Paura del dentista? Figuriamoci di chi non ha neanche il diploma di igienista dentale. Ma il titolare dello studio, che consente alla sua assistente di effettuare un intervento di igiene dentale, non può essere punito per concorso nell’esercizio abusivo della professione.
La fattispecie. Un dentista aveva consentito all’assistente, che lavorava presso il suo studio e che non aveva il diploma di igienista dentale, di effettuare una rimozione del tartaro ad una paziente. Tribunale e Corte d’appello ritenevano il dentista colpevole del reato di esercizio abusivo della professione articolo 348 c.p. a titolo di concorso. Il professionista ricopre una posizione di garanzia? Il professionista propone ricorso per cassazione lamentando vizio di motivazione, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto la responsabilità concorsuale dell’imputato facendo ricorso alla figura della violazione della posizione di garanzia, «che avrebbe imposto al titolare dello studio dentistico di impedire l’esercizio abusivo della professione da parte di terzi». La mera connivenza o tolleranza non configura il concorso nel reato di abusivo esercizio della professione. La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 19544 depositata il 23 maggio 2012, sostiene che possa «rispondere del delitto di esercizio abusivo della professione, a titolo di concorso, chiunque agevoli o favorisca lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di un’attività professionale per la quale sia richiesta una abilitazione speciale, ma ciò non consente di ritenere che possa essere punito per una forma di responsabilità concorsuale anche la condotta di mera connivenza o tolleranza». In estrema sintesi, c’è concorso se viene dimostrato «il contributo personale del concorrente alla realizzazione del reato, il che nella specie – si legge nel dispositivo - non è stato fatto». Inoltre, conclude la S.C., il reato contestato non è reato di evento e di conseguenza il titolare dello studio non può essere tenuto ad impedire un evento che non c’è. L’annullamento della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, a questo punto, appare scontato.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 marzo – 23 maggio 2012, numero 19544 Presidente Agrò – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Catania ha confermato la sentenza del 15 luglio 2009 con cui il Tribunale di Siracusa aveva ritenuto C S. colpevole del reato di cui all'articolo 348 c.p. a titolo di concorso, per avere consentito a G A. , che lavorava presso il suo studio dentistico e che non aveva il diploma di igienista dentale, di effettuare un intervento di igiene dentale rimozione del tartaro alla paziente L C. . 2. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite i propri difensori di fiducia, e deduce i seguenti motivi - violazione dell'articolo 350 comma 6 c.p.p., in quanto la sentenza svaluta le dichiarazioni rese dalla stessa paziente C. , che ha negato di avere subito l'intervento di igiene orale da parte della A. , e si basa unicamente sulla testimonianza del maresciallo G.R. , che ha eseguito il controllo presso lo studio medico, che ritiene più credibile perché la sua versione risulta confermata dalle ammissioni della A. , ammissioni però che la coimputata avrebbe reso allo stesso agente nell'immediatezza del fatto senza alcuna garanzia difensiva e che per questo non potevano essere utilizzate - violazione degli articolo 42, 110 e 348 c.p. e vizio di motivazione, in quanto la sentenza ha ritenuto la responsabilità concorsuale dello S. facendo ricorso alla figura della violazione della posizione di garanzia, che avrebbe imposto al titolare dello studio dentistico di impedire l'esercizio abusivo della professione da parte di terzi. Secondo il ricorrente la posizione di garanzia può riferirsi ad una condotta colposa, non anche a quella dolosa, come nel caso in esame. La responsabilità dello S. non poteva essere affermata in base al mero inadempimento dell'obbligo di impedire la condotta dell'A. , occorrendo l'effettiva conoscenza di quanto quest'ultima stava facendo, circostanza che avrebbe consentito di valutare anche l'elemento soggettivo del dolo, che invece i giudici di merito non hanno neppure preso in esame. Considerato in diritto 3. Il primo motivo è infondato, in quanto la sentenza ha preso in considerazione la testimonianza del maresciallo R. per quello che lo stesso ha potuto osservare una volta entrato nello studio dentistico, prescindendo da quanto riferito dall'A. nell'immediatezza dei fatti. Sicché correttamente la Corte d'appello ha ritenuto provato, proprio in base alla testimonianza del R. , l'esecuzione da parte dell'A. di un intervento di ablazione del tartaro alla paziente L C. . 4. È invece fondato il secondo motivo, con cui si contesta la ritenuta responsabilità concorsuale dell'imputato, quale titolare dello studio dentistico. Secondo la sentenza la responsabilità di C S. scaturisce da una sua posizione di garanzia in quanto titolare dello studio e va ravvisata anche nella semplice ipotesi di connivenza o tolleranza delle iniziative assunte dalla sua dipendente che, in mancanza del diploma di igienista dentale, ha eseguito l'intervento di rimozione del tartaro. Invero, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che possa rispondere del delitto di esercizio abusivo di una professione, a titolo di concorso, chiunque agevoli o favorisca lo svolgimento da parte di una persona non autorizzata di un'attività professionale per la quale sia richiesta una abilitazione speciale Sez. VI, 9 aprile 2009, numero 17893, Zuccarelli , ma ciò non consente di ritenere che possa essere punita per una forma di responsabilità concorsuale anche la condotta di mera connivenza o tolleranza. Perché vi sia concorso è comunque necessario che sia dimostrato il contributo personale del concorrente alla realizzazione del reato, il che nella specie non è stato fatto. La Corte territoriale per sostenere la tesi del concorso ha fatto ricorso ad un giudizio di verosimiglianza, ritenendo possibile che l'imputato abbia incaricato l'A. di eseguire l'intervento ovvero che abbia tollerato che la stessa ponesse in atto l'intervento per cui non era abilitata. Tuttavia, è evidente che si tratta di una motivazione che non è fondata su elementi di prova, né su indizi che abbiano consistenza di gravità, precisione e concordanza. D'altra parte, anche il riferimento alla figura della posizione di garanzia appare fuorviante, perché il reato di cui all'articolo 348 c.p. non è reato di evento e di conseguenza il titolare dello studio non può essere tenuto ad impedire un evento che non c’è. Per ritenere la responsabilità del titolare dello studio medico professionale a titolo di concorso con l’autore era necessario dimostrare che questi conoscesse che nello studio veniva eseguiti interventi per cui necessitava una speciale abilitazione e che consentisse tali interventi. Peraltro, nella specie è stato accertato un unico episodio, per cui la prova cui si è fatto riferimento appare ancor più necessaria. 5. Per queste ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania per un nuovo giudizio, che tenga conto dei principi sopra indicati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania.