Clima da incubo nella ‘prima’ classe di una scuola elementare. ‘Protagonista’ l’insegnante, capace di adottare un metodo di ‘educazione’ fondato su intimidazione e violenza, a livello fisico e a livello psicologico. Risibile l’ipotesi di un semplice abuso dei mezzi di correzione.
Vita da incubo in aula, per giunta nella ‘prima’ classe di una scuola elementare ciò grazie all’assurdo comportamento della maestra, ‘protagonista’ di percosse, ingiurie, umiliazioni e vessazioni psicologiche ai danni di alcuni piccoli alunni. Assolutamente impensabile, checché ne dica l’insegnante, parlare di disciplina eccessivamente rigida. Logica, invece, la condanna per il reato di maltrattamenti, anche alla luce delle terribili ripercussioni psicologiche subite dai bambini. Cass., sent. numero 14753/2014, Sesta Sezione Penale, depositata oggi Scuola da incubo. Nessun dubbio, per i giudici di primo e di secondo grado, sulla pesante responsabilità della donna, capace di ‘opprimere’ gli «alunni, tra i 4 e i 6 anni» a lei «insegnante» affidati dai genitori. Conseguenziale la condanna per il «reato di maltrattamenti», condanna, però, «dichiarata estinta» ‘grazie’ all’indulto concesso nel 2006. Resta, così, oltre alla censura morale, solo il «risarcimento del danno in favore dei genitori, costituitisi parte civile». Nonostante tutto, però, la donna sceglie comunque di presentare ricorso in Cassazione, puntando, è evidente, a un ‘alleggerimento’ della propria posizione. Punto centrale, in questa ottica, è la valutazione, da parte della donna, del comportamento tenuto in classe come «mero abuso dei mezzi di correzione». E a sostegno di questa visione viene anche richiamata la «documentazione scolastica attestante la qualità del lavoro» svolto «dall’insegnante». Ma la deminutio della contestazione, cui mira la donna, è un’ipotesi respinta in maniera netta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali mostrano di condividere in pieno la valutazione compiuta dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi acclarati, in sostanza, i «maltrattamenti» compiuti in classe, e, allo stesso tempo, gli inevitabili effetti sulla psiche dei bambini. Esemplari, a questo proposito, i racconti delle madri relativi a «condotte e reazioni dei figli, a casa e nel rapporto con la prospettiva quotidiana della partecipazione scolastica». Ciò che emerge, in sostanza, è «un metodo di ‘educazione’» fondato «sull’intimidazione e sulla violenza, soprattutto psicologica ma pure fisica, anche con irrisioni, offese, bestemmie e denigrazioni degli alunni», tale da creare «un clima di stabile mortificazione e sopraffazione, soprattutto nei bambini più sensibili», e che, comunque, «veniva vissuto, di riflesso, anche dagli alunni ‘più fortunati’, non soggetti direttamente alle ‘attenzioni’ della maestra». Per questo, per la «sofferenza fisica e morale» subita dai bambini – capace di determinare evidenti «turbamenti psichici e danni psicologici» –, è inevitabile parlare di «maltrattamenti», e non certo di «meri abusi dei mezzi di correzione».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 – 28 marzo 2014, numero 14753 Presidente Agrò – Relatore Citterio Considerato in diritto 1. A.M. era imputata di maltrattamenti nei confronti degli alunni, tra i quattro ed i sei anni, affidatile in ragione del suo servizio di insegnante in una scuola elementare. Le condotte in concreto contestate avevano ad oggetto percosse, ingiurie, umiliazioni e vessazioni psicologiche, specificamente indicate. Con sentenza del 21.2-7.3.13 la Corte d'appello di Napoli ha confermato la condanna, deliberata il 22.4.2011 dal Tribunale di Avellino, alla pena di giustizia dichiarata estinta ex articolo 1 legge 241/2006 ed al risarcimento del danno in favore dei genitori costituitisi parte civile, in proprio e nella qualità, con provvisionale di 5000 euro per ciascuna di esse. 2. Nell'interesse dell'imputata il difensore ha proposto ricorso per cassazione, enunciando sei motivi - contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'incompletezza dell'istruttoria per il mancato esame gestaltico, sottovalutando la deposizione della direttrice didattica sulla peculiare situazione della prima classe nel momento in cui entrava in vigore la riforma che consentiva l'accesso anche a bambini cd anticipatari e il numero limitato di alunni che avevano manifestato problemi - incompletezza della motivazione per la non considerazione della documentazione scolastica attestante la qualità del lavoro dell'insegnante, confermata anche da colleghi - mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa l'apprezzamento dei materiale probatorio acquisito e mancata assunzione di una prova decisiva, per l'omessa audizione dei bambini che, precisa il difensore, è stata chiesta solo in appello ex articolo 603 c.p.p. per mutamento dei difensore assenza di riscontri documentali alle dichiarazioni de relato dei genitori dei minori omessa valutazione dell'influenza sull'attendibilità delle dichiarazioni dei genitori dell'iniziativa collettiva intrapresa da alcuni con l'adesione di altri - mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa l'apprezzamento della consulenza della dott.ssa P. psicologa clinica su alcuni degli alunni, per l'assenza di registrazioni visive o audio degli incontri e di puntuale anamnesi individuale e familiare , sola in grado di apprezzare la valenza probatoria dello stato dei bambini quale accertato dalla consulente - violazione degli articolo 571 e 572 c.p., per mancata prova dell'abitualità della condotta di maltrattamento in luogo di quella del mero abuso dei mezzi di correzione - illegittimità del mancato accoglimento della richiesta di revoca o sospensione della provvisionale per la mancata allegazione di pregiudizio grave e irreparabile, essendo stata documentata la sostanziale corrispondenza dell'importo dovuto con il reddito annuale lordo. Ragioni della decisione 3. Il ricorso è infondato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese legali in favore delle presenti costituite parti civili, liquidate come da dispositivo, tenuto conto dell'attività svolta e dei numero delle parti rappresentate. I primi quattro motivi propongono, sotto profili diversi ma convergenti, la sostanziale censura di mancanza di prova adeguata della sussistenza di condotte ed effetti propri dei maltrattamenti e della riconducibilità delle singole situazioni di disagio dei minori alla condotta complessiva dell'imputata. Ma, come del resto si evince dalla precedente presentazione del contenuto dei motivi di impugnazione, le censure si risolvono in deduzioni di merito in qualche modo anche 'giustificate' con la tardiva assunzione dell'incarico difensivo , volte a sollecitare una complessiva rivalutazione del materiale probatorio, del tutto preclusa in questa sede di legittimità. In realtà, la lettura della sentenza d'appello attesta una compiuta indicazione delle ragioni della prima decisione e dei motivi d'appello e, da p. 5, la piena rivalutazione del materiale probatorio, in costante ed esaustivo confronto con i singoli motivi d'impugnazione, che perviene ad una rinnovata autonoma conclusione, conforme a quella del Tribunale. In particolare la Corte ha dato conto delle plurime prove orali, argomentandone la sufficienza tranquillante p. 5-8 , in particolare per quanto riguardava le deposizioni delle madri, che erano testi anche dirette delle condotte e delle reazioni dei figli a casa e nel rapporto con la prospettiva quotidiana della partecipazione alla vita scolastica p. 9 ha altresì spiegato le ragioni della piena attendibilità della consulenza tecnica sui minori e la valenza probatoria delle sue conclusioni in ordine allo stato dei minori al momento del suo espletamento p. 9 . Il quinto motivo è infondato. Il Tribunale aveva provveduto all'analitica descrizione dei comportamenti e dei contesti, nonché all'altrettanto analitica loro valutazione, evidenziando il carattere ripetitivo della condotta esercitata su molti scolari ed i suoi devastanti effetti sul complessivo clima scolastico e sul rapporto tra tutti gli alunni e la scuola secondo il motivato apprezzamento del primo Giudice sempre suffragato da continui riferimenti a dati probatori non palesemente incongrui alle conclusioni raggiunte la condotta dell'imputata era volta a realizzare un metodo di 'educazione' e apprendimento fondato sull'intimidazione e sulla violenza, soprattutto psicologica ma pure fisica p. 8 , anche con irrisioni ingiustificate, offese, bestemmie p. 13 e denigrazioni degli alunni p. 8 si era trattato di condotta non solo astrattamente idonea a ingenerare vera e propria nevrosi reattiva alla scuola, ma che tali conseguenze aveva in effetti provocato p. 9 in concreto si trattava, tra l'altro, di « atteggiamenti interpersonali di gestione degli alunni gravemente avvilenti e vessatori, tali da ingenerare un clima di stabile mortificazione e sopraffazione soprattutto nei bambini più sensibili in ragione delle problematiche di cui erano portatori, , e che veniva vissuto, di riflesso, anche dagli alunni più fortunati che non erano soggetti direttamente alle attenzioni della maestra» p.15 , che si concretizzavano, tra le svariate condotte vessatorie descritte, anche nel tirare i capelli tanto da indurre alcun bambino a chiedere alla madre di poter avere i capelli tagliati per tenerli corti p. 12 in definitiva, un comportamento permanente che aveva generato un clima di `stabile mortificazione e sopraffazione'. Rispondendo al motivo d'appello sulla qualificazione giuridica in favore dell'articolo 571 c.p. motivo per il vero svolto in termini sostanzialmente assertivi perché privo di alcun confronto specifico con le condotte singolarmente descritte e complessivamente valutate dal Tribunale, p. 8 ultima parte e 9 prima parte la Corte d'appello ha, con specifica e altrettanto articolata motivazione, ricostruito i fatti nel senso della sussistenza di una «situazione, all'interno della classe, caratterizzata da un atteggiamento fortemente persecutorio della maestra nei confronti solo di alcuni bambini, i più fragili ed emotivi, oppure quelli che presentavano delle connotazioni fisiche che più degli altri attiravano la sua morbosa attenzione, estrinsecatasi attraverso frasi ingiuriose, di derisione e scherno senza alcun motivo che potesse più che giustificare, quantomeno fornire una spiegazione, dei suoi comportamenti» p.8 . Secondo la Corte distrettuale si erano realizzate, in fatto, quelle condizioni di ripetizione di atti vessatori idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della persona offesa p.9 , vessazioni fisiche e morali che avevano determinato i comprovati non solo dalla perizia ma dalle dirette deposizioni significativamente coerenti delle madri turbamenti psichici e danni psicologici. In definitiva, comportamenti reiterati costituenti maltrattamenti e assistiti dalla necessaria coscienza e volontarietà, incompatibili con la sussunzione nei meri abusi ex articolo 571 c.p. p. 10 . Si tratta di un apprezzamento complesso, attento alle risultanze processuali in continuo confronto con le deduzioni difensive, che perviene ad una conclusione non incoerente e non contraria all'insegnamento di questa Corte, che ha insegnato come l'uso sistematico di condotte siffatte, quale trattamento ordinario del minore, anche lì dove sostenuto da animus corrigendi concretizza, sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, gli estremi del delitto di maltrattamenti Sez. 6, sent. 36564/2012 e sent. 45467/2010 . L'ultimo motivo è inammissibile, perché la statuizione del giudice d'appello sull'insussistenza delle condizioni per revocare la condanna al pagamento della provvisionale, ancorchè contenuto in sentenza, è inoppugnabile Sez. 2, sent. 3012/2010 , potendo eventualmente la parte proporre rituale autonoma istanza ai sensi dell'articolo 612 c.p.p. per ottenere, solo durante la pendenza del ricorso, la sospensione dell'esecuzione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalle parti civili che liquida in complessivi euro 5000 oltre iva e cpa.