Non può essere espulso lo straniero irregolare malato di HIV, se una volta rimpatriato rischia la vita non potendo ricevere le cure necessarie alla sua sopravvivenza.
No all'espulsione dell'extracomunitario gravemente malato la Prima sezione Civile della Corte di Cassazione - con la sentenza numero 7615 depositata lo scorso 4 aprile - ha accolto un solo motivo del ricorso proposto da un cittadino tunisino affetto da una grave sindrome di HIV.La fattispecie. Il giudice di pace decretava il rimpatrio di un immigrato tunisino malato di HIV, espulso già due volte e trattenuto presso il CIE centro di identificazione e di espulsione , perché l'uomo, per rimanere in Italia, doveva dimostrare di non poter ricevere nel suo Paese cure adeguate alla sua malattia.Niente rimpatrio se c'è in gioco il quoad vitam. Di diverso avviso è la Suprema Corte il giudice di pace ha sbagliato nell'accollare al tunisino sieropositivo l'onere di dimostrare che le terapie nel Paese d'origine non sarebbero state simili a quelle praticate in Italia. A tal proposito, i giudici di legittimità ricordano la situazione di inespellibilità temporanea va correlata ad una condizione di necessità di un intervento sanitario, che non si limita all'area del pronto soccorso o della medicina d'urgenza, ma va estesa affinché siano apprestati tutti quegli interventi essenziali al quoad vitam diretti all'eliminazione della grave patologia che affligge lo straniero.Le cure mediche devono essere indifferibili e urgenti. In sostanza, sono coperti dalla garanzia della temporanea inespellibilità soltanto quegli interventi che, successivamente alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili al completamento dei primi o al conseguimento della loro efficacia. Restano, invece, esclusi quei trattamenti di mantenimento o di controllo che, seppure indispensabili ad assicurare una spes vitae per il paziente, fuoriescono dalla correlazione strumentale con l'efficacia immediata dell'intervento sanitario indifferibile e urgente.Va valutata l'impossibilità di proseguire la terapia contro l'HIV in Patria. Nel caso in esame, il tunisino irregolare voleva rimanere in Italia per poter proseguire la terapia antiretrovirale, che nel frattempo aveva già iniziato e che gli avrebbe salvato la vita. Alla luce di tali considerazioni, il Collegio cassa la sentenza impugnata e rinvia nuovamente la causa al giudice di pace affinché accerti se sussistono le condizioni necessarie ad evitare il rimpatrio dello straniere gravemente malato.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 9 febbraio - 4 aprile 2011, numero 7615Presidente Vitrone - Relatore MacioceSvolgimento del processoIl cittadino della Tunisia F.M., espulso dallo Stato con decreto 16.8,2007 del Prefetto di Bergamo, venne attinto da successivo decreto di espulsione 27.9.2009 del Prefetto di Milano adottato ex articolo 13 comma 13 del d.lgs. 286/98 per permanenza illegale nonostante il primo decreto di espulsione. Lo straniero propose opposizione innanzi ai Giudice di Pace di Milano che, con decreto 23.10.2009, la respinse affermando che il decreto era chiaramente e rettamente motivato con il richiamo all'articolo 13 comma 13 del T.U., che la pretesa cittadinanza tedesca del ricorrente era mera affermazione, che il decreto era stato tradotto nella lingua conosciuta dal ricorrente, del resto padrone della lingua italiana, che non ostava alla espulsione il suo coniugio con cittadina italiana non essendo stata provata la convivenza con la stessa, che difettava la prova della indifferibilità dei chiesti trattamenti sanitari ex articolo 35 comma 5 del T.U., che comunque era possibile il rientro per terapie ai sensi dell'articolo 36. Per la cassazione di tale decreto il M. ha proposto ricorso il 22.12.2009 affidato a quattro motivi nei confronti del quale gli intimati non hanno svolto difese.Motivi della decisioneRitiene il Collegio che, infondati i primi tre motivi e meritevole di condivisione il quarto, il ricorso debba in tali limiti essere accolto. Primo motivo si duole il ricorrente della mancata valutazione di ammissibilità da parte del giudice del merito della prova della convivenza con il coniuge cittadino italiano con il quale il 26.10.2007 aveva contratto matrimonio, prova offerta nel ricorso ad opponendum. La censura non ha fondamento, posto che con la sintetica ma chiara motivazione sulla mancanza di prova il Giudice di Pace ha inteso, indubitabilmente, escludere che fosse stata provata e fosse stata validamente offerta prova sulla effettività di una convivenza correlata al coniugio sopravvenuto il 26.10.2007. Del resto la generica prova che il ricorso trascrive attinge una convivenza, seguente ai detto matrimonio, concluso appena dopo la prima espulsione del 16.08.2007, durata pari a tre settimane essendo stato il F., come si afferma in ricorso, arrestato il 17.11.2007 . E la generica prova trascritta nulla dice in ordine alla conservazione della affectio maritalis dopo il 17.11.2007, restando pertanto immune da censure la sintetica valutazione di assenza di prova da parte del GdP.Secondo motivo ci si duole del mancato esame dei testi di legge dai quali sarebbe derivato il suo diritto alla cittadinanza tedesca. La censura