Nulla la sentenza tributaria per le controversie di valore superiore a 2.582,28 euro che omette l’ordine al contribuente di munirsi del difensore

L'omissione, da parte del giudice tributario adito nelle controversie di valore superiore a 2.582,28 euro ovvero in quelle assoggettate al regime transitorio di cui all'articolo 79, comma 2, d.lgs. numero 546/92, dell'ordine alla parte privata che ne sia priva di munirsi di difensore ai sensi dell'articolo 12, comma 5, del citato decreto, dà luogo a nullità, e non ad inesistenza giuridica della sentenza tale nullità ha carattere non assoluto non attinendo alla costituzione del contraddittorio bensì relativo, con la conseguenza che essa non è rilevabile d'ufficio e può essere eccepita, ex articolo 157 c.p.c., soltanto dalla parte che sia stata lesa nel suo diritto all’adeguata assistenza tecnica. Il verificarsi nel primo grado di giudizio della nullità in oggetto ne implica la sua deducibilità tra i motivi di appello in forza del principio generale di conversione della causa di nullità in motivo di gravame , senza che essa incida sul decorso del termine di impugnazione della sentenza ex articolo 327 c.p.c. e 38, ultimo comma, del menzionato decreto, dovendosi considerare, ex articolo 22, comma 1, la parte stessa ritualmente costituita in primo grado e, quindi, a conoscenza del processo. Il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di rappresentanza processuale, in quanto l'incarico al difensore, a norma dell’articolo 12, comma 3, del d.lgs. numero 546/1992, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà di per sé luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 3120/16, depositata il 17 febbraio. Vicenda. Il giudice del gravame - a conferma della prima decisione - ha ritenuto la legittimità dell'avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni per imposte ipotecaria, catastale ed Invim, notificato ad un contribuente sulla base di un avviso di accertamento che, già impugnato nell'aprile 1986, era stato confermato con sentenza della commissione tributaria provinciale numero 55/06/02 passata in giudicato per effetto della sentenza numero 57/06 con la quale la commissione tributaria regionale aveva ritenuto tardivo l'appello contro di essa proposto. In sede di ricorso per cassazione un contribuente ha lamentato che il giudice del gravame aveva omesso di considerare che la sentenza del giudice di prima istanza non poteva aver dato luogo a giudicato sulla legittimità dell'accertamento né, di conseguenza, costituire titolo legittimante l'avviso di liquidazione successivamente intimato, poiché essa doveva ritenersi giuridicamente inesistente e non nulla in quanto emanata senza che il contribuente che aveva, in primo grado, agito personalmente era stato invitato a munirsi di difensore tecnico come obbligatorio dall’1 aprile 1993, vertendosi di lite di valore superiore a 5 milioni di lire. Obbligo normativo di invitare il contribuente a munirsi di difensore tecnico. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno precisato che l’obbligo normativo di invitare il contribuente a munirsi di difensore tecnico era sopraggiunta nel corso del giudizio di primo grado avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di accertamento e l'omissione del relativo avviso doveva essere fatta oggetto di un motivo di appello tempestivamente proposto nei termini ordinari. Atteso che ciò non si è verificato, gli Ermellini hanno quindi preso atto dell'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado sulla legittimità dell'avviso di accertamento e hanno appurato l'incontrovertibilità - per questa ragione - dell'avviso di liquidazione su tale accertamento basato. Conclusioni. Non può essere dichiarato inammissibile il ricorso innanzi alle commissioni tributarie se il contribuente si difende personalmente per aver quantificato erroneamente il valore della causa. Anche la disciplina del contenzioso tributario relativa all’assistenza tecnica necessaria è rivolta a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che l’inammissibilità del ricorso per difetto del ministero del difensore può essere pronunciato soltanto all’esito dell’inottemperanza dell’ordine del giudice tributario indirizzato alla parte di munirsi della prescritta assistenza tecnica. Nelle controversie tributarie di valore superiore a euro 2582,28 per effetto dell’interpretazione adeguatrice del d.lgs. numero 546/1992, articolo 12, comma 5, e articolo 18, commi 3 e 4, fornita dalla Corte Cost. con sentenza numero 189/2000, l’inammissibilità del ricorso presentato senza l’assistenza di un difensore abilitato può essere dichiarata soltanto qualora la parte privata non ottemperi, nel termine all’uopo fissato, all’ordine di munirsi di assistenza tecnica, impartitole dal presidente della commissione tributaria. Novella. In tema di assistenza tecnica nel processo tributario articolo 12, d.lgs. numero 546/1992 il d.lgs. numero 156/2015 ha portato da 2.582,28 a 3mila euro la soglia di valore delle controversie - misurato dall’imposta al netto di sanzioni e interessi - in cui il contribuente può stare in giudizio anche personalmente. Con il citato decreto delegato di riforma del processo tributario, è stata alzata la soglia per la difesa personale. I contribuenti, infatti, non sono tenuti a conferire l'incarico per l'assistenza tecnica in giudizio a un difensore abilitato se il valore della controversia non è superiore a 3 mila euro. Se il contribuente, però, calcola in modo sbagliato il valore della causa il giudice deve ritenere l'errore scusabile, ordinando all'interessato di nominarsi un difensore entro il termine assegnato. L'incarico al difensore può essere conferito con atto pubblico o scrittura privata autenticata, in calce o a margine di un atto del processo oppure in udienza. Dunque, se il contribuente si difende personalmente per le cause il cui valore va oltre la soglia di legge 3 mila euro , il ricorso non deve essere dichiarato inammissibile. Il giudice, come più volte ha avuto modo di chiarire la Cassazione sentenza numero 8025/2005 e altre , deve ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale è tenuta a conferire l'incarico a un difensore. L'inammissibilità può essere pronunciata solo dopo la mancata osservanza dell'ordine del giudice.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 27 gennaio – 17 febbraio 2016, numero 3120 Presidente Chindemi – Relatore Stalla Svolgimento del giudizio A.R. propone ricorso per la cassazione della sentenza numero 10 del 24 febbraio 2009 con la quale la Commissione Tributaria Regionale di Bologna - a conferma della prima decisione - ha ritenuto la legittimità dell'avviso di liquidazione e di irrogazione di sanzioni per imposte ipotecaria, catastale ed Invim, notificatole sulla base di un avviso di accertamento che, già impugnato nell'aprile 1986, era stato confermato con sentenza della commissione tributaria provinciale numero 55/06/02 passata in giudicato per effetto della sentenza numero 57/06 con la quale la commissione tributaria regionale aveva ritenuto tardivo l'appello contro di essa proposto. Al ricorso, articolato su sei motivi, resiste l'Agenzia delle Entrate con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 cpc. Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo di ricorso - corredato del prescritto quesito di diritto ex articolo 366 bis cpc - la R. lamenta, ex articolo 360, 1^ co. numero 4 cpc, violazione degli articoli 12 e 79 d.lvo 546/92, 24 Cost. e 6 I. 848/55 di ratifica della CEDU per avere la commissione tributaria regionale omesso di considerare che la sentenza della commissione provinciale numero 55/06/02 non poteva aver dato luogo a giudicato sulla legittimità dell'accertamento - né, di conseguenza, costituire titolo legittimante l'avviso di liquidazione successivamente intimato - poiché essa doveva ritenersi giuridicamente inesistente e non nulla in quanto emanata senza che la contribuente che aveva, in primo grado, agito personalmente venisse invitata a munirsi di difensore tecnico come obbligatorio dal 1^ aprile 1993, vertendosi di lite di valore superiore a 5 milioni di lire. 1.2 II motivo è infondato. Deve farsi qui applicazione del costante orientamento di legittimità, secondo cui NOTA 1 - l'omissione, da parte del giudice tributario adito nelle controversie di valore superiore a 2.582,28 euro ovvero in quelle assoggettate al regime transitorio di cui all'articolo 79 2^ co. d.lvo 546/92, dell'ordine alla parte privata che ne sia priva di munirsi di difensore ai sensi dell'articolo 12, comma 5, del citato decreto, dà luogo a nullità, e non ad inesistenza giuridica della sentenza - tale nullità ha carattere non assoluto non attinendo alla costituzione del contraddittorio bensì relativo, con la conseguenza che essa non è rilevabile d'ufficio e può essere eccepita, ex articolo 157 cod. proc. civ., soltanto dalla parte che sia stata lesa nel suo diritto all’adeguata assistenza tecnica - il verificarsi nel primo grado di giudizio della nullità in oggetto ne Implica la sua deducibilità tra i motivi di appello in forza del principio generale di conversione della causa di nullità in motivo di gravame , senza che essa incida sul decorso del termine di impugnazione della sentenza ex articolo 327 cod. proc. civ. e 38, ultimo comma, del menzionato decreto, dovendosi considerare, ex articolo 22, primo comma, la parte stessa ritualmente costituita in primo grado e, quindi, a conoscenza del processo - la soluzione così prospettata non può dirsi in contrasto con i principi costituzionali e CEDU in materia, posto che essa tutela l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto di difesa nel processo tributario e l'adeguata tutela del contribuente contro gli atti della P.A., evitando nel contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità del ricorso, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare - infine, il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di rappresentanza processuale, in quanto l'incarico al difensore, a norma dell’articolo 12, comma terzo, del d.lgs. numero 546 del 1992, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà di per sé luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio. Quanto qui affermato in ricorso non può dunque essere condiviso, posto che l’obbligo normativo di invitare la R. a munirsi di difensore tecnico sopraggiunse nel corso del giudizio di primo grado avente ad oggetto l'impugnazione dell'avviso di accertamento e l'omissione del relativo avviso doveva essere fatta oggetto di un motivo di appello tempestivamente proposto nei termini ordinari. Atteso che ciò non si è verificato, non può che prendersi atto dell'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado numero 55/02 sulla legittimità dell'avviso di accertamento. Dal che consegue l'incontrovertibilità - per questa ragione - dell'avviso di liquidazione su tale accertamento basato. 2.1 Con il quinto motivo di ricorso - munito anch'esso del prescritto quesito di diritto - la R. lamenta, ex articolo 360, 1^ co. numero 4 cpc, violazione degli articoli 17, 20 e 25 d.lvo 472/97 per avere la sentenza qui impugnata omesso di rilevare la decadenza dell'amministrazione dalla contestazione della violazione con irrogazione della sanzione. Infatti tale atto, relativo ad una donazione del febbraio 1984, doveva dall'ufficio esserle notificato, ex articolo 20 d.lvo 472/97, entro 1^ aprile 2003 cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge , mentre l'avviso in oggetto le era stato notificato soltanto il 26 giugno 2005. § 2.2 Il motivo è infondato. Al di là dell'errore terminologico nella sentenza impugnata quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la ‘liquidazione’, invece che la ‘violazione’ fermo restando che il refuso è riferito ad una norma, l'articolo 20 d.lvo 472/97, che richiama comunque il termine alternativo 'previsto per l'accertamento dei singoli tributi’ , rileva nella specie che non può qui porsi in discussione la tempestività dell'originario avviso di rettifica ai fini dell'imposta ipotecaria, catastale ed Invim avviso di rettifica che ha trovato conferma in una sentenza ormai passata in giudicato. Su tale presupposto, va respinta la tesi dell'affermata decadenza dalla liquidazione delle sanzioni. Ciò perché l'avviso di liquidazione delle sanzioni è stato notificato alla R. - non in via autonoma, bensì contestuale alla liquidazione del tributo - a seguito del suddetto giudicato 2004 , ed entro il triennio dalla sua formazione v. articolo 76 secondo e quarto comma, d.P.R. 26 aprile 1986, numero 131 . Ricorre in proposito l'orientamento secondo cui In tema di INVIM, la notifica detratto di accertamento in rettifica per infedele dichiarazione - successivamente sanzionata con l'avviso di irrogazione delle sanzioni - ha valenza di primo atto di contestazione della violazione, con conseguente non applicabilità - nel caso in cui la notifica in questione sia avvenuta prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 18 dicembre 1997, numero 472 ed alla luce del criterio discretivo ivi fissato dall'articolo 25 - dell'articolo 20 del medesimo d.lgs. ed applicabilità, invece, dell'articolo 76 2^ e 4^ co. d.P.R. 131/86 al quale rinvia l'articolo 31 del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 643 , secondo cui la soprattassa e la pena pecuniaria devono essere applicate, a pena di decadenza, nel termine di tre anni, decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione e nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva NOTA 2 . 