Equo indennizzo ai congiunti: sì, ma a titolo successorio

L’equo indennizzo previsto dall’articolo 68, D.P.R. numero 3/1957 è concesso al dipendente statale che per infermità o lesione contratta per causa di servizio abbia subito una menomazione dell’integrità fisica. In caso di decesso del lavoratore, i congiunti aventi causa potranno giovarsi dell’indennizzo solo a condizione che alla data del decesso il lavoratore avesse presentato la domanda di riconoscimento della causa di servizio. Titolare del diritto all’equo indennizzo è infatti il solo lavoratore ed ai congiunti aventi causa spetta unicamente iure successionis.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza numero 14317, pubblicata il 6 giugno 2013. Il caso domanda di riconoscimento della causa di servizio della patologia contratta, proposta dalla vedova del lavoratore ormai deceduto. La signora X, vedova del signor Y, già alle dipendenze delle Ferrovie dello Stato, si rivolgeva al Tribunale del lavoro al fine di ottenere il diritto all’equo indennizzo conseguente al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia polmonare contratta dal lavoratore, con esito infausto di decesso. Il Tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo la sussistenza della causa di servizio e condannando l’Ente ferroviario al pagamento dell’equo indennizzo in favore della vedova del dipendente. Proponeva appello Ferrovie dello Stato ora R.F.I. e la Corte d’Appello accoglieva il gravame, ritenendo inammissibile la domanda, per mancata presentazione della stessa da parte del lavoratore interessato, unico legittimato. La signora X ricorreva così in Cassazione. L’equo indennizzo spetta agli aventi causa iure successionis La Corte di Cassazione afferma, conformemente a quanto deciso in altre controversie analoghe a quella che ci occupa, che la concessione dell’equo indennizzo necessita inderogabilmente la precedente presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta. L’equo indennizzo può essere riconosciuto solo a favore del dipendente, avendo tale istituto funzione di ristoro della menomazione subita in ragione della causa di servizio. I congiunti aventi causa del lavoratore potranno giovarsi dell’equo indennizzo soltanto in via indiretta, a titolo successorio e non iure proprio. è allora indispensabile che almeno la domanda di riconoscimento della causa di servizio sia proposta dal dipendente. In conseguenza del principio di diritto sopra affermato, diviene indispensabile che il dipendente abbia personalmente presentato la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia contratta. Potendo in tal caso gli eredi presentare la successiva domanda di equo indennizzo, ove nelle more sia avvenuto il decesso del dipendente. Come previsto dall’articolo 4, comma 3, D.M. 2 luglio 1983 numero 1622. Diversamente non potrà essere presentata direttamente dagli aventi causa del lavoratore deceduto l’originaria domanda di riconoscimento della causa di servizio. La domanda di causa di servizio da parte degli eredi è inammissibile. In sostanza, afferma la Corte di legittimità, il procedimento di causa di servizio ed equo indennizzo si compone in due distinte fasi la prima, volta al riconoscimento della causa di servizio la seconda, al riconoscimento dell’equo indennizzo. Deve essere il dipendente ad attivare personalmente almeno la prima fase, ben potendo gli eredi, in caso di intervenuto decesso, attivare la fase successiva. Pertanto, qualora la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia contratta sia stata presentata dai congiunti aventi causa del dipendente, come avvenuto nello specifico caso in esame, dopo il decesso del titolare del diritto, la domanda stessa dovrà considerarsi inammissibile. In applicazione dei principi di diritto affermati dalla Suprema Corte, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto inammissibile la domanda proposta dalla vedova del dipendente deceduto. Con conseguente rigetto del ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 marzo - 6 giugno 2013, numero 14317 Presidente Miani Canevari – Relatore Venuti Svolgimento del processo Il Tribunale di Napoli con sentenza numero 5382/02 ha riconosciuto dipendente da causa di servizio l'affezione polmonare da cui era affetto P.E. ed il conseguente suo decesso, avvenuto il 3 febbraio 1998, condannando la S.p.A. Rete Ferroviaria Italiana al pagamento dell'equo indennizzo a favore della vedova F.R. . Tale decisione, impugnata dalla società, è stata riformata dalla Corte d'Appello di Napoli con sentenza depositata il 27 gennaio 2006, con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda. Ha osservato la Corte territoriale che in base al D.M. 2 luglio 1983 numero 1622, emanato in attuazione della legge 6 ottobre 1981 numero 564, l'equo indennizzo presuppone la previa presentazione della domanda - entro il termine decadenziale di sei mesi previsto da tale decreto ministeriale - ad opera del dipendente anche nel caso di richiesta da parte degli aventi causa di riconoscimento del collegamento del successivo decesso alla causa di servizio che detta prestazione può essere riconosciuta solo a favore del dipendente che ne abbia fatto domanda e non anche a favore dei congiunti del medesimo che risentono in via indiretta del pregiudizio, i quali possono giovarsi dell'indennizzo solo a titolo successorio e non anche iure proprio. Nella specie la domanda di equo indennizzo era stata presentata dalla moglie del lavoratore a seguito del di lui decesso, e non già dal lavoratore, onde era inammissibile. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la sig.ra F.R. sulla base di un solo motivo. La società ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria ex articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione Con l'unico motivo del ricorso la ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonché vizio di motivazione su un punto decisivo per il giudizio, deduce che, ai sensi dell'articolo 4 del D.M. numero 1622 del 1983, la domanda di equo indennizzo deve essere presentata dal dipendente entro il termine di sei mesi dal giorno in cui gli è stato comunicato il provvedimento con il quale si riconosce la dipendenza da causa di servizio della menomazione dell'integrità fisica, ovvero entro sei mesi dalla data in cui si è verificata la menomazione dell'integrità fisica in conseguenza dell'infermità della lesione già riconosciuta dipendente da causa di servizio. Aggiunge che, secondo la stessa disposizione, la domanda può essere proposta anche dagli aventi causa del dipendente o del pensionato deceduto, entro il termine di sei mesi dal decesso, disposizione questa riprodotta dal d.p.r. 20 aprile 1994 numero 349, articolo 3, in vigore al momento in cui venne presentata detta domanda. Da tali disposizioni è dunque evidente come ricorressero nella specie i presupposti per ottenere l'equo indennizzo decesso del dante causa in conseguenza di una patologia dipendente da causa di servizio e presentazione della domanda dall'avente causa entro il termine di sei mesi dal decesso , onde era errata la sentenza impugnata che aveva interpretato diversamente la normativa in questione. Il motivo non è fondato. La legge 6 ottobre 1981, numero 564 ha esteso ai ferrovieri l'istituto dell'equo indennizzo già inserito nello stato giuridico dei dipendenti civili dello Stato articolo 11 , prevedendo altresì che a livello applicativo fosse emanata una legislazione di carattere secondario. Tale disciplina fu emanata con il D.M. 2 luglio 1983, numero 1622, il quale prevede all'articolo 1 che l'equo indennizzo previsto dall'articolo 68 del T.U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, numero 3, è concesso al dipendente dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato che, per infermità o lesione contratta per cause di servizio, abbia subito una menomazione dell'integrità fisica . comma 1 . L'articolo 1 prevede anche che se alla data di emanazione del decreto di concessione dell'equo indennizzo il dipendente interessato sia deceduto per cause di servizio debitamente riconosciute a seguito di istanza presentata dagli aventi causa nel termine perentorio di sei mesi dalla data dell'evento mortale e sempreché sia stata prodotta entro il termine previsto dal successivo articolo 4, comma 1, del regolamento la necessaria domanda di equo indennizzo da parte degli aventi causa la morte è ascritta alla prima categoria della tabella A misura massima comma 3 . Lo stesso decreto ministeriale prevede, inoltre, sotto la rubrica modalità di presentazione della domanda, che per conseguire l'indennizzo il dipendente deve presentare domanda entro sei mesi dal giorno in cui è stato comunicato il provvedimento col quale si riconosce la dipendenza da cause di servizio della menomazione dell'integrità fisica, ovvero entro sei mesi dalla data in cui si è verificata la menomazione dell'integrità fisica in conseguenza dell'infermità o della lesione già riconosciuta dipendente da cause di servizio articolo 4, comma 1 . L'articolo 6, comma 2, del decreto prescrive infine che, qualora l'interessato sia deceduto successivamente alla presentazione della domanda di equo indennizzo, e sempreché non ricorra l'ipotesi prevista dal dell'articolo 1, comma 3, l'organo sanitario deve pronunziarsi con l'indicazione della categoria di menomazione cui si ritiene possa essere ascritta la infermità o la lesione alla data della morte. Questa Corte, in controversie analoghe alla presente, ha costantemente affermato che tale disciplina presuppone che la concessione dell'equo indennizzo sia preceduta dalla presentazione della domanda ai sensi dell'articolo 4 D.M. cit. da parte del dipendente delle Ferrovie. L'equo indennizzo può infatti essere riconosciuto solo a suo favore, avendo detto istituto la funzione di ristoro al dipendente per la menomazione da lui subita causata da infermità ascrivibile a causa di servizio. I congiunti aventi causa che risentano in via indiretta un pregiudizio a causa della morte del dipendente possono invece giovarsi dell'indennizzo in questione solo a titolo successorio e non anche iure proprio. Nella sostanza, titolare dell'indennizzo resta soltanto il dipendente che ha subito la menomazione, mentre ai suoi aventi causa esso spetta iure successionis, atteso che costoro, anche se suoi congiunti stretti, risentono un danno solo indiretto. Presupposto per la concessione dell'equo indennizzo è dunque la domanda avanzata dall'interessato entro il termine perentorio previsto dall'articolo 4 del suddetto decreto ministeriale. Se essa non sia stata avanzata gli eredi non possono far valere alcuna pretesa collegata all'ascrivibilità della morte alla infermità dipendente da servizio. È stato altresì affermato da questa Corte che per i ferrovieri, al pari che per i dipendenti civili dello Stato, la concessione dell'equo indennizzo consta di un procedimento articolato in due fasi distinte, dirette la prima al riconoscimento della causa di servizio e la successiva al riconoscimento dell'equo indennizzo, con distinti ed autonomi termini per dette fasi. Deve essere quindi il dipendente a chiedere personalmente - nel rispetto del termine di decadenza - quanto meno l'accertamento della causa di servizio. Ove il dipendente abbia soddisfatto quest'onere, nel caso intervenga il decesso, le fasi successive potranno essere attivate dai suoi aventi causa ai sensi dell'articolo 4, comma 3, per il quale la domanda può essere proposta, con le modalità più sopra previste e cioè previste dal comma 1 anche dagli aventi causa del dipendente o del pensionato deceduto cfr., per tutti tali principi, Cass. numero 21458/07 Cass. numero 21332/07 Cass. numero 20007/04 Cass. numero 15059/01 Cass. numero 3442/09 . Nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata, la domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio venne presentata non già dal defunto P.E. , ma dalla vedova, odierna ricorrente, successivamente al decesso del coniuge. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. La ricorrente, soccombente, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio come in dispositivo, non rientrando la controversia in esame, ai fini delle spese processuali, nell'ambito di applicazione dell'articolo 152 disp. att. cod. proc. civ., in ragione della natura retributiva dell'equo indennizzo Cass. numero 12479/03 Cass. numero 17347/04 Cass. numero 19560/06 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida, a favore della controparte, in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.