Qualificazione giuridica dell’omesso versamento dell’assegno di mantenimento del figlio minore nato fuori dal matrimonio

Il delitto di cui all’articolo 3 l. numero 54/2006 è configurabile anche in caso di omesso versamento da parte di un genitore dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria in favore di figli minori nati fuori dal matrimonio.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza numero 55744/18, depositata il 12 dicembre. Il caso. La Corte d’Appello di Milano confermava la condanna di un uomo per omesso versamento dell’assegno di mantenimento alla figlia minore ai sensi dell’articolo 3 l. numero 54/2006, così riqualificando il fatto contestato inizialmente ricondotto all’articolo 570, comma 2, numero 2, c.p L’imputato ricorre in Cassazione dolendosi per la carenza motivazionale della sentenza impugnata che ha ribaltato la decisione di assoluzione in primo grado per il reato di cui all’articolo 570, comma 2, c.p., ritenendo inoltre non configurabile l’ipotesi di cui all’articolo 3 l. numero 54/2006 non essendo mai stato coniugato con la madre della minore. Riqualificazione del fatto. Il Collegio precisa in primo luogo che la riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 3 l. numero 54/2006 non implica affatto, come invece sostenuto dal ricorrente, l’assoluzione per la fattispecie inizialmente contestata ex articolo 570, comma 2, numero 2, c.p La qualificazione giuridica del fatto che si realizza attraverso l’attribuzione dell’esatto nomen juris rimane infatti potere tipico del giudice. Figli nati fuori dal matrimonio. Infondata è anche la deduzione del fatto che il ricorrente non fosse sposato con la madre della minore. Secondo la consolidata giurisprudenza il delitto di cui all’articolo 3 l. numero 54/2006 è configurabile anche in caso di omesso versamento da parte di un genitore dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria in favore di figli nati fuori dal matrimonio cfr. Cass. Penumero nnumero 12393/18 e 25267/17 . Si tratta di una soluzione ermeneutica orientata alla disciplina delle unioni civili e della responsabilità genitoriale introdotta dalla l. numero 76/2018 e dal d.lgs. numero 154/2013. Posta tale premessa, la Corte sottolinea la necessità di confermare questo approdo interpretativo anche alla luce del d.lgs. numero 21/2018, che ha dato attuazione ad una delle deleghe di cui alla l. numero 103/2017 c.d. legge Orlando . In virtù del principio della riserva di codice, il legislatore ha introdotto l’articolo 570-bis che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio con le pene previste dall’articolo 570, facendo riferimento espresso alla condotta del “coniuge”. L’inserimento di tale locuzione ha portato la giurisprudenza di merito, ove non ricorrano le condizioni per applicare l’articolo 570, comma 2, numero 2, c.p. per l’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza al figlio minore o inabile nato fuori dal matrimonio, a ricorrente alla fattispecie di cui al comma 1 della norma che fa riferimento al “genitore”, senza altre specificazioni. Riepilogando il dibattito scaturito sul tema, il Collegio giunge alla conclusione per cui «alla stregua della lettura sistematica della disposizione di cui all’articolo 570-bis c.p., non può attribuirsi alla fattispecie incriminatrice un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello riferibile agli articolo 3 e 4 l. numero 56/2006, quali interpretati dall’ormai consolidato orientamento di questa Corte regolatrice». Sussistono dunque nel caso di specie tutti i presupposti fattuali per la punibilità del reato di omesso adempimento degli obblighi di mantenimento in favore della figlia minore nata da un rapporto di convivenza. Il ricorso viene rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 ottobre – 12 dicembre 2018, numero 55744 Presidente Paoloni – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di G.M. alla pena di Euro seicento di multa per il delitto di cui all’articolo 3 della legge numero 54/2006, così diversamente qualificato il fatto contestato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero , per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore, omettendo di versare l’assegno di mantenimento fissato in Euro 1.500,00 mensili, con condotta dal mese di novembre 2010 in permanenza. La Corte distrettuale ha escluso che ricorresse la denunciata violazione del principio di cui all’articolo 521 cod. proc. penumero per effetto della mutata qualificazione giuridica del fatto, ed ha richiamato, per ritenere insussistente un impedimento idoneo a scriminare la condotta, una precedente sentenza della Corte di appello di Milano, divenuta irrevocabile il 13 gennaio 2017 con la quale, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado, per periodo immediatamente precedente a quello oggetto di contestazione, era stata affermata la responsabilità dell’imputato solo agli effetti civili. 2.Il ricorrente, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero denuncia vizio di applicazione della legge penale e vizio di motivazione della sentenza impugnata che non ha esaminato le censure difensive proposte con i motivi di gravame. In particolare, deduce che, in presenza di sentenza di assoluzione intervenuta in primo grado in relazione al reato di cui all’articolo 570, comma 2, cod. penumero , non essendo stato provato lo stato di bisogno della minore e della condotta omissiva che abbia determinato il venire meno dei mezzi di sussistenza, a prescindere dall’ammontare del contributo al mantenimento stabilito, il giudice di appello, per giungere a condanna avrebbe dovuto adottare una motivazione rafforzata, viceversa carente. La Corte distrettuale ha, invero, erroneamente richiamato la sentenza irrevocabile del 13 gennaio 2017, incorrendo altresì in vizio di travisamento della prova, dal momento che anche detta sentenza aveva assolto l’imputato dal reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero , perché il fatto non sussiste e la riforma era limitata alle sole statuizioni civili, con applicazione di norme, anche di natura processuale e probatoria, relative esclusivamente all’inadempimento della prestazione civilistica. Rileva, inoltre che, l’articolo 3 della legge numero 54 del 2006 non è applicabile alla concreta fattispecie poiché il ricorrente non era mai stato coniugato con la madre della minore, beneficiaria dell’assegno di mantenimento, conclusione avvalorata dai principi stabiliti da una sentenza di questa Corte la sentenza numero 2666 del 7 dicembre 2016 che ha ritenuto non applicabile la tutela della disciplina penalistica di cui all’articolo 3 legge cit. alle assegnazioni patrimoniali che concernono figli di genitori non coniugati, garantite attraverso il ricorso alle azioni civili ovvero alla disciplina di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero , ma, come anticipato, nel caso, ritenuta insussistente. Erroneamente, infine, la sentenza impugnata, richiamata quella irrevocabile nei confronti del medesimo imputato, aveva ritenuto non accertata l’impossibilità di adempiere alla prestazione. Considerato in diritto 1.Il ricorso deve essere rigettato. 2.Occorre sgomberare il campo da un equivoco al quale induce la formulazione dei motivi di ricorso, smentito dall’analisi delle statuizioni di merito e dalla chiara articolazione della sentenza impugnata. L’imputato era stato rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore omettendo di versare l’assegno stabilito posto a suo carico dal Tribunale di Monza con sentenza numero 2270 del 2005. Il giudice di primo grado aveva qualificato la condotta come delitto di cui all’articolo 3 della legge numero 54 del 2006, pronuncia che non implica affatto, secondo la erronea ricostruzione difensiva, l’assoluzione dal reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero assoluzione che può ravvisarsi solo in presenza di una espressa pronuncia del giudice che, per aspetti connessi alla ricostruzione dinamica della fattispecie, ravvisi la insussistenza di condotte penalmente illecite, ma non in presenza della mera esclusione di un connotato della fattispecie concreta l’avere fatto mancare i mezzi di sussistenza , qualora elementi qualificanti della stessa condotta, nesso causale, elemento psicologico del reato , siano idonei ad integrare la fattispecie penale, come ritenuta. La previsione di cui all’articolo 521 cod. proc. penumero , della quale il ricorrente lamenta la violazione, ha ad oggetto, come noto, la correlazione tra accusa e sentenza e regola il cd. ius variandi, cioè la riqualificazione giuridica del fatto, che si realizza attribuendo l’esatto nomen juris ad un episodio che rimane invariato nei suoi tratti caratterizzanti. La qualificazione giuridica del fatto, secondo risalente tradizione giurisprudenziale, è potere tipico del giudice, che può esercitarlo in ogni fase, purché, secondo la disciplina di cui all’articolo 521 cod. proc. penumero , il reato non ecceda la competenza del giudice che procede, il reato non sia attribuito al tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, oppure non riguardi un reato per il quale è prescritta l’udienza preliminare ed essa non si è tenuta, fermo il divieto di reformatio in peius. In relazione