Mediazione non conclusa? Il giudice può rinviare l’udienza oltre il termine di 4 mesi

Il giudice, se le parti hanno aderito e la mediazione non è conclusa, può rinviare l’udienza oltre il termine fissato dall’articolo 5 d.lgs. numero 28/10. Il termine, infatti, non è perentorio a prevalere è l’interesse delle parti a conciliare la lite e quello collettivo di deflazionare il carico della giustizia.

L’interesse delle parti a conciliare la lite e quello collettivo di deflazionare il carico della giustizia deve prevale su ogni altro confliggente. Il G.I., quindi, può concedere un ulteriore rinvio, se al termine dei 4 mesi, il tentativo di mediazione cui hanno aderito le parti non si è ancora concluso. È questo il concetto più importante evidenziato dall’ordinanza emessa dalla sezione Prima Civile del Tribunale di Varese lo scorso 20 giugno. Il caso. Il giudice, valutata la natura della causa, lo stato del giudizio ed il comportamento delle parti, può invitarle ad un tentativo di composizione extragiudiziaria c.d. mediazione delegata ex articolo 5 comma 3, rectius punto 2, d.lgs. numero 28/10. È questa la fattispecie affrontata dal Tribunale di Varese. Scaduto il termine dei 4 mesi, previsto dalla suddetta norma, avevano ancora in corso il procedimento conciliativo e chiedevano congiuntamente un nuovo rinvio al magistrato. Questi, prendendo atto di quanto sopra, ha rinviato l’udienza. La ratio della norma. È quella di responsabilizzare i contendenti, favorendone l’accordo così da deflazionare il carico e diminuire i costi della giustizia con indubbio beneficio della collettività e di chi ha azionato la procedura. Tali interessi devono prevalere sopra ogni altro contrastante, sì che non c’è alcun motivo per il quale il G.I. non conceda la richiesta proroga. Il ruolo del giudice nella mediaconciliazione La dottrina ha evidenziato come il giudice, in questi casi, abbia una duplice veste, poiché da un lato esorta le parti ad attivare la conciliazione ed a trovare un accordo transattivo e può, oltre al mediatore, proporlo lui stesso. Dall’altro dovrà decidere e risolvere la lite, qualora esso non fosse raggiunto od accettato dall’altra parte. Sono, quindi, infondate le critiche di indebita ingerenza ogni qualvolta delibera un’istanza anticipatoria di condanna, una sospensione della richiesta di pagamento, l’ammissione delle prove, prima della proposizione del tentativo ex articolo 5 d.lgs. numero 28/10, in quanto, secondo chi le ha espresse, ciò costituirebbe una valutazione preventiva sull’esito della lite. In realtà queste attività rientrano nella funzione facilitativa appena descritta. Ergo non può in alcun modo pregiudicare l’esito della vertenza, poiché questi provvedimenti, presi in una fase iniziale del processo, possono mutare nelle more dello stesso, tanto più che dette valutazioni dovranno esser fatte caso per caso, anche in presenza della volontà dei litiganti di esperire la conciliazione. In effetti l’obbligatorietà della stessa, pena l’inammissibilità e le sanzioni previste dalla l. numero 148/11 e l. numero 221/11 li costringe ad iniziare la procedura, ma non li forza a trovare un accordo Bove, Capponi e Fabiani Profili critici del rapporto tra mediazione e processo . e nella mediazione c.d. delegata. Il punto 2 dell’articolo 5 d.lgs. numero 28/10 prevede che il giudice, in qualsiasi momento del giudizio, anche in appello può, ricorrendo i presupposti sopra descritti, concedere alle parti 15 giorni per instaurare la mediazione. Questa previsione non solo è in linea con l’articolo 5 della direttiva 2008/52/CE, ma è sovrapponibile a quanto stabilito dal codice di rito sulla facoltà del giudice di tentare la conciliazione delle parti in ogni momento del processo. Tale invito può essere rivolto anche per le liti su materie soggette all’obbligo di cui al punto 1 od anche qualora non sia stato raggiunto un accordo, se ravvisa nuovi motivi per esperirlo. In questi casi il procedimento, da una prima lettura della legge, si dovrebbe concludere entro 4 mesi dalla sospensione del giudizio Vaccari Media–conciliazione funzione conciliativa del giudice . Questo termine è perentorio? A questo interrogativo è stata data risposta negativa. Infatti se da un lato «il tempo del processo» non è rimesso nella disponibilità delle parti, dall’altro, però, non essendo questo un processo, è a loro integralmente delegato, poiché deve prevalere la loro volontà di comporre la lite bonariamente sopra ogni altra cosa. Inoltre, quello in esame è un termine ordinatorio e non perentorio, perciò nulla osta al rinvio. Infine, come sinora rilevato, una diversa previsione sarebbe contraria alla ratio della normativa. Accogliendo, quindi, l’istanza dei richiedenti ha formulato il seguente principio di diritto «ai sensi dell’articolo 5, comma 3, d.lgs. 4 marzo 2010 numero 28, il giudice può invitare le parti a valutare la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione. In caso di adesione dei litiganti, il termine di 4 mesi per la mediazione stessa non è perentorio e, dunque, le parti del tavolo di conciliazione possono ottenere un rinvio dal giudice per proseguire con le attività conciliative ancora in corso».

Tribunale di Varese, sez. I Civile, ordinanza 20 giugno 2012 giudice dott. Giuseppe Buffone Osserva - Come noto, ai sensi dell’articolo 5, comma III, d.lgs. 4 marzo 2010 numero 28, il giudice può invitare le parti a valutare la possibilità di un tentativo stragiudiziale di mediazione, dove taluni elementi della lite siano indicativi di una buona probabilità di chances di conciliazione, “valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti”. Nel caso di specie, rivolto l’invito, le parti hanno aderito e, dunque, l’udienza è stata differita oltre il termine di quattro mesi. Decorso tale termine, le parti chiedono un ulteriore rinvio, essendo la mediazione in corso. - Il tempo di quattro mesi, previsto dalla Legge come scadenza per la mediazione, è ovviamente un termine ordinatorio e soprattutto nella disponibilità delle parti in caso di mediazione ancora in corso, posto che la finalità della stessa – la foce conciliativa - è giustificativa dell’impegno di energie processuali. Non solo, diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che, scaduto il termine, il giudice, pur di fronte alla mediazione in corso, dovrebbe proseguire nelle attività processuali causando così danno alle buone possibilità di assetto di composizione bonario, testimoniato dal fatto che i litiganti sono per loro volontà ancora impegnati al tavolo dei mediatori. E’ vero che, in linea di principio, il “tempo del processo” è sottratto alla disponibilità delle parti, ma è anche vero che, per il caso della mediazione, non si tratta di tempo inutilmente consumato, ma di energie temporali spese vuoi per l’interesse delle parti ad una composizione bonaria della lite, vuoi per l’interesse pubblico ad una deflazione del contenzioso. Ne discende che la richiesta di rinvio può essere accolta. P.Q.M. Letto ed applicato l’articolo 5, comma III, d.lgs. 28/2010 Rinvia la causa all’udienza del 28 settembre 2012 ore 11.00 per verificare l’esito della mediazione.