Negata la causa di servizio all'infermiere colpito da infarto

di Marilisa Bombi

di Marilisa BombiL'infarto non può essere stato motivato da causa di servizio, perché secondo il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie l'ischemia infarto del miocardio è un effetto del progressivo restringimento e infine dell'occlusione del lume vasale delle arterie coronarie.Il caso. L'infermiere professionale si è visto negare il riconoscimento della causa di servizio e l'equo indennizzo anche se l'organo tecnico di prima istanza Commissione medica ospedaliera ha riconosciuto che l'infermità dipendeva da causa di servizio. Ciò in quanto il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie C.P.P.O. si era pronunciato in senso negativo e tale parere era stato fatto proprio dall'Ente, datore di lavoro.L'ente deve motivare la decisione solo se si discosta dal parere del C.P.P.O Il Collegio, nella sentenza numero 3329/11 del 1° giugno, richiama la giurisprudenza consolidata secondo la quale la normativa in materia concepisce la C.M.O. ed il C.P.P.O. quali organi rispettivamente di primo e di secondo grado, sicché il parere del secondo prevale naturalmente su quello della prima. L'ente datore di lavoro semmai deve motivare autonomamente la propria decisione qualora voglia discostarsi dal parere del C.P.P.O., non quando lo recepisca.La motivazione del parere è sintetica ma precisa e dettagliata. E' evidente, a tale proposito, che trattandosi di un parere tecnico, si potrà dire viziato quando presenti manifesti errori logico-giuridici, travisamenti di fatto, carenza di istruttoria e simili e, quindi, solo a quel punto potrà essere annullato. Ma nel caso in esame, osserva il Collegio, la motivazione del parere del C.P.P.O., benché relativamente sintetica, appare dettagliata e precisa quanto basta per consentire il sindacato giurisdizionale. Vi si afferma, infatti, che l'ischemia infarto del miocardio è un effetto del progressivo restringimento e infine dell'occlusione del lume vasale delle arterie coronarie si fanno brevi cenni alla genesi ed alle cause di tali fenomeni si afferma infine che nessuna delle cause possibili può ricollegarsi all'attività di servizio del'interessato, tanto più che con riferimento a tale attività non sono stati evidenziati specifici fattori lesivi.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 27 maggio - 1° giugno 2011, numero 3329Presidente/Relatore LignaniFatto e diritto1. Il 20 gennaio 1990 il sig. R. M., già ricorrente in primo grado e dante causa degli attuali appellanti, è stato colpito da una ischemia infarto del miocardio.L'interessato - che all'epoca era infermiere professionale presso la U.S.L. numero 29 della Campania - ha chiesto il riconoscimento della causa di servizio e, poi, l'equo indennizzo.L'organo tecnico di prima istanza Commissione medica ospedaliera ha riconosciuto che l'infermità dipendeva da causa di servizio. Quindi gli atti sono stati rimessi al Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie C.P.P.O. . Quest'ultimo, con atto del 27 maggio 1994, si è pronunciato in senso negativo. Infine l'Ente sanitario ha respinto l'istanza dell'interessato, motivando con richiamo al parere del C.P.P.O 2. L'interessato ha proposto ricorso al T.A.R. Campania. In corso di giudizio il ricorrente è deceduto e in sua vece si sono costituiti gli eredi. Il T.A.R., con sentenza del 23 luglio 2008 ha respinto il ricorso.Gli eredi dell'originario ricorrente propongono ora appello davanti a questo Consiglio. Si è costituito il C.P.P.O. l'Azienda USL, alla quale l'appello risulta regolarmente notificato, non è invece costituita.3. Gli appellanti ripropongono le censure già dedotte in primo grado e motivatamente disattese dal T.A.R. in particolare, la tesi secondo la quale l'ente datore di lavoro non avrebbe dovuto recepire puramente e semplicemente il parere del C.P.P.O., essendovi già in atti un parere di opposto tenore della Commissione medica ospedaliera.Questo Collegio non può che richiamare la giurisprudenza consolidata secondo la quale la normativa in materia concepisce la C.M.O. ed il C.P.P.O. quali organi rispettivamente di primo e di secondo grado, sicché il parere del secondo prevale naturalmente su quello della prima. L'ente datore di lavoro semmai deve motivare autonomamente la propria decisione qualora voglia discostarsi dal parere del C.P.P.O., non quando lo recepisca.Sotto questo profilo, dunque, non si ravvisa alcun vizio.4. Resta da vedere se nella fattispecie il parere del C.P.P.O. sia viziato in sé.A questo proposito tuttavia si osserva che si tratta di un parere tecnico, che si potrà dire viziato solo quando presenti manifesti errori logico-giuridici, travisamenti di fatto, carenza di istruttoria e simili.Nel caso in esame non si ravvisano vizi di questo genere, perché la motivazione del parere del C.P.P.O., benché relativamente sintetica, appare dettagliata e precisa quanto basta per consentire il sindacato giurisdizionale. Vi si afferma, infatti, che l'ischemia infarto del miocardio è un effetto del progressivo restringimento e infine dell'occlusione del lume vasale delle arterie coronarie si fanno brevi cenni alla genesi ed alle cause di tali fenomeni si afferma infine che nessuna delle cause possibili può ricollegarsi all'attività di servizio del'interessato, tanto più che con riferimento a tale attività non sono stati evidenziati specifici fattori lesivi.La motivazione così sintetizzata, oltre che sufficiente quale requisito formale del provvedimento, appare altresì conforme alle comuni conoscenze ed esperienze in materia di malattie cardiovascolari, sicché non si ravvisano vizi neppure sotto questo profilo.5. In conclusione, l'appello va respinto. Le spese possono essere equitativamente compensate.P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza rigetta l'appello.Spese compensate.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.