Le dichiarazioni di chi doveva essere sentito come indagato sono utilizzabili nei confronti dei terzi

La Cassazione dirime alcuni dibattiti giurisprudenziali fra cui, anche, la possibilità di demandare al giudice di terzo grado il vizio di travisamento del fatto. Le soluzioni offerte paiono peggiorative per le difese. La

Il caso. Più imputati ricorrono avverso la sentenza di merito che aveva loro contestato, condannandoli, i reati di associazione a delinquere, aborto clandestino – articolo 9, l. numero 194/1978 – e di peculato. I difensori denunciavano vizi di ordine processuale, attinenti alla tenuta logica e motivazionale della sentenza impugnata e al regime di inutilizzabilità di prove invece assunte a fondamento della sentenza di condanna. La Cassazione, sezione Sesta Penale, numero 30460/2012 depositata il 25 luglio, fra le altre statuizioni di un’estesa motivazione, isola e chiarisce alcuni elementi in ordine, in particolare, al valore da riconoscere alle dichiarazioni autoindizianti ex articolo 63 c.p.p., sul quale sussiste un vivo contrasto giurisprudenziale, ed in ordine all’ampiezza del sindacato del giudice di legittimità, finanche agli atti processuali non deducibili in motivazione, ex articolo 606 c.p.p Le dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito sin dall’inizio come indagato sono utilizzabili nei confronti di terzi. Nonostante l’articolo 63, secondo comma, c.p.p. ne disponga l’inutilizzabilità, la Cassazione in commento opta per una soluzione lieve quelle dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti del dichiarante, che non aveva assunto la veste di indagato – acquisendo le connesse garanzie -, ma nulla vieta al giudice del merito o al giudice del procedimento penale di poterle utilizzare al fine di attivare i mezzi di ricerca della prova – intercettazioni telefoniche, come nel caso – o di motivare provvedimenti restrittivi della libertà personale contro eventuali terzi. Sussiste sul punto un vivo dibattito accademico e giurisprudenziale. Seppure la formula legislativa appaia carente – tratta laconicamente di una generica inutilizzabilità, senz’altro aggiungere – la Cassazione propende per una soluzione tesa a non disperdere la prova acquisita senza tuttavia fornire solidi sostegni sistematici, semplicemente adducendo al necessario riscontro di cui le dichiarazioni avrebbero comunque bisogno per supportare un’ipotesi di reità, articolo 192, terzo comma, c.p.p Forse maggior pregio meriterebbero gli argomenti della soluzione opposta che propende per una inutilizzabilità assoluta, fra cui lo scetticismo verso un’interpretazione semantica in malam partem che parafraserebbe il testo di legge in senso peggiorativo per gli imputati anche se terzi e il timore del consolidarsi di una prassi tesa a ritardare l’attribuzione dello status di indagato alla persona sentita, al fine di ottenere dichiarazioni compromettenti per gli eventuali terzi, senza aver indotto il dichiarante ad una reticenza o ad una ritrosia derivata dallo stato di persona accusata. Il vizio di “travisamento del fatto”. Ancora un meno vivace contrasto giurisprudenziale. Una soluzione negativa per le difese. Il ricorrente contestava l’aderenza impossibile della motivazione della sentenza impugnata con quanto deducibile dagli atti processuali, contestualmente offriva una distinta valutazione dei fatti e delle seguenti risultanze logiche. La Cassazione in commento stronca qualsiasi ipotesi di riesame del fatto, respinge l’impugnazione del vizio, anche quando gli elementi contestati in motivazione siano assenti o indeducibili dagli atti. Di fatto riduce il vizio ex articolo 606, lett. e, c.p.p. ai casi di travisamento della prova, in cui la prova acquisita risulti distante dalle risultanze reali, escludendo dunque rielaborazioni più ampie e generiche delle risultanze processuali che possano condurre ad una distinta ricostruzione dei fatti contestati. L’opposto orientamento, in via di esaurimento, ammette un sindacato più ampio del giudice di legittimità, al quale comunque gli articolo 620, 621 e 623 c.p.p. consentirebbero l’indagine su atti anche non direttamente acquisibili dalla motivazione licenziata dal giudice di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 giugno – 25 luglio 2012, numero 30460 Presidente Di Virginio – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1, Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia di primo grado emessa il 03/12/2008 dal Tribunale della stessa città, appellata dal Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale, dagli imputati e dalle parti civili sotto elencate - condannava D M. in relazione al reato di cui all'articolo 317 cod. penumero capo m1 , unificato per continuazione con i reati di cui agli articolo 416 cod. penumero , ritenuta l'ipotesi di cui al comma 1 capo a 81 cpv. cod. penumero e 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capo c 81 e 110 cod. penumero , 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capi d , limitatamente agli episodi riguardanti Pa.Gi. , G P.e. M M. , e , f , v e z 81 cpv., 110 e 476 cod. penumero capo a1 , limitatamente agli episodi riguardanti Vi Pi. e t m. 314 cod. penumero capo e1 , per i quali il M. aveva già riportato condanna in primo grado, su tali capi confermata in appello - condannava A N. in relazione al reato di cui all'articolo 416 cod. penumero capo a , unificato per continuazione con i reati di cui agli articolo 81 cpv. cod. penumero e 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capi d , limitatamente all'episodio riguardante P.G. - ed f , per i quali la N. aveva già riportato condanna in primo grado, su tali capi confermata in appello - condannava G P. in relazione al reato di cui all'articolo 368 cod. penumero capo q1 , oltre che al risarcimento del danno in favore delle parti civili R A. e C.G. , con rideterminazione della pena in aggiunta a quella inflitta per il reato di cui all'articolo 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capo g , per il quale la P. aveva già riportato condanna in primo grado, su tali capi confermata in appello - dichiarava non doversi procedere nei confronti del M. e di Ag Me. in relazione ai reati di cui agli articolo 110 cod. penumero e 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 loro ascritto al capo 11 nei confronti di C D.P. , della Me. e della N. in relazione ai reati di cui agli articolo 81 cpv. e 348 cod. penumero loro rispettivamente ascritti ai capi g1 , h1 ed i1 , per le condotte poste in essere fino al giugno del 2003 nonché nei confronti della Me. in relazione al reato di cui all'articolo 348 cod. penumero ascrittole al capo p1 , perché tali illeciti si erano estinti per intervenuta prescrizione confermava nel resto la suddetta sentenza di primo grado con la quale il Tribunale di Palermo aveva condannato - la D.P. in relazione ai reati di cui agli articolo 416 cod. penumero capo a , 81 cpv. e 110 cod. penumero , 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capi c , d , per quest'ultimo capo limitatamente agli episodi riguardanti G P. e Ma Ma. , ed f - la Me. in relazione ai reati di cui ai reati di cui agli articolo 416 cod. penumero capo a , 81 cpv. e 110 cod. penumero , 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capi d , limitatamente agli episodi riguardanti Gi Pa. , G P. e Ma.Ma. , ed f - G O. in relazione al reato di cui agli articolo 81 cpv. e 110 cod. penumero , 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capo c - G D.F. in relazione al reato di cui all'articolo 378 cod. penumero capo t - Si Mi. in relazione ai reati di cui agli articolo 81 cpv. e 110 cod. penumero , 19, comma 1, legge numero 194 del 1978 capi v e z 81 cpv., 110, 117 e 476 cod. penumero capo al , per gli ultimi due limitatamente agli episodi riguardanti Pi.Vi. e m.t. . Rilevava la Corte di appello come i risultati dell'istruttoria dibattimentale di primo grado avessero riscontrato la fondatezza dell'ipotesi accusatoria con riferimento alla gran parte delle fattispecie delittuose contestate ai prevenuti. In particolare, sulla base delle prime indagini avviate dopo il ritrovamento, nel omissis , di una neonata abbandonata in una strada di XXXXXXX, nonché alla luce delle successive articolate investigazioni - concretizzatesi soprattutto nella esecuzione di operazioni di intercettazione di conversazioni e comunicazioni tra presenti all'interno dello studio medico privato e dell'autovettura del M. , e di una iniziativa della polizia giudiziaria di intervento presso quello studio proprio nel momento in cui il prevenuto stava effettuando una “operazione” su una donna, poi identificata nella P. - tradottesi negli esiti dell'istruttoria dibattimentale, nonché dell'acquisizione di varia documentazione e delle deposizioni di vari testimoni, consulenti tecnici e parti, era stata provata l'esistenza di una associazione per delinquere, di cui facevano parte il M. , medico ostetrico ginecologico in servizio presso l'ospedale civico di XXXXXXX, ed almeno tre sue infermiere, la D.P. , la Me. e la N. , sodalizio dedito alla sistematica commissione di più delitti di interruzione volontaria di gravidanza reati di cui all'articolo 19 della già citata legge numero 194 del 1978 consumati dai prevenuti presso lo studio medico privato, sito in omissis , dove il M. , con l'ausilio delle tre anzidette infermiere, aveva effettuato clandestinamente interruzioni volontarie di gravidanza, fuori dalle strutture sanitarie pubbliche dove quegli interventi sono consentiti dalla legge ovvero consumati dal M. presso l'ospedale civico di XXXXXXX, in concorso con la Mi. , dipendente del nosocomio e addetta al servizio di interruzione volontaria della gravidanza all'interno della prima divisione di quella struttura, senza l'osservanza delle modalità prescritte dall'articolo 5 legge numero 194 del 1978, in specie omettendo di invitare le donne interessate a soprassedere sulla scelta per il periodo di sette giorni, ed anzi falsificando i documenti, costituenti atti pubblici fidefacenti, relativi a quegli interventi. Aggiungeva la Corte territoriale come fossero infondate le eccezioni, avanzate dalla difesa di diversi imputati, di inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali eseguite durante la fase delle indagini, in quanto mezzo di prova legittimamente autorizzato in relazione alla fattispecie associativa contestata come fosse irrilevante che il M. era stato in precedenza autorizzato dalla direzione sanitaria dell'ospedale civico di XXXXXXX a svolgere attività libero professionale intramuraria presso quello studio ambulatoriale privato di omissis , in quanto, nonostante l'ampio contenuto dell'autorizzazione, le interruzioni volontarie di gravidanza, meno che mai se d'urgenza, non erano comunque eseguibili in un contesto ambulatoriale privato, essendo per legge quegli interventi praticabili esclusivamente all'interno di strutture sanitarie pubbliche autorizzate ed ancora, come fosse infondata la tesi difensiva secondo cui il M. non aveva mai eseguito nel suo studio privato aborti illegali, vale a dire interruzioni volontarie di gravidanza embrionata , bensì solo interventi su donne affette dalla patologia c.d. dell'uovo chiaro o cieco , cioè di casi di gravidanza anembrionata e ciò sia perché la legge numero 194 del 1978, nel sanzionare quelle condotte di interruzione, prescinde dal fatto che la gravidanza della donna sia con o senza embrione, essendo tutelata innanzitutto la salute della interessata e la circostanza che un intervento incidente sulla integrità psico-fisica della stessa sia avvenuto senza il rispetto dei modi, dei tempi e delle forme previste dalla legge sia anche perché le emergenze processuali, lungi dall'accreditare la versione difensiva, avevano dimostrato in fatto che le donne che si erano rivolte al M. per abortire , erano tutte in stato di normale gravidanza. Specificava la Corte siciliana come le carte del processo avessero pure dimostrato - la colpevolezza del M. , oltre che per una serie specifica di episodi di interruzione volontaria della gravidanza e per i delitti di falso innanzi considerati, anche in relazione al delitti ascrittigli di peculato per avere, quale incaricato di pubblico servizio, come medico dell'ospedale civico di XXXXXXX autorizzato ad effettuare attività intramoenia extramuraria, omesso di trasmettere a tale nosocomio le fatture rilasciate in occasione delle visite da lui eseguite presso il suo studio privato di corso omissis , appropriandosi della parte delle somme di denaro versategli dalle pazienti visitate, destinate all'ospedale e di concussione per avere indotto tale a m. a consegnargli indebitamente la somma di 800.000 lire, invitandola ad effettuare l'interruzione volontaria di gravidanza nel suo studio entro i novanta giorni di legge, termine che, a suo dire, non sarebbe stato possibile rispettare presso il reparto di ginecologica del nosocomio di XXXXXXX, ove la donna si era inizialmente presentata - la colpevolezza della P. , oltre che per il concorso nel reato di interruzione volontaria di gravidanza che l'aveva riguardata, anche in relazione a quello di calunnia in danno degli operatori di polizia che, il omissis , avevano eseguito un sopralluogo all'Interno dello studio medico privato del M. , ove ella si trovava perché sottoposta a quell'intervento di interruzione di gravidanza, accusandoli falsamente, pur sapendoli innocenti, di aver subito, assieme al di lei marito, l'aggressione fisica da parte di quei poliziotti, i quali pure avevano sequestrato il materiale biologico asportatole, impedendole così di effettuare il successivo esame istologico - la colpevolezza del D.F. in relazione al reato di favoreggiamento personale, per avere, dopo la commissione da parte del M. del delitto di interruzione volontaria della gravidanza nei riguardi di Jo Ad. , aiutato i prevenuti, oltre agli altri componenti della menzionata associazione per delinquere, ad eludere le investigazioni dell'autorità, negando di avere mai avuto rapporti telefonici con il M. e di avere mai accompagnato la Ad. presso lo studio medico privato dello stesso M. . Evidenziava, infine, la Corte di appello di Palermo come dovessero essere dichiarati estinti per intervenuta prescrizione i reati di abusivo esercizio della professione contestati al M. , alla D.P. , alla Me. e alla N. , per avere il primo esercitato la professione di anestesista, praticando l'anestesia anche generale alle pazienti che si erano recate nel suo studio privato, senza essere in possesso delle relativa abilitazione e per avere le altre esercitato, in quello stesso contesto, la professione di infermiera e di anestesista, senza essere in possesso delle relative abilitazioni declaratoria di prescrizione limitata, per i reati dei capi g1 , h1 e i1 , ascritti alla D.P. , alla Me. e alla N. , alle sole condotte poste in essere fino al omissis . 2. Avverso tale sentenza hanno presentato ricorso gli otto imputati elencati in epigrafe. 2.1. D M. ha presentato ricorso, con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Valerio Vianello Accoretti, deducendo i seguenti quindici motivi. 2.1.1. Violazione di legge, in relazione all'articolo 603 cod. proc. penumero , vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva, per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante l'espletamento di una perizia finalizzata ad accertare, attraverso l'esame del materiale biologico sequestrato in occasione dell'intervento della polizia giudiziaria nello studio medico privato dei M. , ove, in quel momento, si trovava la P. , se quello praticato a quest'ultima fosse effettivamente una interruzione volontaria di gravidanza embrionata, come sostenuto dall'accusa, ovvero un aborto spontaneo ovvero un una interruzione di gravidanza anembrionata, c.d. con uovo chiaro perizia tanto più necessaria in presenza di contrastanti indicazioni sul punto offerte dai consulenti tecnici di parte. 2.1.2. Violazione di legge, in relazione all'articolo 603 cod. proc. penumero , vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva, per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante l'espletamento di una perizia tecnica, sollecitata dalla difesa per accertare se le ecografie prodotte in primo grado, riguardanti i casi di interruzione della gravidanza che avevano interessato la Pa. e la Ad. , fossero genuine, cioè fossero state realizzate con la stampante effettivamente presente nello studio del M. e con l'ecografo pure installato in quello stesso ambulatorio rigetto che la Corte aveva motivato facendo anche riferimento alla modificabilità del software dell'ecografo, senza nulla dire in ordine alla provenienza delle ecografie dalla indicata stampante. 2.1.3. Violazione di legge, in relazione all'articolo 266 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale disatteso l'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni tra presenti, eseguite durante le indagini, atteso che per il reato per il quale si procedeva, quello di cui all'articolo 416, comma 2, cod. penumero non emergendo all'epoca la contestazione della diversa fattispecie del comma 1 a carico del M. , il suddetto articolo 266 non avrebbe consentito l'impiego di quell'invasivo mezzo di ricerca della prova. 2.1.4. Violazione di legge, in relazione agli articolo 266, 267 e 268 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte palermitana omesso di considerare che le operazioni di intercettazione ambientale, da un lato, erano state eseguite con l'utilizzazione di impianti posti fuori dagli uffici della Procura della Repubblica, senza tuttavia che in tutti i decreti di esecuzione il P.M. avesse attestato la insufficienza o inidoneità degli impianti installati nella Procura, e l'esistenza delle eccezionali ragioni di urgenza, cui espressamente fa riferimento l'articolo 268, comma 3, cod. proc. penumero da altro lato, erano state autorizzate dal P.M. senza lo stesso, in cinque suoi decreti, avesse motivato circa le ragioni di urgenza di cui all'articolo 267, comma 2, cod. proc. penumero , e senza che tale carenza potesse ritenersi sanata dal successivo decreto di convalida del G.i.p. motivazioni sulle ragioni di urgenza che, peraltro, giammai avrebbero potuto sostituire l'indicazione, anch'essa omessa dal P.M. nei suoi decreti di esecuzione, delle eccezionali ragioni di urgenza che avrebbero potuto legittimare l'impiego di impianti posti fuori dagli uffici della Procura. 2.1.5. Violazione di legge, in relazione agli articolo 63, comma 2, e 267 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte siciliana erroneamente omesso di censurare le determinazioni dei giudici di primo grado i quali avevano rigettato l'eccezione difensiva di illegittimità delle disposte intercettazioni perché autorizzate - in tre dei cinque casi di decreti autorizzativi esaminati - sulla base di dichiarazioni affette da inutilizzabilità assoluta, in quanto rese da A G. come mera persona informata dei fatti, laddove la stessa doveva essere sentita come soggetto indagato essendo già emersi, in quel momento, indizi di reità a suo carico. 