La rivincita della conciliazione: il giudice deve considerare l’accordo tra le parti

Il giudice penale, per il calcolo dell’imposta evasa, qualora non intenda tener conto dell’esito di un accertamento con adesione o di una conciliazione che riducono la pretesa dell’amministrazione, deve motivare i concreti elementi di fatto che rendono maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione operata dai verificatori.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 19138 del 9 maggio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Pordenone disponeva il sequestro preventivo a carico del legale rappresentante di una società indagato per dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per prestazioni oggettivamente inesistenti relative a vari anni di imposta. Autotutela totale dell’amministrazione. L’indagato propone ricorso per cassazione, denunciando un errore nella quantificazione dell’imposta evasa su cui commisurare il sequestro. Infatti, a seguito di conciliazione giudiziale tra la società e l’Agenzia delle Entrate, l’iniziale imposta evasa veniva abbattuta per alcuni periodi di imposta e per un anno interveniva autotutela totale dell’amministrazione. Il Tribunale, al contrario, aveva sostenuto che la conciliazione giudiziale non rilevava sotto il profilo penale al fine di rideterminare l’ammontare del profitto del reato. Spetta ai giudice determinare l’imposta evasa. La Corte di Cassazione condivide gli assunti del ricorrente chiarisce, in primis, che spetta esclusivamente al giudice penale il compito di accertare e determinare l’imposta evasa e tale verifica può sovrapporsi o contraddire quella svolta innanzi al giudice tributario. Atto negoziale tra le parti. Per quanto riguarda l’accertamento con adesione e ogni forma di concordato fiscale, rappresentano un atto negoziale tra le parti, da cui, quindi, il giudice penale può discostarsi per tener conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria se risultano concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’iniziale quantificazione dell’imposta dovuta. Nel caso di specie, il Tribunale non ha valutato minimamente il dato relativo alla conciliazione, limitandosi a sostenere la sua irrilevanza a fini penali mentre da essa il giudice penale non può prescindere.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 aprile – 9 maggio 2014, numero 19138 Presidente Squassoni – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 4/11/2013, depositata in pari data, il tribunale del riesame di Pordenone, rigettava l'istanza di riesame avverso il provvedimento del GIP del medesimo tribunale del 20/09/2013, con cui era stato disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, fino a concorrenza dell'importo di Euro 689.400,00 da eseguirsi sui beni immobili e mobili, diritti e rapporti attivi, ivi compresi i saldi dei rapporti bancari, nella concreta disponibilità del ricorrente, indagato in ordine al reato di cui all'articolo 2, d. lgs. numero 74/2000. 2. Giova preliminarmente ricordare che il M. è indagato del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, perché, quale legale rappresentante dalla MACA ENGINEERING s.r.l., nonché firmatario delle dichiarazioni fiscali presentate al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si avvaleva di fatture passive per prestazioni oggettivamente inesistenti negli anni dal 2006 al 2010 con un'evasione di imposta IRES pari ad Euro 227.810,00 ed IVA per Euro 152.400,00, trattandosi di fatture emesse dalla società MEDIA STARS s.r.l. di Milano indicate nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte. 3. Ha proposto tempestivo ricorso il M. , a mezzo del difensore fiduciario - procuratore speciale cassazionista, impugnando l'ordinanza predetta e deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero . 3.1. Deduce, con il primo, articolato, motivo la violazione degli articolo 111, commi 6 e 7, Cost. e dell'articolo 125, comma 3, c.p.p. in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. c , in ordine all'omessa indicazione dei concreti elementi di fatto che rendono maggiormente attendibile l'iniziale pretesa dell'Agenzia delle Entrate -in relazione alla quale è stato ritenuto sussistente il fumus commissi delicti e quantificato l'ammontare dell'imposta su cui commisurare il sequestro - rispetto alla definizione del rapporto tributario per le annualità in discussione intervenuto tra l'Agenzia delle Entrate e la società contribuente a seguito di conciliazione giudiziale del 9 settembre 2013 per gli anni 2007, 2008 e 2009 e di autotutela totale per l'anno 2010. In sintesi, si duole il ricorrente per aver i giudici di merito del tutto ignorato la circostanza che la pretesa tributaria inizialmente fatta valere dall'Agenzia delle Entrate ed in relazione alla quale era stata disposta la misura cautelare reale era stata abbandonata dalla stessa Amministrazione finanziaria in particolare, viene sottoposta a censura la parte dell'ordinanza di riesame in cui i giudici ritengono che, a fronte della documentazione difensiva da cui emergeva che la pretesa dell'Amministrazione era stata totalmente ridimensionata a seguito dell'accordo conciliativo del 9 settembre 2013, da cui emergeva che, mentre per i periodi di imposta 2006 e 2010, il debito tributario era pari a zero, per gli altri periodi di imposta dal 2007 al 2009, era stato rideterminato il debito tributario complessivo in Euro 80.556,80 , non fossero stati superati i rilievi circa la natura di società cartiera della MEDIA STARS s.r.l., essendosi il ricorrente limitato ad affermare che la società NACA s.r.l. era pubblicizzata perché riprodotta su veicoli impiegati in non meglio precisate competizioni automobilistiche senza chiarire sulla base di quali accordi contrattuali e senza allegare idonea dettagliata documentazione contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente rese da MEDIA STARS s.r.l., che è risultata priva di struttura organizzativa e conseguentemente risultavano i costi da questi sostenuti sul punto, si duole la difesa per non aver i giudici del riesame fatto coerente applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il giudice penale può discostarsi da quanto definitivamente accertato dall'Agenzia delle Entrate solo se risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta nella specie, difetterebbe nella motivazione dei giudici del riesame l'indicazione di tali elementi di fatto idonei a giustificare il mantenimento del sequestro, contrastando gli elementi dell'originario PVC dell'Agenzia delle Entrate del 15/03/2012 con l'accertamento definitivo della stessa Agenzia. 3.2. Deduce, con il secondo, articolato, motivo la violazione degli articolo 526, comma 1, 191, comma 1 e 125, comma 3 c.p.p. in relazione all'articolo 606, comma 1, lett. c , c.p.p., con particolare riferimento al travisamento della prova da parte del Tribunale del riesame e sulla motivazione apparente in punto di fumus commissi delicti. L'ordinanza impugnata sarebbe, poi, affetta dal predetto vizio, in quanto le affermazioni di cui sopra circa il mancato superamento, da parte della difesa, dei rilievi in ordine alla natura di cartiera della società MEDIA STARS s.r.l., sarebbero palesemente contrarie alle prove documentali acquisite a anzitutto, quanto alla pretesa mancanza degli accordi contrattuali in forza dei quali sarebbero state rese le prestazioni pubblicitarie a MACA s.r.l. i contratti pubblicitari conclusi tra MACA s.r.l. e MEDIA STARS s.r.l. relativi agli anni 2007/2010, risultano allegati al PVC, in quanto acquisiti dai funzionari dell'Agenzia delle Entrate all'esito della verifica fiscale b in secondo luogo, quanto alla presunta assenza di idonea dettagliata documentazione contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente rese da MEDIA STARS s.r.l. diversamente, dallo stesso PVC del 15/03/2012, risulta che la MACA s.r.l. ha esibito tutti i libri, scritture e documenti richiesti che ha istituito, tenuto e conservato nei termini di legge, i libri, i registri e gli altro documenti richiesti in visione dai funzionari ancora, al medesimo PVC risultano allegate tutte le fatture emesse da MEDIA STARS s.r.l. a MACA s.r.l. e debitamente registrate da quest'ultima sul registro IVA acquisti, con i relativi mastrini in cui vengono rilevati i debiti conseguenti alle fatture emesse da MEDIA STARS s.r.l. ed i conseguenti pagamenti effettuati a mezzo di bonifico bancario sul conto della società committente acceso presso UNICREDIT Banca c infine, quanto alla circostanza secondo cui il ricorrente si sarebbe limitato ad affermare che la società MACA era pubblicizzata poiché riprodotta su veicoli impiegati nell'ambito di non meglio precisate competizioni automobilistiche diversamente, la difesa rileva di aver prodotto documentazione relativa a specifiche e individuate gare oggetto di sponsorizzazione, costituita da estratti di giornali e riviste a tiratura nazionale aventi data certa con fotografia delle vetture su cui risulta raffigurato anche il marchio MACA, che comprovano lo svolgimento di specifiche gare oggetto dei contratti pubblicitari, oltre a foto e video in DVD che rappresentano la partecipazione dell'autovettura Ferrari 430 con il marchio MACA e gare automobilistiche ben individuate, elenco delle gare che viene riportato nel ricorso alle pagg. 14/16. In conclusione, quindi, l'impugnata ordinanza sarebbe viziata, avendo mantenuto un sequestro sulla base di un PVC redatto da funzionari di quella stessa Agenzia delle Entrate che, successivamente, ha abbandonato la pretesa tributaria iniziale, perdipiù fondandosi la motivazione del provvedimento impugnato su dati contrastati dalle prove documentali. 