L'obbligo per il giudice di disporre perizia sulle condizioni fisiche del detenuto, nel caso in cui sia presentata richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, sussiste soltanto se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, ovvero se è prospettata una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere.
Così si è pronunciata la Terza Sezione della Cassazione, con la sentenza numero 5934 depositata il 10 febbraio 2015. Giudice e PM il delicato equilibrio tra poteri di iniziativa e poteri decisori. Un soggetto, imputato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e per violenza privata, è sottoposto a custodia cautelare in carcere col patteggiamento “allargato” gli viene applicata una pena consistente tre anni e quattro mesi , alla quale oppone ricorso per cassazione, ma rimane dentro nonostante chieda gli arresti domiciliari in sostituzione della misura carceraria. Dalla lettura della sentenza in commento si comprende che una delle ragioni sulle quali si imperniava la richiesta di attenuazione del rigore cautelare era la denunciata incompatibilità del detenuto con il regime carcerario per motivi di salute. Il PM, nell'esprimersi negativamente, aveva suggerito l'opportunità di chiedere una relazione sanitaria, riservandosi di rivalutare il caso all'esito di questa. Ma il GIP, come si comprende dal riassunto della doglianza sollevata con i motivi di ricorso per cassazione, dopo avere acquisito la relazione avrebbe rigettato l'istanza senza interpellare nuovamente il magistrato dell'accusa. Nessuna nullità se il PM, pur potendolo fare, non esprime il suo parere. Questo primo passaggio della decisione pone un paletto molto chiaro i Supremi Giudici, richiamandosi ad un recente orientamento della Sesta Sezione Penale, concludono affermando che non costituisce causa di nullità della decisione del GIP il fatto che sia mancato il parere del PM, a condizione, però, che l'organo di accusa sia stato messo in condizione di esprimere le proprie conclusioni. L'incompatibilità con il carcere i presupposti. Il nostro codice di rito prevede alcuni casi in cui la custodia cautelare non possa essere disposta o mantenuta per gravissime ragioni di salute dell'indagato/imputato. Un agile meccanismo processuale consente al giudice, destinatario della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, di provvedere ad accertamenti, in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio e senza formalità, sulle condizioni di salute del detenuto. Se la richiesta è fondata, però, sulle gravi patologie che impediscono la custodia cautelare, e il giudice non ritiene sufficienti gli elementi in suo possesso per decidere, nomina un perito. La nomina del perito è sempre obbligatoria? Per niente la Suprema Corte, infatti, rileva che l'obbligo di nominare un perito incombe sul giudice a condizione che vi sia un “apprezzabile fumus ”, e cioè che sia stata formulata una “chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario”. Quindi, in altri termini, occorre che il problema evidenziato sia proprio quello della astratta possibilità – valutabile in termini di compatibilità, appunto – che il soggetto in questione sia fisicamente in condizione di permanere all'interno di una struttura carceraria. L'obbligo di disporre perizia, però, va riconosciuto soltanto se ricorre il caso dell'affezione da una delle patologie considerate dal codice come ipotesi in cui la custodia cautelare non possa essere disposta o mantenuta. Quindi rileveranno, ad esempio, l'affezione da AIDS conclamata o, più in generale, altre patologie particolarmente gravi rispetto alle quali non sia possibile ricorrere a cure compatibili con il regime carcerario. L'onere probatorio, sottolinea la Corte, non è da intendersi a carico del detenuto costui, però, deve quantomeno fornire gli elementi necessari per rappresentare al giudice una delle situazioni di incompatibilità appena descritte. Il giudice mantiene sempre la sua autonomia di giudizio. Al giudice spetta in prima battuta di decidere se la richiesta di revoca si fonda su ragioni di salute “generiche” o sulla sussistenza delle gravissime patologie che impediscono la custodia cautelare, ricorrendo le quali la nomina del perito diventa obbligatoria. Nel primo caso, e cioè quello in cui si denunci l'esistenza di una problematica legata comunque alla salute ad esempio, lo stato ansioso-depressivo, per tornare al caso che ha suscitato la decisione in commento , sono sufficienti i generici ed informali – ma non per questo meno efficaci – poteri di accertamento del giudice. Il quale potrà ben avvalersi delle valutazioni mediche effettuate dal servizio sanitario della struttura carceraria nella quale si trova ristretto il soggetto interessato.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 dicembre 2014 – 10 febbraio 2015, numero 5934 Presidente Fiale – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Genova, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente L.R. , con ordinanza del 17.6.2014 rigettava l'appello avverso l'ordinanza con cui il GIP del Tribunale di Genova, in data 15.4.2014 aveva a sua volta rigettato l'istanza di sostituzione con gli arresti domiciliari della misura cautelare in atto della custodia in carcere. Quest'ultima era stata disposta nei confronti di L.R. con ordinanza del GIP di Genova del 27.7.2013 eseguita l'8.8.2013 per il reato previsto dagli articolo 81 cod. penumero , 3 nnumero 5 e 8, 4 nnumero 1 e 7 L. 75/1958 e 610 cod. penumero per avere favorito e sfruttato la prostituzione di due ragazze e avere percosso una delle due in Genova dal giugno 2012 al dicembre 2012 ed il 31.12.12 , reato in data 24.1.2014 per il quale era stata pronunciata la sentenza di primo grado con l'applicazione ex articolo 444 e ss. cod. procomma penumero della pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, sentenza impugnata presso questa Corte di Cassazione. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, L.R. , deducendo l'unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att., cod. procomma penumero - difetto e illogicità di motivazione ex articolo 606 cod. procomma penumero . Il ricorrente deduce che l'ordinanza impugnata limiterebbe a poche righe la valutazione dell'impugnazione proposta ex articolo 310 cod. procomma penumero , riprendendo in modo pedissequo la motivazione dell'ordinanza appellata. I temi sottoposti all'attenzione del tribunale della libertà sarebbero stati sostanzialmente due. a il primo attiene al fatto che, sull'originaria istanza, il PM aveva espresso un parere contrario, allo stato, segnalando l'opportunità di chiedere una relazione sanitaria e riservandosi di esprimere un nuovo parere all'esito della stessa relazione. E nell'appello si era eccepito che il GIP, acquisita la relazione, avrebbe emesso il provvedimento di rigetto, lo stesso giorno, senza trasmettere previamente gli atti al PM per un nuovo esame, ma sul punto nulla avrebbe risposto il Tribunale del Riesame. b Il secondo tema, punto principale dell'impugnazione, era stato, invece, quello sulla valutazione delle esigenze cautelari operata dal GIP. Si sosteneva che, definito il processo in primo grado con sentenza di patteggiamento ed espiata in custodia cautelare una quota di pena 10 mesi tale per cui al passaggio in giudicato il L. potrà essere ammesso a godere ogni tipo di misura alternativa, non poteva non darsi valore al nuovo elemento delle condizioni di salute dell'imputato. Tale dato non sarebbe stato correttamente valutato dal tribunale dell'appello cautelare che, in modo illogico, si limiterebbe a fare riferimento alla relazione del dr. Z. , medico generico della casa circondariale di omissis , quando, allegata alla stessa, c'era la relazione psichiatrica che attestava un disagio psichico importante. La lettura di questa relazione da parte del GIP sarebbe stata assai riduttiva e il tribunale non avrebbe integrato la motivazione della prima ordinanza reiettiva. Il tutto in una fase in cui non c'erano più esigenze di indagini, la pena residua apriva le porte a qualsiasi tipo di beneficio e si era di fronte ad un imputato incensurato e fornito, fino al momento dell'arresto, di regolare permesso di soggiorno. Chiede, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato. 2. Infondato è il motivo sub a., con cui si lamenta un error in procedendo in cui sarebbe incorso il GIP - e su cui il tribunale in sede di gravame non avrebbe risposto - laddove ha provveduto, dopo avere disposto accertamenti presso la struttura sanitaria dell'amministrazione penitenziaria, senza nuovamente richiedere