Sussiste il reato di appropriazione indebita anche nel caso di uso indebito della cosa qualora ricorrano determinate circostanze. Quel che conta è che l’uso indebito del bene sia avvenuto trascendendo i limiti del titolo in virtù del quale il soggetto deteneva in custodia il bene, cosicché l’atto comporti l’impossessamento, seppur temporaneo, del bene, determinandosi così l’inversione del possesso.
Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 24471/19, depositata il 31 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello, confermando la statuizione di primo grado, condannava l’imputato per appropriazione indebita di una vettura che aveva in possesso per averla ricevuta in comodato d’uso gratuito. L’imputato ricorre così in Cassazione denunciando violazione di legge poiché rileva che prestare ad un terzo un bene oggetto di comodato non integra di per sé il reato di appropriazione indebita. Tuttalpiù, ai sensi dell’articolo 646 c.p., tale condotta può costituire un inadempimento all’obbligo contrattuale rilevante sotto il profilo civilistico e non penalistico. L’inversione del possesso. I Giudici di legittimità partono dal presupposto che l’appropriazione indebita d’uso non è prevista come reato, poiché elemento essenziale del reato di cui all’articolo 646 c.p. è l’inversione del possesso in dominio. Occorre che all’atto materiale si accompagni la manifestazione della volontà del soggetto agente di tenere la cosa come propria. A tale orientamento se ne contrappone un altro, al quale il Supremo Collegio intende nel caso in esame aderire, che considera sussistente il reato di appropriazione indebita anche nel caso di uso indebito della cosa qualora ricorrano determinate circostanze. Quel che conta è che l’uso indebito del bene sia avvenuto trascendendo i limiti del titolo in virtù del quale il soggetto deteneva in custodia il bene, cosicché l’atto comporti l’impossessamento del bene, seppur temporaneo, determinandosi così la suddetta inversione del possesso. Ma, nonostante ciò, nel caso in esame il reato è estinto per intervenuta prescrizione, pertanto la S.C. annulla senza rinvio la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 febbraio – 31 maggio 2019, numero 24471 Presidente Gallo – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorre per Cassazione V.G. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia che il 14.6.2016 ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo che il 18.12.2013 lo aveva condannato per appropriazione indebita di una vettura che aveva in possesso per averla ricevuta in comodato d’uso gratuito. La Corte d’Appello dà atto che risulta accertato in fatto che l’imputato aveva ricevuto dal legale rappresentante della EUROIMMOBILIARE RS S.r.l. in comodato gratuito la vettura argomento per motivi di lavoro e che verso la metà di maggio del 2009 il V. aveva comunicato alla società di avere prestato la vettura ad altra persona che aveva cercato di rintracciare senza riuscirvi. Viene altresì dato atto che il omissis M.G. aveva denunciato ai carabinieri di [] il furto della autovettura in argomento dicendo che gli era stata prestata dal V. che si era qualificato come dirigente della ditta proprietaria del veicolo. La sentenza impugnata ritiene che la condotta di appropriazione indebita contestata si sia consumata per il solo fatto che l’imputato, dopo aver ricevuto il veicolo per motivi di lavoro a titolo di comodato d’uso gratuito dal legale rappresentante della società proprietaria Euroimmobiliare S.r.l., all’insaputa del titolare, ha prestato il veicolo, così compiendo sul bene un atto di disposizione uti dominus non compatibile con il titolo e le ragioni del suo possesso. Deduce il ricorrente 1. violazione di legge. Rileva come prestare ad un terzo un bene oggetto di comodato non integra di per sé l’estremo della appropriazione indebita secondo la nozione ricavabile dalla descrizione della fattispecie di cui all’articolo 646 c.p Prestare il bene può costituire al più un inadempimento all’obbligo contrattuale rilevante sotto il mero profilo civilistico, ma non costituire una vicenda appropriativa secondo il codice penale. Evidenzia che il ritenere come hanno fatto i giudici di primo grado che addirittura vi fosse un accordo tra il prevenuto e il M. per sottrarre il bene era affermazione priva di qualsiasi fondamento probatorio 2. violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al diniego della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto articolo 131 bis c.p. . Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è infondato. Il Collegio è consapevole che, in tema di appropriazione indebita d’uso, si sono formati differenti orientamenti giurisprudenziali. Secondo un orientamento più risalente, l’appropriazione indebita d’uso non è prevista come reato. Al riguardo è stato statuito che non è prevista come reato la semplice appropriazione indebita d’uso, poiché elemento essenziale del delitto di cui all’articolo 646 c.p., è l’inversione del possesso in dominio. L’uso, come qualsiasi profitto che si ricavi illegittimamente dalla cosa posseduta, può essere assunto, in concorso dell’elemento subiettivo, come elemento di prova dell’avvenuta appropriazione, ma non può, di per se, essere considerato sufficiente ad integrare l’estremo obiettivo del delitto. Occorre soprattutto che all’atto materiale, che ecceda le facoltà inerenti al possesso, si accompagni, esplicita od implicita ma inequivocabile, la manifestazione della volontà del soggetto attivo di tenere come propria la cosa Cass. Sez. 3, Sentenza numero 3502 del 20/12/1965 Ud. dep. 28/01/1966 Rv. 100333 . Ed ancora La semplice appropriazione indebita d’uso non è prevista come ipotesi di reato, giacché elemento essenziale del delitto previsto dallo articolo 646 c.p., è l’inversione del possesso in dominio. L’uso, come qualsiasi profitto che si ricavi illegittimamente dalla cosa posseduta, può essere assunto, in concorso dell’elemento subiettivo, come elemento di prova dell’avvenuta appropriazione indebita, ma non può, di per se, essere considerato sufficiente a integrare l’elemento obiettivo del delitto previsto dal predetto articolo. Occorre soprattutto che all’atto materiale che eccede le facoltà inerenti al possesso si accompagni esplicita o implicita, ma inequivocabile, la manifestazione di volontà del soggetto attivo di tenere come propria la cosa . Cass. Sez. 2, Sentenza numero 1534 del 24/11/1970 Ud. dep. 23/03/1971 Rv. 117263 conforme Sez. 2, Sentenza numero 9208 del 22/2/1983, Rv 161008 . A conclusioni opposte perviene un differente orientamento che ha statuito che L’appropriazione indebita può consistere anche nel solo uso della cosa, il quale è un modo di esercitarne il diritto di proprietà, se l’uso stesso non sia assolutamente consentito, atteso il titolo del possesso, ovvero risulti diverso da quello che, secondo questo titolo, è legittimo, divenendo cosi manifestamente un mezzo per effettuare l’appropriazione, se accompagnato dalla volontà di disporre della cosa come se fosse propria Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2954 del 15/12/1971 Ud. dep. 03/05/1972 Rv. 120966 nel senso che l’appropriazione indebita d’uso integri il reato di cui all’articolo 646 c.p., cfr Sez. 3, Sentenza numero 3445 del 2/2/1995, Riv. 203402 . Tanto premesso, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale che considera sussistente il reato di appropriazione indebita, anche nell’ipotesi di uso indebito della cosa, qualora ricorrano determinate circostanze. Quello che conta è che l’uso indebito del bene, sia avvenuto trascendendo completamente - come nel caso di specie i limiti del titolo in virtù del quale l’agente deteneva in custodia il bene, di modo che l’atto comporti un impossessamento, sia pure temporaneo, del bene, determinandosi così quell’inversione del possesso che costituisce l’elemento oggettivo della struttura del reato in tal senso numero 47665 del 2009 Rv. 245370 - 01 numero 44650 del 2015 Rv. 264899 - 0 . Il reato alla data odierna è però estinto per intervenuta prescrizione. Per quanto riguarda la richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’articolo 131 bis c.p., si osserva che questa Corte ha già avuto modo di escludere che in relazione ad un reato già estinto per il decorso del termine di prescrizione, possa essere rilevata la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto Sez. 3, numero 27055 del 26/05/2015, Sorbara Sez. 3, numero 50215 del 08/10/2015, Sani . Infatti la definizione del procedimento con una pronuncia di estinzione per prescrizione rappresenta un esito più favorevole per l’imputato mentre la dichiarazione di prescrizione estingue il reato, la declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto lascia del tutto intatto il reato nella sua esistenza sia storica che giuridica e, inoltre, diverse sono le conseguenze scaturenti dalle due distinte tipologie di proscioglimento. Ne consegue chela sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.