Vincolo dissolto, secondo i giudici ecclesiastici. Di diverso avviso, invece, i giudici italiani, i quali non ritengono che la riserva mentale dell’uomo, ossia lo scarso interesse a puntare sulla lunga durata del matrimonio, fosse davvero conoscibile per la donna. Irrilevante il richiamo al fidanzamento conflittuale e alla brevissima durata delle nozze.
“Domani ti sposi?”, “Sì, ma niente di serio”. Dialogo comico straordinario – tratto dal film ‘Tre uomini e una gamba’ –, che, però, portato nella realtà, pur mantenendo la propria assurdità, perde ogni valore. Almeno dinanzi ai giudici italiani, perché è impensabile vedere riconosciuta la nullità del vincolo matrimoniale – sancita dal Tribunale ecclesiastico – solo sulla base dello spirito libertino dell’uomo, poco propenso a ‘scommettere’ sulle nozze – durate pochissimo – e pronto, piuttosto, a ‘recuperare’ la libertà in caso di fallimento coniugale. Cass., sent. numero 6032/2014, Prima Sezione Civile, depositata oggi Nullo, anzi no Nessun dubbio per i giudici ecclesiastici è accolta la richiesta dell’uomo di vedere dichiarata la «nullità» del proprio matrimonio. Fondamentale la valutazione del comportamento tenuto dal lui della coppia già prima del ‘sacro vincolo’, rivelatore, secondo i giudici, dello scarsissimo interesse per il principio della «indissolubilità» del matrimonio. Ciò, però, non può bastare, secondo i giudici italiani, per ‘certificare’ la nullità delle nozze. Decisiva la constatazione che l’uomo «non aveva mai comunicato alla propria fidanzata l’intenzione di recuperare la libertà, qualora il matrimonio fosse fallito», pur, viene riconosciuto, «avendone parlato con la propria madre, la sorella» e con altre persone. E questa visione non può essere scalfita dal richiamo, fatto dall’uomo, ai comportamenti tenuti all’epoca del fidanzamento, perché «un’infedeltà o altre criticità del rapporto non potevano, da sole, far comprendere le reali intenzioni» di lui alla donna. Riserva occulta. Ad avviso dell’uomo, però, è stata trascurata completamente, ed erroneamente, la valutazione compiuta dal «giudice ecclesiastico», il quale «ha ritenuto provata la conoscibilità del bonum sacramenti» agli occhi della donna. A sostegno di questa tesi, peraltro, l’uomo richiama la «problematicità della relazione prenuziale» e, soprattutto, il «comportamento postnuziale» su quest’ultimo fronte, in particolare, viene evidenziato il ‘peso specifico’ dell’«immediato fallimento del matrimonio», compatibile e consequenziale rispetto alla situazione prematrimoniale della coppia. Ma neanche questi elementi rendono accettabile la richiesta avanzata dall’uomo. Anche i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, mostrano di condividere le perplessità già espresse dai giudici della Corte d’Appello detto in maniera chiara, alla luce della vicenda, è da escludere la «conoscibilità», per la donna, della ‘riserva mentale’ dell’uomo rispetto alla «indissolubilità» del loro matrimonio.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 gennaio – 14 marzo 2014, numero 6032 Presidente Luccioli – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto 1.- A.M. ha proposto ricorso per cassazione - affidato a due motivi - contro la sentenza della Corte di appello di Perugia depositata il 14.5.2012 con la quale è stata rigettata la sua domanda di delibazione di sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio contratto con E.Z. Resiste con controricorso l'intimata. 1.1.- Secondo la Corte territoriale dalla stessa sentenza ecclesiastica emergeva che l'attore non aveva mai comunicato alla propria fidanzata l'intenzione di recuperare la libertà qualora il matrimonio fosse fallito, pur avendone parlato con la propria madre, la sorella e altri, mentre la Z. - secondo lo stesso attore - «avrebbe potuto intuire da tutto il contesto» la sua volontà. Elementi giudicati insufficienti dalla corte di merito per ritenere che la convenuta potesse comprendere l'intenzione dell'attore «posto che un'infedeltà durante il fidanzamento o altre criticità del rapporto non potevano da sole far comprendere quali fossero le reali intenzioni del proprio fidanzato riguardo all'indissolubilità del vincolo matrimoniale». Né la parte attrice aveva indicato al riguardo elementi utili per una siffatta valutazione. 2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo 360 numero 5 c.p.c. anche in relazione all'articolo 111 Cost.». Deduce che il giudice ecclesiastico ha ritenuto provata la conoscibilità dell'esclusione del bonum sacramenti da parte dell'attore e tale statuizione non poteva essere oggetto di riesame da parte del giudice della delibazione. In particolare e in estrema sintesi , il ricorrente, dopo una lunga premessa sul contenuto del vizio di cui all'articolo 360 numero 5 c.p.c., lamenta l'omessa considerazione, da parte della Corte territoriale, delle proprie deduzioni difensive e di quelle della resistente nonché degli accertamenti contenuti nella sentenza canonica, in ordine all'idoneità a provare la conoscibilità dell'esclusione del bonum sacramenti a della circostanza relativa alla confessio simulantis da parte resistente dinanzi al giudice ecclesiastico b della problematicità della relazione prenuziale delle parti c del comportamento postnuziale l'immediato fallimento del matrimonio consentirebbe di dedurre quello antecedente o quanto meno sarebbe compatibile con esso . 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 8 dell'Accordo di Villa Madama tra la Repubblica e la Santa Sede nonché dei canoni 1055-1057 e 1101, § 2 CIC. Deduce che la norma richiamata attiene alla conoscibilità di un'esclusione del bonum sacramenti ex parte viri, non già al contenuto specifico di detta esclusione. 3.- I due motivi del ricorso - che possono essere esaminati congiuntamente - là dove non sono inammissibili perché veicolano censure in fatto, sono infondati. 3.1.- Giova premettere, quanto al primo, che anche dopo la riforma di cui al d.lgs. numero 40/2006 - applicabile ratione temporis - il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione Sez. U, numero 5802/1998 Sez. U, numero 13045/1997 Sez. I, numero 5205/2010 . 3.2.- Ciò premesso, va ribadito che la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii , postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole. In quest'ambito, se, da un lato, il giudice italiano è tenuto ad accertare la conoscenza o l'oggettiva conoscibilità dell'esclusione anzidetta da parte dell'altro coniuge con piena autonomia, trattandosi di profilo estraneo, in quanto irrilevante, al processo canonico, senza limitarsi al controllo di legittimità della pronuncia ecclesiastica di nullità, dall'altro, la relativa indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria inoltre, il convincimento espresso dal giudice di merito sulla conoscenza o conoscibilità da parte del coniuge della riserva mentale unilaterale dell'altro costituisce, se motivato secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità, sebbene la prova della mancanza di negligenza debba essere particolarmente rigorosa e basarsi su circostanze oggettive e univocamente interpretabili che attestino la inconsapevole accettazione dello stato soggettivo dell'altro coniuge Sez. 1, Sentenza numero 3378 del 05/03/2012 . In particolare, va ricordato che il convincimento del giudice di merito ai fini della decisione ed, in particolare, l'affermazione o l'esclusione, ad opera di quest'ultimo, che la riserva mentale di uno dei coniugi relativa ad uno dei bona matrimonii fosse conosciuta o, comunque, conoscibile con l'uso della normale diligenza da parte dell'altro, costituisce, se motivata secondo un logico e corretto iter argomentativo, statuizione insindacabile in sede di legittimità, ove non è lecito proporre, sotto il surrettizio profilo del preteso vizio di motivazione, doglianze in ordine all'apprezzamento dei fatti e delle prove operato dal giudice di merito, proponendone altri, diversi ed alternativi, rispetto a quello censurato Cass. 2 settembre 1997, numero 8386 Cass. 4 luglio 1998, numero 6551 Sez. 1, Sentenza numero 24047 del 2006 . La Corte di appello si è attenuta a questo criterio in quanto ha reso sul punto una motivazione congrua e logica innanzi sintetizzata sub § 1.1 í incensurabile in sede di legittimità. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nella misura determinata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.