Chiuso il contenzioso con lo studio fotografico. Il professionista dovrà risarcire la fresca sposa per non aver adempiuto correttamente al contratto. Confermato quindi il danno patrimoniale. Escluso invece il ristoro economico per il danno morale lamentato dalla donna.
Le lacrime della sposa, distrutta per non aver ottenuto, contrariamente a quanto previsto, il book fotografico delle nozze, non sono sufficienti per ipotizzare l’esistenza di un “danno esistenziale”, meritevole cioè di adeguato ristoro economico. Pur essendo evidente l’errore compiuto dal fotografo, che ha perduto tutti gli scatti relativi alla cerimonia e al ricevimento, è comunque impossibile sostenere, spiegano i Giudici del ‘Palazzaccio’, che la fresca sposa abbia visto violato un proprio diritto fondamentale Cassazione, sentenza numero 13370/18, Sezione Terza Civile, depositata oggi . Errore. Scenario della strana vicenda è la provincia di Roma, dove il giorno più bello degli sposi si trasforma in dramma il fotografo commette un errore imperdonabile e perde tutte le fotografie riguardanti le nozze. Il marito reagisce all’imprevisto in maniera sobria, mentre la moglie manifesta chiaramente la propria rabbia e cita in giudizio lo studio fotografico, chiedendo il risarcimento non solo per «il danno patrimoniale» per la «mancata consegna del servizio fotografico» ma anche per «il danno morale ed esistenziale» arrecatole dalla «impossibilità di rivivere nel tempo le emozioni del matrimonio». La posizione assunta dalla donna è ritenuta legittima dai giudici del Tribunale capitolino, che riconoscono anche un ristoro economico per la ‘ferita’ alla memoria da lei lamentata. Di parere opposto sono invece i giudici della Corte d’appello di Roma, i quali confermano solo il risarcimento del danno patrimoniale. Sul fronte del «danno esistenziale», invece, essi escludono si possa parlare di «diritto costituzionalmente rilevante», riferendosi alla possibilità di richiamare alla mente, grazie alle immagini, «le emozioni delle nozze», e aggiungono che, comunque, «la coppia può rivivere il proprio matrimonio attraverso il video e ricavare da esso anche delle immagini fotografiche». Diritto. La sconfitta subita in Appello ha ravvivato la rabbia della sposa, convintasi a presentare ricorso in Cassazione per vedere riconosciuta la gravità della ‘ferita’ morale subita. Così, ella ha spiegato, tramite il proprio legale, che «lo studio fotografico ha leso il diritto alla memoria e al ricordo, componenti del diritto all’identità personale riconosciuto dalla Costituzione italiana». Ancora più in dettaglio, la sposa ha spiegato ai Giudici del Palazzaccio che «il diritto alla memoria del giorno del proprio matrimonio attraverso il servizio fotografico commissionato deve trovare riconoscimento, trattandosi di evento non ripetibile e di notevole importanza personale», e ha aggiunto, in conclusione, che «la perdita delle foto del matrimonio costituisce una lesione di grave importanza del diritto alla memoria». Questa visione – comprensibile se si adotta l’ottica della sposa – non ha convinto però i magistrati della Cassazione, i quali hanno riconosciuto che «l’innegabile rilievo che la data delle nozze riveste per gli sposi» e che la situazione vissuta dalla sposa è «certamente in grado di creare turbamento d’animo», ma hanno poi precisato che «il danno lamentato dalla donna non assurge a una gravità tale da incidere su interessi di rango costituzionale». Per i Giudici «il diritto a ricordare il giorno del matrimonio attraverso documentazione fotografica non costituisce, di per sé, un diritto fondamentale della persona, tutelato a livello costituzionale». A corroborare questa considerazione viene anche ricordato che «l’esercizio di tale diritto è rimesso esclusivamente agli stessi sposi, che possono, per varie ragioni, anche decidere di affidare il ricordo alla propria memoria». Tirando le somme, il diritto sostenuto dalla sposa è «un diritto immaginario», concludono i Giudici, quindi inidoneo a essere fonte di «un obbligo risarcitorio» a livello di «danno morale».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2017 – 29 maggio 2018, numero 13370 Presidente Vivaldi – Relatore Pellecchia Fatti di causa 1. Con sentenza numero 11920/2011, il Tribunale di Roma accolse la domanda formulata Lu. Onumero , condannando la Impero Fotografico S.r.l. a risarcire l'attrice dei danni derivanti dalla mancata consegna del servizio fotografico commissionato per il matrimonio. Il giudice di primo grado ritenne che la società si fosse resa totalmente inadempiente alle obbligazioni assunte nel contratto, attesa la perdita delle fotografie scattate durante il matrimonio della Onumero . Riconobbe inoltre il risarcimento del danno non patrimoniale, da qualificare come danno morale ed esistenziale, ritenendo che l'assenza del servizio fotografico incidesse negativamente sulla vita della Onumero per l'impossibilità di rivivere nel tempo le emozioni del matrimonio attraverso il servizio fotografico. 2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d'Appello di Roma con sentenza numero 2180 del 6 aprile 2016. La Corte, come il giudice di primo grado, ha ritenuto dimostrato l'accordo nei termini indicati dalla Onumero . Tuttavia, ha rigettato la domanda relativa al risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto, nella fattispecie, non si trattava di un fatto di reato, ma solo di un adempimento contrattuale, e gli interessi tutelati non erano costituzionalmente rilevanti. Inoltre, secondo la Corte, l'esistenza di un servizio video, rimasta incontestata, escluderebbe in radice il pregiudizio, potendo la coppia rivivere il proprio matrimonio attraverso le immagini della ripresa e ricavare dalla stessa immagini fotografiche. 3. Avverso tale decisione, propone ricorso in Cassazione Lu. Onumero , sulla base di due motivi. 3.1 Resiste con controricorso la Impero Fotografico S.r.l. Ragioni della decisione 4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 1218, 1174, 2059 c.c. anche in relazione all'articolo 2 della Costituzione italiana, per avere il giudice di appello erroneamente affermato che a seguito dell'inadempimento delle obbligazioni contrattuali è derivato soltanto un danno patrimoniale e non anche un danno non patrimoniale risarcibile . La Impero Fotografico, con il suo comportamento inadempiente, avrebbe leso il diritto alla memoria o al ricordo , componente del diritto all'identità personale riconosciuto dall'articolo 2 della Costituzione italiana. Il diritto alla memoria del giorno del proprio matrimonio attraverso il servizio fotografico commissionato dovrebbe trovare riconoscimento, trattandosi di evento non ripetibile e di notevole importanza personale. La perdita delle foto del matrimonio costituirebbe una lesione di grave importanza del predetto diritto alla memoria, meritevole di tutela. Il motivo è infondato. Com'è noto, le SS.UU. di questa Corte, con la sentenza 26972 del 11.11.2008, hanno riconosciuto l'applicabilità del principio di cui all'articolo 2059 c.c. anche all'illecito contrattuale. Secondo le Sezioni Unite, l'articolo 2059 cod. civ. non disciplina una autonoma fattispecie di illecito, distinta da quella di cui all'articolo 2043 c.c., ma si limita a disciplinare i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali, sul presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'articolo 2043 c.c. e cioè la condotta illecita, l'ingiusta lesione di interessi tutelati dall'ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell'interesse leso. L'unica differenza tra il danno non patrimoniale e quello patrimoniale consiste pertanto nel fatto che quest'ultimo è risarcibile in tutti i casi in cui ricorrano gli elementi di un fatto illecito, mentre il primo lo è nei soli casi previsti dalla legge. Secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 cod. civ., ovvero che il danno non patrimoniale sia risarcibile nei soli casi previsti dalla legge , deve essere inteso che esso è risarcibile quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato e in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale , quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di un'ipotesi di reato e in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento , quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice . In tale ultimo caso danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti il danno non patrimoniale è risarcibile sempre sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 cod. civ. -anche quando non sussiste un fatto-reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni a che l'interesse leso e non il pregiudizio sofferto abbia rilevanza costituzionale b che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità c che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità. Pertanto, il danno non patrimoniale, quando ricorrano le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale. Le conclusioni delle Sezioni Unite sono state criticate da una parte della dottrina. In particolare, si è considerata non condivisibile la pronuncia del 2008 nella parte in cui circoscrive la risarcibilità del danno non patrimoniale ex articolo 1218 ss. c.c. nei limiti imposti dall'articolo 2059 c.c., ossia nei casi previsti dalla legge . Secondo tale dottrina, si traslerebbero in sede contrattuale condizioni statuite dal legislatore per la diversa responsabilità aquiliana. Non sarebbe infatti coerente con la disciplina del contratto affidare ad una fonte eteronoma la legge la selezione degli interessi meritevoli. In materia contrattuale, è la causa del contratto a fornire il criterio di selezione degli interessi giuridicamente rilevanti. Il contratto può essere funzionalizzato dall'autonomia delle parti a soddisfare un interesse non patrimoniale anche non qualificabile come diritto fondamentale della persona costituzionalmente rilevante, purché economicamente apprezzabile. Se tale interesse diviene irrealizzabile nonostante la prestazione sia ancora possibile, il contratto, ormai privo di causa, può essere risolto. Tuttavia, seguendo il principio enunciato dalle Sezioni Unite, l'eventuale frustrazione dello stesso interesse a causa dell'inadempimento della controparte, in mancanza di pregiudizio di tipo economico, non darebbe luogo ad alcuna conseguenza risarcitoria. Secondo l'orientamento in parola, questo risultato finirebbe per contrastare con le stesse argomentazioni utilizzate delle Sezioni Unite al fine di riconoscere la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento in particolare laddove si parla di causa concreta del contratto come strumento volto a verificare quali interessi non patrimoniali le parti abbiano scelto di far entrare nell'ambito del loro assetto negoziale . Infatti, una volta che si è riconosciuto nelle disposizioni sulla responsabilità contrattuale autonomo fondamento normativo per il danno non patrimoniale da inadempimento e che si è valorizzata l'autonomia negoziale delle parti anche attraverso il richiamo alla causa concreta, non è chiaro per quale ragione, in sede di risarcimento, debba essere attribuito rilievo ai soli interessi costituzionalmente protetti. Nel caso di specie, ad ogni modo, non è oggetto di censura il suddetto principio, quanto piuttosto il mancato riconoscimento della grave lesione di un interesse di rango costituzionale, individuato nel diritto alla memoria di un evento di particolare importanza della propria vita, poiché espressione del diritto all'identità personale di cui all'articolo 2 Cost. Tali censure non sono accoglibili. Pur essendo innegabile il rilievo che la data delle nozze riveste per gli sposi, e pur trattandosi di una situazione certamente in grado di creare turbamenti d'animo, il danno in esame non assurge a una gravità tale da incidere su interessi di rango costituzionale. Il dritto a ricordare il giorno del matrimonio attraverso documentazione fotografica non costituisce, di per sé, un diritto fondamentale della persona tutelato a livello costituzionale basti pensare che l'esercizio di un tale diritto è rimesso esclusivamente agli stessi sposi, i quali, per varie ragioni, potrebbero decidere di affidare il ricordo alla propria memoria . Si tratta quindi, di un diritto immaginario , non idoneo, in base alla regola enunciata dalle Sezioni Unite, ad essere fonte di un obbligo risarcitorio in relazione al danno non patrimoniale. 4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta l' omesso esame ex articolo 360 comma 1, numero 5 c.p.c. circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti , ovvero circa l'inadempimento totale della resistente con particolare riferimento alla mancata consegna non solo del servizio fotografico ma anche di quello video . La Corte di appello di Roma avrebbe erroneamente dedotto che, a differenza del servizio fotografico, il video commissionato dalla Onumero fosse stato effettivamente consegnato alla stessa dalla resistente. Tale fatto non sarebbe mai stato provato dalla resistente e non sarebbe pacifico, ma al contrario sarebbe stato oggetto, nel corso del processo, di specifiche contestazioni. In particolare, la Onumero ha contestato tale circostanza negli atti difensivi di primo e secondo grado e la resistente invece nella comparsa di costituzione risposta nel giudizio di primo grado pagina 3/4 del medesimo atto nonché nell'atto di citazione in appello della resistente pagina 5 del medesimo atto . Il motivo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza. La ricorrente, infatti, omette di trascrivere gli atti che non sarebbero stati considerati dal giudice di secondo grado dai quali risulterebbe specificamente contestata, ad opera della Onumero , la circostanza dell'avvenuta consegna del video relativo al matrimonio. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. 6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato articolo 13. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 1 dicembre 2017.