alla portata dell’articolo 521 cod. proc. penumero , si sono registrati gli interventi esegetici di questa Corte che, a fronte di una previsione normativa rimasta formalmente invariata, ha posto la necessità di una sua interpretazione nel senso di assicurare all’imputato la garanzia del contraddittorio nella eventualità della diversa qualificazione giuridica del fatto, attuando la regola di sistema espressa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Drassich c/Italia e dall’articolo 111, secondo comma Cost., che investe non soltanto la formazione della prova, ma anche ogni questione che attiene la valutazione giuridica del fatto commesso Sez. 6, numero 45807 del 12/11/2008, Drassich, Rv. 241754 , pena, diversamente, la nullità a regime intermedio della sentenza Sez. 1, numero 18590 del 29/04/2011 - dep. 11/05/2011, Corsi, Rv. 250275 Sez. 5, numero 6487 del 28/10/2011 - dep. 17/02/2012, Finocchiaro, Rv. 251730 . Tornando al caso in esame, ritiene il Collegio che, correttamente la Corte di appello ha escluso la violazione del disposto di cui all’articolo 521 cod. proc. penumero in forza della diversa qualificazione giuridica delle condotte ascritte all’imputato con la sentenza di primo grado in presenza di un fatto rimasto sostanzialmente invariato nei suoi tratti caratterizzanti qualificazione giuridica rispetto alla quale l’imputato ha potuto, in sede di impugnazione, difendersi adeguatamente. La soluzione dei giudici distrettuali è in linea con la giurisprudenza di questa Corte richiamata nella sentenza impugnata - riferita al rapporto tra la fattispecie strutturalmente prossima a quella in esame quale quella dell’articolo 12 sexies della legge numero 898 del 1970 e il reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero sull’assunto che, pur presentando le due ipotesi criminose presupposti ed elementi strutturali diversi, la condotta presa in considerazione dall’articolo 12 sexies rientra nel più ampio paradigma di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2, cod. penumero , essendo nella prima ipotesi sufficiente accertare il fatto della volontaria sottrazione all’obbligo di corresponsione dell’assegno determinato dal tribunale e non occorrendo, quindi come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza numero 472 del 1989 , che dall’inadempimento consegua anche il far mancare i mezzi di sussistenza, elemento invece necessario ai fini della integrazione della seconda figura criminosa Sez. 6, numero 7824 del 02/05/2000, Tuccitto, Rv. 220572 . Dalle precisazioni fin qui svolte discende la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso articolati con riferimento non solo alla violazione dell’articolo 521 cod. proc. penumero , ma anche alla necessità della motivazione rafforzata che il giudice avrebbe dovuto adottare in sede di condanna ed al richiamo al principio dell’assorbimento del reato di cui all’articolo 12 sexies della legge numero 898 del 1970 e, quindi dell’articolo 3 della legge numero 54 del 2006 in forza di quanto precisato da questa Corte. Ed invero il declamato principio di assorbimento vale, al fine di evitare il bis in idem sostanziale, nella disamina dei rapporti fra le fattispecie che determinano un concorso apparente di reati, in quanto, in situazioni nelle quali il genitore abbia fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori non assolvendo agli obblighi posti a suo carico da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, il delitto di aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori implica anche l’omissione del versamento dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile cfr. Sez. 6, numero 10772 del 20/02/2018, Rv. 272763-01 Sez. 6, numero 57273 del 10/11/2017, R., Rv. 271674-01 Sez. 6, numero 55064 del 13/09/2017, F. Rv. 271669-01 . Ne consegue che il principio di assorbimento rileva solo nel caso in cui il genitore separato fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l’assegno di mantenimento, poiché, in tale ipotesi, egli commette un unico reato, quello previsto dall’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero nel quale è assorbita la violazione meno grave, mentre fuori del principio di assorbimento si pone l’ipotesi in cui si sia in presenza esclusivamente delle fattispecie di cui all’articolo 12 sexies legge numero 898 del 1970 ovvero articolo 3 della legge numero 54 del 2006 votate altrimenti, secondo la soluzione fatta propria nel ricorso, ad una sostanziale inapplicabilità. Né, in ragione della specifica fattispecie in esame, rilevano affermazioni ulteriori di questa Corte, in merito ai rapporti tra articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero e articolo 12 sexies legge numero 898 del 1970, in casi nei quali era oggetto di inadempimento il pagamento dell’assegno di divorzio, e, quindi, relativi ad ipotesi non sovrapponibili al caso in esame. 