Sequestro preventivo dell’intero sito internet e obbligo del fornitore di oscurarlo

In tema di sequestro preventivo, l’autorità giudiziaria può disporre, nel rispetto del principio di proporzionalità e qualora ci siano i presupposti del “fumus commissi delicti” e del “periculum in mora”, il sequestro di un intero sito web o di una singola pagina telematica.

Sul punto è tornata la Corte di Cassazione con sentenza numero 39088/18 depositata il 28 agosto. Il caso. Il Tribunale, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, dichiarava inammissibile perché tardiva l’istanza avverso il decreto di sequestro probatorio e respingeva l’istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato avverso il decreto di sequestro preventivo reso dal GIP. Propone ricorso per cassazione l’indagato poiché il sequestro preventivo aveva posto un vincolo su materiale informatico, violando il principio di proporzionalità e di adeguatezza della suddetta misura cautelare con riferimento agli scopi perseguiti dall’inquirente. Il sequestro preventivo del materiale informatico. Nel caso di specie il ricorrente deduce che nell’eseguire il sequestro preventivo i Carabinieri hanno sottoposto a sequestro l’intero archivio informatico da lui tenuto. A tal proposito giova ricordare che l’autorità giudiziaria, qualora ricorrano i presupposti del “fumus commissi delicti” e del “periculum in mora” e rispetti il principio di proporzionalità, può disporre il sequestro preventivo di un intero sito internet o di una singola pagina telematica, «imponendo al fornitore dei servizi internet, anche in via d’urgenza, di oscurare una risorsa elettronica o di impedirne l’accesso agli utenti ai sensi degli articolo 14, 15 e 16 del D. Lgs. 9 aprile 2003, numero 70, in quanto la equiparazione dei dati informatici alle cose in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato».

