L’irrituale notifica del questionario non inficia la rettifica

La disciplina del procedimento di accertamento non prevede, quale suo presupposto o momento necessario ed indefettibile, l’invio del questionario la legittimità dell’avviso di accertamento è quindi condizionata soltanto dal ricorrere dei presupposti della rettifica posta in essere.

Il caso. A quanto è dato comprendere, una società a responsabilità limitata impugnava un avviso di accertamento dolendosi del fatto che l’atto impositivo era stato preceduto da un questionario per la richiesta di documenti irritualmente notificato. La società contribuente domandava in particolare l’annullamento dell’atto nella parte in cui venivano irrogate le sanzioni amministrative, sostenendo che l’irritualità della notifica del questionario – accertata con sentenza – ne aveva determinato l’inerzia in sede procedimentale. La domanda di annullamento dell’atto impositivo veniva respinta dai giudici di merito. Nella sentenza n. 20256/2013, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione rigetta il ricorso, condannando altresì la società contribuente al pagamento delle spese processuali. In via preliminare, il Giudice di legittimità richiama alcuni principi di diritto in materia di richieste di dati, notizie e documenti. Invio del questionario. La Suprema Corte ricorda che la disciplina del procedimento di accertamento d.p.r. n. 600/1973 non prevede, quale suo presupposto o momento necessario ed indefettibile , l’invio del questionario la legittimità dell’avviso di accertamento è quindi condizionata soltanto dal ricorrere dei presupposti della rettifica posta in essere. Da tale rilievo il Collegio desume l’irrilevanza del mancato invio ai fini della validità della rettifica. La Quinta Sezione osserva tuttavia che lo scopo della disciplina in materia di richieste di dati, notizie e documenti è quello di favorire il dialogo fra le parti, in vista di un chiarimento pre-contenzioso delle reciproche posizioni, con risparmio di energie economiche e processuali . Con una espressione efficace il Collegio sintetizza le funzioni proprie del contraddittorio endoprocedimentale - dal lato del contribuente, il confronto consente di fornire chiarimenti sulla situazione concreta ed evitare l’instaurazione di un processo costoso e dagli esiti incerti tutte le volte in cui tali informazioni siano valorizzate dall’ufficio procedente per correggere le proprie contestazioni - dal lato della Pubblica Amministrazione, il contraddittorio può essere utilizzato per acquisire informazioni e correggere la rettifica sulla loro base, anch’essa evitando costi e incertezze propri della via giudiziaria. Entrano quindi in gioco interessi di valenza costituzionale, vale a dire il diritto di difesa del contribuente art. 24 Cost. e il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione art. 97 Cost. . Atteggiamento non collaborativo del contribuente Secondo la Corte di Cassazione, le preclusioni probatorie derivanti da un atteggiamento non collaborativo del contribuente art. 32, commi 4 e 5, d.p.r. n. 600/1973 non operano a carico del contribuente che non abbia ottemperato alle richieste rivoltegli nel termine assegnatogli, qualora l’amministrazione non l’abbia previamente avvertito delle conseguenze collegate a tale inottemperanza Cass., sez. trib., 10 gennaio 2013, n. 453/2013 . La paralisi delle preclusioni è condizionata all’allegazione di una causa d’impossibilità incolpevole da parte del contribuente Cass., sez. trib., n. 28049/2009 . Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale non ha posto a fondamento della pronuncia impugnata il questionario irritualmente notificato ma ha valutato la documentazione esibita in giudizio dalla società contribuente a sostegno della propria tesi difensiva, ritenendola tuttavia inidonea a tal fine.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 24 aprile – 4 settembre 2013, n. 20256 Presidente Cappabianca – Relatore Iofrida Svolgimento del processo Con sentenza n. 27/4 3/2007 del 22/03/2007, depositata in data 13/04/2007, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. 43, respingeva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 10/01/2006, dalla C. srl in liquidazione, avverso la decisione n. 118/14/2004 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso della stessa società contro un avviso di accertamento, notificatole nel dicembre 2002 dall'Agenzia di Milano 3, per maggiori imposte IRPEG ed ILOR dovute l'anno 1996 oltre le sanzioni, oggetto di distinto atto impositivo, conseguenti alla mancata risposta al questionario relativo alle registrazioni contabili inerenti un terreno edificabile venduto nell'agosto 1996 alla C. srl , a fronte del maggior reddito conseguente alla vendita, per £ 521.000.000, non risultata regolarmente contabilizzata, dell'immobile alla C. srl. La C.T.P. respingeva il ricorso della contribuente, nel merito, ritenendo indimostrata la tesi difensiva della C. relativa ad una pregressa vendita dell'immobile ad un diverso soggetto, la Società L.C.E., negli anni 1992 e 1993. La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame della contribuente, preliminarmente rilevando che, con altra sentenza n. 26/43/2007 , emessa in pari data dalla stessa Commissione, era stato accertato che la notificazione a mezzo del servizio postale del questionario per la richiesta di documenti era stata effettuata irritualmente in data 5/7/2002, mediante consegna del plico a persona non identificabile e della quale non era indicata la qualità rivestita nell'ambito della società , con conseguente nullità dell'atto di contestazione relativo alle sole sanzioni. Nel merito, la C.T.R., affermando che l'avviso di accertamento appariva sufficientemente motivato , riteneva indimostrata la tesi dell'appellante circa la riscossione del prezzo della vendita del terreno anteriormente, negli anni 1992 e 1993, da un soggetto diverso rispetto a quello indicato nel rogito notarile dell'agosto 1996, sia perché una fatturazione risalente a 3-4 anni prima del rogito non può essere ricondotta alla stessa operazione economica oggetto del rogito, sia perché la tesi dell'avvenuta riscossione del prezzo 3-4 anni prima del rogito contrasta con l'autorizzazione, che la società avrebbe concesso al suo rappresentante, a stipulare la vendita ed a concordare il prezzo . I giudici tributari aggiungevano inoltre che, in conformità ad orientamento interpretativo della Suprema Corte sull'art. 75 T.U.I.R., la deroga al principio di competenza, con riguardo al reddito di impresa, era consentita soltanto per le ipotesi nelle quali nel periodo di competenza non fosse ancora certa l'esistenza di una spesa . Avverso tale sentenza presente nel fascicolo di parte ricorrente ha promosso ricorso per cassazione la società contribuente, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c. Motivo 1, in relazione all'art. 112 c.p.c., avendo i giudici tributari omesso ogni pronuncia sul vizio di mancanza di qualunque motivazione della sentenza di primo grado, oggetto di pregiudiziale motivo di appello, e Motivo 2, in relazione sempre all'art. 112 c.p.c., non essendosi i giudici tributari pronunciati sul capo tre delle conclusioni in appello, concernente il vizio di motivazione dell'atto impositivo , e per contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Motivo 3, per avere i giudici tributari contraddittoriamente, da un lato, confermato la mancanza di prova della rituale notifica del questionario e, dall'altro lato, confermato l'avviso di accertamento la cui induttività era stata disposta dall' ufficio in ragione dell'asserita mancata risposta al questionario, la notifica del quale non era venuta a conoscenza della ricorrente . Non ha resistito l'Agenzia delle Entrate con controricorso, depositando soltanto un atto di costituzione ai fini della partecipazione alla pubblica udienza di discussione. Motivi della decisione I primi due motivi, implicanti error in procedendo, ex art. 360 n. 4 c.p.c., per omessa pronuncia sulle conclusioni 1 e 3 delle conclusioni dell'atto di appello della C. ritrascritto in ricorso , sono infondati. La sentenza impugnata, da un lato, ha ripercorso il ragionamento dei giudici di primo grado, condividendolo e supportandolo di ulteriori considerazioni al fine di confermarne il giudizio finale, con conseguente implicita reiezione del vizio, denunciato in appello, di omessa motivazione della decisione della C.T.P., e, dall'altro lato, ha ritenuto sufficiente motivato l'avviso di accertamento, osservando che la C. si era difesa nel merito, così rigettando l'eccezione dell'appellante volta a contestare la carenza di motivazione dell'atto impositivo per asserita correlazione della pretesa ad una mera inosservanza formale l'omessa risposta della contribuente ad un questionario non ritualmente notificatole . Il terzo motivo è del pari infondato, oltre che inammissibile per difetto di autosufficienza non essendo ritrascritto nel dettaglio il contenuto dell'avviso di accertamento ai fini della vaglio della natura della metodologia ricostruttiva . Invero, non vi è alcuna contraddizione in termini di correlazione logica tra le affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, inerenti la non debenza delle sanzioni, accertata in altro giudizio, in mancanza di un'inerzia della contribuente, alla richiesta di informazioni documentali, alla stessa imputabile, per difetto di una rituale notifica del questionario , e la legittimità della pretesa impositiva, per omessa registrazione dei ricavi conseguenti alla vendita di un terreno edificabile nel 1996. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il paradigma normativo del procedimento di accertamento della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti, disciplinato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non prevede, quale suo presupposto o momento necessario ed indefettibile della serie procedimentale finalizzata alla rettifica, l'invio del questionario di cui all'art. 32, n. 4, sicché il mancato invio non inficia la perfezione e la validità del procedimento di rettifica, che restano subordinati alla sola carenza dei presupposti di cui all'art. 38 del suddetto decreto principio consolidato vedi Cass. 20 giugno 2007, n. 14367 Cass. 23 giugno 2006, n. 14675 Cass. 453/2013 . La norma, infatti, non ha come obiettivo di impedire la manipolazione fraudolenta delle scritture contabili, essendo invece dettata, come anche quella che prevede la comparizione personale del contribuente art. 32 cit., comma 1, n. 2 , allo scopo di favorire il dialogo fra le parti, in vista di un chiarimento pre - contenzioso delle reciproche posizioni, con risparmio di energie economiche e processuali. Sicché il soggetto è posto in condizione di rispondere - e rendere in tal modo possibile un chiarimento utile ad entrambe le parti - o non rispondere ed attendere l'esito dell'accertamento in corso fermo restando ad ulteriore dimostrazione dello spirito di collaborazione e di dialogo cui la norma in esame è ispirata che egli ha pur sempre facoltà di dimostrare con idonea documentazione, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6 . Inoltre, se la mancata risposta sia dipesa da impossibilità obiettiva di rispondere o da qualunque altra causa incolpevole, l'allegazione tempestiva di tale circostanza impedisce qualunque preclusione nella successiva ed eventuale fase contenziosa Cass.28049/2009 . In caso di mancato esercizio di tale facoltà, di invio del questionario, da parte dell'ufficio, l'iniziativa è consentita al contribuente D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6 anche la mancata risposta al questionario, se giustificata mediante l'allegazione di una causa d'impossibilità incolpevole, non comporta alcuna preclusione. La Commissione Tributaria Regionale non ha posto a fondamento della sua decisione la mancata risposta al questionario, non ritualmente inviato,ai sensi dell'art. 32 del citato DPR 600/1973, essendosi limitata ed evidenziare che la documentazione esibita in giudizio dalla contribuente non era comunque idonea a sorreggere la relativa tesi difensiva. La Corte rigetta il ricorso. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012, attuativo della prescrizione contenuta nell'art. 9, comma 2°, d.l. 1/2012, convertito dalla l. 271/2012 Cass. S.U. 17405/2012 , seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi € 4.500,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.