2.1.6 Violazione di legge, in relazione all'articolo 429 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale disatteso l'eccezione difensiva di nullità del decreto che aveva disposto il giudizio per insufficiente indicazione dei fatti integranti l'ipotesi di peculato di cui al capo d'imputazione e1 , non essendo stati indicati gli specifici episodi oggetto di contestazione, né l'ammontare delle somme complessivamente corrisposte ed eventualmente trattenute. 2.1.7 Nullità della sentenza ex articolo 522 cod. proc. penumero , in relazione agli articolo 516, 517, 518 e 521 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di primo grado in relazione al reato associativo di cui al capo a , ritenendo contestata in fatto l'ipotesi più grave del ruolo direttivo del comma 1 dell'articolo 416 cod. penumero , senza aver modificato l'imputazione a contenuto generico e senza aver consentito all'imputato di avere piena contezza dei fatti a lui addebitati. 2.1.8 Nullità della sentenza ex articolo 522 cod. proc. penumero , in relazione agli articolo 516, 517, 518 e 521 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di primo grado in relazione al reato di falso di cui al capo al , ritenendo contestata in fatto la circostanza aggravante dell'atto pubblico fidefacente fino a querela di falso, benché nella relativa imputazione non ve ne fosse traccia e non fosse stata operata la contestazione dibattimentale a mente del suddetto articolo 517 dei codice di rito. 2.1.9. Violazione di legge, in relazione agli articolo 42 cod. penumero , 8 e 19 legge numero 194 del 1978, e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte di merito riconosciuto la responsabilità penale del M. con riferimento ai delitti di interruzione volontaria della gravidanza di cui ai capi d'imputazione c , d , e ed f , nonostante lo stesso avesse ottenuto dalla direzione sanitaria dell'azienda dalla quale dipendeva, l'autorizzazione a svolgere attività libero professionale intramuraria per tutte te voci di ostetricia e ginecologia , senza alcuna esclusione di tipologia di interventi ambulatoriali, rendendo così quello studio vera e propria parte integrante dell'ospedale circostanza, questa, idonea pure ad escludere che l'imputato avesse agito con dolo. 2.1.10. Violazione di legge, in relazione agli articolo 192 cod. proc. penumero e 19 legge numero 194 del 1978, e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte siciliana affermato la colpevolezza del M. in ordine ai reati di cui alla norma incriminatrice della predetta legge speciale, valorizzando materiale generico e non circostanziato, sostanzialmente costituito da materiale intercettativo dalla interpretazione mai univoca . 2.1.11. Violazione di legge, in relazione agli articolo 42 e 314 cod. penumero , 192 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte palermitana confermato la pronuncia di condanna di primo grado con riferimento atta fattispecie di peculato ascrittagli al capo e1 , ritenendo sufficiente a dimostrare la colpevolezza del M. il contenuto peraltro molto indeterminato della risposta fornita dall'Ufficio ticket dell'azienda ospedaliere, che aveva comunicato come, nel periodo indicato, il prevenuto non avesse provveduto ad effettuare il versamento dovuto e ciò nonostante il M. avesse continuato ad utilizzare il blocchetto delle fatture rilasciatogli dalla sua amministrazione, essendo pure possibile che egli avesse solo ritardato il versamento di quanto dovuto, stante il termine ordinatorio previsto per tale adempimento. 2.1.12. Violazione di legge, in relazione all'articolo 416 cod. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale confermato la prima condanna pur in assenza di elementi probatori idonei a dimostrare l'esistenza di un pactum sceieris tra gli imputati, essendo stati valorizzati dati afferenti al normale rapporto lavorativo esistente tra il M. e le sue due dipendenti infermiere e, comunque, significativi di una episodica partecipazione delle due donne alle presunte attività illecite del prevenuto. 2.1.13. Violazione di legge, in relazione agli articolo 5 e 19 legge n, 194 del 1978, e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte di appello confermato la condanna con riferimento ai due episodi di interruzione volontaria della gravidanza, contestati ai capi v e z , per non aver rispettato le formalità prescritte dal citato articolo 5, nonostante l'imputato non fosse stato tenuto a verificare l'osservanza di quelle prescrizioni, compito spettante al personale amministrativo dell'ospedale. 2.1.14. Violazione di legge, in relazione all'articolo 476 cod. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale confermato la colpevolezza dell'imputato con riferimento all'ipotesi delittuosa di falso materiale addebitatogli al capo a1 , nonostante non vi fosse alcuna prova della riferibilità al M. delle alterazioni di quelle certificazioni non qualificabili come atti pubblici fidefacenti , e nonostante che le dichiarazioni accusatorie della coimputata Mi. fossero rimaste prive di riscontro estrinseci. 2.1.15. Violazione di legge, in relazione all'articolo 317 cod. penumero , e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale dichiarato la colpevolezza dell'imputato con riferimento alla ipotesi di concussione ascrittagli al capo mi , in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, senza confutare dettagliatamente le conclusioni cui erano pervenuti i primi giudici. 2.1.16. Con memoria depositata il 06/06/2012, l'avv. Valerio Vianello Accorrerti, nell'interesse del M. , ha articolato un nuovo motivo, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello aveva omesso ogni valutazione circa le dichiarazioni rese dal teste N. , favorevoli all'imputato, e non aveva tenuto conto che il M. non aveva compiuto alcun atto di induzione o di costrizione in danno della ma. , non potendo la fattispecie concessive essere desunta dalla mera autorità derivante dalle funzioni pubbliche esercitate dal pubblico ufficiale, e ciò tanto più considerato che la donna aveva già manifestato al medico l'intenzione di procedere presso una struttura privata anche per ragioni di segretezza . 2.2. C D.P. e Ag Me. hanno presentato ricorso, con atto sottoscritto dal loro difensore l'avv. Valerio Vianello Accoretti, deducendo, con un unico motivo, la violazione di legge, in relazione all'articolo 416 cod. penumero , ed il vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per le medesime ragioni già sopra esposte, con riferimento alla posizione del coimputato M. , nel punto 2.1.12., cui si fa rinvio. 2.3. A N. ha presentato ricorso, con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Giuseppe Inzerillo, deducendo i seguenti cinque motivi. Violazione di legge, In relazione agli articolo 125, 533 e 546 cod. proc. penumero , e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello di Palermo 2.3.1. affermato la colpevolezza dell'imputata con riferimento al delitto associativo di cui all'articolo 416 cod. penumero , contestatole al capo a , senza fornire una motivazione particolarmente approfondita idonea a superare le conclusioni assolutorie cui, in via logica, era pervenuto, invece, il giudice di primo grado e ciò nonostante le intercettazioni ambientali avessero provato che la N. aveva “subito” i lunghi monologhi del M. - al quale ella era legata anche da ragioni extralavorative - presso il cui studio era stata presente in maniera saltuaria ed occasionale, con l'assunzione di un ruolo marginale, ben diverso da quello delle coimputate D.P. e Me. 2.3.2. confermato la pronuncia di condanna di primo grado in relazione ai reati di cui all'articolo 19 legge numero 194 del 1978, contestabile al capi d ed f , nonostante l'accusa avesse trovato fondamento, per il capo f , essenzialmente nelle dichiarazioni rese da R L. , acquisite nel primo giudizio ex articolo 513, comma 1, cod. proc. penumero , inutilizzabili nei riguardi della N. per mancata prestazione del relativo consenso e nonostante l'intercettazione ambientale valorizzata per il delitto del capo d fosse stata letta in maniera parziale, atteso che la dichiarazione incriminata , pronunciata da una non meglio identificata donna alla presenza del M. , non aveva dato alcuna certezza sul fatto che le siringhe fossero state prelevate proprio da A N. ” 2.3.3. dichiarato la prescrizione del reato di cui all'articolo 348 cod. penumero e non anche il proscioglimento nel merito, nonostante la mancanza di prova circa il coinvolgimento della prevenuta nella consumazione delle ipotesi di interruzione volontaria della gravidanza dei capi d ed f 2.3.4. omesso di motivare in ordine alla sussistenza del richiesto elemento psicologico dei reati contestati, non potendosi escludere che la N. , la quale, peraltro a differenza del medico M. , non aveva alcuna specifica conoscenza sanitaria, potesse essere stata tutt'altro che consapevole della illiceità di condotte che veniva poste in essere al di là della porta di uno studio che per lei restava sempre chiusa 2.3.5. omesso di motivare sulla diversità degli aumenti di pena per la continuazione con i reati “satellite”, rispetto alle pene determinate per le coimputate D.P. e Me. , che, pur avendo avuto ruoli molto più rilevanti nelle vicende de quibus, avevano ottenuto dal primo giudice un trattamento più favorevole. 2.4. Si Mi. , con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Ennio Tinaglia, ha dedotto i seguenti tre motivi. 2.4.1. Violazione di legge, in relazione agli articolo 192 cod. proc. penumero , 5, 8 e 9 legge numero 194 del 1978, e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che la Mi. si era limitata a compilare lo stampato di una certificazione, annotandovi ciò che le veniva riferito dal medico M. , l'unico soggetto al quale la legge affida il compito di curare il colloquio con la donna interessata alla interruzione volontaria della gravidanza colloquio che il predetto poteva aver effettuato, all'insaputa dell'imputata, anche nel proprio studio ambulatoriale privato e per avere illogicamente valorizzato il disordine organizzativo del sistema delle prenotazioni , circostanza questa del tutto isolata, da cui giammai si sarebbe potuta desumere la prova della consapevolezza e dell'interesse della Mi. a favorire le attività illecite svolte dal M. sia nel contesto ospedaliere che in quello ambulatoriale privato. 2.4.2. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, con riferimento ai reati di falso materiale di cui al capo d'imputazione a1 , per avere la Corte palermitana valorizzato il fatto che le correzioni sui certificati fossero state fatte dalla imputata senza apporre una propria sigla, ovvero senza ricompilare un nuovo modulo-stampato, dato questo che avrebbe dovuto condurre a ritenere la buona fede della prevenuta, che, se interessata a falsificare il certificato per favorire il M. , ben avrebbe potuto distruggere il primo documento e sostituirlo con un altro, senza effettuare alcuna correzione del precedente. 2.4.3. Prescrizione dei reati di cui ai capi v contestato come commesso sino al 12/11/2003, dunque estintosi il 12/05/2011 , z e al commessi sino al 13/02/2004, dunque estintisi il 13/08/2011 . 2.4.4. Con successiva memoria depositata il 15/05/2012, la Mi. - oltre a ribadire alcuni passaggi del suo originario ricorso - ha dedotto, come ulteriore nuovo motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione, evidenziando la circostanza che la sua posizione fosse stata, nella sentenza gravata, parificata a quella delle infermiere che prestavano la loro attività lavorativa nello studio ambulatoriale privato del M. , laddove, a differenza di queste, ella non aveva fornito alcun contributo materiale alla consumazione dei reati di interruzione volontaria della gravidanza. 2.5. G P. , con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Loredana Alicata, ha dedotto i seguenti quattro motivi. 2.5.1. Nullità della sentenza di primo grado per non essersi il Tribunale di Palermo pronunciato sulla richiesta di estromissione delle parti civili C. e A. , mai indagati per alcun reato, né individuati come persone offese della presunta calunnia commessa dalla P. . 2.5.2. Nullità della sentenza di secondo grado, per violazione di legge in relazione all'articolo 546 cod. proc. penumero , per essersi la Corte di appello pronunciata sulla richiesta risarcitoria formulata dalle suddette parti civili, benché le stesse non fossero state formalmente ammesse in primo grado avessero domandato di essere rimesse nei termini per impugnare, istanza sulla quale la Corte non aveva provveduto ed avessero, in maniera inammissibile, chiesto la condanna dell'imputata per l'affermazione penale. 2.5.3. Vizio di motivazione in ordine all'errata indicazione delle ragioni della condanna dell'imputata al risarcimento dei favore delle costituite parti civili ed al pagamento di una provvisionale avendo la Corte fatto riferimento al pregiudizio patito dal C. e dall'A. in conseguenza della loro iscrizione nel registro degli indagati, cosa, invero, mai accaduta, avendo a suo tempo iscritto il P.M. la notizia di reato nel registro ignoti la P. , ha altresì, domandato, ex articolo 612 cod. proc. penumero , la sospensione della condanna civile in quanto dalla sua esecuzione potrebbe derivare per l'imputata un grave ed irreparabile danno, in ragione delle condizioni economiche della stessa. 2.5.4. Vizio di motivazione, per mancanza contraddittorietà o manifesta infondatezza, della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale condannato la P. sulla base di erronea “lettura” delle emergenze processuali, le quali proverebbero esclusivamente che la prevenuta si era recata nello studio ambulatoriale del M. solo perché aveva avuto una minaccia di aborto e non anche per una interruzione volontaria della gravidanza. 2.6. G D.F. , con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Loredana Alicata, ha dedotto, con unico motivo, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna di primo grado nonostante l'insufficienza della prova dell'esistenza degli elementi costitutivi del contestato delitto di favoreggiamento personale e del connesso elemento psicologico in capo all'imputato. Il ricorrente si è altresì doluto della eccessività della pena irrogatagli e del mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata di cui all'articolo 378, comma 3, cod. penumero . 2.7. G O. , con atto sottoscritto personalmente, ha dedotto, con un unico motivo, la violazione di legge, in relazione agli articolo 2 cod. penumero , 14 preleggi e 25 Cost., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello confermato la pronuncia di condanna di primo grado sulla base di una erronea valutazione delle risultanze processuali, nonostante ella fosse stata assolta dai primi giudici dal reato di partecipazione all'associazione per delinquere diretta dal M. e benché la prevenuta non fosse stata affatto consapevole che la V. da lei inviata nello studio del M. fosse in stato di gravidanza e che il collega medico non potesse praticare quegli interventi, in regime di intramoenia, nel suo ambulatorio privato. Situazione, questa, che avrebbe dovuto condurre ad una assoluzione dell'imputata, cui non poteva essere addebitato, con una inammissibile interpretazione analogica in malam partem, il concorso nella commissione del delitto df interruzione volontaria della gravidanza esclusivamente perché tale iniziativa sanitaria era stata presa da un medico sulla base di un provvedimento autorizzativo illegittimo. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che, previa declaratoria della estinzione dei reati per i quali è decorso il termine massimo di prescrizione con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata , i ricorsi vadano nel resto rigettati per la infondatezza o inammissibilità dei relativi motivi, per le ragioni di seguito specificate. 2.1. Quanto al ricorso presentato nell'interesse del M. , va preliminarmente rilevato come i delitti allo stesso ascritti ai capi c , d , e , f , v e z si siano estinti per intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione, nonostante il computo di 125 giorni di sospensione dovuto ai rinvii disposti durante il giudizio di appello, dal 10/06/2010 al 13/10/2010, per impedimento a comparire dell'imputato v. pag. 7 della sentenza gravatà . Non sono riscontrabili nella sentenza della Corte distrettuale elementi di giudizio idonei a riconoscere la prova evidente dell'innocenza dell'imputato, né, in generale, l'incontrovertibile insussistenza del fatto o la non attribuibilità del medesimo all'imputato essendo, al contrario, presenti in quella sentenza - come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo - elementi e valutazioni di segno opposto, atti a riscontrare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria. Si impone, dunque, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai reati innanzi elencati. 2.2. I motivi sopra esposti nei punti 2.1,1. e 2.1.2. del “Ritenuto in fatto”, sono inammissibili perché presentati per sostenere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge e, comunque, infondati nel merito. Ed infatti, il ricorrente si è doluto della mancata esecuzione - dunque dell'omessa assunzione come prova decisiva - sia in primo che in secondo grado, di perizie finalizzate ad accertare la natura del materiale biologico sequestrato dalla polizia giudiziaria in occasione dell'intervento della polizia giudiziaria nello studio medico privato del M. , ove si trovava la P. , nonché a verificare la provenienza dalla stampante, presente in quello studio, delle ecografie prodotte in copia dalla difesa dell'imputato. Tali censure, laddove qualificate in termini di violazione di una norma processuale relativa alla mancata ammissione di una prova, sarebbero state astrattamente ammissibili esclusivamente se riferite ad una prova decisiva , la cui omessa assunzione l'interessato avrebbe potuto censurare se quella fosse stata una “controprova” idonea a superare contrasti e conseguenti dubbi emergenti dall'acquisito quadro probatorio. Tuttavia, questa Corte ha reiteratamente evidenziato come la perizia, per il suo carattere neutro , sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non solo non possa costituire oggetto del diritto delle parti alla prova a mente dell'articolo 190 cod. proc. penumero , ma non possa neppure farsi rientrare nel concetto di prova decisiva con l'inevitabile conseguenza che il relativo provvedimento di diniego non è “sanzionabile” ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. d , cod. proc. penumero , in quanto giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione così, tra le tante, Sez. 4, numero 4981 del 05/12/2003, Rv. 229665 Sez. 2, numero 835 del 14/11/2003, Musumeci, Rv. 