il parere del PM. Secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte di legittimità la mancata acquisizione del parere del pubblico ministero in ordine alla istanza di revoca della misura cautelare, richiesto dall'articolo 299 comma 3-bis cod. procomma pen, non determina la nullità del provvedimento ex articolo 178 lettera b dello stesso codice, a condizione che il rappresentante della pubblica accusa sia stato messo in condizione di esprimere le proprie conclusioni, ancorché in concreto non lo abbia fatto sez. 6, numero 33165 del 29.5.2012, Santariga, rv. 253196 . Nel caso che ci occupa il PM veniva messo in condizione di esprimere il parere di rito sull'istanza ex articolo 299 cod. procomma penumero avanzata dal difensore in data 2.5,2014 e, come si evince dagli atti - cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di accedere atteso il tipo di doglianza proposta - in data 5.5.2014 ha espresso il seguente parere tenuto conto che la difesa evidenzia le precarie condizioni di salute dell'imputato, invita il Giudice a disporre gli accertamenti medici di cui all'articolo 299 comma 4 ter del cpp, riservando parere all'esito allo stato parere contrario alla luce della pena elevata riportata in primo grado . Il Gip non accedeva all'invito rivoltogli dal PM. Né si ritiene, come si dirà di qui a breve sub 3., vi fosse tenuto. Con provvedimento del 6.5.2014 il giudice della cautela disponeva, invece, l'acquisizione di informazioni presso la Casa Circondariale di OMISSIS in ordine alle condizioni di salute dell'imputato che secondo quanto scritto nell'istanza verserebbe in stato di grave depressione e sarebbe controllato a vista nel timore di gravi atti autolesionistici così il provvedimento de quo nel quale si raccomandava tempestività nel riscontro . La relazione perveniva al GIP il 15.5.2014 e lo stesso provvedeva in pari data, tenendo conto del parere negativo espresso dal PM in data 5.5.2014, evidentemente ancora valido e pertinente non essendo stata disposta la chiesta perizia. 3. Come si anticipava poc'anzi, in punto di obbligo di disporre la perizia qualora siano addotte in sede di richiesta ex articolo 299 cod. procomma penumero motivi di incompatibilità carceraria per ragioni di salute ex articolo 275 co. 4bis cod. procomma penumero ad un orientamento maggiormente restrittivo cfr. sez. 4, numero 16524 del 15.2.2013, Mafrica, rv. 254846 conf. Sez. Unumero numero 3 del 17.2.1999, Femia, rv. 212755 numero 1414 del 14.3.2000, Santoro, rv. 217151 numero 16547 del 14.3.2010, Mule, rv. 246934 numero 27295 del 9.6.2010, Cali, rv. 247889 è andato affiancandosi quello - cui il Collegio ritiene di aderire - secondo cui la previsione di cui all'articolo 299, co. 4 ter, cod. procomma penumero impone al giudice la nomina del perito solo se sussiste un apprezzabile fumus e cioè se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, o comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere così sez. 2, numero 8642 del 14.2.2013, Foraci, rv. 255236 conf. sez. 4, numero 12271 del 22.1.2003, Sorrenti, rv. 223932 sez. 6, ord. numero 18838 del 3.3.2006, Gallinoti, rv. 233740 sez. 1, numero 12698 del 14.2.2008, Santapaola, rv. 239374 sez. 2, numero 11328 del 2.12.2010, Senese, Rv. 249942 . Va ricordato che in tema di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, secondo la previsione di cui all'articolo 299 co. 4 ter cod. procomma penumero se la richiesta è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275 cod. procomma penumero , comma 4 bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, il giudice, se non ritiene di accoglierla sulla base degli atti, dispone con immediatezza e comunque non oltre il termine previsto al comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando un perito. Il giudice, dunque, ha l'obbligo di disporre la perizia solo se sono evidenziate ragioni di salute riconducibili alla previsione di cui all'articolo 275 co. 4 bis cod. procomma penumero e cioè l'essere il richiedente persona affetta da AIDS conclamata o da gravi deficienze immunitarie accertate ai sensi dell'articolo 256 bis, co. 2 cod. procomma penumero ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere. A far scattare l'obbligo di nominare un perito non basta, dunque, evidentemente, prospettare una qualsivoglia malattia, ma occorre che venga evidenziata e circostanziata una patologia particolarmente grave , la cui cura non sia compatibile con il regime carcerario, anche nei centri clinici particolarmente attrezzati disponibili all'interno di talune strutture dell'amministrazione penitenziaria. E se non è onere del richiedente provare in maniera esaustiva tale incompatibilità, per contro la richiesta deve contenere degli elementi che consentano al giudice una delibazione circa la ricaduta del caso in esame nella previsione di cui all'articolo 275 co. 4 bis cod. procomma penumero . In tal senso anche le citate SS.UU. 3/1999, Femia, che pure si sono richiamate tra le pronunce più restrittive, mostravano di consentire al giudice di delibare sull'ammissibilità della richiesta, onde attivare la procedura decisoria, pur se solo al fine di verificare che fosse stata prospettata una situazione di salute della specie prevista dall'articolo 275 co. 4 bis cod. procomma penumero , comma 4. Resta condivisibile il dictum delle citate SS.UU. secondo cui al giudice è inibito respingere la domanda solo perché, in via preliminare, si prefiguri la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, non potendo tale apprezzamento che essere successivo all'accertamento peritale che offre il parametro di comparazione SS.UU. sent. 3 del 1999, rie. Femia, RV 212756 . Tuttavia il giudice chiamato a pronunciarsi sulla richiesta de libertate ex articolo 299 cod. procomma penumero sarà chiamato a verificare se quella prospettatagli è una richiesta fondata su esigenze di salute tout court ovvero su quelle situazioni particolarmente gravi enucleabili dal dettato dell'articolo 275 co. 4 bis che gli impongono la nomina del perito. E se propende per la prima tesi - come evidentemente ha fatto il GIP genovese nel caso che ci occupa.- trova applicazione la prima parte del comma 4ter dell'articolo 299 cod. procomma penumero , secondo cui quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato . Diversamente opinando, evidentemente, se si propendesse per un obbligo del giudice di disporre perizia ogni qualvolta venga solo affermata l'incompatibilità carceraria per ragioni di salute non si comprenderebbe in quali casi potrebbero essere disposti gli accertamenti sulle condizioni di salute previsti dalla prima parte della norma richiamata. Naturalmente nulla esclude che gli accertamenti informali disposti presso la struttura carceraria evidenzino che, contrariamente a quanto emergeva dalla prima delibazione operata dal giudice, si versi in un caso particolarmente grave, di quelli riconduciteli al comma 4bis dell'articolo 275 cod. procomma penumero Ed allora il giudice, se non ritiene di dover provvedere allo stato degli atti a disporre una misura extracarceraria, dovrà provvedere alla nomina del perito ex articolo 299 co. 4 ter cod. procomma penumero . 4. Nel caso in esame il tribunale genovese ha implicitamente ritenuto insussistente il vizio procedurale dedotto, laddove ha dato conto degli accertamenti effettuati dalla struttura sanitaria dell'istituto carcerario con motivazione che, in quanto non manifestamente illogica, non si presta alle censure mosse con il ricorso. Viene ricordato, infatti, nella motivazione del provvedimento impugnato, che la direzione sanitaria del carcere con relazione del 14.5.2014, spiegava che L.R. è soggetto in stato ansioso-depressivo, inserito in regime di attenta sorveglianza e non già di sorveglianza a vista , seguito da psichiatri con cadenza regolare e con specifica terapia e che presenta lieve miglioramento del tono dell'umore. Veniva allegata in proposito - ricordano ancora i giudici genovesi - una relazione del 12.5.14 della psichiatra dell'ASL X genovese che attestava controlli settimanali con assunzione di terapia, nonché collaborazione e miglioramento da parte del paziente. Sulla scorta di tali relazioni, il GIP, dunque, con ordinanza del 15.5.2014 rigettava l'istanza, aggiungendo che nessun novum di rilievo era stato allegato a sostegno della prospettata attenuazione delle esigenze cautelari poste a base della misura. Ebbene, con motivazione logica e congrua, i giudici del gravame cautelare rilevano, in merito alle condizioni di salute del prevenuto, come non fosse dato evincersi la condizione di incompatibilità con il regime carcerario prospettata dalla difesa, evidenziando che peraltro quest'ultima non aveva allegato alcuna documentazione dalla quale evincere detta incompatibilità, prospettando un generico stato ansioso-depressivo, risultante anche dalle citate relazioni in atti viene richiamata in particolare la relazione della dr.ssa D. del 12.5.2014, nella quale esplicitamente si riferisce che il paziente, nel complesso, ha mostrato una sofferenza psichica depressiva con aspetti francamente psicotici non tali da richiedere un ricovero o un intervento in acuto ed è stato utile somministrare una terapia antipsicotica e antidepressiva che con difficoltà il paziente ha inizialmente assunto attualmente il paziente è più collaborante e ha mostrato segni di un iniziale miglioramento nonché beneficio dalla terapia, viene regolarmente visitato dalla scrivente e dalla psicologa con una frequenza settimanale . 5. Infondato è anche il motivo di ricorso sub b. con il quale si duole l’imputato della incongrua valutazione delle esigenze cautelari anche in relazione alle sue condizioni di salute e alla luce dell'intervenuta sentenza di applicazione della pena ex articolo 444 e ss. cod. procomma penumero . Va ricordato che nel sistema processualpenalistico vigente, così come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle soggettive dell'indagato in relazione all'apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate. Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura, nonché, in sede di gravame della stessa, del tribunale del riesame. È pacifico nella giurisprudenza di questa Corte Suprema che in tema di misure cautelari, il pericolo di reiterazione criminosa vada valutato in ragione delle modalità e circostanze del fatto e della personalità dell'imputato cfr. per tutte questa sez. 3, numero 14846 del 5.3.2009, Pincheira, rv. 243464, fattispecie di misura cautelare applicata per il delitto di violenza sessuale ai danni di un minore, in cui la Corte ha annullato per illogicità e contraddittorietà della motivazione l'ordinanza del tribunale del riesame che, nell'attenuare la misura cautelare, aveva sostenuto che essendo la condotta delittuosa collegata ad un solo soggetto passivo, non appariva verosimile che il reo potesse reiterarla in danno di altre persone . Più precisamente, la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati, di cui all'articolo 274 comma primo lett. c cod. procomma penumero , deve essere desunta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità dell'imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti, attraverso una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati sez. 4, Sentenza numero 37566 del 01/04/2004 Ccomma dep. 23/09/2004 Rv. 229141 . È stato, tuttavia, in più occasioni, anche condivisibilmente sottolineato come nulla impedisca di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell'apprezzamento della capacità a delinquere. In altri termini, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell'indagato, ove la condotta serbata in occasione di un reato rappresenti un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell'agente cfr., ex plurimis, sez. 2 numero 35476/07 . Nello specifico, è stato di recente più volte affermato come ai fini dell'individuazione dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, lettera c , cod. procomma penumero , il giudice possa porre a base della valutazione della personalità dell'indagato le stesse modalità del fatto commesso da cui ha dedotto anche la gravità del medesimo sez. 1 numero 8534 del 9.1.2013, Liuzzi, rv. 254928 sez. 5 numero 35265 del 12.3.2013, Castelliti, rv. 255763 . Nel caso di specie, il tribunale genovese ha motivato in modo più che esauriente il suo provvedimento in ordine alle esigenze cautelari e alla idoneità della misura della custodia in carcere in aderenza ai suddetti principi di diritto laddove, attraverso un percorso logico assolutamente privo di incongruenze o contraddittorietà, ha, come detto in precedenza, ampiamente rivalutato il profilo delle esigenze cautelari alla luce dello stato di salute dell'imputato e, quanto all'intervenuta sentenza di patteggiamento, non passata in giudicato per l'operato ricorso a questa Corte, ha valutato negativamente per il richiedente l'entità della pena inflitta. Nello specifico sono state ritenute ancora sussistenti le esigenze cautelari legate al pericolo di recidiva specifica, viste le modalità del fatto, anche violente e minacciose, con ripetizione nel tempo, ai danni di due ragazze, una delle quali, a dire della difesa, già convivente con l'imputato, a lui legata sentimentalmente ed ancora in contatto con lo stesso, essendo andata a trovarlo durante la detenzione. 6. Il tribunale dell'appello cautelare, ha poi compiuto un apprezzamento circa il modesto decorso del tempo dall'applicazione della misura stessa a fronte della gravità del reato commesso in concorso con altri soggetti, ai danni di soggetti deboli ed anche con l'uso di violenza e minaccia e ha anche evidenziato come il reddito della sorella che si era offerta di occuparsi del ricorrente apparisse appena sufficiente al mantenimento di se stessa e della figlia minore, concludendo, con motivazione logica e congrua, nel senso che unica misura ancora adeguata e proporzionata appariva quella in atto. In tal senso va evidenziato che il tribunale genovese mostra di avere fatto buon governo dei principi di diritto reiteratamente affermati da questa Corte di legittimità, secondo cui ai fini della sostituzione della misura della custodia cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari e comunque con altra meno afflittiva, il mero decorso del tempo non è elemento rilevante ex sé perché la sua valenza si esaurisce nell'ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi dell'affievolimento delle esigenze cautelari cfr., ex plurimis, numero 24897 del 10.5.2013, Sisti, rv. 255832 sez. 4, numero 34786 dell'8.4.2014, Morabito, rv. 260293 sez. 2, numero 42513 dell'8.11.2007, Lombardo, rv. 238518 sez. 3, numero 26477 del 27.5.2003, Cesaro e altro, rv. 225594 sez. 3, numero 23424 del 15.5.2001, Mannino, rv. 219527 sez. 1, numero 2443 del 26.4.1995, Adelizi, rv. 202138 . 7. Congrua appare anche la motivazione del provvedimento impugnato in termini di adeguatezza ed idoneità della misura in atto, laddove il tribunale genovese dichiara di concordare con il GIP, tenuto conto delle modalità abituali della condotta, fonte di sostentamento per l'indagato, privo di lecita attività lavorativa, e della personalità dello stesso, irregolare nel territorio, già coinvolto in vicenda dei tutto analoga senza che la stessa avesse avuto il minimo effetto deterrente. È pacificamente affermato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte che in tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere, non è necessaria un'analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla personalità dell'indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata al fine di impedire la prosecuzione dell'attività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita l'ulteriore dimostrazione dell'inidoneità delle altre misure coercitive sez. 6, numero 17313 del 20.4.2011, Cardoni, rv. 250060 conf. sez. 1, numero 45011 del 26.9.2003, Villani, rv. 227304 . In altra pronuncia è stato condivisibilmente sottolineato che in tema di criteri di scelta delle misure cautelari, è immune da censure la decisione con cui il giudice di merito rigetti l'istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, sulla base di elementi specifici inerenti al fatto, alle sue motivazioni ed alla personalità del soggetto che indichino quest'ultimo come propenso all'inosservanza dell'obbligo di non allontanarsi dal domicilio, in violazione delle cautele impostegli, trattandosi di soggetto violento e proclive a reati commessi mediante l'uso di violenza personale e questo ancorché la previsione di cui all'articolo 275 cod. procomma penumero non ponga a carico del giudice l'obbligo di una motivazione analitica sull'inadeguatezza di ogni altra misura cautelare nella specie arresti domiciliari , essendo a tal fine sufficiente e necessario che egli dimostri che l'unica misura adeguata ad impedire la prosecuzione dell'attività criminosa è la permanenza in carcere sez. 5, numero 9494 del 19.10.2005 dep. il 17.3.2006, Pannone, rv. 233884 . 8. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria dovrà provvedere alle comunicazioni di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell'Istituto Penitenziario competente a norma dell'articolo 94 comma 1 ter Disp. Att. cpp