3.1 Con il secondo, terzo, quarto e sesto motivo di ricorso, la R. deduce varie violazioni di legge in relazione all' articolo 360, 1^ co.numero 5 cpc per avere la sentenza impugnata - secondo motivo omesso di valutare il vizio in termini di nullità o inesistenza della sentenza della commissione provinciale numero 55/06/02 cit., affermandone erroneamente il passaggio in giudicato per effetto della ritenuta tardività dell'appello contro di essa proposto - terzo motivo apoditticamente qualificato come mero ed irrilevante errore materiale il riferimento, nell'avviso di liquidazione, all'imposta di registro invece che di donazione - quarto motivo omesso di rilevare l'assenza, nella specie, di elementi di colpevolezza della contribuente in relazione alla dichiarazione di valore dell'immobile donato, vertendosi unicamente di obiettiva difficoltà di stima per le peculiarità del medesimo - sesto motivo omesso di rilevare che non erano comunque nella specie dovuti gli interessi di mora sia per l'assenza di colpevolezza, sia perché comunque non spettanti per il periodo durante il quale l'ufficio aveva tardato a notificarle l'avviso di liquidazione. 3.2 I quattro motivi in esame sono inammissibili. In primo luogo essi invocano contraddittoriamente, e senza la dovuta chiarezza ed immediatezza, una pretesa 'violazione di legge sostanziale o processuale astrattamente riferibile alle ipotesi ex articolo 360, 1^ co. nnumero 3 e 4 cpc , poi posta però in relazione alla non collimante ipotesi del numero 5 articolo 360 cit., propria della carenza motivazionale. In secondo luogo, è dirimente rilevare come essi siano privi del 'quesito di diritto’ prescritto dall'articolo 366 bis cod.proc.civ. norma qui applicabile ratione temporis vertendosi, nella specie, di ricorso avverso sentenza di appello pubblicata il 24 febbraio 2009. E' orientamento ormai pacifico NOTA 3 che, nel vigore di tale disposizione, ciascun motivo di ricorso sussumibile ex articolo 360, 1^ co., nnumero da 1 a 4 cod.proc.civ. debba concludersi con un quesito di diritto che espliciti una sintesi logico-giuridica della controversia così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula juris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Il quesito di diritto, più in particolare, deve compendiare sent.cit. a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso deI ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie . Nulla di tutto ciò è dato riscontrare nella presente fattispecie. Né alla radicale mancanza del quesito potrebbe legittimamente sopperirsi facendo ricorso al motivo in quanto tale, atteso che quest'ultimo attiene alla parte puramente espositiva - illustrativa della censura, ma non ne definisce la sintesi con i caratteri e gli effetti voluti dal legislatore. NOTA 4 Tanto che l'opposta conclusione - nel senso della ‘fungibilità’ e supplenza del motivo rispetto al quesito di diritto mancante - finirebbe con il disattendere il disposto normativo in esame sia nella sua ratio, volta a consentire l'immediata ed esauriente individuazione del vizio lamentato in rapporto alla soluzione adottata ed a quella proposta sia nella sua stessa lettera testuale, dal momento che l'articolo 366 bis cit. stabilisce espressamente che la formulazione del quesito debba avvenire ‘a pena di inammissibilità’. Ciò va parimenti affermato con riguardo all'omologo requisito - prescritto per il vizio motivazionale ex articolo 360 cit. numero 5 - del 'quesito di fatto' o 'momento di sintesi’ anch'esso nella specie assente. Il quesito di fatto, sulla scorta anche in tal caso di un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale NOTA 5 , è volto a far constare chiaramente, in modo sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione a tal fine necessitando, segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo inequivoco, tale da rendere immediatamente intelligibili le censure a prescindere dalla lettura dell'intero motivo. Con l'ulteriore precisazione che tale sintesi conclusiva, costituente un quid pluris rispetto alla illustrazione del motivo, non si identifica con il requisito di specificità del motivo ex articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 4, ma assume l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente NOTA 6 . Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 5.000,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito.