E' sì docente di economia ... ma non calcola bene i tempi

Perde la possibilità di divenire professore ordinario il docente costretto a subire, in un momento inopportuno, un intervento chirurgico. Ma non c'è niente da fare, anche se - diligentemente - il professore straordinario afferma di essere ritornato a lavorare quand'era ancora in malattia.

Ciò in quanto il riferimento ad un criterio fattuale, incerto ed aleatorio per rilevare ex post una idoneità al servizio e lo svolgimento dell’attività lavorative, non può superare le conseguenze che l’Amministrazione è tenuta a trarre dalle certificazioni mediche legittimamente presentate dal docente. Il fatto. Il professore straordinario di economia ed estimo nell' ottobre del 2007 veniva sottoposto ad un intervento chirurgico presso l’Ospedale di Bologna e poi trascorre un periodo di convalescenza presso l’Ospedale civile di Ravenna, da cui è stato definitivamente dimesso circa un mese dopo. A giustificazione delle assenze di lavoro, egli faceva pervenire all’Università alcune certificazioni mediche, tra le quali il certificato con cui si attestava che le cure mediche postoperatorie si sarebbero protratte fino alla fine di gennaio dell'anno successivo, salvo, poi, quindici giorni prima della scadenza di tale termine, presentare un ulteriore certificato dal quale risultava la sua idoneità a riprendere le attività proprie del suo status dal 21 gennaio 2008. Sta di fatto che il docente viste le discrete condizioni di salute” dichiarava, successivamente, di aver ripreso fattualmente, ancor prima della data indicata nei certificati medici suddetti, l’attività di studio e di ricerca e quella didattica, anche se non partecipò mai alle riunioni del Consiglio di falcoltà e di dipartimento. L’Università lo aveva tuttavia posto in congedo straordinario per motivi di salute per il periodo dallo stesso certificato. In relazione ai periodi di assenza ufficiali , il Rettore comunicava che – alla luce dell’interruzione della prestazione lavorativa per più di due mesi – il triennio di servizio utile alla nomina di professore ordinario veniva prorogato di un anno, come previsto dall’art. 33, comma 2, del R.D. 6 aprile 1924, n. 674, venendo pertanto a scadere il 27 febbraio 2009. Tuttavia, poiché il collocamento in quiescenza sarebbe avvenuto il 1° novembre 2008, la nomina a professore ordinario non potrà aver luogo”. Avverso tale provvedimento il professore proponeva il ricorso innanzi al Tar, lamentando in primo luogo l’applicazione da parte dell’Università di una norma che non sarebbe più in vigore, e cioè l’art. 33, comma 2, R.D. n. 674/1924, sopra ricordato. Tale disposizione, a giudizio del ricorrente, sarebbe stata espressamente abrogata dall’art. 3, R.D.L. n. 1755/1924. Applicando invece l’art. 6, DPR n. 382/1980, si sarebbe dovuto solo allungare il previsto triennio del periodo di assenza dal lavoro per motivi di salute dell’appellante in tal caso il triennio di servizio utile sarebbe venuto a maturare nel maggio del 2008. Rilevava poi il professore di aver ripreso la propria ordinaria attività di docente universitario appena dimesso dall’Ospedale, e cioè fin dal mese di dicembre 2007. La nomina a professore ordinario non potrà aver luogo . Il TAR respingeva il ricorso, rilevando in primo luogo che l’art. 33, comma 2, regio decreto n. 674/1924, asseritamente abrogata dall’art. 3, R.D.L. n. 1755/1924, risultava tuttora in vigore, essendo stata la norma originaria abrogata esclusivamente con riferimento a limitate professioni sanitarie, e che non fosse pertanto invocabile il successivo art. 6, DPR n. 382/1980. Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, il giudice di primo grado riteneva che l’Amministrazione non potesse che basare le proprie determinazioni sui certificati medici emessi nel corso della malattia e trasmessi dall’interessato all’ufficio competente, e che le attività volontariamente svolte da questi non esaurivano in alcun modo quelle connesse al complessivo status di professore universitario. Il Consiglio di Stato ha confermato questa interpretazione. Che l’art. 33, comma 2, regio decreto n. 674/1924, continui ad essere in vigore, ha affermato la Sezione, lo si desume anche dall’orientamento della giurisprudenza amministrativa che ad esso, in casi analoghi, ha già fatto riferimento v. TAR Piemonte n. 88/2009 . In merito, poi, al fatto secondo cui vi sarebbe stato lo svolgimento di talune attività universitarie da parte del ricorrente,nel corso del periodo ‘coperto’ dai certificati medici prodotti all’ufficio, osserva il Collegio che l’Università non poteva discostarsi dalle certificazioni prodotte nel corso della degenza e della convalescenza e non da quelle solo successivamente prodotte, che attestavano, retroattivamente, una idoneità allo svolgimento dell’attività di servizio , nonché dagli atti che hanno preso atto di tali certificazioni, costituendo titolo idoneo al mancato svolgimento dell’attività lavorativa ed alla sussistenza dei relativi obblighi. L’idoneità del professore a svolgere le complessive attività legate allo status di professore universitario – anche se egli ha intesto recarsi presso la sede di lavoro prima ancora della scadenza del periodo ‘coperto’ dai certificati medici – non è stata a suo tempo segnalata all’ufficio che, dunque, non ha potuto far venire meno gli effetti degli atti di presa d’atto della loro produzione e comunque non può ex post essere desunta né in sede amministrativa, né in sede giurisdizionale dallo svolgimento di attività, non pienamente riscontrabili e comunque non valutabili da parte dell’Amministrazione, che neppure a suo tempo ha potuto verificare se esse esaurivano, tra l’altro, il complesso delle attività richieste al professore stesso. In altri termini, non è risultato a suo tempo che l’appellante, nel periodo in questione, abbia espletato in modo compiuto tutti i doveri inerenti al suo status. E da ciò ne deriva la mancata possibilità di ottenere la nomina a professore ordinario.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 9 luglio - 11 settembre 2013, n. 4488 Presidente Maruotti – Estensore Malaschini Fatto e diritto 1. Il ricorrente sig. Francesco Donati è professore straordinario di economia ed estimo rurale presso la Facoltà di agraria dell’Università degli studi di Udine. In data 29 ottobre 2007 egli è sottoposto ad un intervento chirurgico presso l’Ospedale di Bologna ed ha trascorso un periodo di convalescenza presso l’Ospedale civile di Ravenna, da cui è stato definitivamente dimesso il 21 novembre 2007. A giustificazione delle assenze di lavoro, egli faceva pervenire all’Università alcune certificazioni mediche, tra le quali il certificato in data 6 dicembre 2007, con cui si attestava che le cure mediche postoperatorie si sarebbero protratte fino al 31 gennaio 2008, e quello, in data 17 gennaio 2008, attestante l’idoneità a riprendere le attività proprie del suo status dal 21 gennaio 2008. Il ricorrente viste le discrete condizioni di salute” dichiara di aver ripreso fattualmente, ancor prima della data indicata nei certificati medici ora ricordati, l’attività di studio e di ricerca e quella didattica. L’Università lo aveva tuttavia posto in congedo straordinario per motivi di salute dal 29 ottobre 2007 al 12 dicembre 2007 e, ancora, dal 13 dicembre 2007 al 21 gennaio 2208, per complessivi 78 giorni. In relazione ai periodi di assenza sopra ricordati, il Rettore comunicava che – alla luce dell’interruzione della prestazione lavorativa per più di due mesi – il triennio di servizio utile alla nomina di professore ordinario veniva prorogato di un anno, come previsto dall’articolo 33, comma 2, del R.D. 6 aprile 1924, n. 674, venendo pertanto a scadere il 27 febbraio 2009. Tuttavia, poiché il collocamento in quiescenza sarebbe avvenuto il 1° novembre 2008, la nomina a professore ordinario non potrà aver luogo”. 2. Avverso tale provvedimento il professor Donati proponeva il ricorso n. 188 del 2008 innanzi al Tar Friuli Venezia Giulia, lamentando in primo luogo l’applicazione da parte dell’Università di una norma che non sarebbe più in vigore, e cioè l’articolo 33, secondo comma, del R.D. n. 674 del 6 aprile 1924, sopra ricordato. Tale disposizione, a giudizio del ricorrente, sarebbe stata espressamente abrogata dall’articolo 3 del R.D.L. n. 1755 del 16 ottobre 1924. Applicando invece l’articolo 6 del DPR n. 382 dell’11 luglio 1980, si sarebbe dovuto solo allungare il previsto triennio del periodo di assenza dal lavoro per motivi di salute dell’appellante in tal caso il triennio di servizio utile sarebbe venuto a maturare nel maggio del 2008. Rilevava poi il professor Donati di aver ripreso la propria ordinaria attività di docente universitario appena dimesso dall’Ospedale, e cioè fin dal mese di dicembre 2007. Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata. Il TAR respingeva il ricorso, rilevando in primo luogo che l’art. 33, secondo comma, del regio decreto n. 674 del 1924, asseritamente abrogata dall’articolo 3 del R.D.L. n. 1755 del 1924, risultava tuttora in vigore, essendo stata la norma originaria abrogata esclusivamente con riferimento a limitate professioni sanitarie, e che non fosse pertanto invocabile il successivo articolo 6 del DPR n. 382 dell’11 luglio 1980. Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, il giudice di primo grado riteneva che l’Amministrazione non potesse che basare le proprie determinazioni sui certificati medici emessi nel corso della malattia e trasmessi dall’interessato all’ufficio competente, e che le attività volontariamente svolte da questi non esaurivano in alcun modo quelle connesse al complessivo status di professore universitario. 3. Avverso tale sentenza proponeva appello al Consiglio di Stato il professor Donati. Nel ricorso, preso atto della statuizione del giudice di primo grado relativa alla mancata espressa abrogazione dell’articolo 33 del R.D. n. 674 del 1924, più volte citato, egli ne sosteneva l’abrogazione implicita a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 78 del regio decreto n. 1592 del 31 ottobre 1933, e dell’articolo 6 del DPR n. 382 dell’11 luglio 1980. Egli ribadiva poi la ritenuta sospensione del periodo interruttivo dovuto alla malattia, alla luce delle diverse attività universitarie condotte nel periodo della convalescenza. La causa è stata trattenuta in decisione nell‘udienza del 9 luglio 2013. 4. Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto. In relazione alla prima censura avanzata riguardante la dedotta abrogazione dell’articolo 33 del R.D. n. 674 del 6 aprile 1924 , la sua abrogazione espressa è stata disposta dall’articolo 3 del regio decreto legislativo n. 1755 del 1924 unicamente con riferimento alla professione di odontoiatra, al di fuori quindi del caso di specie. Quanto alla sua ritenuta abrogazione implicita” da parte dell’articolo 78 del regio decreto n. 1592 del 1933, osserva il Collegio che tale disposizione prevede anch’essa che per la nomina a professore ordinario siano richiesti tre anni di effettivo ed ininterrotto servizio” nella fascia inferiore. Tale riforma, tuttavia, non ha inciso sul vigore della legislazione precedente, che continua ad applicarsi in ordine alla determinazione delle condizioni e delle conseguenze della eventuale interruzione del servizio. Che l’articolo 33, comma 2, del regio decreto 6 aprile 1924, n. 674, continui ad essere in vigore lo si desume anche dall’orientamento della giurisprudenza amministrativa che ad esso, in casi analoghi, anche recentemente fa riferimento v. ad esempio TAR Piemonte, Sezione I, 14 gennaio 2009, n. 88 . Sul secondo motivo di ricorso secondo cui vi sarebbe stata lo svolgimento di talune attività universitarie da parte del ricorrente,nel corso del periodo ‘coperto’ dai certificati medici prodotti all’ufficio , osserva il Collegio che l’Università non poteva discostarsi dalle certificazioni prodotte nel corso della degenza e della convalescenza e non da quelle solo successivamente prodotte, che attestavano, retroattivamente, una idoneità allo svolgimento dell’attività di servizio , nonché dagli atti che hanno preso atto di tali certificazioni, costituendo titolo idoneo al mancato svolgimento dell’attività lavorativa ed alla sussistenza dei relativi obblighi. L’idoneità del professor Donati a svolgere le complessive attività legate allo status di professore universitario – anche se egli ha intesto recarsi presso la sede di lavoro prima ancora della scadenza del periodo ‘coperto’ dai certificati medici – non è stata a suo tempo segnalata all’ufficio che, dunque, non ha potuto far venire meno gli effetti degli atti di presa d’atto della loro produzione e comunque non può ex post essere desunta né in sede amministrativa, né in sede giurisdizionale dallo svolgimento di attività, non pienamente riscontrabili e comunque non valutabili da parte dell’Amministrazione, che neppure a suo tempo ha potuto verificare se esse esaurivano, tra l’altro, il complesso delle attività richieste al professore stesso. In altri termini, non è risultato a suo tempo che l’appellante, nel periodo in questione, abbia espletato in modo compiuto tutti i doveri inerenti al suo status egli stesso riconosce di non partecipato ai Consigli di facoltà e di dipartimento. E’ evidente che il riferimento ad un criterio fattuale, incerto ed aleatorio per rilevare ex post una idoneità al servizio e lo svolgimento dell’attività lavorative, non può superare le conseguenze che l’Amministrazione è tenuta a trarre dalle certificazioni mediche legittimamente presentate. L’appello quindi risulta infondato. La condanna al pagamento delle spese del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta , definitivamente pronunciando sull'appello n. 4376 del 2009, lo respinge e conferma la sentenza di primo grado. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, quantificate in 2.000,00 duemila euro. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.