Anche i contratti territoriali, in ossequio all’autonomia negoziale di cui all’articolo 1322 c.c., possono prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e derogarli in peius, purché non ci sia lesione dei diritti acquisiti nel patrimonio dei lavoratori.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 1065/16, depositata il 13 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, confermando la statuizione del giudice di prime cure, rigettava l’opposizione proposta dall’Assessorato Regionale delle risorse agricole ed alimentari verso il decreto ingiuntivo con cui era stato intimato all’Ente di pagare ad un lavoratore a tempo determinato del Corpo Forestale, le somme corrispondenti alle differenze retributive dovutegli in base al CCNL di categoria CCNL del 7 novembre 2008 . La Corte territoriale rilevava, infatti, che, in ossequio a quanto disposto dal d. lgs. numero 165/2001 TU del pubblico impiego ,il trattamento economico dei dipendenti pubblici era affidato alla regolamentazione definita dalla contrattazione collettiva. La Corte d’Appello respingeva la tesi dell’Assessorato, secondo cui i benefici economici previsti dalla contrattazione nazionale non potevano trovare applicazione, nella Regione Sicilia, senza apposita disposizione di recepimento. L’Ente ricorreva per cassazione, contestando la sussistenza, rappresentata dalla Corte territoriale, di un rapporto di subordinazione tra il CCNL ed il contratto regionale e lamentando la violazione dell’articolo 45 – ter della l. reg. sic. numero 16/1996. L’autonomia negoziale “vince” anche nel settore del pubblico impiego privatizzato. La Suprema Corte ha ribadito il proprio principio giurisprudenziale per cui, anche nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, il contrasto tra contratti collettivi di diverso ambito territoriale non può essere sanato attraverso criteri gerarchici o temporali, ma in ossequio al principio di autonomia. Gli Ermellini hanno precisato che il principio di cui sopra permetta l’applicazione, nel settore del pubblico impiego, dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità che risolve la contrapposizione tra contratti collettivi privatistici sulla base dell’autonomia negoziale, sulla base della effettiva volontà delle parti sociali. Tale volontà, a parere del Collegio, deve essere interpretata mediante il coordinamento delle previsioni introdotte dalla contrattazione collettiva, previsioni che sono ugualmente provviste di forza vincolante. Gli Ermellini hanno, dunque, sottolineato come anche i contratti territoriali, in ossequio all’autonomia negoziale di cui all’articolo 1322 c.c., siano suscettibili di prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e di derogarli in peius, purché non siano lesi i diritti acquisiti nel patrimonio dei lavoratori. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 ottobre 2015 – 13 gennaio 2016, numero 355 Presidente Nobile – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello di Palermo, con sentenza del 3/3/2011, confermava la statuizione del giudice di primo grado che aveva rigettato l'opposizione proposta dall'Assessorato Regionale delle risorse agricole ed alimentari avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato ordinato all'assessorato predetto il pagamento in favore del ricorrente, lavoratore a tempo determinato come forestale, di differenze retributive dovute in forza dei ceni di categoria del 7/11/2008. A fondamento dell'opposizione l'assessorato deduceva la non applicabilità dei benefici economici previsti dalla contrattazione nazionale, la quale non poteva avere efficacia diretta nei territorio isolano, in assenza di una disposizione di recepimento ad hocomma 2. La Corte territoriale fondava la sua decisione sul rilievo che in forza del TU del pubblico impiego d.lgs. 165/2001 si era passati da un sistema regolato dalla legge a un sistema affidato al metodo della contrattazione, alla quale era stato conferito il potere di determinare i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro articolo 40 TU 165/2001 . Da ciò discendeva, secondo un'interpretazione confermata dalle decisioni della Corte Cost. si veda C. Cost. 189/2007 , che il trattamento economico dei pubblici dipendenti doveva ritenersi devoluto alla contrattazione collettiva. Pertanto, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell'articolo 49 l.r. 14 del 14/4/2004, laddove essa appare subordinare a un atto discrezionale delle autorità regionali l'applicabilità dei contratti collettivi di lavoro, deve ritenersi che, limitatamente alle materie attribuite all'autonomia contrattuale, questa s'imponga con forza imperativa. Ne consegue che il decreto assessoriale e la delibera di Giunta cui la legge demanda il recepimento della parte normativa ed economica dei contratti collettivi assumono la funzione di meri strumenti esecutivi, funzionali a regolare l'ingresso della disciplina collettiva nell'ordinamento regionale, con la conseguenza che l'emanazione dei medesimi non può essere procrastinata sine die con pregiudizio dei diritti costituzionali protetti del lavoratore. Inoltre non si configura alcuna invasione da parte della contrattazione nazionale in ambiti riservati alla competenza della contrattazione integrativa regionale in forza del disposto di cui all'articolo 40 e. 3 d.lgs. 165/2001, che delinea un rapporto di subordinazione tra le due fonti contrattuali. A seguito dei ragionamenti esposti la Corte giungeva ad affermare che non era ravvisarle una lesione dell'autonomia collettiva in sede decentrata in presenza di adeguamenti economici introdotti da CCNL incidenti su componenti facenti parte del minimo retribuivo nazionale, oggetto di disciplina da parte della contrattazione nazionale, atteso che essa non potrebbe derogare rispetto a istituti normativi ed economici attribuiti alla contrattazione di primo livello. 3. Avverso la sentenza l'Assessorato Regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari propone ricorso per cassazione affidato a unico articolato motivo. Resiste controparte con controricorso. Motivi della decisione 1. Il ricorrente deduce, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 40 del d.lgs. 30 marzo 2001 numero 165 dell'articolo 23 comma V della l. reg. sic 15 maggio 2000 numero 10 dell'articolo 45 ter l. reg. sicomma 6 aprile 1996 numero 16 dell'articolo 49 l. reg. sicomma 14 aprile 2006 numero 14 dell'articolo 3 ult. comma l. reg. 10 aprile 1978 numero 2. Rileva che l'affermazione della Corte d'Appello in forza della quale sussiste un netto rapporto di subordinazione tra le due fonti contrattuali che impone di inserire gli adeguamenti economici introdotti dal CCNL in seno al contratto regionale si pone in contrasto con l'articolo 45 ter l. reg. sicomma 1996. Secondo tale norma la gestione del personale avviene in base alla contrattazione collettiva per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico - agraria , costituendo il ceni di categoria nulla più che un punto di riferimento onde avviare le trattative con le rappresentanze sindacali. Osserva che sarebbe incoerente il sistema che imponesse all'amministrazione di negoziare il trattamento dei proprio personale e contemporaneamente le comandasse di adeguare il contenuto della negoziazione a un accordo stipulato da altri soggetti. Rileva, inoltre, che la sentenza perviene allo stesso risultato della legificazione del ceni di categoria nei momento in cui considera il decreto assessoriale e la delibera di giunta al livello di meri strumenti esecutivi, in ciò concretandosi la falsa applicazione dell'articolo 40 comma III del d.lgs. 165/2001. Rileva che il paventato rischio di vuoto di disciplina è fugato dalla l. reg. 2006 numero 14 che all'articolo 49 impone precisi termini per il totale o parziale recepimento del ccnl da parte dell'assessorato e della giunta regionale. Rileva, citando Cass. 26/5/2008 numero 13544, che la lettura delle norme offerta dalla sentenza impugnata non sarebbe coerente con i generali principi relativi all'organizzazione amministrativa, non potendosi immaginare rapporti di sopraordinazione gerarchica tra livelli contrattuali cui prendono parte amministrazioni pubbliche che si pongono in relazione di reciproca autonomia. 2. Il ricorso è fondato e va accolto. S'intende riaffermare in questa sede il principio enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte in forza del quale anche nell'ambito del pubblico impiego privatizzato, il contrasto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale nazionale, regionale, provinciale, aziendale deve essere risolto non già in base al criterio della gerarchia che comporterebbe la prevalenza della disciplina di livello superiore né in base al criterio temporale che comporterebbe sempre a prevalenza dei contratto più recente e che invece è determinante solo nell'ipotesi di successione di contratti collettivi con identità di soggetti stipulanti, ossia del medesimo livello , ma secondo il principio di autonomia e, reciprocamente, di competenza , alla stregua del collegamento funzionale che le associazioni sindacali nell'esercizio, appunto, della loro autonomia pongono, mediante statuti o altri idonei atti di limitazione, fra i vari gradi o livelli della struttura organizzativa e della corrispondente attività Sez. L, Sentenza numero 13544 del 26/05/2008, Rv. 603288 . 3. Il suddetto enunciato costituisce applicazione, nel contesto dell'impiego pubblico privatizzato, del principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in materia di regolamentazione del contrasto tra contrattazione collettiva relativa a rapporti di lavoro privatistici, risolto, in conformità alla valorizzazione dell'autonomia negoziale, non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, sicché anche i contratti territoriali possono, in virtù del principio dell'autonomia negoziale di cui all'articolo 1322 cod. civ., prorogare l'efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche in pejus senza che osti il disposto di cui all'articolo 2077 cod. civ., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, che non possono ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello Cass. Sez. L, Sentenza numero 12098 del 18/05/2010, Rv. 613901 . 4. La sentenza della Corte territoriale non appare rispettosa dei principi affermati, nel momento in cui ritiene che l'applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale s'imponga in ambito regionale con forza imperativa, senza necessità di recepimento ad hoc mediante delibera di giunta e decreto assessoriale, in ragione di una sorta di prevalenza gerarchica. 5. Conseguentemente la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione, la quale, ai fini della soluzione della controversia, farà applicazione del principio di autonomia delle fonti contrattuali collettive nei termini precisati sub 2. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione.