L’ormai ben nota sentenza della Corte di Giustizia, Grande Sezione, dell’8 settembre 2015 Taricco , il cui contenuto immediatamente incidente sui giudizi penali pendenti nel nostro Paese è stato recepito con celerità ed interezza dalla Corte di Cassazione Cass. Penumero , Sez. Terza, 20/01/2016, numero 2210 , lascia irrisolte alcune questioni.
La prima è quella della nozione di “gravità” della frode. A Il concetto di gravità criteri di individuazione. Giova infatti ricordare che la Corte europea, con la sentenza sopra indicata, ha dichiarato l’idoneità della normativa italiana derivante dal combinato disposto degli articolo 160, ultimo comma, e 161 c.p. a «pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea». Sul tema i Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza del 20/1/16, osservano che la Corte U.E. non fornisce alcuna indicazione quantitativa circa la soglia minima di gravità in presenza della quale si configura per il giudice italiano l’obbligo di disapplicazione degli articolo 160 ultimo comma e 161, c.p Il concreto ambito di applicazione della norma europea sarebbe quindi demandato al giudice penale italiano e dunque alla personale sensibilità dei singoli ed al caso concreto, salvo affermarsi, semmai, l’esigenza di un indirizzo univoco magari indicato proprio dalla Suprema Corte di Cassazione. Questo specifico aspetto, come già rilevato da altri, non è scevro dal suscitare perplessità cfr., in tal senso, G. Gambogi, Per le frodi fiscali in materia di Iva vi è una nuova prescrizione, in ‘Il Penalista’, 26/1/2016 . A ben vedere, tuttavia, nella sentenza della Corte europea può trovarsi un’indicazione piuttosto precisa in argomento nella premessa dedicata al “contesto normativo” infatti è riportato, fra gli altri, l’articolo 2 paragrafo 1 della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee a tenore del quale «dev’essere considerata grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a euro 50.000» da notare che la Convenzione è elaborato in base all’articolo del Trattato sull’Unione Europea relativo alla tutela degli interessi finanziari e che la somma è espressa in ECU . Tale norma da un lato detta un chiaro importo minimo che appare non derogabile, dall’altro sembra demandare a ciascuno Stato la determinazione in concreto della gravità. Ciò starebbe a significare la necessità dell’intervento di una disposizione normativa, non essendo sufficiente l’interpretazione giudiziaria. L’articolo 2 citato, al paragrafo 2, prosegue poi individuando anche il caso di frode “lieve”, ossia sotto i 4.000 euro , sempre che non vi siano «aspetti di particolare gravità secondo la propria legislazione». B Le ricadute sulle fattispecie delittuose previste dall’ordinamento interno le condotte fraudolente. Rimane da chiedersi se la normativa italiana, rispetto alla “gravità” della frode sia armonica o se invece sia in conflitto con quella europea. Su tale aspetto il d.lgs. numero 74/2000, così come novellato dal recente provvedimento di riforma di cui al d.lgs. numero 158/2015, non sembra porre problemi quanto all’ipotesi di “frode fiscale” mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, prevista e punita dall’articolo 2 del suddetto d.lgs. Tale norma, infatti, non contiene, soglia di punibilità alcuna e dunque reprime penalmente ogni comportamento che, integrando la fattispecie ivi descritta, comporti un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, qualunque sia il valore la lesione degli interessi finanziari statali e dell’Unione Europea trova quindi tutela massima . Diverso, ma sempre il linea con la normativa europea, è il caso della «dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici», ipotesi delittuosa prevista e punita dall’articolo 3 d.lgs. numero 74/00, come recentemente riformato. In questa ipotesi l’importo minimo, anche in applicazione del calcolo previsto dalla lett. b , è di euro 30.000. La circostanza non è di poco conto, atteso che le «operazioni simulate soggettivamente», sono definite, all’articolo 1 d.lgs. numero 74/2000 «riferite a soggetti fittiziamente interposti». Non è chi non veda, in tale ipotesi, proprio quella “frode carosello” che ha dato avvio alle preoccupazioni della Comunità Europea per i propri bilanci e, più in generale, per la tenuta del sistema IVA intracomunitario. C Le condotte non caratterizzate da fraudolenza. Per quanto riguarda le altre fattispecie di evasione dell’imposta sul valore aggiunto non connotate da alcun «artificio fraudolento», mentre non presenta alcun problema l’«omessa dichiarazione» e l’indebita compensazione di cui agli articolo 5 e 10 quater, un discorso a parte meritano gli articolo 4 e 10 ter, rispettivamente la «dichiarazione infedele» e l’«omesso versamento di IVA» cfr., sulle caratteristiche delle nuove fattispecie come novellate dal d.lgs. numero 158/15, G. Gambogi, La riforma dei reati tributari, Milano, 2016 . Per queste due ultime fattispecie il limite minimo di punibilità è elevato, rispettivamente, ad euro 150.000 e 250.000. Circostanza particolarmente sorprendente proprio perché frutto della revisione del 2015 che evidentemente non ha considerato, con la dovuta attenzione, i principi desumibili dalla normativa europea. D Considerazioni conclusive. Non v’è dubbio che la questione che riguarda le ultime fattispecie sopra indicate, quelle cioè non caratterizzate da frode, rimane aperta ed è assai difficile prevedere quali potrebbero essere le soluzioni alle quali la giurisprudenza di legittimità farà richiamo. Vi sarà la loro riconducibilità nell’ambito dei comportamenti pregiudizievoli degli interessi finanziari della Comunità Europea oppure, proprio perché non si tratta di condotte fraudolente, ne rimarranno escluse? Il quesito non pare essere risolto dalla Corte di Cassazione con la richiamata sentenza, della Terza Sezione Penale, del 20/1/2016, decisione nella quale si ipotizza la possibilità che l’obbligo di disapplicazione delle norme del codice penale sulla durata massima dell’interruzione della prescrizione si estenda anche alle evasioni d’imposta non connotate da artifici fraudolenti. E’ solo una prospettazione, sia chiaro e come tale, ne danno atto gli stessi Giudici di legittimità, deve essere interpretata. Tuttavia non può certo negarsi che il ragionamento della Corte italiana non sia privo di un solido supporto normativo l’articolo 325 del TFUE infatti, oltre la frode, menziona anche le “altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa” con ciò aprendo la strada, di fatto, all’ampliamento delle fattispecie passibili di cadere nelle maglie strette della prescrizione disegnate dalla Corte europea.