Il danno patrimoniale futuro può essere dimostrato in giudizio anche con l'utilizzo di presunzioni semplici

In tema di risarcimento del danno nel sinistro stradale, il danno patrimoniale futuro, nel caso di illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura, non necessariamente in modo proporzionale, qualora la vittima già svolga un'attività o presumibilmente la svolgerà. In quanto prova presuntiva, essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifica, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10318, depositata il 13 maggio 2014. Il caso. In Tribunale, parte attrice citava in giudizio parte convenuta per vedersi riconoscere il diritto al risarcimento del danno in occasione di un sinistro stradale. Secondo l'attore, il sinistro era stato causato dall'elevata velocità e dall’imprudente condotta di guida di una delle convenute la controparte eccepisce l'inconsistenza delle pretese in quanto il sinistro era stato causato dall'abbagliamento subito, il quale aveva costretto il conducente a sterzare bruscamente a destra, ribaltando il veicolo automobilistico. Si chiamano in causa anche le rispettive assicurazioni. Il giudice di primo grado, sulla scorta degli elementi probatori, dichiarò che la responsabilità doveva imputarsi a carico del conducente dell'autovettura rimasta non identificata e condannò l'assicurazione al pagamento dell'importo richiesto a titolo di risarcimento dei danni biologici e morali, oltre il rimborso spese. Avverso tale sentenza la condannata società propose appello sostenendo che il fatto era da imputare a titolo di responsabilità colposa alla parte convenuta, conduttrice del veicolo, per eccessiva velocità sostenuta su strada. La Corte d'Appello decideva, quindi, di confermare la decisione del giudice di primo grado, abbassando tuttavia il quantum del risarcimento. In virtù di ciò, parte attorea di primo grado propone ricorso per Cassazione con due motivi di doglianza. Perdita di capacità lavorativa. Con i seguenti motivi si decide di impugnare la decisione della Corte d'Appello, confermativa della sentenza di primo grado. In sostanza, si lamenta nel ricorso a la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa e contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale la perdita di capacità lavorativa in conseguenza del sinistro stradale essendo stato al tempo del fatto collaboratore manuale di una impresa meccanica artigiana a conduzione familiare, dimostrato poi dai documenti riprodotti in giudizio e non tenuti conto dal giudice d'appello nella rimodulazione in peius del quantum risarcitorio b la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa e contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale la mancata applicazione al caso specifico del disposto normativo dell'articolo 4, comma 3, d.l. numero 857/1976 convertito nella l. numero 39/1977 secondo il quale «in tutti gli altri casi, il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale». Utilizzabili le presunzioni semplici. Chiamata la Terza Sezione, il giudicante rileva, in merito al primo motivo di ricorso, l'assoluta fondatezza della pretesa. Difatti, il danno patrimoniale futuro, nel caso di illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura, non necessariamente in modo proporzionale, qualora la vittima già svolga un'attività o presumibilmente la svolgerà. In quanto prova presuntiva, essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifica, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale. Calcolo non automatico. In riferimento, anche, al secondo motivo di ricorso, la Sezione investita della causa ha accolto quanto richiesto, facendolo assorbire dal primo motivo difatti, in tema di danno patrimoniale da incapacità lavorativa, non può farsi luogo ad una liquidazione automatica in base ai criteri della legge numero 39/1977, non comportando tale disposizione alcun automatismo di calcolo ma limitandosi ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere data anche in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità del lavoro specifica.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 febbraio – 13 maggio 2014, numero 10318 Presidente Russo – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. C.V. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Caltanissetta, S.M.L. , M.D.M. e le società assicuratrici Sarp e Sai, chiedendo la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro stradale verificatosi il omissis . Secondo l'attore il sinistro era stato causato dalla elevata velocità e imprudente condotta di guida di M.D. che si trovava alla guida dell'autovettura Ford Fiesta di proprietà di S.M.L. , sulla quale egli stesso era trasportato. 2. La S. e M.D. si costituirono assumendo che il sinistro si era invece verificato a causa dell'abbagliamento subito dalla M. da parte di altra autovettura, rimasta non identificata, che aveva costretto la stessa M. ad una improvvisa sterzata verso destra, con conseguente ribaltamento del veicolo. 3. Si costituirono anche la Sai e la Sarp chiedendo il rigetto della domanda. 4. Con separato atto di citazione notificato alla Sai Assicurazioni spa - nella qualità di impresa assicuratrice designata alla liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di garanzia per le vittime della strada - M.D. convenne la medesima Sai chiedendo il risarcimento dei danni alla sua persona subiti in occasione del sinistro per cui è causa, verificatosi, a suo dire, a causa dell'imprudente condotta di guida tenuta da persona rimasta non identificata. 5. Si costituì la Sai chiedendo il rigetto della domanda. 6. Con provvedimento presidenziale del 27 gennaio 1999 le due cause furono riunite. 7. Il Tribunale, sulla scorta degli elementi probatori acquisiti nel corso dell'attività istruttoria, dichiarò che la responsabilità doveva imputarsi a carico del conducente dell'autovettura rimasta non identificata e condannò la Sai al risarcimento del danno biologico e morale in favore di C.V. per l'importo di Euro 111.215,00, oltre il rimborso spese, ed in favore di M.D.M. per il complessivo importo di Euro 55.977,00. Condannò inoltre C.V. al pagamento delle spese processuali in favore di S.M.L. , di M.D.M. e della società assicuratrice. La Sai fu, a sua volta, condannata al pagamento delle spese del giudizio in favore di M.D.M. e dello stesso C.V. . 8. Avverso tale sentenza propose appello La Fondiaria Sai Spa, già Sai-Società Assicuratrice Industriale Spa, sostenendo, con nove motivi di censura, che il sinistro per cui è causa si era verificato per esclusiva colpa e responsabilità di M.D.M. , per avere quest'ultima tenuto, alla guida dell'autovettura, una velocità particolarmente elevata. 9. Si costituì la SARP Assicurazioni Spa in l.c.a. chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma dell'impugnata sentenza. Si costituì anche C.V. chiedendo il rigetto dell'appello e proponendo appello incidentale con il quale contestò la ricostruzione della dinamica del sinistro. Si costituì ancora M.D.M. la quale depositò comparsa di costituzione con la quale chiese il rigetto dell'appello proposto dalla SAI e dell'appello incidentale proposto da C.V. . Si costituì, infine, S.M.L. che depositò comparsa di costituzione e risposta con la quale chiese il rigetto dell'appello proposto dalla Fondiaria Sai Spa e da C.V. . La stessa chiese altresì la conferma integrale dell'impugnata sentenza. 10. La Corte d'appello di Caltanissetta ha condannato la società Fondiaria - Sai Spa al pagamento, in favore di C.V. , della somma di Euro 72.800,00 a titolo di risarcimento per il danno biologico e della somma di Euro 18.200,00 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme via via rivalutate, nonché interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino al soddisfo. La suddetta Corte ha poi condannato la società Fondiaria - Sai Spa al pagamento in favore di M.D. della somma di Euro 36.640,00 a titolo di risarcimento per danno biologico e della somma di Euro 9.160,00 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre accessori. Ha dichiarato compensate fra le parti le spese del giudizio di primo grado. 11. Propone ricorso per cassazione C.V. con due motivi. Gli intimati non svolgono attività difensiva. Motivi della decisione 12. Con il primo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360 nnumero 2 e 5 c.p.c. in relazione agli articolo 2056 e 1223 c.c. e 2727 e 2729 c.c. ”. Sostiene il ricorrente che egli, nell'articolare le proprie domande, con l'atto introduttivo del giudizio, chiese la liquidazione in suo favore oltre che del danno biologico e del danno morale ex articolo 2059 e. e, anche del danno patrimoniale da lucro cessante. In tal senso afferma il C. di aver prodotto in giudizio l'atto costitutivo di un'impresa artigiana a conduzione familiare di costruzione e revisione macchine industriali, datato 29 dicembrel994, di cui egli era collaboratore e copia della documentazione fiscale costituita dai Modelli Unici dei redditi 1996, 1997, 1998, 1999 e 2000 atta a provare che, dalla data del sinistro il suo reddito è di anno in anno diminuito. Per l'accertamento di tale danno è stata esperita Ctu medico-legale nella quale si afferma che “la menomazione dell'integrità psico-fisica del soggetto non ha inciso sulla sua capacità lavorativa che, al momento dell'evento lesivo, consisteva nell'impegno scolastico come studente i postumi subiti non gli impediscono un'attività di concetto, gli impedirebbero una attività di tipo manuale con uso contro forza del braccio e mano destra”. Ad avviso del ricorrente tale valutazione è errata in quanto egli, alla data del sinistro 7/9/95 , era collaboratore di un'impresa meccanica artigiana a conduzione familiare, nella quale svolgeva attività di tipo manuale, e proprio da tale collaborazione ricavava il proprio reddito. Il Ctu inoltre, richiamato dal G.I. per rendere chiarimenti sulla sua relazione peritale, ha precisato che la menomazione subita all'arto superiore destro lo avrebbe notevolmente ostacolato nelle mansioni lavorative. Tutti i suddetti elementi non sono stati tenuti in considerazione, secondo il C. , da parte dei giudici di merito. 