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 giugno – 28 agosto 2018, numero 39088 Presidente Cervadoro/Relatore Borsellino Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Palermo, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, ha dichiarato inammissibile perché tardiva l’istanza proposta nell’interesse di G.S. avverso il decreto di sequestro probatorio emesso il 22 gennaio 2018 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Termini Imerese e ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse del medesimo indagato avverso il decreto di sequestro preventivo reso dal G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese il 12 febbraio 2018. 2. Avverso il detto provvedimento propone ricorso l’indagato tramite il suo difensore di fiducia deducendo 2.1 Violazione degli articolo 254 bis e 258 comma 4 cod. proc. penumero , poiché il sequestro preventivo ha posto un vincolo su materiale informatico e documenti, violando il principio di proporzionalità e di adeguatezza della misura cautelare con riferimento alle finalità perseguite dall’inquirente. Deduce il ricorrente che nell’eseguire il provvedimento di sequestro preventivo i Carabinieri hanno sottoposto a sequestro l’intero archivio informatico tenuto dal CAF-FAPI e dalla ditta individuale , trascurando le esigenze legate alla regolare fornitura dei servizi che tanto il CAF quanto la ditta G.S. erano tenuti ad erogare. Il ricorrente lamenta in particolare che gli organi inquirenti non avrebbero contemperato le esigenze di acquisizione della prova con quelle relative ad interessi estranei all’accertamento della responsabilità penale inoltre non avrebbero individuato gli atti e documenti pertinenti ai reati rappresentati negli atti di querela, mentre gli archivi interessavano circa 3000 persone assistite dalle associazioni sindacali, di cui l’indagato è responsabile territoriale. 2.2 Violazione della legge del 18 marzo 2008 numero 48 e degli articoli 247 comma 1 bis e 352 comma 1 bis cod. proc. penumero , poiché la legge citata vieta di procedere al sequestro di interi sistemi informatici, mentre il sequestro preventivo è stato esteso a tutto il materiale informatico posseduto, riguardante anche i dati personali e familiari dell’indagato. Inoltre l’esecuzione del sequestro sarebbe stata attuata senza eseguire le misure dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione. 1. Il ricorso è manifestamente infondato. Occorre ribadire che con l’ordinanza impugnata il tribunale ha ritenuto inammissibile l’impugnazione avverso il decreto di sequestro probatorio, perché tardiva. Al riguardo il ricorrente nulla deduce e pertanto l’attuale ricorso ha ad oggetto esclusivamente il rigetto del riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. di Termini Imerese il 12 febbraio 2018. Dal provvedimento di riesame emerge che il ricorrente ha proposto impugnazione sotto il profilo della carenza dei presupposti e per violazione dell’articolo 258 cod. proc. penumero , poiché il sequestro aveva ad oggetto documentazione appartenente a persone e ad associazioni terze. 2. Con il ricorso dinanzi a questa corte la difesa non appunta le sue critiche sul fumus commissi delicti o sul pericolum in mora, ma limita le sue censure alla presunta violazione di norme di legge dettate in relazione alle modalità del sequestro probatorio e alla lesione del principio di proporzionalità e adeguatezza. 3.Giova al riguardo ricordare che In tema di sequestro preventivo, l’autorità giudiziaria, ove ricorrano i presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora , può disporre, nel rispetto del principio di proporzionalità, il sequestro preventivo di un intero sito web o di una singola pagina telematica, imponendo al fornitore dei servizi internet, anche in via d’urgenza, di oscurare una risorsa elettronica o di impedirne l’accesso agli utenti ai sensi degli articolo 14, 15 e 16 del D.Lgs. 9 aprile 2003, numero 70, in quanto la equiparazione dei dati informatici alle cose. in senso giuridico consente di inibire la disponibilità delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato. Sez. U, numero 31022 del 29/01/2015 - dep. 17/07/2015, Fazzo e altro, Rv. 26408901 . Questa corte ha tuttavia precisato che I principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità - dettati dall’articolo 275 cod. proc. penumero per le misure cautelari personali sono applicabili anche al sequestro preventivo, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva. Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di un intero dominio internet, in ragione della motivata impossibilità tecnica di oscurare il singolo file lesivo del diritto d’autore . Sez. 3, numero 21271 del 07/05/2014 - dep. 26/05/2014, Konovalov, Rv. 26150901 . A questo principio si è uniformato il tribunale che nel provvedimento impugnato ha sottolineato come la libera disponibilità dei locali adibiti a sede del CAF e della documentazione ivi allocata avrebbe potuto agevolare, aggravare o comunque protrarre le conseguenze dell’illecita condotta ascritta all’indagato, al quale si addebita di avere svolto abusivamente l’attività di commercialista e di avere con artifizi e raggiri trattenuto indebitamente le somme ricevute dai clienti e destinate al pagamento degli oneri fiscali. Il Tribunale del riesame ha altresì evidenziato come il giudice procedente abbia preferito adottare una misura cautelare reale di ampio contenuto piuttosto che incidere sulla libertà personale dell’indagato. Si tratta di motivazione corretta e immune dai vizi di violazione di legge paventati dal ricorrente. 3.2 Anche la seconda censura, che non è stata oggetto di specifica deduzione con la richiesta di riesame, è manifestamente infondata poiché le norme di cui si paventa la violazione si riferiscono al sequestro probatorio e riguardano le modalità di conservazione e custodia del materiale sequestrato, che non è oggetto del riesame. Va infatti ricordato che In tema di perquisizione di sistema informatico o telematico, sia l’articolo 247, comma 1-bis, che l’articolo 260, comma secondo, cod. proc. penumero , si limitano a richiedere l’adozione di misure tecniche e di procedure idonee a garantire la conservazione dei dati informatici originali e la conformità ed immodificabilità delle copie estratte per evitare il rischio di alterazioni, senza imporre misure e procedure tipizzate. Sez. 3, numero 37644 del 28/05/2015 - dep. 17/09/2015, R., Rv. 26518001 . Nel caso in esame, peraltro, il ricorrente avanza censure generiche deducendo che il sequestro è stato eseguito senza garantire le opportune cautele e violando la sfera personale dell’indagato, e trascura di indicare in modo concreto le modalità di esecuzione del sequestro a suo giudizio censurabili, e di considerare che il sequestro preventivo ha avuto ad oggetto i locali del CAF e tutta la documentazione in essi contenuta, al precipuo fine di impedire la reiterazione di condotte illecite. A mente dell’articolo 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità - determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso v. Corte Cost. sent. 186/2000 - consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 2.000,00 Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.