Il figlio non vuole saperne della madre-stalker: ok all’interrogatorio libero

Una storia triste il figlio non vuole saperne della madre. Ma quando la situazione è particolarmente complessa e delicata, anche il Giudice amministrativo deve avere la possibilità di interrogare liberamente la parte in causa per valutare se, effettivamente, esistono gli elementi di connotazione dello stalking che, nel caso specifico, il figlio lamenta.

Il caso. Una donna, uscita dal carcere, dopo aver subito una condanna per l'uccisione del proprio padre cerca di contattare il figlio per avere notizie della casa di famiglia e scopre che è stata venduta. Il Questore, su richiesta del figlio, ammonisce la madre a non compiere atti persecutori nei confronti dello stesso, ma il Giudice di primo grado, dopo aver ascoltato una, evidentemente diversa, versione dei fatti, annulla il provvedimento del Questore che, tra l'altro, avrebbe potuto essere stato strumentale per ridurre gli alimenti alla donna. A seguito del ricorso avverso l'atto di ammonimento, il Tar, interrogata liberamente la parte privata personalmente, lo ha accolto e per l’effetto ha annullato il provvedimento impugnato, non ravvisando nel comportamento ascritto alla parte, il necessario carattere persecutorio, difettando il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie e l’idoneità a ingenerare un timore fondato per l’incolumità della vittima, sulla base di risultanze istruttorie che attestano, al più, una condizione di disagio emotivo e sociale, tale da giustificare un diverso tipo di intervento della pubblica amministrazione. L’interrogatorio libero è nullo? Avverso la sentenza il Ministero dell’Interno ha presentato appello deducendone, preliminarmente, la nullità a motivo dell’interrogatorio libero disposto dal Tar nel giudizio di primo grado, sul presupposto che tale strumento processuale non sarebbe ammissibile nel giudizio amministrativo. Nel merito ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del d.l. 11/2009, in quanto sussisterebbero nel caso di specie gli estremi per l’adozione di un provvedimento di ammonimento, trattandosi di una misura preventiva avente finalità dissuasiva di condotte già pericolose, sebbene non ancora penalmente rilevanti, ed avendo la parte interessata usato modi ossessivi e toni aggressivi nei confronti del figlio, in particolare dopo avere appreso dell’alienazione dell’immobile di proprietà. L'interrogatorio libero strumento di natura sussidiaria. La Sezione, prima di tutto, si sofferma sulla questione processuale relativa all’ammissibilità, anche nel giudizio amministrativo, dell’interrogatorio libero delle parti, facoltà che, come noto, il codice di procedura civile riconosce in misura ampia al giudice civile, a norma dell’articolo 117 ma v. anche gli articolo 185 e 420 dettati, rispettivamente, per il rito ordinario di cognizione e per quello del lavoro , consentendogli di ordinare, in qualunque stato e grado del processo, «la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa». Nel silenzio del nuovo codice del processo amministrativo, che nulla prevede al riguardo, la decisione del giudice di primo grado, di disporre l’interrogatorio libero della parte sui fatti di causa, è stata contestata dalla difesa erariale, assumendo che la nullità di tale attività processuale inficerebbe l’intero giudizio di primo grado, compreso l’esito finale costituito dalla sentenza di annullamento oggetto del presente appello. La tesi contraria dell’Avvocatura poggia tanto sul dato testuale – la mancata previsione nel codice del processo amministrativo, tra le attività istruttorie, dell’interrogatorio libero – quanto su di una lettura sistematica complessiva del giudizio amministrativo. In relazione a tale questione, il Collegio reputa che il dato testuale non sia determinante, dal momento che non sarebbe neppure corretto andare alla ricerca dell’interrogatorio libero delle parti tra i mezzi di prova espressamente menzionati dal nuovo codice agli articolo 63 e ss , non essendo l’interrogatorio libero un mezzo di prova ma, piuttosto, uno strumento di possibile convincimento del giudice di natura sussidiaria, in particolare laddove le dichiarazioni di parte trovino riscontro in altri elementi di prova Cass. civ. I, numero 6510/2004 . Ciò non toglie che, anche restando in tale ambito, i “chiarimenti” che a norma dell’articolo 63 il giudice amministrativo può sempre chiedere alle parti, anche d’ufficio, possano essere assimilati all’interrogatorio libero, essendo del pari preordinati ad acquisire elementi indiziari dalle risposte o dalle mancate risposte delle stesse, anche al fine di valutare il comportamento processuale delle parti articolo 64, comma 4 , ed il fatto che tali chiarimenti siano generalmente resi in forma scritta risponde ad una prassi inveterata, ma non rappresenta una modalità obbligatoria. L'istruttoria e le prove il fatto e il diritto . Su di un piano più in generale, il mancato accoglimento della proposta più innovativa avanzata nel corso dei lavoratori preparatori, in seno alla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, favorevole all’istituzione della figura del giudice monocratico con compiti istruttori, non autorizza l’interprete a sottostimare la maggiore importanza acquisita negli ultimi anni dall’istruzione, o istruttoria, nel processo amministrativo. Infatti, nella prospettiva ampiamente dibattuta di un giudizio incentrato sempre più sull’accertamento del rapporto, e non più solo sull’impugnazione dell’atto, e come tale bisognevole di un accesso diretto al fatto, si comprende come sia essenziale fornire al giudice i necessari poteri, istruttori e decisori. Su questa via si è da tempo avviato il legislatore, sollecitato in passato anche dalla giurisprudenza costituzionale sent. numero 146/1987, seppure relativamente alla materia del pubblico impiego , introducendo nel giudizio amministrativo la consulenza tecnica d’ufficio e generalizzando l’ammissibilità della prova testimoniale, sebbene il codice l’abbia ora vincolata discutibilmente alla sola forma scritta. L’importanza dell’istruttoria e delle prove, ben oltre gli originari confini delle sole produzioni documentali, è da mettere in relazione non solo con il mutato volto del processo amministrativo, ma anche con la significativa estensione del perimetro della giurisdizione del suo giudice verso nuovi ambiti nei quali – come la vicenda in esame testimonia, con tutto il suo carico di complicazioni - la componente del “fatto” ha quantomeno lo stesso peso di quella del “diritto”. In un quadro simile, osserva la Sezione, non si comprende, pertanto, per quali ragioni l’interrogatorio libero delle parti sarebbe incompatibile con la struttura e la funzione del processo amministrativo, al punto da non permettere il rinvio esterno al codice di procedura civile, ai sensi dell’articolo 39. Ne consegue l’ammissibilità e la validità dell’attività istruttoria e la sua piena utilizzabilità, quale fonte di convincimento del Collegio. Lo stalking. Nel merito della controversia, che ha ad oggetto la legittimità di un provvedimento amministrativo emesso sulla base dell'articolo 8, comma primo, d.l. numero 11/2009, convertito in legge 23 aprile 2009 numero 38, il Collegio ricorda come alla luce di tale disposizione il questore possa, su istanza della persona offesa, adottare un provvedimento di ammonimento nei confronti di colui che compia atti persecutori ai sensi dell'articolo 612 bis , comma 1, c.p L'articolo 612 bis , comma 1, c.p., stabilisce a sua volta che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». La giurisprudenza penale, nelle prime applicazioni di quest'ultima disposizione, ha affermato che affinché possa parlarsi di atti persecutori è necessario ricorrano cumulativamente i seguenti elementi a sussistenza di condotte reiterate di minaccia o molestia nei confronti di taluno b insorgenza nella vittima di uno stato d'animo di ansia, di paura o di timore per l'incolumità propria o di un congiunto ovvero alterazione delle sue abitudini di vita nel senso di configurare il reato in oggetto come ad evento alternativo Cass. penumero Sez. V, numero 29872/2011 c sussistenza di un nesso di causalità fra la condotta del persecutore e lo stato d'animo o l'alterazione delle abitudini di vita della vittima. Gli elementi di connotazione. Con riferimento all'elemento sub a va poi osservato che, per esplicita previsione della norma, le condotte debbono essere reiterate e che è dunque necessario, affinché possa parlarsi di atti persecutori, che vi siano almeno due episodi che concretino una minaccia, consistente nella prospettazione di una futura inflizione di un danno ingiusto ad un soggetto, ovvero una semplice molestia, consistente in qualsiasi comportamento idoneo ad arrecare fastidio a colui che ne subisce le conseguenze. Con riferimento all'elemento sub b è invece necessario accertare che la vittima degli atti persecutori sia indotta a sentimenti di ansia o di paura ovvero, alternativamente, a mutare le proprie abitudini di vita. In proposito è bene precisare che anche quando la norma fa riferimento al timore per l'incolumità di terzi prossimi congiunti o persone legate da vincoli affettivi , essa presuppone comunque l'insorgenza di un negativo stato d'animo in capo alla vittima degli atti persecutori la quale, in tal caso, deve provare sentimenti di timore non per un pericolo proprio ma di altri. L’ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva. Benché atto amministrativo, ha una diretta incidenza anche sulla vicenda penale in quanto determina la perseguibilità d’ufficio del reato degli atti persecutori e comporta, in caso di condanna, un aumento di pena. In questo senso, non è condivisibile l’affermazione che un simile provvedimento sarebbe privo di immediata lesività e, in quanto tale, neppure impugnabile. Per tacere delle ripercussioni che l’ammonimento può determinare sul piano dell’immagine e dell’identità personale di chi ne è destinatario, tanto più in contesti ed ambienti raccolti dove è più difficile conservare l’anonimato. Sempre in merito ai rapporti tra l'ammonimento amministrativo e il procedimento penale, si è sottolineato che la diversità delle conseguenze dell'ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustifica una differente intensità dell'attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi e che, in particolare, non è necessario, ai fini dell'ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura. Gli elementi acquisiti anche attraverso l'interrogatorio libero. Le condotte poste a carico del soggetto ammonito, valutate complessivamente, si prestano a due letture in buona parte alternative, tra loro difficilmente conciliabili. Emerge infatti dagli atti di causa e dall’interrogatorio libero svolto in primo grado, da un lato, il tentativo persino ovvio di una madre di riannodare i fili di un rapporto affettivo, con il suo unico figlio, rapporto che la detenzione in carcere e, prima ancora, il tragico delitto commesso ai danni del nonno, è verosimile che abbiano quanto meno allentato, se non incrinato e, dall’altro, l’interesse per un bene materiale – la casa familiare - divenuto oggetto di un attaccamento morboso ed eletto a sola ed unica unità di misura con la quale valutare l’attaccamento e la fedeltà del figlio. L’insieme degli episodi, peraltro contenuti nel numero, imputati alla Parte e posti a fondamento dell’ammonimento, debbono quindi essere considerati alla stregua di questa duplice chiave di lettura e, in questa prospettiva, di evidente contraddittorietà, si può almeno dubitare del carattere molesto delle condotte della madre, nella loro irrisolta equivocità. Quanto ai possibili effetti determinati da dette condotte, secondo il Collegio, non vi sono elementi per ipotizzare allo stato, nei confronti del figlio che si ritiene molestato, al di là di un comprensibile disagio e di un crescente fastidio, il manifestarsi di «un perdurante e grave stato di ansia o di paura» o di «un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva», o ancora della necessità di «alterare le proprie abitudini di vita». Né è sufficiente in tal senso il semplice esposto, da cui ha avuto origine l’ammonimento del questore, nel quale l’affermazione di essere stato costretto a cambiare le proprie abitudini di vita non è suffragata da precisi riscontri. Senza per questo dubitare dell’attendibilità di fondo delle dichiarazioni del figlio, a differenza della difesa della madre che, invece, inquadra l’esposto presentato in una strategia difensiva più ampia volta a screditare la stessa al fine di negarle o ridurle gli alimenti già riconosciuti dal giudice civile.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 10 – 23 febbraio 2012, numero 1069 Presidente Cirillo – Relatore Simonetti Fatto e diritto 1. La Sig.ra L. N. è stata destinataria di un provvedimento di ammonimento emesso dal Questore di Pavia il 16.11.2010 ai sensi dell’articolo 8 co. 2 del d.l. 11/2009, in ragione degli atti persecutori che avrebbe posto in essere in danno del figlio A. F., “atti consistenti – si legge in motivazione – in appostamenti presso l’Università degli Studi di Pavia, dove l’esponente svolge attività di studio, invio di numerosa corrispondenza indesiderata, numerose chiamate all’utenza telefonica più volte cambiata per tali motivi e continui tentativi di un indesiderato contatto con l’esponente coinvolgendo in tal senso terze persone”. 2. Proposto ricorso avverso tale atto, il Tar, interrogata liberamente la parte privata personalmente, lo ha accolto e per l’effetto ha annullato il provvedimento impugnato, non ravvisando nel comportamento ascritto alla N. il necessario carattere persecutorio, difettando il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie e l’idoneità a ingenerare un timore fondato per l’incolumità della vittima, sulla base di risultanze istruttorie che attestano, al più, una condizione di disagio emotivo e sociale, tale da giustificare un diverso tipo di intervento della pubblica amministrazione. 3.1. Avverso la sentenza il Ministero dell’Interno ha presentato appello deducendone, preliminarmente, la nullità a motivo dell’interrogatorio libero disposto dal Tar nel giudizio di primo grado, sul presupposto che tale strumento processuale non sarebbe ammissibile nel giudizio amministrativo. Nel merito ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del d.l. 11/2009, in quanto sussisterebbero nel caso di specie gli estremi per l’adozione di un provvedimento di ammonimento, trattandosi di una misura preventiva avente finalità dissuasiva di condotte già pericolose, sebbene non ancora penalmente rilevanti, ed avendo la N. usato modi ossessivi e toni aggressivi nei confronti del figlio, in particolare dopo avere appreso dell’alienazione dell’immobile sito in Vigevano alla Via di Rocca Vecchia 10. 3.2. Si è costituita in appello la Sig. ra N., riproponendo le difese già svolte in primo grado, in particolare contestando l’esistenza di atti persecutori nei propri comportamenti e la propria asserita pericolosità sociale, anche alla luce della pronuncia del Tribunale di Sorveglianza numero 2596 del 2009 prodotta in atti. 3.3. All’esito della camera di consiglio del 18.11.2011, accogliendo l’istanza cautelare della difesa erariale, è stata sospesa l’esecutività della sentenza, con ordinanza numero 5098/2011 della quale l’odierna appellata ha chiesto la revoca e/o la modifica. 3.4. All’udienza pubblica del 10.2.2012 la causa è stata discussa, anche alla presenza della parte personalmente, ed è passata in decisione. 4. Deve esaminarsi, in via pregiudiziale, la questione processuale relativa all’ammissibilità, anche nel giudizio amministrativo, dell’interrogatorio libero delle parti, facoltà che, come noto, il codice di procedura civile riconosce in misura ampia al giudice civile, a norma dell’articolo 117 ma v. anche gli articolo 185 e 420 dettati, rispettivamente, per il rito ordinario di cognizione e per quello del lavoro , consentendogli di ordinare, in qualunque stato e grado del processo, “la comparizione personale delle parti in contraddittorio tra loro per interrogarle liberamente sui fatti della causa”. 4.1. Nel silenzio del nuovo codice del processo amministrativo, che nulla prevede al riguardo, la decisione del giudice di primo grado, di disporre l’interrogatorio libero della parte L. N. sui fatti di causa, è contestata dalla difesa erariale, assumendo che la nullità di tale attività processuale inficerebbe l’intero giudizio di primo grado, compreso l’esito finale costituito dalla sentenza di annullamento oggetto del presente appello. 4.2. La tesi contraria dell’Avvocatura poggia tanto sul dato testuale – la mancata previsione nel codice del processo amministrativo, tra le attività istruttorie, dell’interrogatorio libero – quanto su di una lettura sistematica complessiva del giudizio amministrativo. 4.3. Ciò posto, reputa il Collegio che il dato testuale non sia determinante, dal momento che non sarebbe neppure corretto andare alla ricerca dell’interrogatorio libero delle parti tra i mezzi di prova espressamente menzionati dal nuovo codice agli articolo 63 e ss , non essendo l’interrogatorio libero un mezzo di prova ma, piuttosto, uno strumento di possibile convincimento del giudice di natura sussidiaria, in particolare laddove le dichiarazioni di parte trovino riscontro in altri elementi di prova v., per tutti, Cass. civ. I, numero 6510/2004 . Ciò non toglie che, anche restando in tale ambito, i “chiarimenti” che a norma dell’articolo 63 il giudice amministrativo può sempre chiedere alle parti, anche d’ufficio, possano essere assimilati all’interrogatorio libero, essendo del pari preordinati ad acquisire elementi indiziari dalle risposte o dalle mancate risposte delle stesse, anche al fine di valutare il comportamento processuale delle parti v. articolo 64, comma 4 , ed il fatto che tali chiarimenti siano generalmente resi in forma scritta risponde ad una prassi inveterata, ma non rappresenta una modalità obbligatoria. 4.4. Su di un piano più in generale, il mancato accoglimento della proposta più innovativa avanzata nel corso dei lavoratori preparatori, in seno alla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, favorevole all’istituzione della figura del giudice monocratico con compiti istruttori, non autorizza l’interprete a sottostimare la maggiore importanza acquisita negli ultimi anni dall’istruzione, o istruttoria, nel processo amministrativo. Infatti, nella prospettiva ampiamente dibattuta di un giudizio incentrato sempre più sull’accertamento del rapporto, e non più solo sull’impugnazione dell’atto, e come tale bisognevole di un accesso diretto al fatto, si comprende come sia essenziale fornire al giudice i necessari poteri, istruttori e decisori. 4.5. Su questa via si è da tempo avviato il legislatore, sollecitato in passato anche dalla giurisprudenza costituzionale v. la storica sentenza numero 146 del 1987, seppure relativamente alla materia del pubblico impiego , introducendo nel giudizio amministrativo la consulenza tecnica d’ufficio e generalizzando l’ammissibilità della prova testimoniale, sebbene il codice l’abbia ora vincolata discutibilmente alla sola forma scritta. 4.6. L’importanza dell’istruttoria e delle prove, ben oltre gli originari confini delle sole produzioni documentali, è da mettere in relazione non solo con il mutato volto del processo amministrativo, ma anche con la significativa estensione del perimetro della giurisdizione del suo giudice verso nuovi ambiti nei quali – come la vicenda in esame testimonia, con tutto il suo carico di complicazioni - la componente del “fatto” ha quantomeno lo stesso peso di quella del “diritto”. 4.7. In un quadro simile non si comprende, pertanto, per quali ragioni l’interrogatorio libero delle parti sarebbe incompatibile con la struttura e la funzione del processo amministrativo, al punto da non permettere il rinvio esterno al codice di procedura civile, ai sensi dell’articolo 39. 4.8 Ne consegue l’ammissibilità e la validità dell’attività istruttoria compiuta in primo grado e la sua piena utilizzabilità anche ai fini del presente giudizio, quale fonte di convincimento del Collegio. 5.1. Nel merito della controversia, che ha ad oggetto la legittimità di un provvedimento amministrativo emesso sulla base dell'articolo 8, comma primo, del d.l. 23 febbraio 2009 numero 11, convertito in legge 23 aprile 2009 numero 38, è utile ricordare come alla luce di tale disposizione il questore possa, su istanza della persona offesa, adottare un provvedimento di ammonimento nei confronti di colui che compia atti persecutori ai sensi dell'articolo 612 bis, comma primo, del codice penale. L'articolo 612 bis, comma primo, del codice penale, stabilisce a sua volta che salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita . 4.2. La giurisprudenza penale, nelle prime applicazioni di quest'ultima disposizione, ha affermato che affinché possa parlarsi di atti persecutori è necessario ricorrano cumulativamente i seguenti elementi a sussistenza di condotte reiterate di minaccia o molestia nei confronti di taluno b insorgenza nella vittima di uno stato d'animo di ansia, di paura o di timore per l'incolumità propria o di un congiunto ovvero alterazione delle sue abitudini di vita nel senso di configurare il reato in oggetto come ad evento alternativo cfr. Cass. penumero Sez. V, 19.5.2011, numero 29872 c sussistenza di un nesso di causalità fra la condotta del persecutore e lo stato d'animo o l'alterazione delle abitudini di vita della vittima. 4.2.1. Con riferimento all'elemento sub a va poi osservato che, per esplicita previsione della norma, le condotte debbono essere reiterate e che è dunque necessario, affinché possa parlarsi di atti persecutori, che vi siano almeno due episodi cfr. Cass. penumero sez. V, 21 gennaio 2010 numero 6417 che concretino una minaccia, consistente nella prospettazione di una futura inflizione di un danno ingiusto ad un soggetto cfr. articolo 612, comma 1 c.p. , ovvero una semplice molestia, consistente in qualsiasi comportamento idoneo ad arrecare fastidio a colui che ne subisce le conseguenze. 4.2.2. Con riferimento all'elemento sub b è invece necessario accertare che la vittima degli atti persecutori sia indotta a sentimenti di ansia o di paura ovvero, alternativamente cfr. Cass. penumero , sez. V, 19 maggio 2011 numero 29872, cit. , a mutare le proprie abitudini di vita. In proposito è bene precisare che anche quando la norma fa riferimento al timore per l'incolumità di terzi prossimi congiunti o persone legate da vincoli affettivi , essa presuppone comunque l'insorgenza di un negativo stato d'animo in capo alla vittima degli atti persecutori la quale, in tal caso, deve provare sentimenti di timore non per un pericolo proprio ma di altri. 4.3. L’ammonimento, benché atto amministrativo, ha una diretta incidenza anche sulla vicenda penale in quanto determina la perseguibilità d’ufficio del reato degli atti persecutori e comporta, in caso di condanna, un aumento di pena. In questo senso, non è condivisibile l’affermazione che un simile provvedimento sarebbe privo di immediata lesività e, in quanto tale, neppure impugnabile Tar Sicilia, Palermo, 13.4.2010, numero 4957 . Per tacere delle ripercussioni che l’ammonimento può determinare sul piano dell’immagine e dell’identità personale di chi ne è destinatario, tanto più in contesti ed ambienti raccolti dove è più difficile conservare l’anonimato. Sempre in merito ai rapporti tra l'ammonimento amministrativo e il procedimento penale, si è sottolineato che la diversità delle conseguenze dell'ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustifica una differente intensità dell'attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi e che, in particolare, non è necessario, ai fini dell'ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali sia possibile desumere, con un sufficiente grado di attendibilità, un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura Tar Trentino Alto Adige - Trento, 26.1.2011, numero 18 . In questa prospettiva, la Sezione ha già osservato, in un precedente dello scorso anno, come il provvedimento di ammonimento assolva ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, in quanto preordinato a che gli “atti persecutori” posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non cagionino esiti irreparabili Cons. St., III, 19.7.2011, numero 4365 e, già in precedenza, Tar Lombardia, Brescia, II, 2.10.2009, numero 1726 , con la conseguenza che, ricorrendo particolari esigenze di celerità, potrebbe essere omessa la comunicazione dell’avvio del procedimento. 5. Tanto premesso in linea generale, si tratta di stabilire se nella concreta vicenda in esame ricorressero i presupposti per l’emanazione del provvedimento di ammonimento. 5.1. Ebbene, in punto di fatto, quanto ai rapporti tra L. N. ed il figlio A. F., è incontestabile come la prima, uscita dal carcere dopo avere espiato la pena detentiva commiN. per l’omicidio del proprio genitore, abbia cercato il figlio con insistenza, provando a contattarlo anche per il tramite di terze persone, alla fine riuscendo a vedere il F. in due occasioni, sul finire del 2010, alla presenza di un Sacerdote e del Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Vigevano. E’ del pari dimostrato come la N. abbia manifestato, non solo in tali occasioni, ma anche in comunicazioni con terze persone, un fortissimo interesse per la casa di famiglia di Via Rocca Vecchia nr. 10 in Vigevano come sia rimasta molto contrariata nell’apprendere che tale immobile era stato venduto dal figlio come in vario modo abbia cercato di persuadere il figlio a tornare sui suoi passi, sino al punto da suggerirgli la proposizione di azioni legale per invalidare la vendita v. verbali di dichiarazioni rese da Don Paolo Scevola e da Claudio Tanzi, annotazioni dei c.c., lettere inviate dalla N., documenti tutti allegati al Rapporto della Questura di Pavia dell’11.2.2011 . 5.2. Tali condotte, valutate complessivamente, si prestano a due letture in buona parte alternative, tra loro difficilmente conciliabili. Emerge infatti da gli atti di causa e dall’interrogatorio libero svolto in primo grado, da un lato, il tentativo persino ovvio di una madre di riannodare i fili di un rapporto affettivo, con il suo unico figlio, rapporto che la detenzione in carcere e, prima ancora, il tragico delitto commesso ai danni del nonno di A. F., è verosimile che abbiano quanto meno allentato, se non incrinato e, dall’altro, l’interesse per un bene materiale – la casa di Vigevano - divenuto oggetto di un attaccamento morboso ed eletto a sola ed unica unità di misura con la quale valutare l’attaccamento e la fedeltà del figlio. 5.3. L’insieme degli episodi, peraltro contenuti nel numero, imputati alla N. e posti a fondamento dell’ammonimento, debbono quindi essere considerati alla stregua di questa duplice chiave di lettura e, in questa prospettiva, di evidente contraddittorietà, si può almeno dubitare del carattere molesto delle condotte della N., nella loro irrisolta equivocità. Fin qui le condotte materiali. 5.4. Quanto ai possibili effetti determinati da dette condotte, non vi sono elementi per ipotizzare allo stato, nei confronti del F., al di là di un comprensibile disagio e di un crescente fastidio, il manifestarsi di “un perdurante e grave stato di ansia o di paura” o di “un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”, o ancora della necessità di “alterare le proprie abitudini di vita”. Né è sufficiente in tal senso il semplice esposto, da cui ha avuto origine l’ammonimento del questore, nel quale l’affermazione di essere stato costretto a cambiare le proprie abitudini di vita non è suffragata da precisi riscontri. Senza per questo dubitare dell’attendibilità di fondo del F., a differenza della difesa della N. che, invece, inquadra l’esposto presentato in una strategia difensiva più ampia volta a screditare la madre al fine di negarle o ridurle gli alimenti già riconosciuti dal giudice civile cfr. articolo 440 c.c. in forza del quale “Gli alimenti possono pure essere ridotti per la condotta disordinata o riprovevole dell'alimentato” . 5.5. Infine, è appena il caso di precisare che la mancanza allo stato attuale dei presupposti per l’ammonimento non esclude in futuro la legittima, ed anzi doverosa, adozione di provvedimenti dello stesso segno di quello per il quale ora si discute, al pari di altre misure, anche in ipotesi di natura più propriamente penale v., ad esempio, l’articolo 282 ter c.p.p. , ove gli atteggiamenti morbosi dovessero ripetersi ancora e tradursi in vere e proprie molestie e minacce, rivelando una pericolosità divenuta nuovamente attuale. Il che impone all’odierna appellata di dare prova di un effettivo e pacifico reinserimento sociale e, alle Autorità preposte, una vigilanza attenta sul buon esito di questo percorso. 6. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui evidenziate, l’appello è infondato e va respinto. 7. La relativa novità delle questioni trattate e la peculiarità del caso di specie giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.