La prova del danno non patrimoniale derivante da immissioni è in re ipsa

La prova della lesione di un diritto costituzionalmente garantito è anche prova del danno non patrimoniale subito, da ritenersi in re ipsa.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 20445/17 depositata il 28 agosto. Il caso. Il proprietario e i conduttori di un locale adibito a falegnameria venivano convenuti in giudizio dalla proprietaria dell’appartamento sito al piano superiore per ottenere l’inibitoria delle immissioni di polveri, vapori e rumori, oltre al risarcimento del danno. La richiesta veniva inizialmente accolta, ma in appello il giudizio veniva ribaltato con il rigetto della domanda risarcitoria per la mancanza della prova di una lesione della salute derivante dalle immissioni, non essendo risarcibile la sola diminuzione di godibilità della vita. La donna ricorre dunque per la cassazione della pronuncia. Danno non patrimoniale. Il collegio accoglie la censura con cui si lamenta il contrasto della decisione impugnata con l’’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la prova della lesione di un diritto costituzionalmente garantito è anche prova del danno non patrimoniale subito, da ritenersi in re ipsa. Danno da immissione. Tornando al tema delle immissioni dunque la Corte ricorda che il danno non patrimoniale conseguente ad immissione illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato «quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all’interno di un’abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti» e ulteriormente protetti dall’articolo 8 Cedu. Per questi motivi la Corte, cassa la sentenza impugnata e pronunciando nel merito accoglie la domanda attorea originaria condannando i convenuto al risarcimento del danno liquidato in euro 10.000 oltre interessi e alla rifusione delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 aprile – 28 agosto 2017, numero 20445 Presidente Migliucci – Relatore Sabato Fatto e diritto Rilevato che L.E. , riassunto il giudizio dopo dichiarazione di incompetenza del giudice di pace di Roma, ha convenuto innanzi al tribunale di Roma G.N. , T.S. e T.V. , proprietario il primo e conduttori in locazione gli altri di un locale in omissis , ad uso falegnameria, sottostante l’appartamento di proprietà dell’attrice espletata c.t.u., il tribunale ha con sentenza depositata il 25/05/2006 dichiarato cessata la materia del contendere in ordine a domanda di inibitoria di immissioni di polveri, vapori e rumori - essendo state nelle more adottate misure di contenimento in base a ordinanze cautelari - condannando i soli conduttori al risarcimento dei danni per Euro 10.000 oltre accessori la corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dai signori T. nel contraddittorio della sola signora L. , ha riformato con sentenza depositata il 13/03/2013 la decisione del tribunale, rigettando la domanda risarcitoria, affermando che il danno da immissioni sarebbe risarcibile solo ove ne sia derivata comprovata lesione della salute, non essendo risarcibile la minore godibilità della vita, nonché - quanto al profilo probatorio – espressamente dissente ndo dall’indirizzo giurisprudenziale recepito dal primo giudice, secondo cui quando venga accertata la non tollerabilità delle immissioni la prova del danno deve considerarsi in re ipsa e rilevando che l’attrice avrebbe dovuto produrre idonea documentazione sanitaria e chiedere l’espletamento di una c.t.u. medico-legale avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione L.E. , affidandolo a un motivo, cui hanno resistito Sante e T.V. con controricorso illustrato da memoria Ritenuto che sia manifestamente fondato l’unico motivo di ricorso, con cui la signora L. ha lamentato violazione di legge in relazione agli articolo 2 e 32 Cost. e 844, 2043, 2067 cod. civ., deducendo che la corte d’appello si sarebbe posta in contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la prova della lesione di un diritto costituzionalmente garantito è anche prova del danno, da ritenersi in re ipsa, o almeno tale prova - in mancanza di accertamento medico-legale - possa essere agevolata mediante presunzioni, che - secondo la signora L. - avrebbero nel caso di specie potuto fondarsi sulla situazione lavorativa documentata della stessa, impegnata in lavoro con turni notturni al di là di remoti precedenti citati dalla corte d’appello e rimontanti a epoca in cui né la materia del danno alla salute né quella dei rimedi in tema di immissioni avevano conosciuto l’attuale sistemazione sorretta dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, vada data continuità al principio da reputarsi oramai sufficientemente consolidato nella giurisprudenza di questa corte Cass. Sez. U. 01/02/2017, numero 2611, in relazione alla trattazione anche di una questione di giurisdizione ma v. anche ad es. Cass. 19/12/2014, numero 26899 e 16/10/2015, numero 20927 , secondo il quale il danno non patrimoniale conseguente a immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita personale e familiare all’interno di un’abitazione e comunque del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi vedi Cass. 16/10/2015, numero 20927 ne consegue che la prova del pregiudizio subito può essere fornita anche mediante presunzioni o sulla base delle nozioni di comune esperienza vada dunque cassata l’impugnata sentenza peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto per essere il thema decidendum limitato al profilo giuridico del criterio probatorio, adottato dal giudice di primo grado e negato dalla corte d’appello, possa questa corte esimersi dal rinvio e pronunciare nel merito ex articolo 384 cod. proc. civ., rigettando l’appello dei signori T. infondato dunque nei suoi tre motivi il primo già disatteso sull’inesistenza delle immissioni, e non attinto dal ricorso in cassazione il secondo sulla valutazione delle immissioni e del danno, e oggetto dunque delle statuizioni di cui innanzi il terzo in materia di sospensiva, e quindi superato e accogliendo la domanda della signora L. in coerenza - anche quanto alle spese - con la sentenza emessa dal tribunale vadano compensate, stante il consolidarsi in epoca recente dell’indirizzo giurisprudenziale adottato, le spese processuali del grado di appello e del giudizio di legittimità. P.Q.M. La corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, pronunciando nel merito, in accoglimento della domanda attrice, condanna T.S. e T.V. al risarcimento del danno a favore di L.E. , che liquida in Euro 10.000 oltre interessi nella misura legale dalla domanda, nonché alla rifusione a favore della medesima delle spese processuali del primo grado, che liquida in Euro 2.300, di cui Euro 300 per esborsi e 690 per diritti, oltre accessori di legge compensa le spese per il grado d’appello e il giudizio di cassazione.