Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica che hanno commesso il reato tributario, quando sia possibile il sequestro di beni riconducibili al reato compiuto in capo a costoro o a persona, compresa quella giuridica, non estranea al reato.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 22922, depositata il 3 giugno 2014. Il caso. Il tribunale di Roma disponeva il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti di un indagato per reati tributari, escludendo la sequestrabilità dei beni societari finalizzata alla confisca per equivalente a meno che la struttura aziendale non costituisca un apparato fittizio uti9lizzato dal reo per commettere gli illeciti. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata applicabilità del provvedimento al patrimonio dell’ente, piuttosto che al suo, ritenendo che, prima di procedere al sequestro dei beni del legale rappresentante, era necessario verificare l’impossibilità di procedere al sequestro direttamente sui beni societari. Nel caso di specie, mancava tale accertamento. Patrimonio dell’ente a rischio in alcuni casi . Analizzando la domanda, i giudici di legittimità richiamavano la sentenza numero 10561/2014 della stessa Cassazione a Sezioni Unite, secondo cui, in caso di reato tributario commesso da organi della persona giuridica, è consentito il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di beni riconducibili al profitto del reato, sul patrimonio societario, qualora il profitto sia nella disponibilità dello stesso ente. Invece, non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti della persona giuridica, qualora non venga reperito il profitto del reato, salvo che l’ente sia solo uno schermo fittizio. Profitto recuperabile. Allo stesso modo, non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi che hanno commesso il reato tributario, quando sia possibile il sequestro di beni riconducibili al reato compiuto, in capo a costoro o a persona, compresa quella giuridica, non estranea al reato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annullava il provvedimento impugnato, imponendo al giudice del rinvio di verificare se fosse reperibile presso la persona giuridica il profitto del reato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 aprile – 3 giugno 2014, numero 22922 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1- Il Tribunale di Roma con ordinanza pronunciata in data 3.7.2013 ha rigettato la richiesta di riesame proposta da S.S. - indagato per reati in materia tributaria - contro il decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, avente ad oggetto i saldi attivi eventualmente rinvenibili sui rapporti finanziari riferibili al S. fino a concorrenza dell'importo di Euro 1.709.330,00. Il Tribunale del Riesame ha motivato il provvedimento richiamando la giurisprudenza che esclude il sequestro dei beni societari finalizzato alla confisca per equivalente qualora non risulti che la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti. 2. Per l'annullamento dell'ordinanza, l'indagato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione denunziando con unico motivo l'inosservanza o l'erronea applicazione dell'articolo 606 lett. b in relazione agli articolo 240 e 322 ter cp nonché agli articolo 321 cpp e 1 comma 143 della legge numero 244/2007 il ricorrente si duole, in particolare, della ritenuta applicabilità del provvedimento ablativo al patrimonio della persona fisica anziché a quello dell'ente, osservando che secondo una recente giurisprudenza, prima di procedere al sequestro preventivo in pregiudizio del legale rappresentante della società è necessario, vertendosi in materia di reati tributari, verificare l'impossibilità di procedere al sequestro direttamente sui beni dell'ente beneficiario del risparmio di spesa. Rileva che nel caso di specie un tale preventivo accertamento è stato del tutto omesso per cui l'originario decreto di sequestro deve ritenersi nullo. Segnala l'esistenza di contrasti giurisprudenziali e sottopone a critica il diverso orientamento seguito dal Tribunale del Riesame soffermandosi sulla natura giuridica sanzione punitiva della confisca per equivalente, del tutto diversa da quella di cui all'articolo 240 cp. Ha chiesto rimettersi la questione alle sezioni unite. In data 13.3.2014 ha depositato motivi nuovi richiamando i principi affermati dalla pronuncia delle sezioni unite numero 10561/2014 nelle more intervenuta ed insistendo per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Premesso che non è in discussione il fumus del reato di omesso versamento continuato di ritenute certificate articolo 81 cp e 10 bis D. Lvo numero 74/2000 , contestato al S. in qualità di legale rappresentante della Edizioni del Roma s.c.a.r.l. il Collegio ritiene ormai di doversi discostare dalla giurisprudenza sinora prevalente secondo cui il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'articolo 19, comma secondo, del D.Lgs. 8 giugno 2001, numero 231, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli articolo 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti cass. Sez. 3, Sentenza numero 25774 del 14/06/2012 Cc. dep. 04/07/2012 Rv. 253062 cass. Sez. 3 Sentenza numero 1256 del 19/09/2012 Cc. dep. 10/01/2013, non massimata . Il tema del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di beni di una persona giuridica per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante è stato infatti affrontato dalle sezioni unite che, con la recente sentenza 30.1-5.3.2014 numero 10561 ha affermato i seguenti principi di diritto È consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto o beni direttamente riconducibili al profitto sia nella disponibilità di tale persona giuridica. Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona compresa quella giuridica non estranea al reato”. La impossibilità del sequestro del profitto di reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato. Il mutato panorama giurisprudenziale impone pertanto l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio affinché il giudice di merito - che ha fondato il proprio convincimento sulla giurisprudenza ormai superata - verifichi, sulla scorta dei predetti principi se sia reperibile presso la persona giuridica il profitto del reato. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma.