La mancata indicazione dei termini per proporre l’azione giudiziaria non esclude che operi la decadenza

L’articolo 47 d.P.R. numero 639/1970 individua nella scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo il limite oltre il quale la presentazione di un ricorso tardivo, pur restando irrilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale di tre anni o di un anno .

Da detto principio generale deriva che, in ragione della natura pubblicistica della decadenza, il termine decorre in ogni caso dalla data sopra indicata sicché non rilevano né la mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, né l’omissione delle indicazioni di cui al comma 5 del medesimo articolo 47. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 18097/16, depositata il 14 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha accolto la domanda volta ad accertare il diritto di un lavoratore socialmente utile, che aveva rinunciato alla prosecuzione del progetto per lavori di pubblica utilità nel quale era stato impiegato, a percepire la somma una tantum di cui al combinato disposto dell’articolo 12 d.lgs. numero 468/1997 e dall’articolo 3, comma 4, d.m. 21 maggio 1998. La Corte territoriale ha escluso che fosse maturata la decadenza prevista dall’articolo 47 d.P.R. numero 639/1970 dichiarata, invece, dal giudice di primo grado, perché l’INPS non aveva assolto agli oneri posti a suo carico ed in particolare non aveva precisato, nel comunicare il rigetto dell’istanza amministrativa, i presupposti ed i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria. Nel merito, la Corte d’appello ha ritenuto fondata la domanda perché la rinuncia era intervenuta il 21 febbraio 2000 e perché il ricorrente era stato impegnato nel progetto per oltre dodici mesi, dal marzo 1996 alla predetta data. Il termine di decadenza per l’azione giudiziaria. Con ricorso per cassazione l’INPS ha denunciato la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 47 d.P.R. numero 639/1970, nel testo sostituito dall’articolo 4 comma 1 d.l. numero 394/1992 convertito in l. numero 438/1992, con riferimento all’articolo 2968 c.c., richiamando il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza numero 12718/2009, per sostenere che il termine di decadenza, pari a un anno e trecento giorni, era irrimediabilmente decorso dalla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, essendo irrilevante il contenuto della comunicazione di rigetto inviata all’interessato. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS, ritenendo che il lavoratore fosse incorso nella decadenza di cui all’articolo 47 d.P.R. numero 639/1970. In primo luogo, osservano gli Ermellini, l’applicazione alle prestazioni riconosciute in favore dei lavoratori socialmente utili della predetta decadenza annuale è già stata affermata con sentenza numero 16342/2007, secondo la quale la disciplina dei lavori socialmente utili concerne la tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti intersoggettivi di prestazione di attività, risultando attinente, da una parte, alla materia del collocamento in senso lato e alla formazione professionale, dall’altra, nella parte in cui prevede la corresponsione ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili di somme di denaro, alla materia della previdenza sociale in senso ampio, partecipando le prestazioni della stessa natura dell’indennità di disoccupazione o di mobilità o di trattamento di integrazione salariale. Ciò posto, l’articolo 47 d.P.R. numero 639/1970 stabilisce che il termine decadenziale inizia a decorrere dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo. Di conseguenza, non incidono sul computo dei predetti termini né la mancanza di un provvedimento esplicito sula domanda dell’assicurato, né le omissioni delle indicazioni di cui all’articolo 47, comma 5, d.P.R. numero 639/1970.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 luglio – 14 settembre 2016, numero 18097 presidente Macioce – Relatore Di Paolantonio Svolgimento del processo 1 - La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza resa dal locale Tribunale, ha accolto la domanda proposta da C.A. nei confronti dell’I.N.P.S. ed ha condannato l’istituto previdenziale al pagamento della complessiva somma di Euro 21.019,80, che il ricorrente aveva rivendicato, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 12 del d.lgs numero 468 del 1997 e dell’articolo 3, comma 4, del d.m. 21 maggio 1998, avendo rinunciato alla prosecuzione del progetto per lavori di pubblica utilità, in favore del Comune di Roma, al quale era stato ammesso. 2 - La Corte territoriale ha escluso che fosse maturata la decadenza prevista dall’articolo 47 del d.p.r. numero 639 del 1970, dichiarata, invece, dal giudice di prime cure, perché l’I.N.P.S. non aveva assolto agli oneri posti a suo carico ed in particolare non aveva precisato, nel comunicare il rigetto della istanza amministrativa, i presupposti ed i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria . Nel merito ha ritenuto fondata la domanda perché la rinuncia era intervenuta il 21 febbraio 2000 e perché il C. era stato impegnato nel progetto per oltre dodici mesi, dal 15 marzo 1996 alla data sopra indicata. 3 - Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’istituto previdenziale sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c C.A. , regolarmente intimato, non ha svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione 1.1 - Il primo motivo di ricorso denuncia, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 47 del d.p.r. 30 aprile 1970 numero 639, nel testo sostituito dall’articolo 4, comma primo, del d.l. 19 settembre 1992 numero 384, convertito in legge 14 novembre 1992 numero 438, con riferimento all’articolo 2968 c.c. . Premessa la applicabilità alla fattispecie della normativa sopra indicata, siccome rientrante nell’ampia formula ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni , l’istituto richiama il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza numero 12718 del 29 maggio 2009, per sostenere che il termine di decadenza, pari ad un anno e trecento giorni, era irrimediabilmente decorso alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, essendo irrilevante il contenuto della comunicazione inviata all’interessato. 1.2 - Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, strettamente connessi, censurano la sentenza impugnata per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nonché per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 12 del d.lgs numero 468 del 1997 e degli articolo 1 e 3 del decreto interministeriale del 21.5.1998. L’istituto previdenziale addebita alla Corte territoriale di avere errato nella individuazione della data in cui era avvenuta la rinuncia, risalente al 15 maggio 1997 e non al 21 febbraio 2000. Detto errore avrebbe, poi, determinato una non consentita applicazione retroattiva delle norme richiamate nella rubrica dei motivi, poiché il beneficio una tantum era stato previsto dall’articolo 12 del d.lgs numero 468 del 1 dicembre 1997 e, quindi, non poteva essere riconosciuto ai lavoratori socialmente utili che non fossero ancora attivi al momento della entrata in vigore della nuova normativa. Infine il ricorrente censura la quantificazione dell’assegno effettuata dalla Corte territoriale, evidenziando che, una volta individuata nel 21 febbraio 2000 l’epoca della rinuncia, l’importo doveva essere pari al 50 % dell’assegno che sarebbe stato corrisposto a partire da detta data sino a quella di completamento del progetto. 2 - Il primo motivo è fondato. La applicazione alle prestazioni riconosciute in favore dei lavoratori socialmente utili della decadenza annuale prevista dall’articolo 47 del d.p.r. 30 aprile 1970 numero 639 è già stata affermata da questa Corte che, con la sentenza numero 16342 del 24 luglio 2007, ha osservato che la disciplina dei lavori socialmente utili concerne la tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti intersoggettivi di prestazione di attività, risultando attinente, da una parte, alla materia del collocamento in senso lato e alla formazione professionale agevolazione dell’accesso all’occupazione , dall’altra, nella parte in cui prevede la corresponsione ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili di somme di danaro, alla materia della previdenza sociale in senso ampio, partecipando le prestazioni della stessa natura dell’indennità di disoccupazione o di mobilità o di trattamento di integrazione salariale”. 2.1 - Le Sezioni Unite di questa Corte hanno evidenziato che l’articolo 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, numero 639, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, dopo avere enunciato due diverse decorrenze delle decadenze, individua nella scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo il limite oltre il quale la presentazione di un ricorso tardivo, pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale di tre anni o di un anno . Da detto principio generale hanno tratto la conseguenza che, in ragione della natura pubblica della decadenza, il termine decorre in ogni caso dalla data sopra indicata sicché non rilevano né la mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, né la omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo articolo 47 Cass. S.U. 29.5.2009 numero 12718 . A detto principio di diritto, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte si rimanda fra le più recenti a Cass. 17.6.2016 numero 12615 Cass. 4.12.2015 numero 24730 Cass. 20.5.2015 numero 10376 ed al quale il Collegio intende dare continuità, non si è attenuto il giudice di merito che, per escludere la operatività della eccepita decadenza, ha erroneamente valorizzato la omessa comunicazione all’interessato degli avvertimenti di cui al richiamato quinto comma. 3 - Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Poiché l’atto introduttivo del giudizio di primo grado risulta depositato il 25 maggio 2004, quando già era decorso il termine di un anno e trecento giorni dalla presentazione della domanda amministrativa del 21 febbraio 2000, non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto e, quindi, la causa può essere decisa nel merito ex articolo 384 c.p.c. con il rigetto della domanda. Restano, pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, attinenti alla asserita infondatezza, nel merito, della pretesa. Gli orientamenti contrastanti della giurisprudenza di merito e di legittimità al momento del deposito del ricorso di primo grado e dell’appello il ricorso in appello risulta depositato il 25 luglio 2006 e la pronuncia della Corte territoriale è stata resa all’udienza del 15 gennaio 2009 in epoca antecedente alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata , giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.