Si trasferisce col figlio e lo allontana dal padre: eccessiva la decadenza dalla responsabilità genitoriale

Smentito in Appello prima e ora in Cassazione il giudizio pronunciato in Tribunale. Decisiva la constatazione che il comportamento tenuto dalla donna, pur censurabile, era dovuto a ragioni non egoistiche, bensì alla necessità di trovare un lavoro.

Ha preso il figlio e l’ha portato con sé in un’altra città, allontanandolo dal padre. Censurabile, secondo i Giudici, il comportamento tenuto dalla madre, ma non sufficiente per arrivare a sancirne la “decadenza dalla responsabilità genitoriale”. Decisiva la constatazione che il trasferimento è stato frutto di una complicata situazione contingente, dovuta anche a ragioni di lavoro Cassazione, ordinanza numero 15949/2018, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Scelta. L’episodio che dà il ‘la’ alla vicenda giudiziaria si registra nell’estate del 2015, quando la donna «trasferisce la propria residenza, portando con sé il figlio» e così impedendo, di fatto, «la sua relazione con il padre», residente nella città dove originariamente era collocato l’intero nucleo familiare. Questo dato è sufficiente, secondo i giudici del Tribunale, per dichiarare la donna «decaduta dalla responsabilità genitoriale nei confronti del figlio». Di parere opposto, invece, i giudici d’Appello, i quali considerano censurabile la scelta di spostare d’imperio il ragazzo, allontanandolo dal padre, ma aggiungono che il gesto compiuto dalla donna non è riconducibile a «motivazioni egoistiche», bensì «alla ricerca di una occupazione lavorativa e alla possibilità di fruire del sostegno dei genitori». Questa visione, poggiata innanzitutto sul fatto che la donna si è ritrovata disoccupata e ha reperito un nuovo lavoro nella città dove abitano i suoi genitori, è condivisa dai giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 30 gennaio – 18 giugno 2018, numero 15949 Presidente Campanile – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Ba. De. ha proposto reclamo, dinnanzi la Corte di Appello di Roma, avverso il decreto 17 gennaio - 3 febbraio 2017 con il quale il Tribunale per i minorenni di Roma, in accoglimento del ricorso di Er. Ro., ha dichiarato la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti del figlio Ni. Sa. Ro. nato il omissis . Il Tribunale minorile romano aveva sanzionato la condotta della madre che, senza il consenso del padre, nell'estate del 2015, aveva trasferito la sua residenza a Padova portando con sé il figlio e impedendo in tal modo di fatto la relazione con il padre residente a Roma. 2. Ha rilevato la ricorrente che la sua condotta non poteva giustificare un provvedimento così grave come la decadenza dalla responsabilità genitoriale in relazione a un comportamento ampiamente giustificato dalla perdita del lavoro a Roma, dalla presenza a Padova dei suoi genitori e dalla disponibilità di un alloggio nonché dalla possibilità, che si era concretizzata, di trovare una occupazione lavorativa. Tutto ciò a fronte di una completa imprevedibilità e inaffidabilità del comportamento del padre. Ha inoltre rimarcato la reclamante la sua osservanza dei provvedimenti del T.M. e in particolare di quello che dopo il suo trasferimento aveva imposto il ritrasferimento del figlio a Roma presso il padre. 3. Si è costituito Er. Ro. che ha chiesto il rigetto del reclamo rilevando la gravità della condotta della De. che aveva comportato, oltre alla arbitraria interruzione della frequentazione del figlio con il padre, il perturbamento del suo percorso scolastico nel quadro di una mancanza di cure e dell'inosservanza dei doveri di mantenimento. 4. La Corte distrettuale con sentenza numero 344/2017 ha accolto il reclamo ritenendo che, per quanto censurabile, il comportamento della De. non integra i presupposti per la dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale che costituisce un provvedimento predisposto dal legislatore non a scopo sanzionatone» ma a tutela del minore e finalizzato a scongiurare ulteriori condotte pregiudizievoli da parte del genitore. Ha inoltre rilevato la Corte d'appello che le finalità del comportamento della De. non sono riconducibili a motivazioni egoistiche o futili ma alla ricerca di una occupazione lavorativa e alla possibilità di fruire del sostegno dei genitori inoltre la De. ha rispettato le successive disposizioni del T.M. la c.t.u. espletata in primo grado attesta una buona relazione del bambino con entrambi i genitori e ritiene preferibile la residenza presso la madre che ha le capacità, l'attenzione e l'amore per accudire il figlio. 5. Avverso la sentenza della Corte d'appello il ricorrente propone ricorso per cassazione ritenendo che il provvedimento impugnato si pone in evidente violazione di legge specificamente degli articolo 330 e 333 c.c. e dell'articolo 30 della Costituzione. Ritenuto che 6. Il ricorso per cassazione svolge censure attinenti al merito del procedimento senza dedurre, se non genericamente, in cosa consista la dedotta violazione di legge e senza, in particolare, una precisa contestazione dell'interpretazione adottata da parte del giudice del reclamo della norma costituzionale e delle norme del codice civile articolo 330 e 333 , a fronte di una esaustiva e coerente valutazione dei fatti compiuta dalla Corte di appello. 7. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dispone omettersi l'indicazione dei nominativi e dei riferimenti identificativi delle parti in caso di pubblicazione del presente provvedimento.