Motocicletta che viaggia ad elevatissima velocità: l’evento deve risultare evitabile

Non è sufficiente la violazione di una regola cautelare, ma è necessario anche che l’evento risulti ‘evitabile’ dalla condotta diligente che si è mancato di tenere.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4042, depositata il 29 gennaio 2014. Il caso. Una moto in corsa impattava contro un’autovettura che stava effettuando una svolta a sinistra per entrare in un piazzale privato di un’area di sosta. L’impatto si rivelava mortale per il motociclista, anche a causa della velocità tenuta dallo stesso. La questione, vista l’assoluzione dell’altro conducente nel giudizio di secondo grado, viene affrontata dalla Quarta Sezione Penale della Cassazione, su richiesta delle parti civili. Principio di affidamento ma La S.C. ha dunque sottolineato che il principio di affidamento, in materia di circolazione stradale, torva un opportuno temperamento nell’opposto principio secondo cui l’utente della strada, è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità . Insomma, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente . L’arrivo del motociclista non poteva essere percepito. Nella fattispecie, tuttavia, è stato accertato che la velocità elevatissima del motociclista aveva impedito, con la tempestiva avvistabilità, un comportamento cautelare alternativo idoneo ad evitare l’incidente. L’evento deve risultare evitabile. In conclusione, ai fini della responsabilità penale per un reato colposo, non è sufficiente che risulti accertata la violazione di una regola cautelare e che essa si ponga in rapporto causale con l’evento prodottosi, ma è necessario anche che l’evento risulti ‘evitabile’ dalla condotta diligente che si è mancato di tenere .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 novembre 2013 – 29 gennaio 2014, n. 4042 Presidente Brusco – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto Le parti civili L.S.W. e R.I. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che ha confermato quella di primo grado, che aveva mandato assolto l'imputato B.M. dal reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, commesso in danno del loro congiunto L.S.I. . Il giudicante, chiamato a pronunciarsi ai fini civili, riteneva di dover condividere gli argomenti liberatori del primo giudice. L'incidente si era svolto in occasione della manovra di svolta a sinistra, per immettersi in un piazzale privato di un'area di servizio, che aveva intrapreso il B. alla guida del proprio veicolo. Durante tale manovra, a velocità molto elevata, era sopraggiunto, a bordo del proprio motoveicolo, il L.S. la velocità particolarmente elevata aveva impedito al conducente del motoveicolo di evitare l'impatto con il veicolo [impatto così violento da esserne derivata la morte immediata] e, nel contempo, aveva impedito al conducente del veicolo di avvedersi del sopraggiungere del motociclista. Si evidenziava la regolarità della manovra, consentita in quel tratto di strada. Si evidenziava la velocità oltremodo elevata del motoveicolo sul punto, la Corte di merito esaminava i diversi apporti tecnici, concludendo per una velocità di circa 125/130 km/orari, in un tratto dove vi era il limite di 50 km/orari. Anche a voler considerare la minore velocità [95 km/orari] proposta dal consulente della parte civile [sul punto, la Corte motivamente spende considerazioni critiche] in ogni caso si sarebbe trattato di velocità che non aveva potuto impedire la verificazione dell'incidente. Nessun profilo di colpa neppure concorsuale poteva addebitarsi all'imputato. La decisione è oggetto di ricorso, con cui si contestano le conclusioni raggiunte, proponendosi una diversa ricostruzione della vicenda. Si rinnovano le considerazioni tecniche sulla velocità del motociclista, sottolineando che il giudicante non aveva affrontato la problematica relativa all'avvistabilità del mezzo da parte dell'imputato, così svalutando un dato oggettivo e scientificamente acquisito, costituito dalle conclusioni della perizia espletata con le forme dell'incidente probatorio. Si ripropone la questione dell'esservi stata sul punto la linea continua o quella discontinua [ai fini della regolarità della manovra di svolta]. Si lamenta la mancata considerazione quanto meno della responsabilità concorsuale. È stata depositata memoria difensiva nell'interesse della ALLEANZA TORO spa, nella qualità di responsabile civile, con la quale è stata chiesta la conferma della sentenza impugnata, sviluppando argomentatamente i temi dell'avvistabilità e della velocità tenuta dalla vittima. Considerato in diritto Il ricorso è infondato, pur a fronte di una motivazione della sentenza di appello oltremodo sintetica, costruita rinviando di fatto a quella di primo grado. Infatti, nella specie, tale modo di argomentare, se pur non ineccepibile, non risulta meritevole di censure in questa sede, risultando sostanzialmente assolto l'obbligo di corrispondere alle doglianze dei ricorrenti. Vale ricordare, in proposito, che il giudice di appello deve certamente valutare tutti i motivi di gravame e tenere conto di tutti gli argomenti proposti dall'appellante a sostegno degli stessi, ma in sede di redazione della motivazione deve limitarsi ad illustrare le ragioni che legittimano la decisione assunta ciò significa che, se è necessario che detto giudice debba discutere di tutti i motivi di gravame, non è affatto necessario che egli risponda a tutti gli argomenti posti a sostegno dei motivi di impugnazione, dal momento che molti di essi vengono implicitamente superati dalle ragioni di segno contrario che legittimano la decisione v. Sezione VI, 7 marzo 2013, n. 17912, Adduci ed altri . Ma vale, assorbentemente, ricordare che, anche a voler ipotizzare l'omissione di apprezzamento prospettata nei ricorsi, l'omesso esame di un motivo di appello non è causa di annullamento della sentenza se il motivo è generico o manifestamente infondato v. sempre la sentenza sopra citata . Ciò che, nella specie, deve ritenersi. Le censure dei ricorrenti, infatti, trascurano, innanzitutto, di considerare il principio secondo il quale la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione [Sezione IV, 27 giugno 2013 30 agosto 2013 n. 35829, Elia]. Qui i giudici di merito ed in particolare il giudice di primo grado con motivazione congrua, si è soffermato su tutti i punti di interesse in particolare, sulla legittimità della manovra cui era intento l'automobilista e sulla velocità esorbitante del motociclista tale da avere impedito sia l'avvistamento da parte del conducente dell'autoveicolo sia al motociclista stesso di evitare l'impatto. Sul punto il giudice di primo grado, esaminando le perizie in atti, è pervenuto alla motivata conclusione che il CT della difesa aveva scardinato in modo convincente le conclusioni alle quali erano giunti il perito del GIP e della parte civile in punto di velocità del motociclo. È stato così convincentemente accertato che stante l'elevatissima velocità determinata in 125/130 km/h alla quale procedeva la vittima al momento del sinistro, non era assolutamente percepibile, in considerazione dello spazio di visibilità disponibile per chi come l'imputato stava effettuando la consentita manovra di svolta, avvedersi del fulmineo sopraggiungere del motociclo condotto da L.S. . Le sentenze di merito, per l'effetto, poggiano su una non illogica lettura del compendio probatorio e, del resto, appaiono, altresì, corrette laddove hanno fatto, in definitiva, applicazione del principio in forza del quale l'utente della strada, nel caso di infortunio subito da un terzo anche per colpa di questi, può andare esente da responsabilità solo se provi che la sua condotta fu immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, sì da presentarsi in tal caso la condotta medesima quale semplice occasione dell'evento e non sua concausa v. in tal senso Sezione IV, 15 luglio 2010, n. 32202, Filippi, rv. 248355 . Il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova, infatti, un opportuno temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilita v. la citata sentenza Filippi ed i precedenti ivi citati . La limitazione al principio dell'affidamento in tale materia trova la sua giustificazione nella considerazione che poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. Nel caso di specie la vicenda è stata convincentemente risolta facendo corretta applicazione del suindicato limite della prevedibilità dell'altrui comportamento negligente, valorizzandosi, con accertamento adeguatamente motivato attraverso il ragionato richiamo al contributo dei tecnici, il dato della velocità elevatissima del motociclista, evidentemente tale da impedire, con la tempestiva avvistabilità, un comportamento cautelare alternativo idoneo ad evitare l'incidente. Nella specie, se ne deve dedurre non erronea la determinazione del giudicante di avere escluso la colpa nell'eziologia dell'incidente a carico del conducente dell'autovettura argomentando proprio sulla impossibilità del B. , a causa dell'elevatissima velocità del motociclo, di avvedersi del fulmineo sopraggiungere dello stesso. In questa prospettiva, la censura contenuta nel ricorso, volta a contestare la ritenuta non avvistabilità del motociclo non può certo trovare accoglimento nel presente giudizio, non competendo al giudice di legittimità la rinnovazione della valutazione degli elementi di prova, quando la spiegazione offerta dal giudice del merito è logica e comunque esauriente. Anche gli altri profili di doglianza, afferenti la segnaletica orizzontale esistente in quel tratto strada ove si è verificato l'incidente che i ricorrenti assumono continua ed il mancato riconoscimento del concorso di colpa nella determinazione del sinistro sono infondate. Non è possibile in questa sede procedere ad una rinnovata valutazione di fatto, su punti su cui i giudici di merito si sono soffermati [in particolare, sul tema della legittimità della manovra, in presenza di una linea di mezzeria discontinua,si è riscontrato il dato con la disamina della documentazione acquisita in atti dalla polizia locale e dai competenti uffici della provincia]. La conclusione liberatoria, a ben vedere, oltre che motivata, risulta in linea con i principi applicabili in materia. Ai fini della responsabilità penale per un reato colposo, infatti, non sarebbe sufficiente che risulti accertata la violazione di una regola cautelare [qui, anzi, neppure risulta articolato un addebito a carico del conducente dell'autoveicolo], che essa si ponga in rapporto causale con l'evento prodottosi e che questo costituisca concretizzazione del rischio che la regola cautelare si prefigga di contrastare è infatti necessario anche che l'evento risulti evitabile dalla condotta diligente che si è mancato di tenere Sezione IV, 20 settembre 2012 2 gennaio 2013 n. 38, Montanaro . Ebbene, proprio la ricostruzione della velocità del motociclista ha portato la Corte di merito a concludere, non immotivatamente, che l'arrivo del motociclista non poteva essere percepito onde, il conducente dell'autoveicolo nulla poteva fare per evitare l'impatto. La ricostruzione della dinamica dell'incidente in questi termini non consente all'evidenza di ravvisare la configurabilità di una colpa concorrente dell'automobilista. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La controvertibilità delle questioni trattate costituisce grave ed eccezionale ragione per la compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese tra le parti.