3.Ulteriore difficoltà, nella comprensione della vicenda in esame, discende dal rinvio ad una o più sentenze che hanno riguardato l’odierno ricorrente. Anche a tal riguardo il ricorrente richiama una precedente sentenza che ha assolto l’imputato dal reato di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero per fatto anteriormente commesso, sentenza che i giudici di appello evidenziano essere stata riformata con decisione del 22 giugno 2017 diversa da altra pronuncia del 13 gennaio 2017, oggetto di diffuso richiamo nella sentenza impugnata per smentire la ricorrenza di condizioni personali dell’imputato ostative all’adempimento impostogli dal giudice civile a favore della figlia minore. Ebbene, ritiene il Collegio che le deduzioni del ricorrente sono manifestamente infondate, in fatto, stante l’autonomia delle decisioni, e in diritto non ricorrendo alcun travisamento della prova nella lettura delle richiamate decisioni da parte del giudice di appello. 4. Infondata è anche la deduzione difensiva secondo la quale i giudici di merito non hanno preso in considerazione la circostanza che il ricorrente non era mai stato sposato con la madre della minore, beneficiaria del trattamento economico stabilito dal giudice civile in quanto i genitori semplicemente convivevano e, pertanto, la insussistenza del reato di cui all’articolo 3 della legge numero 54 del 2006 perché applicabile solo all’ipotesi di omesso versamento dell’assegno in favore di figli nati da genitori coniugati e, quindi, in relazione ad epiloghi del rapporto coniugale per separazione, divorzio o nullità del matrimonio. La tesi sostenuta dall’imputato è stata affermata in una isolata decisione di questa Corte Sez. 6, numero 2666 del 07/12/2016, B, Rv. 268968 ma è stata, tuttavia, superata da un più recente orientamento alla stregua del quale si è ritenuto che, in tema di reati contro la famiglia, è configurabile il reato di cui all’articolo 3, legge 8 febbraio 2006, numero 54, anche in caso di omesso versamento, da parte di un genitore, dell’assegno periodico disposto dall’autorità giudiziaria in favore dei figli nati fuori dal matrimonio Sez. 6, numero 14731 del 22/02/2018, S, Rv. 272805 Sez. 6, numero 12393 del 31/01/2018, P, Rv. 272518 Sez.6, numero 25267 del 06/04/2017, S. Rv. 270030 . Ciò alla luce della interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla l. 20 maggio 2016, numero 76 e dal d. lgs. 28 dicembre 2013 numero 154, che ha inserito l’articolo 337-bis. cod. civ., e, quindi, di una rilettura dell’articolo 4, comma secondo, legge numero 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte da tale legge si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. Riferimento che deve essere ricondotto a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una incostituzionale diversità di trattamento, accordando una più ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio. 5.Occorre, cionondimeno, interrogarsi sulla tenuta di tale approdo a seguito della modifica normativa dell’articolo 570 cod. penumero intervenuta con d. lgs. 1 marzo 2018, numero 21, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 63 del 22 marzo 2018 e in vigore dal 6 aprile 2018, con il quale si è data attuazione ad una delle deleghe contenute nella legge 23 giugno 2017, numero 103 c.d. legge Orlando , e in particolare a quella - prevista dall’articolo 1, co. 85, lettera q della suddetta legge - relativa all’introduzione del principio della riserva di codice nel nostro ordinamento penale. In particolare il richiamato decreto ha innestato nel codice sostanziale una previsione, l’articolo 570-bis cod. penumero rubricata violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio che, nel prosieguo sanziona, con le pene previste dall’articolo 570 cod. penumero , la condotta del coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economia in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. La norma ripropone, non in modo letterale, le previgenti disposizioni penali contenute all’articolo 12-sexies della l. 1 dicembre 1970, numero 898 ed all’articolo 3 della legge 8 febbraio 2006, numero 54, norme che, conseguentemente, sono state espressamente abrogate dall’articolo 7, lett. b e o , d.lgs. numero 21 del 2018. La questione che si pone è se, sul piano della successione di leggi penali nel tempo, il nuovo articolo 570-bis cod. penumero si sia effettivamente limitato ad un diverso collocamento ordinamentale di norme incriminatrici il cui contenuto non è stato oggetto di modifica, ovvero se vi siano profili di non perfetta sovrapponibilità tra l’attuale articolo 570-bis cod. penumero ed i previgenti articolo 12 sexies l. numero 898 del 1970 ed articolo 3 l. numero 54 del 2006, e, posto che vi siano, come tali modifiche incidano in relazione ai fatti compiuti prima della entrata in vigore della nuova disposizione. Se, sul piano semantico, la nuova previsione dell’articolo 570-bis cod. penumero si pone in termini decisamente innovativi per l’ampio riferimento alla sanzione penale derivante dall’inadempimento di ogni tipologia di assegno dovuto , per altro aspetto - e per quel che qui rileva - si rivela dirompente rispetto alla fattispecie in esame per il riferimento, quale soggetto attivo del reato, al coniuge, riferimento che ripropone la problematica del coordinamento della disciplina penalistica con il contenuto dell’articolo 4 della legge numero 54 del 2006 che, a seguito della interpretazione fornitane da questa Corte, aveva esteso l’intera disciplina recata dalla legge anche ai procedimenti relativi ai figli dei genitori non coniugati. 6. La lettura incentrata sul tenore letterale della norma, per l’inequivoco riferimento al coniuge, ha già indotto la giurisprudenza di merito, ove non ricorrano le condizioni per applicare la previsione di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza al figlio minore ovvero inabile al lavoro di cui all’articolo 570, comma 2, numero 2 cod. penumero , a fare ricorso, per la violazione consistente nell’omessa corresponsione di assegno in favore di figli recate dalle decisioni giudiziarie in favore di figli nati fuori dal matrimonio, alla fattispecie di cui all’articolo 570, comma 1, cod. penumero . Al riguardo viene evidenziato che, da un lato, il soggetto attivo del reato di cui all’articolo 570 cod. penumero è il genitore senza ulteriori specificazioni, giacché la norma è posta a tutela della famiglia in senso ampio e non solo di quella fondata sul vincolo del matrimonio, e, dall’altro, che la violazione degli obblighi di assistenza materiale nei confronti del figlio ben si può realizzare attraverso la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento fissato dal Tribunale civile. 7. La interpretazione fondata sul dato letterale della disposizione di cui all’articolo 570-bis cod. penumero , che sottostà all’ opzione interpretativa illustrata, non costituisce, peraltro, l’unica opzione ermeneutica praticabile. È necessario, in vero, concentrare l’attenzione, piuttosto che sul dato semantico, sulla natura e portata della delega conferita con la legge numero 103 del 2017 e, cioè, una delega di natura meramente compilativa che autorizzava la traslazione delle figure criminose già esistenti nel corpus del codice, senza contemplare alcuna modifica sostanziale delle stesse. E, che l’intenzione del legislatore delegato fosse esclusivamente quella di riordinare la materia, è desumibile anche dalla relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo, in cui si afferma che il nuovo articolo 570-bis cod. penumero assorbe le previsioni di cui all’articolo 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, numero 898 e di cui all’articolo 3 della legge 8 febbraio 2006, numero 54, aggiungendo che la modifica, da un lato, non incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque ripetutamente affermata dalla Corte costituzionale da ultimo con sentenza numero 220 del 2015 , dall’altro, contempla le ipotesi già previste mediante rinvio agli articoli 5 e 6 della stessa legge di scioglimento, cessazione degli effetti civili, nullità del matrimonio oltre che quella dell’assegno dovuto ai figli nelle medesime evenienze . Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia, qualora la delega abbia ad oggetto, come nella specie, il riordino ed il riassetto di norme preesistenti, queste finalità giustificano un adeguamento della disciplina al nuovo quadro normativo complessivo, conseguito dal sovrapporsi, nel tempo, di disposizioni emanate in vista di situazioni ed assetti diversi, ma non anche l’adozione di soluzioni innovative rispetto al sistema legislativo previgente che richiede la emanazione di principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato Corte Cost., sentenza numero 170 del 2007 e numero 239 del 2003 . In tale quadro di riferimento si deve, dunque, collocare la formale abrogazione degli articolo 12 sexies della legge numero 1 dicembre 1970 numero 898 e dell’articolo 3 della l. 8 febbraio 2006 numero 54 non potendo ritenersi verificata, in conseguenza del meccanismo dell’abrogazione, anche un’abolizione delle corrispondenti figure di reato, transitate nel nuovo corpus normativo. Soprattutto, perché la riscrittura delle norme, peraltro non testuale, non ha formalmente investito l’articolo 4, comma 2, della legge numero 54 del 2006 secondo il quale le disposizioni della legge si applicano nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati . Ebbene, secondo l’interpretazione datane da questa Corte con la richiamata sentenza numero 25267 del 2017, la tutela penale recata dall’articolo 3 della legge numero 54 del 2006 e della disciplina recata dall’articolo 12 sexies legge numero 898 del 1970, in forza della disposizione di cui all’articolo 4, comma 2 della legge numero 54 del 2006 che svolgeva la funzione di norma di chiusura del sistema, riguardava anche i figli di genitori non coniugati avuto riguardo all’espresso riferimento procedimenti relativi ai figli dei genitori non coniugati , obblighi di natura economica ri-disciplinati dall’articolo 1 della l. numero 54 del 2006, quindi dagli articolo 155/155- sexies cod. civ Da qui, nella lettura degli articolo 3 e 4 l. numero 54 del 2006, enunciata con le sentenze richiamate al punto 4. del Considerato in diritto, si è ritenuto che l’interpretazione sistematica dovesse deporre nel senso della totale equiparazione anche della disciplina penalistica posta a presidio dell’esatto adempimento delle obbligazioni statuite a carico dei genitori in favore dei figli anche all’esito della cessazione della convivenza e non solo nel caso di vicende patologiche del rapporto matrimoniale a monte. In ragione della mancata abrogazione dell’articolo 4, comma 2, l. 54 del 2006 e dell’espresso riferimento contenuto ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati la disciplina penale relativa al mancato rispetto di una pronuncia giudiziale o di uno specifico accordo che impongono al genitore naturale l’obbligo di corrispondere una determinata somma di denaro per il mantenimento del figlio va, dunque, contestualizzata con riferimento alla cornice dettata nel codice civile che, nella rubrica dell’attuale Capo II del titolo IX recita esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio e, all’articolo 337-bis cod. civ., disciplinando l’ambito di applicazione stabilisce che, in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, si applicano le disposizioni del presente capo . La esegesi letterale dell’articolo 570-bis cod. penumero tra la posizione dei figli nati da genitori conviventi, rispetto alla prole nata in costanza di matrimonio, si pone in netta antitesi con la piena equiparazione realizzata nell’ambito del diritto civile articolo 337-bis e ss. cod. civ. . Sistema in cui gli obblighi dei genitori, nascendo dal rapporto di filiazione, non subiscono alcuna modifica a seconda che sia o meno intervenuto il matrimonio, in conformità, del resto, alla previsione dell’articolo 30, comma 3, Cost In tale contesto, normativo attuale e di successione di disposizioni, si deve affermare che l’unica interpretazione sistematicamente coerente e costituzionalmente compatibile e orientata, è quella dell’applicazione dell’articolo 570-bis cod. penumero - che si limita a spostare la previsione della sanziona penale all’interno del codice penale - anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori del matrimonio. Tale lettura discende dalla perdurante vigenza, in quanto norma non abrogata, dell’articolo 4, comma 2, della legge numero 54 del 2006 dal riferimento ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati contenuto nella disposizione dalla disciplina positiva di detti procedimenti recati dagli articolo 337-bis e ss. cod. civ. che, unitariamente e integralmente si applica, anche ai figli nati fuori dal matrimonio. Si deve prendere atto che, successivamente al superamento del principio della indissolubilità del matrimonio, si sono succeduti molteplici mutamenti legislativi e giurisprudenziali tra loro eterogenei - questi ultimi spesso ispirati dalla giurisprudenza della Cedu -, che hanno profondamente inciso sulla valenza dell’istituto matrimoniale e sul fondamento e sulla fisionomia della famiglia. Si pensi, in primo luogo, alla riforma attuata dalla l. 10 dicembre 2012, numero 219 e dal d. lg. 28 dicembre 2013, numero 154, che ha reso unica la condizione dei figli, disponendo il loro inserimento nelle reti di parentela dei genitori a prescindere dalla sussistenza tra loro del matrimonio articolo 74 c.c. e 258 cod. civ. , nonché ha generalizzato la regola secondo cui l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori, indipendentemente dal fatto che tra loro sussistano legami di diritto o di fatto. I rapporti di filiazione sono stati dunque funzionalizzati al perseguimento dell’interesse dei figli, tanto che è stato abbandonato il modello della potestà, sostituito con quello della responsabilità, il quale ben si attaglia allo schema che privilegia l’interesse del minore, che è pur sempre individuale e non suscettibile di sacrificio in nome di un superiore interesse della famiglia. Sempre con riferimento alla perdita di rilevanza del matrimonio, occorre considerare gli interventi legislativi in materia di negoziazione assistita d.l. 12 settembre 2014, numero 132, convertito con modifiche dalla l. 10 novembre 2014, numero 162 e di divorzio breve l. 6 maggio 2015, numero 55, Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi , i quali hanno rimosso e/o attenuato il controllo giudiziale sulla crisi del matrimonio e reso più celere il conseguimento del divorzio. In particolare, per quanto riguarda i figli, la l. 10 dicembre 2012, numero 219 ha abolito le partizioni che contrassegnavano il rapporto di filiazione a seconda che i genitori fossero, o meno, uniti in matrimonio. Il che, nel suo complesso, rappresenta un rovesciamento della prospettiva costituzionale caratterizzata com’è ra , da un lato, dalla connotazione della famiglia quale istituzione necessariamente fondata sul matrimonio e, dall’altro, dalla differenziazione della filiazione nel e fuori del matrimonio, che era ontologicamente differenziata da quest’ultima. Una ulteriore torsione della interpretazione letterale dell’articolo 570-bis cod. penumero consegue dal rilievo che le disposizioni recate dall’articolo 4 della legge numero 8 febbraio 2006 numero 54 relative alle disposizioni a favore dei figli in caso di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, per effetto della inammissibile selezione delle fattispecie incriminatrici operata dal legislatore delegato, sono transitate, contrariamente alla parte del disposto normativo richiamato, relativo ai figli dei genitori non coniugati, nella previsione dell’articolo 570-bis cod. penumero . E, tale lettura, rende irrilevante la questione di illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 3 Cost. sul presupposto che, del tenore letterale della fattispecie di cui all’articolo 570-bis cod. penumero , si determina “una irragionevole ed ingiustificata diversità di trattamento nell’ambito dei rapporti tra genitori e figli nati in costanza o al di fuori del matrimonid Tribunale Nocera Inferiore, Sezione penale, ordinanza del 26/4/2018 . E, sotto altro profilo, quella di legittimità costituzionale, relativamente agli articoli 2 comma 1 lettera c e 7 comma 1 lettere b e o del d. lgs. 1 marzo 2018 numero 21, nella parte in cui si ritiene abrogata la previsione incriminatrice della violazione degli obblighi di assistenza familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con gli articolo 25 e 76 della Costituzione Corte appello Trento, Sezione Penale, ordinanza 21/9/2018 . 8. Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, alla stregua della lettura sistematica della disposizione di cui all’articolo 570-bis cod. penumero , non può attribuirsi alla fattispecie incriminatrice un ambito applicativo più ristretto rispetto a quello riferibile agli articolo 3 e 4 l. numero 56 del 2006 quali interpretati dall’ormai consolidato orientamento di questa Corte regolatrice vedi le decisioni richiamate al precedente pgf. 4. del Considerato in diritto con la conseguenza che non si applica alla fattispecie in concreto all’esame della Corte l’articolo 2, comma 2, cod. penumero , ricorrendo tutti i presupposti fattuali del reato di omesso adempimento degli obblighi di mantenimento in favore della figlia minore, nata da un rapporto di convivenza, obblighi posti a carico dell’imputato dalla sentenza civile del Tribunale di Monza. Le sentenze di merito hanno individuato la fonte dell’obbligo a carico dell’imputato, hanno illustrato il protratto inadempimento ed hanno escluso che fossero ravvisabili assoluti impedimenti all’esecuzione dell’obbligazione civilistica con argomenti fondati sulle condizioni patrimoniali dell’imputato e sulla mancata modifica delle obbligazioni civilistiche - che mai il ricorrente si era peritato di chiedere - e sulla base di elementi fattuali la giovane età e l’abilità al lavoro lo svolgimento di attività lavorativa del tutto genericamente contrastati con l’odierno ricorso. 9. Consegue al rigetto del ricorso la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.