appare priva di alcuna consistenza, essa postulando che il giudice italiano possa delibare non la sentenza dichiarativa della cittadinanza ma la concedibilttà della cittadinanza tedesca da parte di un giudice della Repubblica Federale alla stregua di quel diritto.Terzo motivo con esso si predica una incomprensibile nullità del procedimento penale senza rendere comprensibile quale rilevanza la relativa impugnazione straordinaria della sentenza di condanna possa assumere in sede di opposizione alla espulsione amministrativa ex articolo 13 comma 13 del T.U Quarto motivo il ricorrente ampiamente si diffonde nell'illustrare la grave sindrome di HIV dalla quale egli sarebbe da tempo affetto, fa sua attestazione alla luce della cartella clinica del carcere di OMISSIS ove era ristretto sino alla espulsione 27.9.2009, adottata ex articolo 13 comma 13 non appena il F. venne rimesso in libertà , la terapia antiretrovirale che gli venne somministrata in ambiente carcerario e quella, di risolutiva efficacia, che gli venne prescritta presso l'Ospedale . nei quale venne esaminato su sua richiesta durante il suo trattenimento pre espulsivo presso il CIE , la assoluta inadeguatezza della terapia somministrata dal servizio sanitario tunisino all'atto del rimpatrio in executivis.Ebbene, di fronte a tali autosufficienti deduzioni, la cui documentazione si afferma essere versata in atti innanzi al Giudice di Pace, la decisione appare decisamente carente sia nel non aver esaminato i termini assunti a confronto sia nell'aver accollato a paziente affetto da grave sindrome HIV l'onere di dimostrare che le terapie nel paese di rimpatrio non sarebbero equipollenti a quelle praticate in Italia e garantite anche all'espellendo ai sensi dell'articolo 35 comma 1 del d.lgs. 286/98. Il Giudice del merito ha quindi commesso il denunziato errore di diritto. La situazione di inespellibilità temporanea delineata dal D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 35, è invero correlata, come ha rammentato questa Corte in vari pronunziati Cass. 20561 dei 2006, n, 1531 del 2008 e numero 26133 del 2009 , ad una condizione di necessità di un Intervento sanitario non limitata all'area del pronto soccorso od a quella della medicina d'urgenza bensì estesa, perché la garanzia normativa sia conforme al dettato costituzionale, alle esigenze di apprestare gli interventi essenziali quoad vitam diretti alla eliminazione della grave patologia che affligge lo straniero. Si intende significare che sono coperti dalla garanzia della temporanea inespellibilità quegli interventi e solo quelli che, successivi alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili ai completamento del primi od ai conseguimento della loro efficacia, nel mentre restano esclusi quei trattamenti di mantenimento o di controllo che, se pur indispensabili ad assicurare una spes vitae per il paziente, fuoriescono dalla correlazione strumentale con l'efficacia immediata, dell'intervento sanitario indifferibile ed urgente, Non si tratta di escludere dall'area degli obblighi costituzionali della Repubblica - nel campo della salute - prestazioni o controlli altrettanto necessari ma destinati alla indeterminata reiterazione perché assicurino effetti quoad vitam si tratta di distinguere tra interventi indifferibili anche se di consistenza temporale non irrilevante che rendono inespellibile lo straniero irregolare che di essi necessiti ed interventi sanitari che qualunque straniero può fruire in Italia ove chieda ed ottenga, previa valutazione dell'Autorità Amministrativa, il previsto permesso di soggiorno per cure mediche del D.Lgs. numero 286 del 1998, articolo 36 . E fa duplicità di tutela pronta e non condizionata per le situazioni di indifferibilità o discrezionale e procedimentalizzata per ogni altra situazione appare una ragionevole scelta di fornire risposte differenziate a situazioni soggettive obiettivamente assai diverse nel primo caso dovendosi il sistema sanitario attivare per la presenza stessa dello straniero bisognevole di assistenza e nel secondo caso potendo il sistema sanitario ospitare, alla bisogna, stranieri che di tal assistenza facciano richiesta . Dalla osservanza di tali principi il Giudice del merito si è sottratto, essendo suo compito, di fronte alla chiarezza e completezza di prova della deduzione dello straniero, accertare se sussistesse una terapia antiretrovirale in atto, se la cura antiretrovirale somministrata prima della espulsione fosse non sospendibile salvo esporre a rischio quoad vitam l'espellendo, se tali rischi corresse l'espellendo ove alla interruzione di quelle terapie si correlasse la impossibilità di una loro prosecuzione nel paese di rimpatrio, se detta impossibilità fosse comprovata o quantomeno presumibile. Cassato il decreto si rinvia allo stesso Ufficio perché il giudice di rinvio riesamini la indicata ragione di opposizione alla espulsione facendo applicazione del principio di diritto sopra trascritto e formulando le valutazioni sui fatti sopra indicati conclusivamente regolando anche le spese .P.Q.M.Accoglie il quarto motivo del ricorso, rigettati gli altri cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Milano in persona di altro magistrato.