227859, Sez. 4, numero 34089 del 07/07/2003, Bombino, Rv. 226330 . Né nella motivazione della sentenza impugnata sono riconoscibili vizi di manifesta Illogicità, avendo la Corte distrettuale chiarito, con argomentazione congrua e completa, per un verso come il supplemento di perizia medico-legale su quel materiale biologico fosse ininfluente, avendo le consulenze tecniche eseguite in primo grado chiarito inequivocabilmente che quel materiale prelevato dalla P. era certamente riferibile ad una fase iniziale di una gravidanza e ad un aborto provocato e non già spontaneo e che la mancata rilevazione di residui embrionali, causata dalla triturazione di quanto aspirato dall'apparecchio utilizzato dal M. , non faceva venir meno la configurabilità del delitto di aborto illegale , caratterizzato da una condotta che, in ogni caso, lede l'integrità psico-fisica della stessa donna e, per altro verso, come fosse irrilevante l'approfondimento tecnico sulla strumentazione presente nello studio privato del M. , atteso che il dubbio sull'affidabilità dimostrativa dei referti ecografia prodotti peraltro, tardivamente dalla difesa dell'imputato derivava non dall'Incertezza della loro derivazione dagli apparecchi esistenti in quello studio, bensì dall'appurata possibilità di modificare l'assetto del software dell'ecografo, sì da inserire date, orari e generalità di comodo, creando così una situazione di insuperabile dubbio circa l'attribuibilità di ciascuno di quei referti alle relative persone ivi indicate v. pagg. 41-44 della sentenza gravata . 2.3. Infondato è il motivo del ricorso del M. sopra riportato al punto 2.1.3. del “Ritenuto in fatto”. Costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale, qualora nel decreto autorizzativo delle intercettazioni sia ipotizzato il delitto di cui all'articolo 416 cod. penumero che, tenuto conto dei limiti della pena edittale, consente le intercettazioni , il fatto che non sia precisato se si tratti del comma 1 o del comma 2 dell'articolo 416 cod. penumero non è rilevante, poiché, nella fase iniziale delle indagini, quando la situazione non è del tutto chiara e vengono disposte intercettazioni proprio allo scopo di chiarire anche il ruolo che i vari indagati ricoprano nella associazione, la contestazione non può che avere un carattere per così dire indistinto , che ricopra, quindi, anche la ipotesi più grave dell'articolo 416 cod. penumero , carattere che sarà superato proprio all'esito delle disposte intercettazioni così Sez. 5, numero 784 del 15/02/2000, Terracciano, Rv. 215730 . Di tale regula iuris la Corte di appello di Palermo ha fatto, perciò, buon governo, negando ogni pregio all'eccezione difensiva di inutilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni tra presenti, eseguite durante le indagini, sul presupposto che il reato per il quale si procedeva, di cui all'articolo 416, comma 2, cod. penumero , non consentiva l'utilizzo di quell'invasivo mezzo di ricerca della prova. Peraltro, è consolidato l'orientamento interpretativo per il quale, in tema di intercettazione di comunicazioni o conversazioni disposte a norma dell'articolo 13 D.L.13 maggio 1991 numero 152, convertito in legge 12 luglio 1991 numero 203, la nozione di delitti di criminalità organizzata cui detta norma si riferisce deve essere intesa con riguardo alle finalità di essa, che mira a far rientrare nel suo ambito applicativo le attività criminose più diverse, purché realizzate - come nella fattispecie si era reputato fosse accaduto, con l'ipotizzazione del reato associativa dell'articolo 416 cod. penumero - da una pluralità di soggetti i quali, per la commissione dei reato abbiano costituito un apposito apparato organizzativo così, tra le tante, Sez. 1, numero 2612 del 20/12/2004, Tornasi, Rv. 230454 Sez. 1, numero 23424/03 del 19/12/2002, Aletto, Rv. 224588 Sez. 6, numero 2619 del 05/06/2000, Armento, Rv. 220554 Sez. 6, numero 2618 del 05/06/2000, Bonalumi, Rv. 217539 . 2.4. Manifestamente infondato è il motivo del ricorso del M. sopra riportato nel punto 2.1.4. del “Ritenuto in fatto”. Quanto alla lamentata mancata indicazione, da parte del P.M., in cinque dei suoi decreti di esecuzione di intercettazione di comunicazioni e conversazioni tra presenti, dell'attestazione della insufficienza o in inidoneità degli impianti installati nella Procura e l'esistenza delle eccezionali ragioni di urgenza, cui espressamente fa riferimento l'articolo 268, comma 3, cod. proc. penumero , è sufficiente osservare, da un lato, come, una volta disposto che le operazioni vengano eseguite utilizzando impianti diversi da quelli esistenti presso la Procura della Repubblica, per la temporanea indisponibilità di questi ultimi, il pubblico ministero non sia poi tenuto a verificare la permanenza di tale indisponibilità, né, qualora la stessa venga successivamente meno, a proseguire l'attività di captazione ricorrendo esclusivamente agli impianti originariamente indisponibili così Sez. 6, numero 14173 del 15/12/2009, Tornese, Rv. 246722 e, da altro lato, come i casi di urgenza che abilitano il P.M. ad emettere il decreto di intercettazione di conversazioni o comunicazioni comprendono anche le eccezionali ragioni di urgenza che legittimano, a norma dell'articolo 268, comma 3, cod. proc. penumero , l'esecuzione delle operazioni mediante l'uso di impianti in dotazione alla P.G., qualora quelli installati nei locali della Procura della Repubblica risultino insufficienti od inidonei, con la conseguenza che la motivazione circa la sussistenza della urgenza, ex articolo 267, comma 2, cod. proc. penumero , assorbe quella circa la sussistenza delle eccezionali ragioni d'urgenza, ex articolo 268, comma 3, cod. proc. penumero , ove le ragioni addotte ai fini dell'esigenza di attivare immediatamente te operazioni di intercettazioni appaiano incompatibili sia con la normale procedura di richiesta autorizzazione, stabilita in via ordinaria dall'articolo 267, comma 1, cod. proc. penumero , sia con l'attesa del realizzarsi di una condizione di sufficienza o idoneità degli impianti installati presso la Procura della Repubblica così, tra le tante, Sez. 5, numero 16285 del 16/03/2010, Baldissin, Rv. 247268 Sez. 6, numero 32469 del 19/05/2005, Rovereto, Rv. 232220 Sez. 6, numero 2563 del 17/11/2004, Gancitano, Rv. 230882 Sez. 6, numero 27852 del 11/04/2005, Sorrenti, Rv. 232161 . D'altro canto, la doglianza circa l'asserita mancanza, nei decreti del P.M., delle ragioni di urgenza che avevano giustificato l'avvio d'urgenza delle operazioni di intercettazione ambientale, non è censurabile in questa sede in quanto è pacifico che, in tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, l'eventuale difetto di motivazione del decreto emesso in via d'urgenza dal P.M. è sanato con l'emissione del decreto di convalida da parte del G.I.P., che assorbe integralmente il provvedimento originario e rende utilizzabili i risultati delle operazioni di intercettazione, precludendo qualsivoglia discussione sulla sussistenza del requisito dell'urgenza così, ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n, 16285 del 16/03/2010, Baldissin, Rv. 247266 Sez. 6, numero 35930 del 16/07/2009, Iaria, Rv. 244872 Sez. 2, numero 215 del 04/12/2006, Rgliuzzi, Rv. 235859 Sez. 1, numero 23512 del 22/04/2004, Termini, Rv. 228245 . 2.5. Infondato, oltre che al limite dell'ammissibilità, è il motivo del ricorso del M. sopra riportato nel punto 2.1.5. del “Ritenuto”, concernente l'asserita inutilizzabilità di tutte le intercettazioni eseguite durante la fase delle indagini per essere state le stesse originariamente autorizzate valorizzando le dichiarazioni rese da una persona - A G. , che poi si sarebbe accertato essere la madre della neonata abbandonata, dopo l'aborto, in una strada di XXXXXXX - che doveva essere sentita fin dall'inizio come indagata, dichiarazioni dunque inutilizzabili erga omnes ai sensi dell'articolo 63, comma 2, cod. proc. penumero . Sul punto va osservato, per un verso, come il motivo si presenta con caratteri di una certa aspecificità, non avendo il ricorrente allegato al suo atto di impugnazione una copia dell'iniziale decreto di autorizzazione di quelle captazioni ambientali, così impedendo a questa Corte un compiuto sindacato di legittimità per altro verso, come la Corte di appello siciliana abbia, comunque, fatto corretta applicazione delle norme di diritto processuale penale applicabili alla fattispecie ed abbia motivato, con argomenti completi e privi di vizi di legittimità, le ragioni per le quali quella eccezione difensiva di inutilizzabilità dovesse essere disattesa. In dettaglio, appare determinante in questa sede la circostanza che l'impiego di quel mezzo di ricerca della prova venne autorizzato - così come si legge a pag. 29-30 della motivazione della sentenza impugnata - valorizzando, ai fini del riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di reità, non solo le dichiarazioni che la polizia giudiziaria aveva assunto dalla G. , ma anche i risultati delle ulteriori investigazioni espletate sulla base di quella prima notitia criminis, concretizzatasi, in specie, nella identificazione dei soggetti interessati e nel compimento di attività di osservazioni dei movimenti degli stessi e dei luoghi da loro frequentati. Gravità indiziaria, peraltro, richiesta dall'articolo 267 cod. proc. penumero , ai fini dell'autorizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, solo nei suoi aspetti oggettivi , non essendo necessaria alcuna verifica di natura soggettivizzante o individualizzante , analoga a quella prescritta dall'articolo 273 cod. proc. penumero per l'adozione di un provvedimento applicativo di una misura cautelare personale. A differenti conclusioni non può pervenirsi per il fatto che il giudice di primo grado avesse ritenuto quelle dichiarazioni del tutto inutilizzabili nei riguardi della stessa autrice, la quale era stata, perciò, mandata assolta dal reato contestatole di cui all'articolo 19 legge numero 194 del 1978. Soluzione, questa, formalmente ineccepibile, dalla quale, però, non poteva essere desunta la totale inutilizzabilità delle Intercettazioni ambientali poi eseguite dagli inquirenti, dato che - come questa Corte ha già avuto modo di sottolineare - le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese, ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi con la conseguenza che tali dichiarazioni sono pienamente utilizzabili contra alios , né se ne può eccepire l'inutilizzabilità erga omnes sulla base del fatto che le stesse provengono da un soggetto indagato in reato connesso, non ascoltato con le garanzie previste per la persona sottoposta ad indagini Sez. 3, numero 15476 del 24/02/2004, Mesanovic, Rv. 228546 . 