Se l’indagato avrebbe potuto avvalersi del diritto al silenzio ma non lo ha fatto rispondendo alle domande dell’autorità giudiziaria straniera, l’interrogatorio è legittimamente utilizzabile nell’ambito della rogatoria.
Così la sentenza numero 43535/12 della Sesta sezione penale della Cassazione. Il caso. Al presidente del credito Sanmarinese, indagato per riciclaggio, viene applicata la misura cautelare della custodia in carcere per aver riciclato, compiendo operazioni finanziarie volte ad ostacolare la tracciabilità del percorso delle somme depositate presso la banca, il denaro proveniente da traffico internazionale di cocaina. Il Tribunale del Riesame conferma l’applicazione della misura cautelare e l’indagato ricorre per cassazione. Rogatoria e interrogatorio all’estero In particolare, oltre a censurare la configurabilità del reato di riciclaggio, il ricorrente lamenta l’inutilizzabilità degli interrogatori resi innanzi all’autorità giudiziaria di San Marino perché non precedetti dall’avvertimento ex articolo 64, comma 3, lett. b c.p.p La Suprema Corte rigetta il ricorso, rilevando come in tema di rogatoria internazionale trovino applicazione le norme processuali dello Stato in cui l’interrogatorio viene compiuto. Il superamento della lex loci può avvenire solo quando essa contrasti con i principi fondamentali dell’ordinamento italiano, in particolare con riferimento all’inviolabile diritto di difesa. ciò che conta è la sostanza. Simile conflitto, prosegue la Cassazione, non è configurabile «quando sia denunciata la mera inosservanza di regole dettate dal codice di rito dello Stato richiedente, ma lo è soltanto quando venga prospettata l’assenza nell’ordinamento dello Stato richiesto di una normativa a tutela delle garanzie difensive», che possono essere disciplinate in maniera non uniforme ma non perciò solo porsi in contrasto con i principi costituzionali nazionali. Infatti, il richiamo operato dall’articolo 729, comma 2 c.p.p. all’articolo 191, comma 2 del codice di rito «non comporta una automatica translatio delle norme processuali interne per l’espletamento della rogatoria attiva». Ciò premesso, nel caso di specie non è riscontrabile alcuna violazione del diritto di difesa dato che il ricorrente non è stato costretto a rendere l’interrogatorio e avrebbe pertanto potuto avvalersi del diritto al silenzio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 aprile – 9 novembre 2012, numero 43535 Presidente De Roberto – Relatore Milo Ritenuto in fatto 1.1. Il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 9 agosto 2011, decidendo In sede di riesame ex articolo 309 cod. proc. penumero , confermava la misura cautelare della custodia in carcere adottata, il precedente 27 luglio, dal Gip dello stesso Tribunale nel confronti di A.L. , indagato in relazione al reato di cui agli articolo 648-bis e 7 d.l. numero 152/'91, per avere promosso, nella qualità di presidente del Credito Sammarinese e con la complicità di numerose altre persone, il riciclaggio di denaro proveniente dal traffico internazionale di cocaina praticato da V B. , personaggio collegato all'organizzazione di tipo mafioso che faceva capo alle famiglie Mancuso di Limbadi e Pesce di Rosarno, denaro che veniva depositato per un Importo di oltre unmilionetrecentomila Euro presso il detto Istituto di credito e ne veniva dissimulata la provenienza, attraverso un serie di complesse operazioni finalizzate ad ostacolare la tracciabilità del percorso del denaro medesimo. Il Giudice del riesame evidenziava che gli esiti dell'attività di intercettazione dell'utenza telefonica di D L. , che, quale commercialista, custodiva la documentazione contabile relativa a società riferibili al narcotrafficante B. , avevano consentito, anche attraverso l'attivazione e l'espletamento di ulteriori indagini, di accertare le modalità della citata operazione di riciclaggio e di individuare i soggetti a vario titolo in essa coinvolti a il Credito Sammarinese, versando in una situazione di grave crisi finanziaria, era particolarmente interessato ad acquisire nuova clientela, per procurarsi liquidità e, a tal fine, aveva instaurato, per scelta del presidente L A. , un rapporto di collaborazione esterna con tali D M. e G.B. b questi ultimi avevano posto In contatto il direttore generale dell'Istituto di credito, V V. , con L.D. e, quindi, con il B. c v'erano stati più incontri tra i predetti, dapprima in XXXXXXXX e poi in OMISSIS , dove il B. possedeva un albergo, nel corso dei quali si era concordato che quest'ultimo avrebbe depositato ingenti somme di denaro per complessivi 15 milioni di Euro presso la banca sammarinese, impegnatasi, a sua volta, a riconoscere ai fratelli L. , per la loro intermediazione, una provvigione da accreditare su conti correnti appositamente aperti a loro favore d aveva fatto seguito l'effettivo versamento, in due