in qualità di responsabili del centro omissis . 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge penale ed omessa motivazione, anche in relazione alla valutazione delle prove, assumendo che i ricorrenti, titolari di un centro estetico, non avevano posto in essere atti tipici della professione di medico dietista, in quanto si limitavano a somministrare ai loro clienti consigli sullo stile di vita, e di natura alimentare, in assenza di qualsiasi prescrizione o esecuzione di esami diagnostici. Anche volendo ricondurre tali attività tra quelle caratteristiche, e non tipiche, della professione medica mancherebbe per integrare il reato il requisito della modalità di esercizio in via continuativa e professionale. Nella specie le condotte degli interessati non possedevano tali caratteristiche, né vi era stata esibizione di titoli o di insegne equivoche nei locali dove si esercitava l'attività. Si rileva inoltre contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui ha preso atto della minore portata accusatoria delle dichiarazioni rese in dibattimento dai clienti rispetto a quanto dichiarato precedentemente, omettendo di dare conto, anche al solo fine di superarle, delle contrarie attestazioni contenute nella consulenza tecnica di parte, acquisita agli atti su istanza della difesa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, riproponendo eccezioni di fatto superate nelle pronunce di merito che risultano congruamente e logicamente motivate, e prive di elementi di contraddittorietà. 2. In particolare nella valutazione delle, prove, sono state sottoposte ad esame le dichiarazioni dei clienti del centro gestito dalla coppia, che hanno posto in evidenza il tipo di controlli cui erano sottoposti, nonché i consigli alimentari loro dispensati, dichiarazioni che hanno trovato chiara conferma nelle risultanze delle schede personali rinvenute nel locale ove per ciascuno di essi erano annotati tipologia, quantità e qualità nutrienti degli alimenti assunti. Il complesso degli elementi così acquisiti ha condotto ad accertare lo svolgimento da parte degli odierni ricorrenti, rispettivamente commercialista naturopata e psicologa di attività quali qualificazione dei bisogni nutritivi verifica di corretta assunzione di alimenti controllo su intolleranze alimentari, tipiche del medico chirurgo specializzato in scienze dell'alimentazione, azioni tutte precedute da anamnesi e richieste di esami del sangue, che venivano poi interpretati dagli odierni ricorrenti e sulla base dei quali erano redatti i programmi alimentari. Tali condotte, svolte in maniera sistematica sui clienti del centro Dimagrire mangiando gestito dai ricorrenti, evidenziano lo svolgimento della complessiva attività riservata all'esperto in scienza dell'alimentazione, e contraddicono in fatto l'allegata non continuità del compimento di atti, anche solo non tipici, ma meramente caratteristici dell'attività. Sul punto le allegazioni difensive contenute in ricorso si limitano a riproporre la propria versione dei fatti, senza confrontarsi con le acquisizioni testimoniali e la documentazione raccolta nel corso del giudizio, la cui valutazione risulta nelle pronunce di merito esaustiva, coerente e priva di contraddizioni. La mancata analisi della consulenza tecnica di ufficio prodotta nel corso del giudizio di primo grado, cui si era fatto richiamo in atto di appello, non vizia la sentenza d'appello, atteso che l'autonomia di tale accertamento rispetto al tema del decidere risulta già chiaramente tracciata nella sentenza di primo grado, e non superata dalle allegazioni difensive contenute nell'atto di impugnazione di merito, poiché è evidente l'ambito astratto, e riferito ad un diverso centro gestito dalla coppia nel quale si muoveva tal accertamento, a fronte delle diverse emergenze di fatto acquisire presso il centro sottoposto ad controllo da parte degli inquirenti, le cui risultanze hanno dato origine al presente procedimento. L'oggettivo vuoto motivazionale sul punto raggiunge pertanto un elemento di fatto di natura non dirimente, privo dei caratteri di decisività per quanto già illustrato nella pronuncia di primo grado, e risulta inidoneo conseguentemente a viziare l'argomentazione contenuta nella pronuncia impugnata. 3. All'accertamento di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del grado e ciascuno della somma indicata in dispositivo In favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell'articolo 616 cod. proc. penumero . P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.