2.6. Manifestamente infondato è il motivo del ricorso del M. sopra richiamato al punto 2.1.6., relativo ad una lamentata nullità del decreto che aveva disposto il giudizio nei riguardi del prevenuto, in quanto - come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale - l'interessato era decaduto dalla facoltà di eccepire la nullità astrattamente ipotizzabile come invalidità relativa. Al riguardo è stato puntualmente evocato il pacifico principio di diritto secondo il quale l'insufficiente enunciazione dell'imputazione nel decreto che dispone il giudizio determina una nullità relativa, che come tale deve essere eccepita, pena altrimenti la sanatoria, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, cod. proc. penumero così, tra le altre, Sez. 5, numero 20739 del 25/03/2010, Di Bella, Rv. 247590 Sez. 5, numero 712/10 del 20/11/2009, L, Rv. 245734 Sez. 2, numero 16817 del 27/03/2008, Muro, Rv. 239757 . 2.7. Infondato è il motivo del ricorso sopra riportato nel punto 2.1.7., col quale il M. si è doluto del fatto di essere stato condannato per il reato di cui all'articolo 416, comma 1, cod. penumero , essendo stato riconosciuto il suo ruolo direttivo, benché tale autonoma e più grave fattispecie criminosa non gli fosse stata formalmente contestata con il capo d'imputazione ascrittogli. Questa Corte ha reiteratamente spiegato che l'imputazione è da ritenersi completa nei suoi elementi essenziali quando il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa così, ex multis, Sez. 4, numero 38991 del 10/06/2010, Quaglierini, Rv. 248847 Sez. 4, numero 34289 del 25/02/2004, Mayer, Rv. 229070 . Di tale regula iuris la Corte di appello palermitana ha fatto corretta applicazione, escludendo la configurabilità di alcuna nullità per difetto di correlazione tra accusa e decisione, e rilevando, sia come il capo d'imputazione contestato facesse riferimento generico all'articolo 416 cod. penumero , senza alcuna specificazione circa il comma operante nella fattispecie sia e soprattutto come il ruolo di direzione ed organizzazione dell'associazione per delinquere addebitatagli fosse agevolmente desumibile dal testo dello stesso capo d'imputazione, nel quale il suo ruolo di dominus di quel sodalizio criminale era stato sottolineato dall'indicazione del ruolo secondario e chiaramente subordinato delle altre associate, le infermiere dello studio privato del M. , le quali avevano svolto compiti di collaborazione e di preparazione rispetto a quelli facenti capo al prevenuto coadiuvando M. ., sia materialmente nelle singole interruzioni di gravidanza, sia fissando gli appuntamenti e fornendo le indicazioni necessarie per la successiva interruzione alle donne che vi si sottoponevano . , titolare di quell'ambulatorio, principale autore delle interruzioni volontarie di gravidanza ed unico possessore delle competenze mediche essenziali per la realizzazione degli scopi proprio di quella organizzazione criminale. 2.8. Manifestamente infondato è il motivo del ricorso portato in rassegna sub punto 2.1.8., concernente l'asserita nullità della sentenza ex articolo 522 cod. proc. penumero per essere stata confermata la pronuncia di primo grado in relazione al reato di falso materiale di cui al capo al , ritenendo contestato in fatto la circostanza aggravante dell'atto pubblico fidefacente fino a querela di falso. In tema, dal giudice di secondo grado è stato fatto buon governo del consolidato principio di diritto, più volte enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della contestazione di una circostanza aggravante, qual è quella ex articolo 476, comma 2, cod. penumero , non è indispensabile una formula specifica espressa con enunciazione letterale, né l'indicazione della disposizione di legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra accusa e decisione, l'imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la difesa sugli elementi di fatto integranti l'aggravante così, tra le molte, Sez. 5, numero 38588 del 16/09/2008, Fornaro, Rv. 242027 Sez. 2, numero 47863 del 28/10/2003, Ruggio, Rv. 227076 . In tale ottica la sentenza impugnata è congruamente motivata, con un apparato argomentativo privo di manifeste lacune logiche, nella parte in cui il giudice territoriale ha rilevato come i certificati oggetto di falsificazione, riguardanti l'attestazione dei colloqui che il medico ospedaliero avrebbero dovuto fare con le donne che in quella struttura pubblica si erano presentate per eseguire una interruzione volontaria della gravidanza, fossero atti pubblici fidefacenti, perché attestanti fatti che sarebbero dovuti cadere sotto la percezione diretta degli autori, atti, dunque, precostituiti a garanzia della pubblica fede privilegiata e redatti da pubblici ufficiali nell'esercizio una specifica funzione certificatrice di una situazione rilevante sotto il punto di vista sanitario e terapeutico v. pagg. 64-65 della sentenza gravata . 2.9. L'esame dei motivi del ricorso del M. sopra elencati nei punti 2.1.9., 2.1.10, e 2.1.13, resta assorbito nella declaratoria di estinzione dei reati di cui all'articolo 19 della legge numero 194 del 1978 per intervenuta prescrizione. Giova qui ribadire, ai fini dell'inapplicabilità dell'articolo 129, comma 2, cod. proc. penumero e, quindi, della Impossibilità di prosciogliere l'imputato nel merito, come le carte del processo abbiano offerto chiari elementi confermativi della penale responsabilità del prevenuto in ordine a quei reati, essendo risultate infondate le doglianze difensive circa un'asserita mancanza degli elementi costitutivi di quegli illeciti per avere il prevenuto ottenuto dalla direzione sanitaria dell'azienda dalla quale dipendeva, l'autorizzazione a svolgere attività libero professionale intramuraria per tutte le voci di ostetricia e ginecologia , senza alcuna esclusione di tipologia di interventi ambulatoriali, rendendo così quello studio vera e propria parte integrante dell'ospedale ovvero essendo risultate totalmente prive di pregio le censure difensive concernenti i contestati episodi di interruzione volontaria della gravidanza, per non aver rispettato le formalità prescritte dall'articolo 5 legge numero 194 del 1978, la cui osservanza proprio tale articolo 5 poneva a carico del M. quale medico titolare del relativo servizio ospedaliero. Al riguardo va rammentato come la Corte territoriale, con motivazione completa e logicamente ineccepibile, avesse rilevato come quell'atto amministrativo si sarebbe dovuto considerare contra legem laddove si fosse reputato autorizzatorio dell'esercizio delle attività di interruzione di gravidanza nello studio privato del M. , posto che la legge numero 194 del 1978 consente l'esecuzione di tali pratiche esclusivamente in uno dei luoghi appositamente autorizzati dalla Regione, di cui all'elenco dell'articolo 8 della stessa legge, tra i quali non rientrano gli studi privati dei medici che tutti gli interventi chirurgici e di ostetricia non potevano, comunque, essere autorizzati in ambito ambulatoriale che lo stesso M. aveva chiesto l'autorizzazione solo per le prestazioni ambulatoriali, in termini conformi al regolamento dell'ospedale, il che aveva riscontrato l'affermazione che l'Imputato avesse acquisito la piena consapevolezza che le quelle interruzione di gravidanza erano interventi non consentiti con le modalità e nei luoghi da lui prescelti v. pagg. 35-39 della sentenza gravata . 2.10. Il motivo proposto con il ricorso del M. , sopra riportato nel punto 2.1.11. del “Ritenuto”, è manifestamente infondato. Le determinazioni della Corte di appello siciliana sono esattamente conformi al principio di diritto enuclea bile dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo il quale integra il delitto di peculato la condotta del medico il quale, svolgendo in regime di convenzione attività intramuraria, dopo aver riscosso -nella sua qualifica di pubblico ufficiale - direttamente dai pazienti l'onorario dovuto per le prestazioni, ometta poi di versare all'azienda sanitaria quanto di spettanza della medesima, in tal modo appropriandosene così, tra le altre, Sez. 6, numero 39695 del 17/09/2009, Russo, Rv. 245003 Sez. 6, numero 2969/05 del 06/10/2004, Moschi, Rv. 231474 . Nessuna violazione di legge penale sostanziale è, perciò, ravvisabile nel caso di specie, né nella motivazione della sentenza impugnata è riconoscibile alcun vizio di manifesta illogicità, avendo la Corte distrettuale chiarito che, a fronte della accertata e neppure negata ricezione da parte del M. di varie somme di denaro versategli dalle pazienti che erano state visitate in quello studio privato nel periodo dal 4 settembre al 30 dicembre del 2003 - visite risultanti nel registro rinvenuto nello studio dalla polizia giudiziaria - il prevenuto aveva omesso del tutto, e non solo ritardato, di effettuare il benché minimo versamento in favore dell'ufficio ticket dell'ospedale della quota parte spettante all'amministrazione pubblica v. pag. 57 della sentenza gravata . 2.11. I motivi del ricorso sopra richiamati nei punti 2.1.12., 2.1.14. e 2.1.15. sono inammissibili perché formulati per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge. Il ricorrente, infatti, solo formalmente ha indicato, come motivi della sua impugnazione, il vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza gravata, ma non ha prospettato alcuna contraddizione logica, intesa come implausibilità delle premesse dell'argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza, ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni. Né è stata lamentata, come pure sarebbe stato astrattamente possibile, una incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle carte del procedimento. Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello aveva dato ad alcune emergenze processuali in tal mondo, lungi dal proporre un “travisamento delle prove”, vale a dire una incompatibilità tra l'apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell'Intera motivazione, il ricorso è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di “travisamento dei fatti” oggetto di valutazione, sollecitando una inammissibile rivalutazione dell'intero materiate conoscitivo rispetto ai quale è stata proposta una spiegazione alternativa secondo cui quello tra il M. e le sue infermiere sarebbe stato un mero rapporto tra datore di lavoro e dipendenti alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale nell'ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente per il quale v. pagg. 62-63 della sentenza gravata per il reato di cui all'articolo 416 cod. penumero , pagg. 65-66 per il reato di cui all'articolo 476 cod. penumero , e pagg. 70-74 per il reato di cui all'articolo 317 cod. penumero . Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , ad opera dell'articolo 8 della legge 20 febbraio 2006, numero 46, mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto permesso dedurre il vizio del “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il giudice di legittimità a effettuare una incursione nei fatti , cioè a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione così, tra le tante, Sez. 5, numero 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215 . 2.12. Infondato è, infine, il nuovo motivo formulato dal difensore dei M. con la memoria depositata il 06/06/2012, sopra riportato al punto 2.1.16., con il quale il ricorrente si è doluto del fatto che la sentenza impugnata avrebbe omesso ogni valutazione circa le dichiarazioni rese dal teste N. , favorevoli all'imputato, e non avrebbe tenuto conto che il M. non aveva posto in essere alcun atto di induzione o di costrizione in danno della ma. . Su tale aspetto basterebbe osservare, così come è stato fatto nel precedente paragrafo, che il ricorso pone solo questioni di fatto, la cui verifica è preclusa in sede di legittimità. Tuttavia, va aggiunto, per un verso, che non è affatto vero che nella motivazione della sentenza impugnata manchi una valutazione delle sofferte dichiarazioni rese dal teste N. , alle quali la Corte di appello di Palermo ha dedicato una attenta ed analitica considerazione v. pagg. 70-72 , con giudizi qualificati da rigore logico e accorta completezza, che restano esenti da qualsivoglia censura e che nella stessa sentenza sono palesati gli elementi di prova dai quali i giudici di merito hanno correttamente e con rigore logico desunto l'esistenza degli elementi tipici del delitto di concussione, avendo il M. , abusando dei poteri Inerenti al pubblico servizio esercitato quale responsabile del servizio di interruzione delle gravidanza presso l'ospedale civico di XXXXXXX, condizionato la libertà morale della persona offesa, la giovane ma.anumero , la quale - benché interessata a garantirsi il massimo riserbo, ma certamente persona particolarmente indifesa nei confronti del sanitario cui ella era stata indirizzata - si era rivolta alla struttura pubblica per abortire e si era vista indotta da quel medico a recarsi presso lo studio privato più volte menzionato, dove la donna avrebbe ottenuto, dietro versamento di una significativa somma di denaro 800.000 lire dell'epoca , in forma illegale ma in tempi molto più rapidi quella prestazione sanitaria che il M. le aveva detto non sarebbe stato possibile garantirle in tempi ragionevolmente brevi nella struttura pubblica. 2.13. In conseguenza della dichiarazione di estinzione dei reati contestati al M. nei capi c , d , e , f , v e z , la pena irrogata al prevenuto va rideterminata nella misura finale di anni sei mesi tre di reclusione, detraendo le sanzioni irrogate in aumento per continuazione ex articolo 81 cpv. cod. penumero , così come determinate dalla Corte di merito v. pag. 80 della sentenza gravata . 3. In relazione ai ricorsi presentati nell'interesse della D.P. , della Me. , della N. , della O. e del D.F. va rilevato come tutti i delitti agli stessi ascritti si siano estinti per intervenuto decorso del termine massimo di prescrizione, anche considerando il periodo di 125 giorni di sospensione dovuto ai rinvii disposti durante il giudizio di appello, dal 10/06/2010 al 13/10/2010 v. pag. 7 della sentenza gravata . Per tali cinque imputati non sono rilevabili nella sentenza della Corte di appello di Palermo elementi di giudizio idonei a riconoscere la prova evidente della loro innocenza, né, più in generale, idonei a dimostrare l'incontrovertibile insussistenza dei fatti o la non attribuibilità dei medesimi ai prevenuti. Al contrario, in tale sentenza sono rinvenibili argomentati passaggi motivazionali, dunque elementi e valutazioni - in gran parte già evidenziati, ai fini dell'esame della posizione del coimputato M. , nei paragrafi sopra trascritti, cui si fa rinvio - atti a riscontrare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria. Si impone, dunque, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai reati addebitati ai cinque predetti imputati. 4. Anche i due delitti contestati alla P. vanno dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, con il conseguente annullamento della sentenza gravata con riferimento alle statuizioni penali, non essendovi le condizioni - per le ragioni già anticipate in occasione deità valutazione del ricorso del M. - per prosciogliere l'imputata nel merito a mente dell'articolo 129, comma 2, cod. proc. penumero . Tuttavia, essendo stata la prevenuta condanna anche al risarcimento dei danni in favore della parti civili C. e A. , costituitesi in relazione al delitto di calunnia contestato alla P. al capo q1 , a norma dell'articolo 578 cod. proc. penumero , la decisione sul ricorso della predetta è dovuta ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. In tale ottica, ritiene la Corte che i motivi dell'impugnazione della P. siano inammissibili o infondati e che le statuizioni civili contenute nella sentenza gravata debbano essere senz'altro confermate. 4.1. Il motivo del ricorso della P. , sopra richiamato nel punto 2.5.1., è infondato, in quanto, anche a voler prescindere dada discutibile configurabilità della nullità prospettata dalla ricorrente, peraltro non dedotta con l'atto di appello, va rilevato come il giudice di primo grado avesse adottato una decisione implicita sulle doglianze mosse dalla imputata. E costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale il provvedimento impugnato non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Sez. 4, numero 26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900 Sez. 2, numero 13151 del 10/11/2000, Gianfreda, Rv. 218590 . Né sussiste una invalidità della sentenza impugnata, in quanto al riguardo è stato chiarito che non comporta nullità della sentenza la mancata manifestazione in dispositivo della decisione su di una questione preliminare o incidentale invero, in base a quanto stabilisce l'articolo 546, comma 3, cod. proc. penumero , la sentenza è nulla per omessa pronuncia solo quando il dispositivo sia mancante o incompleto in alcuno dei suoi elementi essenziali Sez. 5, numero 5087 dei 15/03/1999, Mazzucca, Rv. 213193 . 4.2. Manifestamente infondate sono le ulteriori doglianze difensive, sopra riportate nel punto 2.5.2., in quanto è pacifico che, per un verso, la parte civile assume la qualità di parte nel processo sin dal momento della sua costituzione, senza necessità di un provvedimento ammissivo, sia pure implicito, del giudice così, tra le tante, Sez. 3, numero 12423 del 06/02/2008, Rv. 239335 e che, per altro verso, era irrilevante che la Corte non avesse deciso sulla richiesta delle parti civili di essere rimesse nei termini per proporre impugnazione, in quanto quei termini non erano mai decorsi per l'omessa notifica dell'avviso di deposito della sentenza di primo grado v. pag, 111 della sentenza gravata . Parti civili che, poi, del tutto correttamente avevano presentato l'appello contro la sentenza di assoluzione dell'imputata, chiedendo una verifica sulla responsabilità della prevenuta per il reato di calunnia, ai soli effetti civili. 