soluzioni, della somma di unmilionetrecentomila Euro, consegnata direttamente al V. , che, con l'avallo del presidente A. e la ratifica del Comitato esecutivo, presieduto dallo stesso A. , aveva dato corso, nonostante le informazioni negative acquisite sul conto del B. da parte di funzionari della banca e comunicate ai vertici della stessa, alle compiesse operazioni funzionali a dissimulare la provenienza del denaro depositato. Aggiungeva il Giudice del riesame che tale situazione patologica aveva trovato puntuale conferma nelle attendibili dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese dal V. , in quelle rese da S S. e nelle testimonianze dei funzionari bancari Gi Bi. e Sa.Lu. , che avevano proceduto materialmente, sulle direttive del primo, ad eseguire le operazioni. Concludeva, quindi, che il materiale d'indagine complessivamente acquisito integrava il quadro di gravità indiziaria a carico dell'A. in ordine al reato contestatogli, sottolineando che il predetto aveva sostanzialmente promosso l'operazione di riciclaggio, ne aveva concordato la gestione operativa con il direttore generale V. e con gli intermediari L. , M. , G. ed aveva partecipato, in sede di Comitato Esecutivo, alla delibera di ratifica dell'operazione, nonostante avesse acquisito, per effetto delle negative e allarmanti informazioni sul conto del B. , la piena consapevolezza della provenienza illecita del denaro da costui versato. Quanto alle esigenze cautelari, le stesse venivano ravvisate nei pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione di reati della stessa specie, resi concreti dalle modalità e dalle circostanze del fatto, dalla spregiudicatezza e dall'abilità dimostrate nell'ideare e porre in essere la condotta incriminata, pur di risollevare dalla grave crisi finanziaria l'Istituto bancario da lui presieduto. 2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l'indagato che nel frattempo era stato posto agli arresti domiciliari , deducendo la violazione di legge articolo 273, 292 cod. proc. penumero e il connesso vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze cautelari si era allegata incondizionata attendibilità alle dichiarazioni del V. e del S. , i cui narrati, invece, erano contraddetti da altre emergenze processuali non erano stati presi in considerazione elementi, pur emersi dalle espletate indagini, a lui favorevoli egli non era stato mai informato sulla reale posizione del B. egli, anzi, nel momento in cui l'avv. Pesaresi aveva evidenziato nell'operazione XXXXXXXX il rischio di riciclaggio, aveva sospeso il finanziamento già deliberato in favore del B. l'operazione incriminata era riconducibile all'esclusiva responsabilità del V. non configurabile l'aggravante di cui all'articolo 7 d.l. numero 152/'91 non configurabile l'ipotizzato riciclaggio ma, a tutto concedere, il meno grave reato di ricettazione insussistenti le esigenze cautelari. La difesa del ricorrente, in data 6 aprile 2012, ha depositato, ai sensi dell'articolo 585, comma 4, cod. proc. penumero , un nuovo motivo di censura, col quale deduce l'Inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie rese contro il ricorrente dai coindagati V.V. e S S. , per non avere ricevuto, prima di essere interrogati per rogatoria dall'Autorità giudiziaria di San Marino, l'avvertimento di cui all'articolo 64, comma 3, lett. b , cod. proc. penumero . All'odierna udienza, la difesa del ricorrente, con riferimento al motivo subordinato di esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 7 d.l. numero 152/'91, ha depositato il provvedimento In data 3-6/04/2012 del Tribunale di Catanzaro, che tale aggravante ha escluso per il coindagato D L. . Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato. 2. I motivi articolati in ricorso si risolvono, nella parte in cui affrontano gli aspetti relativi alla ricostruzione della vicenda e all'attendibilità delle fonti di prova dichiarativa, in non consentite censure in fatto al corrispondente percorso argomentativo seguito dall'ordinanza in verifica, che, come agevolmente si evince da quanto innanzi sintetizzato, da conto delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene in tema di gravità Indiziaria e di esigenze cautelari, all'esito di un'analisi approfondita delle emergenze procedimentali, apprezzate e valutate, con riferimento aita specifica posizione dell'indagato, In maniera adeguata e logica. Si è di fronte ad una valutazione in fatto, che, in quanto prerogativa esclusiva del giudice di merito, non può essere posta in discussione In sede di legittimità, per accreditare, in linea con quanto si prospetta nel ricorso, una diversa e alternativa Interpretazione del materiale acquisto, operazione questa non idonea ad attivare il sollecitato sindacato di legittimità. 2.1. Non ha pregio il motivo col quale si sostiene la non configurabilità dell'ipotizzato reato di riciclaggio, solo perché le operazioni bancarie incriminate consentirebbero comunque la tracciabilità dei movimenti del denaro di provenienza delittuosa, e si sollecita la qualificazione del fatto come mera ricettazione. La pronuncia di riesame, sul punto, offre puntuale e corretta risposta. Non si può, infatti, dubitare, stante la fungibilltà del denaro, che il deposito in banca di denaro sporco realizzi automaticamente la sostituzione di esso, essendo la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro depositato. Non è a parlarsi, nella specie, di ricettazione, considerata l'idoneità della condotta materiale posta in essere ad ostacolare l'identificazione della provenienza del denaro, aspetto questo che è elemento caratterizzante il riciclaggio. 2.2. Anche la doglianza relativa alla configurabilità dell'ipotizzata aggravante di cui all'articolo 7 d.l. numero 152/'91 è priva di pregio. L'ordinanza impugnata offre - allo stato - adeguata e corretta motivazione, facendo leva sui dati oggettivi riferibili all'attività di narcotrafficante del B. e ai legami di costui con la cosche mafiose Mancuso di Limbadi e Pesce di Rosarno, nonché sulla sicura percezione di tale realtà da parte dell'indagato, promotore della spregiudicata operazione di cui si discute e puntualmente informato, come anche la logica più elementare impose di ritenere, dagli stessi organi interni della banca che presiedeva circa l'attività svolta dal B. e le fonti di reddito del medesimo. La verifica di legittimità della pronuncia di riesame impugnata non può - allo stato - essere condizionata dalla diversa soluzione adottata, in relazione all'aggravante di cui si discute, dal Tribunale di Catanzaro nei confronti di D L. , con il provvedimento prodotto all'odierna udienza. 2.3. Il difensore del ricorrente, con motivo nuovo, ha eccepito, per la prima volta, l'inutilizzabilità degli interrogatori resi dal V. e dal S. , a seguito di assistenza giudiziaria avanzata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, dinanzi all'Autorità giudiziaria di San Marino, In quanto non preceduti dall'avvertimento di cui all'articolo 64, comma 3, lett. b , cod. proc. penumero italiano. Osserva la Corte che in tema di rogatoria internazionale trovano applicazione le norme processuali dello Stato in cui l'atto viene compiuto lex loci , con l'unico limite che la prova non può essere acquisita ove contrasti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano e, in particolare, con l'inviolabile diritto di difesa. Tale contrasto non è ravvisarle quando sia denunciata la mera inosservanza di regole dettate dal codice di rito dello Stato richiedente, ma lo è soltanto quando venga prospettata l'assenza nell'ordinamento dello Stato richiesto di una normativa a tutela delle garanzie difensive. Queste, infatti, possono essere disciplinate in maniera non uniforme dai vari ordinamenti e non è detto che la diversa disciplina eventualmente prevista dallo Stato richiesto si ponga in insanabile conflitto con i principi fondamentali del nostro ordinamento. Con specifico riferimento all'eccezione sollevata dalla difesa del ricorrente, rileva la Corte che il richiamo all'articolo 191, comma 2, cod. proc. penumero fatto dall'ari . 729, comma 2, cod. proc. penumero non comporta una automatica translatio delle norme processuali interne per l'espletamento della rogatoria attiva. Non risulta né è stata dedotta una sostanziale violazione del diritto di difesa del V. e del S. , nel momento in cui furono interrogati dall'Autorità giudiziaria di San Marino. Il diritto al silenzio dei predetti, a prescindere dal preventivo avvertimento formale di potersene avvalere, può essere stato garantito - di fatto - in altra maniera, non risultando che siano stati costretti a rendere l'interrogatorio. È il caso, inoltre, di sottolineare che, anche a volere ammettere, in astratto, l'inutilizzabilità degli interrogatori di cui si discute, la regola per cui tale sanzione può essere rilevata in ogni stato e grado dei procedimento deve essere raccordata alla norma che limita la cognizione di questa Corte, oltre i confini del devolutum , alle sole questioni di puro diritto, sganciate da ogni accertamento fattuale. Ne consegue che non possono essere proposte per la prima volta, nel giudizio di legittimità, questioni di inutilizzabilità che, data la specificità del caso prova assunta all'estero per rogatoria , richiedono, al di là del mero esame degli atti processuali, più approfonditi accertamenti in fatto, che come tali dovevano essere necessariamente sollecitati nel giudizio di riesame, salva l'eventuale possibilità di sindacare il relativo provvedimento adottato mediante un successivo ricorso per cassazione, nei limiti segnati dall'articolo 606, comma primo lett. c , cod. proc. penumero . 3. Al rigetto del ricorso segue, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.