3.3. Deduce, infine, con il terzo motivo l'inosservanza, erronea applicazione della legge penale, in relazione all'articolo 606, lett. b , c.p.p. violazione del disposto di cui all'articolo 322-ter c.p., articolo 1 e 5 d. lgs. numero 471/1997 e articolo 12, commi 1 e 2, d. lgs. numero 472/97 nonché dell'articolo 48, comma 6, d. lgs. numero 546/1992. Infine, l'ordinanza impugnata sarebbe viziata in quanto, a fronte della doglianza sollevata davanti ai giudici del riesame, con cui il ricorrente si doleva per avere il GIP erroneamente parametrato l'entità del sequestro ad importo del tutto perequato rispetto a quanto dovuto - non essendosi tenuto conto, nella determinazione del quantum sequestrabile, del debito tributario quale definitivamente accertato dall'Agenzia delle Entrate e, comunque, del fatto che il profitto correlato alla sanzione amministrativa che sarebbe dovuta al fisco, non avrebbe potuto eccedere l'importo di quella concretamente irrogata dall'Agenzia delle Entrate di Pordenone - il tribunale del riesame avrebbe replicato, ritenendo che la conciliazione giudiziale non rileverebbe sotto il profilo penale e non apparirebbe decisiva al fine di rideterminare l'ammontare del profitto del reato tributario, alla luce degli accertamenti della GDF che non sarebbero stati superati da analitiche prove documentali da parte del ricorrente quanto all'ammontare dell'imposta evasa e degli interessi e sanzioni conseguenti dovuti all'Erario. Detta motivazione, a giudizio della difesa, violerebbe anzitutto, l'articolo 322 - ter c.p., in quanto il richiamo all'inesistenza di una pregiudiziale tributaria ed all'autonomia del giudice penale nell'accertare l'imposta evasa, si riferirebbero alla questione afferente il superamento della soglia di punibilità e l'accertamento o la sussistenza del reato, non invece all'importo da assoggettare a sequestro per equivalente in sostanza, secondo il ricorrente, il giudice penale non sarebbe vincolato alla diversa conclusione cui il giudice tributario è pervenuto né all'esito delle procedure di accertamento con adesione o di conciliazione giudiziale, ma, al diverso fine di determinare l'importo sequestrabile per equivalente, deve comunque tener conto dell'estinzione o della riduzione del debito tributario medio tempore intervenuta, tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte che evidenzia come il principio dell'espropriazione definitiva di un bene non può essere superiore al profitto derivato. In secondo luogo, l'ordinanza violerebbe le ulteriori norme sostanziali richiamate d. Igs. 471/97 d. Igs. 472/97 d. lgs. 546/92 , omettendo qualsivoglia motivazione, nemmeno per relationem, sulle ragioni per le quali il GIP avrebbe individuato la sanzione amministrativa nell'importo di Euro 344.700,00 pari alle imposte ritenute evase nell'originaria pretesa dell'Agenzia delle Entrate , né sulla disapplicazione da parte del GIP del cumulo giuridico ex articolo 12 d. lgs. numero 472/97 nonché sulla rilevanza, ai fini dell'individuazione dell'importo sequestrabile, della sanzione amministrativa concretamente e definitivamente irrogata dall'Agenzia delle Entrate di Pordenone in relazione ai fatti oggetto di contestazione penale. In sintesi, alla luce dei criteri di calcolo richiamati dalla difesa, la corretta applicazione delle disposizioni di cui sopra, avrebbe dovuto indurre la riduzione dell'importo sequestrabile alla somma massima di Euro 351.155,01, tenuto conto della somma di poco più di 20.000,00 Euro già pagata in forza della conciliazione conclusa. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte. 4. Deve, preliminarmente, ricordarsi che, in sede di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l'articolo 325 cod. proc. penumero ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti alla violazione di legge. Nella nozione di violazione di legge rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e dell'articolo 606 stesso codice v., per tutte Sez. U, numero 5876 del 28/01/2004 - dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710 Sez. U, numero 25080 del 28/05/2003 - dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611 . 5. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che, a fronte delle puntuali argomentazioni svolte dalla parte ricorrente, questo Collegio non può che convenire in ordine alla fondatezza delle censure mosse. Ed invero la motivazione del provvedimento impugnato appare assolutamente inadeguata a soddisfare quel minimo di valutazione critica richiesta al giudice del riesame in ordine alle deduzioni difensive sollevate davanti al giudice della cautela. Ora, questa Corte ha recentemente affermato, sia pure con riferimento al reato di dichiarazione infedele, che, pur non essendo il giudice vincolato, nella determinazione dell'imposta evasa da ritenersi rilevante onde reputare accertato o meno il superamento della soglia di punibilità, all'imposta risultante a seguito dell'accertamento con adesione o del concordato fiscale tra Amministrazione finanziaria e contribuente, è tuttavia necessario che, onde potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tenere, invece, conto dell'iniziale pretesa tributaria dell'Erario, risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta Sez. 3, numero 5640 del 02/12/2011 - dep. 14/02/2012, P.M. in proc. Manco, Rv. 251892 v. anche, Sez. 3, sentenza numero 37954 del 2012, ric. Lacirignola, non massimata . Nella specie, la stessa ordinanza impugnata da atto dell'intervenuto accertamento con adesione o, comunque, di un concordato in forza del quale l'importo, inizialmente ammontante ad Euro 689.400,00, è stato poi ridotto – nella prospettazione difensiva - sino ad Euro 351.155,01, per di più comprensivo, a quel risulta, anche delle sanzioni. È quindi ben possibile che la pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria venga ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio innanzi al giudice tributario, senza che ciò possa vincolare il giudice penale e senza che possa quindi escludersi che quest'ultimo pervenga - sulla base di elementi di fatto in ipotesi non considerati dal giudice tributario - ad un convincimento diverso è ovvio però che di tale diverso convincimento occorre dare specifica e congrua motivazione. Con la precisazione, peraltro, che i possibili esiti del giudizio tributario, che può definirsi anche con una pronuncia meramente in rito, costituiscono un dato ben distinto dalla pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria. L'accertamento con adesione e ogni forma di concordato fiscale si collocano sul crinale della distinzione appena tracciata c'è un'iniziale pretesa tributaria che poi viene ridimensionata non già dal giudice tributario, ma da un atto negoziale concordato tra le parti del rapporto. Anche in tal caso, dunque, il giudice penale non è vincolato all'imposta così accertata ma per discostarsi dal dato quantitativo risultante dall'accertamento con adesione o dal concordato fiscale per tener conto invece dell'iniziale pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta. 5.1. Nella specie, a fronte della documentata esistenza, per gli anni di imposta 2007, 2008 e 2009 nonché, per l'anno 2006 e l'anno 2010, di un debito tributario pari a zero di una conciliazione giudiziale con l'Agenzia delle entrate chiaramente indicante una rideterminazione della imposta evasa in misura nettamente inferiore a quella indicata in imputazione, il Tribunale ha omesso ogni valutazione degli elementi da essa emergenti, giustificando il proprio convincimento della sussistenza, anche sotto tale preliminare profilo, del fumus commissi delicti, con l'affermazione secondo la quale la conciliazione giudiziale non rileverebbe sotto il profilo penale e non apparirebbe decisiva al fine di rideterminare l'ammontare del profitto del reato tributario affermazione evidentemente apodittica, che non tiene conto del ben diverso criterio di calcolo seguito dall'amministrazione finanziaria e della relativa determinazione finale che pure, come detto, costituisce invece dato dal quale il giudice penale non può prescindere . 5.2. Inoltre, in tal senso condividendo le richieste del Procuratore Generale di udienza, pare evidente come il tribunale abbia sbrigativamente affermato che la produzione documentale del ricorrente non fosse idonea a superare i rilievi della natura di società cartiera della MEDIA STARS, alla luce dell'ampia produzione documentale difensiva allegata ai giudici del riesame finalizzata a contrastare a la pretesa mancanza degli accordi contrattuali in forza dei quali sarebbero state rese le prestazioni pubblicitarie a MACA s.r.l. b la presunta assenza di idonea dettagliata documentazione contabile a sostegno delle prestazioni asseritamente rese da MEDIA STARS s.r.l. c l'esistenza di specifiche e individuate gare oggetto di sponsorizzazione documentata con estratti di giornali e riviste a tiratura nazionale aventi data certa con fotografie delle vetture su cui risulta raffigurato anche il marchio MACA, nonché foto e video in DVD che rappresentano la partecipazione dell'autovettura Ferrari 430 con il marchio MACA e gare automobilistiche ben individuate . Sul punto, merita qui ricordare che il tribunale del riesame deve limitare il suo sindacato alle deduzioni difensive che abbiano un'oggettiva incidenza sul fumus commissi delicti , senza pronunciarsi su qualsiasi allegazione che si risolva in una mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi probatori già acquisiti Sez. 3, numero 13038 del 28/02/2013 - dep. 21/03/2013, P.M. in proc. Lapadula e altro, Rv. 255114 nel caso in esame, è evidente che la documentazione difensiva aveva, diversamente, la funzione di superare rilievi in ordine alla natura di cartiera della società MEDIA STARS s.r.l., con conseguente obbligo del tribunale del riesame di motivarne adeguatamente la rilevanza o meno. 6. l'accoglimento dei primi due motivi di ricorso, esime questo Collegio dall'esame del terzo motivo, essendo ad esso preliminare la rivalutazione da parte del giudice del riesame degli elementi documentali difensivi ai fini della valutazione del fumus delicti. 7. L'impugnata ordinanza dev'essere, pertanto, annullata con rinvio al tribunale di Pordenone per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Pordenone.