13. Il motivo è fondato. La motivazione dell'impugnata sentenza è infatti del tutto inconsistente, essendosi limitata ad affermare che il risarcimento del danno patrimoniale è rimasto privo di prova, particolarmente sotto il profilo causale, anche considerata la natura intrinsecamente aleatoria del reddito dichiarato dal C. , derivante dalla sua partecipazione all'impresa familiare. Il Giudice di merito non ha, in particolare, adeguatamente esplicitato le ragioni per le quali ha negato il danno patrimoniale da lucro cessante, non essendo comprensibile dalla sua sentenza se la menomazione sofferta dal C. è stata oppure no tale da incidere sulla di lui capacità lavorativa specifica. È del resto giurisprudenza consolidata di questa Corte che il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, è da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici. Pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità cosiddette micropermanenti , le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico , è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura - non necessariamente in modo proporzionale - qualora la vittima già svolga un'attività o presumibilmente la svolgerà. In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifica, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale Cass., 25 gennaio 2008, numero 1690 . Nel caso in esame, a fronte di un risarcimento del danno biologico nella misura del 30%, risultante dall'accertamento della ctu e dalla produzione dell'atto costitutivo di un'impresa artigiana a conduzione familiare, di cui l'attuale ricorrente era partecipe, nonché di copia della documentazione fiscale costituita dai modelli di dichiarazione dei redditi atta a provare che, dalla data del sinistro il reddito del medesimo ricorrente è diminuito di anno in anno, la Corte non spiega perché ha negato il risarcimento del lucro cessante. Non spiega, in particolare, perché la menomazione fisica e la ridotta capacità lavorativa del ricorrente non avevano avuto incidenza economica alcuna, diretta o indiretta, nell'ambito dell'impresa familiare, e se in essa lo stesso apportava un contributo economicamente appezzabile ed incidente sul reddito dell'impresa stessa e dunque del ricorrente medesimo. 14. Con il secondo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto - omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360 numero 2 e 5 c.p.c., con riferimento all'articolo 4 L. 39/77 ”. Si duole il ricorrente che i Giudici di merito non abbiano ritenuto di applicare alla fattispecie dedotta in giudizio, quanto disposto dall'articolo 4, 3 comma, del D.L. 23.12.1976 numero 857, convertito nella legge 39/77, secondo il quale in tutti gli altri casi, il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale . Tale criterio, prosegue il ricorrente, può certamente essere disatteso a favore di un reddito maggiore, individuato anche secondo criteri presuntivi ed equitativi ma ove il Giudice di merito non ritenga raggiunta la relativa prova, non può prescindere dall'applicazione della suddetta norma. L'impugnata sentenza pertanto, nella misura in cui ha disapplicato quest'ultima, senza peraltro motivarne le ragioni, è da ritenere certamente meritevole di censura. 15. Il motivo rimane sostanzialmente assorbito dalle considerazioni di cui al precedente motivo. Giova sul punto ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, che in tema di danno patrimoniale da incapacità lavorativa, non può farsi luogo ad una liquidazione in modo automatico in base ai criteri dettati dal suddetto articolo 4 l. 39/1977, non comportando tale disposizione alcun automatismo di calcolo, ma limitandosi ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, che comunque incombe al danneggiato e che può essere data anche in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità di lavoro specifica Cass., 14 novembre 2011, numero 23761 conforme, per ultimo, la numero 3290 del 2013 . Ora nella specie, ove dovesse risultare che la menomazione fisica del ricorrente ha avuto incidenza sui redditi prodotti nell'ambito dell'impresa familiare, il danno patrimoniale non potrebbe che essere commisurato alla incidenza medesima mentre, all'evidenza, ove un tale risultato dovesse essere escluso, difetterebbe il presupposto per la liquidazione di un danno. 16. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei termini predetti. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla Corte d'appello di Palermo anche per le spese del giudizio di cassazione.