4.3. Per quanto riguarda i motivi del ricorso sopra evidenziati al punto 2.5.3., va detto che il primo è manifestamente infondato, in quanto è circostanza ininfluente che, a seguito della denuncia presentata dalla P. , la notizia di reato fosse stata iscritta nel registro delle notizie di reato a carico di ignoti, di cui al modello 44, e non anche a carico di noti, di cui al modello 21, poiché è consolidato il principio secondo cui la calunnia è reato di pericolo, e ad integrarne gli estremi è sufficiente anche la mera astratta possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona falsamente incolpata così, tra le molte, Sez. 6, numero 18152 del 25/02/2003, Zanini, Rv. 225223 . Va poi disattesa la richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile, formulata dalla ricorrente ai sensi del l'articolo 612 cod. proc. penumero , in quanto istanza formulata in termini generici dall'interessata, senza alcuna allegazione di prova circa l'assoluta necessità della somma di denaro, oggetto del pagamento per cui vi è condanna, al soddisfacimento di bisogni essenziali non altrimenti fronteggiabili. 4.4. Inammissibile è il motivo del ricorso della P. sopra riportato nel punto 2.5.4., perché in parte manifestamente infondato ed in parte formulato per ragioni diverse da quelle consentite dalla legge. Quanto all'affermazione della ricorrente, la quale è tornata a sostenere che le carte del processo proverebbero che ella si era recata in quello studio ambulatoriale privato solo perché aveva avuto una minaccia di aborto e non anche per effettuare una interruzione volontaria della gravidanza, è sufficiente fare rinvio a quanto sopra esposto nel trattare la posizione del M. . Per il resto, la ricorrente, lungi dal prospettare un reale vizio di logicità manifesto, tale da mettere in discussione la tenuta dell'intero apparato argomentativo della sentenza gravata, si limitata a proporre una esegesi del testo delle intercettazioni eseguite alternativa a quella privilegiata dalla Corte territoriale, sollecitando questa Corte ad una inammissibile incursione sui fatti , mediante una rivalutazione delle emergenze processuali. Tanto risulta conforme ai più recenti orientamenti della giurisprudenza di questa Corte per cui il sindacato di legittimità sulla valutazione operata dal giudice in merito ai fatti presupposto dell'applicazione di una norma processuale è limitato alla verifica della sussistenza e della logicità della motivazione adottata sul punto e ciò vale anche quando dovesse essere prospettata un'asserita inidoneità degli elementi acquisiti con le operazioni di intercettazione ad accreditare la fondatezza dell'ipotesi accusatoria Sez. 4f numero 6222 del 19/12/2008, Cirlanni, Rv. 243768 . Resta, dunque, un mero problema di interpretazione delle frasi e del linguaggio usato dai soggetti Interessati a quelle conversazioni Intercettate, che è questione di fatto, rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, che si sottrae al giudizio di legittimità se - come nella fattispecie è accaduto - la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate Sez. 6, numero 17619 del 08/01/2008, Gionta, Rv. 239724 . In tale ottica basta richiamare gli analitici passaggi della motivazione della sentenza impugnata con i quali - senza alcun vizio di logicità - erano state messe in risalto sia l'esistenza di una conversazione, captata dagli inquirenti, durante la quale il M. ebbe a commentare con la P. l'esistenza della stato di gravidanza .però la gravidanza è ancora qua. Vede questa macchiolina? - pag. 110-110 della sentenza gravata sia la mala fede della predetta la quale, nel cercare di accreditare la sua versione secondo la quale il C. e l'A. avrebbero commesso un abuso ai suoi danni, eseguendo il sequestro del materiale asportato dal medico ed impedendo, così, il successivo esame istologico, non aveva avuto remore a calunniare quei due funzionari di polizia, inventando pretestuosamente la tesi che il M. le avesse asportato un fibroma , in realtà del tutto inesistente v. pagg. 111-113 della sentenza gravata . 5.1. Con riferimento al ricorso presentato nell'interesse della Mi. , in accoglimento dello specifico motivo dedotto dalla difesa v. punto 2.4.3. , va preliminarmente osservato come i delitti alla stessa contestati ai capi v e z si siano estinti per intervenuta prescrizione, valendo anche per la prevenuta la considerazione circa i limitati effetti del periodo di sospensione derivante dai rinvii delle udienze disposti durante il giudizio di secondo grado. Dalla lettura della sentenza impugnata non emergono elementi o giudizi che permettano di far prevalere sulla declaratoria di estinzione di quei reati la pronuncia di una sentenza di proscioglimento dell'imputata nel merito, avendo la motivazione della decisione gravata offerto, al contrario, dati e giudizi che riscontrano la fondatezza delle ipotesi accusatorie. 5.2. Il motivo del ricorso della Mi. riferibile al delitto di falso materiale, alla stessa ascritto nel capo d'imputazione a1 - motivo sopra richiamato nel punto 2.4.2. - è inammissibile in quanto diretto a far valere esclusivamente una differente “lettura” delle emergenze processuali. La ricorrente, infatti, ha cercato di far credere che la fondatezza della sua linea difensiva secondo cui ella si era limitata a redigere i certificati, oggetto di falsificazione, esclusivamente seguendo le indicazioni del M. , senza avere alcuna consapevolezza della illiceità delle condotte poste in essere dal medico sarebbe stata riscontrata dal fatto che, se ella avesse voluto realmente creare un mendacio, non avrebbe apportato delle correzioni materiali su quei certificati, ma ne avrebbe stilato dei nuovi, utilizzando gli stampati che erano a sua disposizione e sostituendo i precedenti. Va, dunque, ribadito come il ricorso della Mi. , invece che proporre un “travisamento delle prove”, vale a dire una incompatibilità tra l'apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell'intera motivazione, è stato formulato per sostenere una ipotesi di “travisamento dei fatti” oggetto di valutazione, sollecitando una inammissibile rivalutazione dell'intero materiale conoscitivo rispetto al quale è stata proposta una spiegazione alternativa al significato scelto dalla Corte di appello nell'ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente. Giudice di secondo grado che, con motivazione completa e priva di vizi di logicità, ha sottolineato come la Mi. , che aveva sostanzialmente ammesso di aver falsificato quei certificati - apponendo date diverse da quelle reali - su istigazione del M. , era persona avente un ruolo tutt'altro che secondano o marginale nella vicenda, avendo curato, quale collaboratrice amministrativa del medico, tutte le pratiche, effettuando le prenotazioni degli interventi di interruzione della gravidanza, inserendo le donne nelle liste giornaliere ed avendo con loro un colloquio preliminare rispetto a quel successivo colloquio affidato al medico, che il M. non eseguiva mai, come la Mi. ha finito per riconoscere , dunque nella piena consapevolezza della illiceità di quelle condotte e v. pagg. 123-127 della sentenza gravata . Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell'articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , ad opera dell'articolo 8 della legge 20 febbraio 2006, numero 46, mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto permesso dedurre il vizio del “travisamento del fatto”, stante la preclusione per il giudice di legittimità a effettuare una incursione nei fatti , cioè a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione così, tra le tante, Sez. 5, numero 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215 . 5.3. Nella decisione di annullamento senza rinvio della sentenza,limitatamente ai reati estinti per prescrizione, resta assorbito l'esame degli altri motivi del ricorso della Mi. , strettamente riferibili a quei capi d'imputazione, sopra riportati nei punti 2.4.1. e 2.4.4. del “Ritenuto in fatto”. La pena inflitta all'imputata va rideterminata nella misura di anni uno di reclusione, così fissata dal Tribunale di Palermo con riferimento al reato del capo d'imputazione a1 , con sottrazione delle pene a suo tempo irrogate per i reati “satellite” posti in continuazione e, in questa sede, dichiarati estinti per prescrizione v. pag. 106 della sentenza di primo grado . P.Q.M. Annulla senza rinvio nei confronti dei ricorrenti D.P. , N. , Me. , O. , P. e D.F. la sentenza impugnata perché i reati loro ascritti sono estinti per prescrizione. Conferma nei confronti della P. le statuizioni civili. Annulla senza rinvio la stessa sentenza nei confronti del ricorrente M. , limitatamente ai reati di cui capi c , d , e , f , v e z perché estinti per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso del M. . Determina nei confronti del medesimo la pena nella misura di anni sei e mesi tre di reclusione. Annulla senza rinvio la stessa sentenza nei confronti della ricorrente Mi. , limitatamente ai reati di cui capi v e z , perché estinti per prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso della Mi. . Determina nei confronti della medesima la pena nella misura di anni uno di reclusione.